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La storia di P. III e IV parte


di Oldplace
05.01.2020    |    4.483    |    2 9.1
"?" aggiunse rivolgendosi al ragazzo, che non batté ciglio rimanendo in silenzio..."
La storia di P. III parte

  Ai loro giochi si aggiunse anche il fratello dello zì' Peppe, di qualche anno più giovane, che li aveva sorpresi un pomeriggio nella casa di campagna mentre era inginocchiato davanti a quello seduto su una sedia che gli faceva succhiare il cazzo. P., all'arrivo dell'uomo, si era immediatamente rialzato cercando di allontanarsi e di coprirsi. Ma lo zì' Peppe lo trattenne e gli ordinò di continuare perché il fratello lo sapeva già che lui era la sua donna. E invitò il nuovo arrivato a mettersi seduto e a guardare. "Gli faccio fare quello che voglio. Guarda..." diceva mentre, preso il ragazzo per le spalle, lo costrinse ad inginocchiarsi di nuovo davanti a lui e a riprendere a succhiare. E mentre succhiava attirava l'attenzione del fratello: " Che ti dicevo? Guarda come gli piace succhiarlo a questa troietta, guarda cosa gli faccio... " E gli sputava in faccia, lo prendeva per le orecchie e lo tirava a sé, gli dava schiaffi. Il colmo fu quando, rivolgendosi al fratello, gli disse: "E tu niente fai?" Questi non se lo fece ripetere due volte e si avvicinò da dietro a P. Lo prese per i fianchi portandone il culo all'altezza del suo cazzo che aveva tirato fuori dai pantaloni, gli allargò i glutei e dopo avere sputato sul buco gli poggiò il glande forzandoglielo dentro. Non fu tanto il dolore che pure provò, ma i modi rozzi del nuovo arrivato che lo turbarono e gli fecero male. I due fratelli continuarono a lungo a masturbarsi nella sua bocca e nel suo culo e lo lasciarono solo quando entrambi non furono soddisfatti. E soprattutto il fratello si dimostrò duro nei suoi confronti.

Da quel giorno quel fratello si trovò spesso a partecipare ai loro giochi, sempre più pesanti e mortificanti. Lo spogliavano, a volte lo legavano, quasi sempre lo sculacciavano o lo prendevano a colpi di cinghia, eccitandosi al massimo e si alternavano nel suo culo e nella sua bocca senza sosta. 

"Un giorno, mentre avevo i polsi legati dietro la schiena e uno mi scopava in bocca e l'altro dietro, e non avevo nessuna possibilità di trattenerli e di difendermi, mi distesero di spalle sul letto, di traverso, con la testa sporgente. Uno cominciò a scoparmi in bocca, e l'altro, salito sul letto dall'altra parte, mi scopava a gambe alzate. Ero completamente immobilizzato e il cazzo in bocca spingeva fino in fondo favorito dalla posizione della testa che pendeva dal letto. Mi mancava il respiro, non avevo la possibilità di fermarli, avevo la faccia piena della saliva che mi sputavano in abbondanza e la bocca piena di liquido che mi faceva quasi soffocare. Mi agitavo, cercavo di scuotere la testa per liberarmi ma inutilmente: il cazzo in bocca affondava al massimo, mi sembrava di morire soffocato. All'improvviso il cazzo che avevo in bocca esplose tanta di quella sborra che mi misi a tossire sentendomela uscire anche dal naso, mentre mi pareva di morire soffocato. Solo allora mi uscì il cazzo dalla bocca e  potei riprendere fiato. Loro ridevano, si complimentavano per la mia bravura a succhiare e a prendere il cazzo in culo. Anche se molto provato mi compiacevo dei loro apprezzamenti. Ma una volta il fratello, mentre mi scopava in bocca, ad un tratto si fermò continuando a tenermi il cazzo in bocca e si mise a pisciare direttamente in gola. Fu terribile perché il piscio mi soffocava, mi usciva dal naso, colava dalla bocca mentre lui mi tratteneva la testa per impedirmi di allontanarmi. Non so quanta ne ho bevuta da entrambi, perché per i due era diventato normale non solo sborrarmi in bocca ma anche pisciarmi in bocca e farmi bere. Erano senza limiti, non si fermavano mai se non totalmente soddisfatti, neanche quando soffocavo, neanche quando il loro cazzo in gola mi faceva vomitare. Però, nonostante i loro modi, mi piaceva, e a volte venivo senza neanche toccarmi".

Ma il fondo non s'era ancora toccato perché un pomeriggio, sempre nella casa di campagna, si presentarono anche altri tre uomini, evidentemente invitati dai due fratelli e quel giorno ospiti  a pranzo. Il ragazzo era al centro dell'attenzione dei cinque uomini, che non risparmiarono apprezzamenti per il suo culo tondo e le sue labbra da ragazza, incoraggiati in questo dallo zì Peppe. "Dopo ve lo faccio vedere bene, com'è fatta la mia femmina, vero P.?" Diceva stringendo  un gluteo o dando un pizzicotto sulla guancia o sul capezzolo del ragazzo che gli sedeva accanto. Dopo aver mangiato e bevuto tutti e cinque gli uomini abbondantemente, lo zì Peppe si era spostato sul divano assieme a suo fratello, con P. al centro. Gli altri tre uomini restavano seduti attorno al tavolo, al centro della stanza, rivolti al divano. Parlarono un po' del più e del meno, ma erano tutti in attesa del seguito promesso. Ad un tratto lo zì' Pappe si rivolse ai tre uomini: "Lo conoscete bene P.? Ma proprio bene? Lo sapete che è cosa mia?" Gli uomini sorridevano, come se sapessero già dove si andava a parare. "Vero P.?" aggiunse rivolgendosi al ragazzo, che non batté ciglio rimanendo in silenzio. "Fagli vedere cosa fai per me" continuò. P. Rimase fermo, in evidente imbarazzo. Lo zì Peppe si girò verso di lui e gli sfilò la maglietta lasciandolo a petto nudo."Tutto, - aggiunse ancora - lo sai cosa devi fare quando sei con me, anche se oggi ci sono questi amici", intendendo che doveva spogliarsi. Gli sbottonò i pantaloncini e glieli abbassò assieme agli slip. P. rimase nudo. "Ora - continuò l'uomo - vai di là e vestiti come sai tu.

P. si allontanò nudo, tornando due minuti dopo con calze a rete, gonnellino, camicetta da ragazza e tacchi altissimi. "Fai un giretto, muoviti". P. ubbidì al comando e fece un giro per la stanza ancheggiando come piaceva allo zì, che lo richiamò a sé, facendoselo sedere sulle ginocchia. Cominciò a sbaciucchiarlo, a toccarlo, a sputargli in bocca e in faccia mentre gli sbottonava la camicetta e gli infilava le mani sotto al gonnellino stringendogli i glutei e pizzicandogli i capezzoli fino a farlo lamentare. "Vero che tu sei mio, P.? E che posso fare di te quello che voglio?" Era una domanda retorica ovviamente. Se lo fece inginocchiare davanti, col sedere inguainato in uno slip di pizzo poggiato sui talloni e bene esposto allo sguardo degli altri, e gli disse semplicemente: "Lo sai cosa fare..."

P. gli toccò l'uccello attraverso i pantaloni, poi li sbottonò e lo tirò fuori. Era già quasi gonfio. Lo manipolò un pochino e lo prese in bocca che era già duro. L'uomo, senza aggiungere parola, e continuando a farsi succhiare, lo fece sollevare sulle gambe e mise in mostra il culo del ragazzo sollevandogli il gonnellino e abbassando gli slip indossati poco prima. Cominciò a sculacciarlo con forza, e con lo sguardo invitò gli uomini ad imitarlo. Si alzarono tutti contemporaneamente e furono attorno ai due cominciando a toccargli i glutei, a sculacciarlo, e, imitando lo zio Peppe che gli aveva sputato in faccia, a sputargli sul buco e poi a litigare per infilarci qualche dito in quel buco. Insomma, se lo contesero, quel culo, e, mentre la sua bocca continuava a succhiare il cazzo dell'uomo, gli sfilarono la gonna e la camicetta da poco indossate e gli tolsero le scarpe. Fu un crescendo: chi si tirò fuori il cazzo cercando di appoggiarlo al buco, chi gli sputava, chi sculacciava, mentre Peppe se la rideva e li incitava: "Ve lo regalo, fategli quello che volete, è cosa mia! Ma niente cazzi in culo, perché quello è solo mio... per ora!" Ad un certo punto si alzò mentre P. cadeva in ginocchio, prese il suo uccello con la mano e cominciò a pisciare addosso al ragazzo. "Vedete quello che gli faccio io?" diceva agli altri. "E questo è niente!" Al suo segno anche il fratello, già nudo, si avvicinò, allontanò gli altri e mise il ragazzo a pecora allargandogli i glutei e infilandogli dentro il suo cazzo grosso e duro, mentre il fratello tornava a metterglielo in bocca. Tutti gli uomini si spogliarono e gli si fecero attorno. Fu un groviglio di maschi anziani infoiati che si spingevano per conquistarsi un posto in prima fila, col cazzo in mano per guadagnare un buco, bocca o culo che fosse. Peppe li bloccava però, non consentendo loro di prendere il posto suo o del fratello. Gli altri si masturbavano eccitati dalla visone che si offriva loro finché uno dopo l'altro non sborrarono chi sulla testa chi sul culo, sia sulle spalle del ragazzo conteso. "Forza che non abbiamo finito!" li incitava Peppe, tirando fuori il cazzo dalla bocca di P. e cominciando a pisciargli addosso mentre il fratello che lo teneva per i fianchi continuava a scoparlo. Gli altri cominciarono a sputargli addosso e lo stesso fece il fratello di Peppe che lo lasciò cadere a terra e si mise a segarsi fino a sborrargli anche lui sulla faccia. Poi, dirigendo il getto sulla testa, gli pisciò anche lui e lo stesso fecero tutti gli altri. Il ragazzo cercava di pararsi i getti diretti alla faccia e, rannicchiatosi a terra, aspettò che quella pioggia finisse...



La storia di P. IV parte

Quegli incontri a cinque continuarono. "Lo zì' Peppe ribadiva sempre che io ero una sua proprietà e che mi dava solo in uso agli altri. In campagna si mangiava, si beveva vino in abbondanza. A quegli uomini piaceva bere. Presto diventavano brilli e si scatenavano. Io stavo vestito da donna in mezzo a cinque uomini, ma poi mi spogliavano e si spogliavano anche loro, mi mettevano in ginocchio o col culo sollevato, e mentre qualcuno  mi scopava in bocca, altri mi pisciavano, mi sputavano addosso. E mi scopavano. Ma questo non la prima volta, ma dalla seconda. E' cosa mia, diceva loro, ma vi consento di usarlo, di fargli ciò che volete".

Mentre i due fratelli continuarono a dividerselo quasi ogni giorno sottomettendolo alle loro voglie, gli incontri a cinque avvenivano di sabato. Gli ultimi tre sabati di seguito i tre ospiti si presentarono in campagna e il loro comportamento era diventato sempre sempre più aggressivo, e sempre più mortificante per il ragazzo che non trovava la forza di tirarsi indietro nonostante cominciasse a sentirsi entrato in una spirale che gli si stringeva sempre più attorno. 

"Loro adoravano il vino. Tutti bevevano in maniera esagerata: gli piaceva soprattutto scoparmi in bocca, ma non solo. Prima che si aggiungessero quei tre, con lui e suo fratello facevamo porcate che non ti dico. Con gli altri mi trovavo sempre in mezzo, le loro attenzioni erano rivolte solo a me, tra loro non facevano niente. Per dimostrare il suo potere su di me mi ha mostrato agli altri, mi ha dato in prestito a loro come un regalo personale, ma momentaneo e sempre davanti a lui che si divertiva a vedermi maltrattato, usato come una cosa. Come un buco, un ricettacolo delle loro sborra, del piscio, di sputi. Tanti di quegli sputi in faccia che non riuscivo a vedere più nulla. Anche se lui mi diceva che gli piaceva ciò che mi facevano lui stesso e gli altri, sentivo tutto il suo disprezzo soprattutto negli sputi. A un certo momento mi sentii stordito, non capii più nulla e cominciai a sentirmi il buco in cui si scaricavano di tutti i loro umori, e non solo". 

Non volle precisare cos'altro facessero con lui, oltre alle cose dette, ma più volte aggiunse, quando le descriveva, che c'era stato "anche altro", che gli avevano fatto "anche altro". Cosa, non riesco ad immaginarlo.

"Non capivo più niente - mi scriveva in chat - facevamo porcate, ma ci andavo liberamente, anche da solo con la mia macchina dopo che presi la patente. Io stesso di mio piacere mi sottomettevo a lui, a suo fratello che era più porco di lui, agli amici. Essere sculacciato forte con la cintura mentre mi scopavano la gola... questo mi piaceva, mi eccitava, e non reagivo per evitare il peggio, perché se cercavo di sottrarmi erano schiaffoni da staccarmi la testa. E a volte, mentre avevo un cazzo in bocca e mi prendevano a cinghiate prima di mettermelo in culo, sborravo da solo, senza toccarmi o essere toccato. Ma loro non mi toccavano mai il cazzo che rimaneva  per i fatti suoi, moscio a volte, o duro come quando appunto mi davano cinghiate mentre mi scopavano la bocca".  

"Ma ad un certo punto mi resi conto che non c'era più rispetto per me. I pompini non erano più semplici pompini, me li facevano fare per soffocarmi. Li divertiva vedermi soffocare. Ha esagerato con gli amici, nessuno aveva più rispetto..."

P. insisteva sul "rispetto" che ormai mancava verso di lui. Come se mai qualcuno di quelli, dallo zì Peppe, a suo fratello ai tre loro amici ne avessero mai dimostrato. Comunque il consolidarsi di questa - tardiva - convinzione gli fece dire "basta". Così disse ai due fratelli che non sarebbe più andato nella loro casa di campagna, non solo con gli altri tre loro amici, ma anche solo con loro. 

"Hanno cercato di persuadermi a continuare, e mi scoparono per l'ultima volta. Peccato - mi diceva - che abbiano esagerato con gli amici.  Non c'è stato più rispetto per me. Quell'ultima sera mi sono preso anche una grossa zucchina nel culo, mi hanno scassato. E tante altre cose esagerate. Veramente tante. Allora ho detto basta... Che coglione che ero..."

Già, peccato mi diceva P.: se non avessero ampliato la platea dei suoi utilizzatori evidentemente avrebbe continuato con i soli due fratelli!

Dopo, ad ogni modo, P. andò all'università e lasciò il suo paese e la Sicilia. Adesso, come dicevo all'inizio, vive a Milano, non scopa più con gli uomini, ma sogna ogni tanto un bel cazzo. Non si veste più da donna, ma a volte indossa intimo femminile sotto i vestiti da uomo. Scopa solo con donne, ma il fine settimana, con un paio di slip da donna sotto la tuta da ginnastica, va al parco e fa in modo che qualche uomo possa notare il suo culo tondo e se gli piace proprio tanto e lo vede interessato, abbassa un po' i pantaloni per fare intravedere l'intimo da donna che indossa sotto.

L'estate scorsa, mi diceva, sarebbe tornato per le vacanze in Sicilia, ma non mi avrebbe incontrato perché, se lo avesse fatto, temeva di cedere alla tentazione e tornare a succhiare cazzi. Ma lui adesso è etero e cazzi non ne succhia più. Anche se in fondo qualche colpo di lingua lo avrebbe dato volentieri, come ogni tanto ammetteva durante le nostre conversazioni...

Così, per evitare che io lo tentassi, ha deciso di bloccarmi il telefono. E anche io, qualche giorno fa, ho bloccato il suo numero e l'ho cancellato, per rispettare la sua volontà e per aiutarlo a resistere impedendo a mia volta a lui di potersi mettere in contatto con me... 



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