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La ragazza troppo bella - Parte 13


di Blacknoble
07.02.2022    |    3.119    |    0 2.8
"Il ruolo che avevo ricoperto faceva pian piano parte di me..."
Il potere, i soldi, l'immensa considerazione di gente che mai conoscerai, la riconoscenza attraverso l'ammirazione espressa negli occhi altrui. Il bisogno di contare non si appoggia necessariamente sulla dominazione. Spesso, è il perfetto contrario. C'è chi conta, e vorrebbe non contare, per poi tornare a farlo. Probabilmente perché viviamo in un mondo di miseria. Circondati da esseri che ci ricordano di continuo il ostro "successo". È innaturale il successo, quindi raro, e viene ammirato, riverito, insieme a ciò che si porta appresso, soldi, potere. Apre le porte, tutte. Porte che gente comune non vede, porte dietro porte, porte d'oro, d'argento e di diamante. Ma le porte non portano mai al paradiso, qualunque sia la materia di cui siano fatte. Semplicemente, ti fanno passare da una posto, ad un altro. Da una camera, ad un altra. Ma i posti, ovviamente, sono tutti diversi. Chi ha soldi, ha il privilegio di aprire le porte che danno sulla bellezza.
Era estate. Non ancora agosto. La gente ricca non c'era quasi mai. E quindi la mia attività si era rallentata non di poco. Non mi disturbava. Il ricavo normale era cosi alto che avrei potuto passarmi del ricavo extra che era cinquanta volte tanto. Grace che mi era diventata molto fidata mi aveva consigliata di limitare le ragazze a cinquanta ed i ragazzi a trenta. Accettai il suo consiglio. Gestire il tutto sarebbe diventato troppo complicato. Quelle volte in cui eccezionalmente c'erano piu feste insieme, ricorrevo ad altre ragazze che non vedevano 'ora di far parte del mio team. Chiamiamole free lance. Ovviamente scelte anche loro. Donne di diverse origini perlopiù belle. Ci tenevo alla classe. Quella innata. Che non necessariamente nasce dal benestare. Non ne sono dotati tutti. Quando una donna è bella e ne ha, allora è divina. Ma ovviamente, tali persone generalmente hanno successo. Ne rimangono ben poche in giro. Belle, seducente, e di classe. Con me, stavano bene. Non dovevano scegliere, destreggiarsi, dovevano solo accettare. Ognuna di loro aveva i proprio gusti ed andavano rispettati. Non che fossi debole, qualcuna poi in futuro l'avrebbe creduto e l'avrebbe pagata cara, ma ero stata una di loro. Fortunata rispetto a loro, ma parte degli orrori che avevano vissuto lo sentivo sulla pelle. Ma il business è il business. Il successo ha un costo elevato. Ammirati, ed invidiati. E quindi, obbligati a difender eia proprio titolo, come farebbero tutti i campioni. La durezza è necessaria per il successo. Lo diventavo sempre di più. Morbida sotto il lato umano, inflessibile sotto quello degli affari. Non compravo ragazze ne ragazzi, ma li pagavo. Li pagavo soldi che da soli pochi di loro avrebbero mai visti. Vivevano bene, molto meglio di molti altri. Pur se la loro percentuale era molto minore rispetto alla mia alle mia sulle loro prestazione "erotiche", percepivano molto piu di un medico. Quelle piu furbe che all'inizio avevano tentato di agganciare un cliente ad una festa per poi farsi i propri fatti erano state da monito per tutte le altre. L'albino se n'era occupato. Ognuna di loro era stata sfregiata, caricata su un camion, e lasciate in una campagna in Romania. Tutto qui. Non volevo ucciderle, ma nessun altro doveva mai tentare di truffarmi. Il ruolo che avevo ricoperto faceva pian piano parte di me. Sempre più ricca, dura, cinica. Infliggere il dolore non mi piaceva, era necessario, lo capivo.
Ero nella sala "Punizioni". Un uomo, magnato arabo del petrolio, era nudo, accovacciato sul pavimento. Era in catene, legato al collo, le braccia, e le gambe. Catene lucenti, dorate, che erano lunghe e permettevano a l'uomo di potersi spostare. C'era luce, non molto aggressiva, ma abbastanza per vedere i tratti dell'uomo. Era nudo ad eccetto di un turbante che gli cingeva la testa e le catene. Poggiato sul fianco, il tacco di Lula, una trans del Sud America, che troneggiava sopra di lui con una frustra in mano. Era vestita di stavi di pelle con dei tacchi finissimi, corretto e mutande di pelle completavano il resto. Ed aveva una maschera.
Rosa, una ragazza bulgara mora, molto belle e fine, era seduta su una sedia di fronte all'uomo. Il suo piede era scoperto. Le sue dita, nella bocca dell'uomo. Sembrava indifferente a lui. C'era un altra donna, appoggiata su una specie di cavalletto che si dondolava e li osserva. Anche lei era vestita piu o meno come le due altre. Poi c'ero io. Su una sedia vittoriana immensa. Ero seduta li. Con un semplice e corto vestito bianco. Truccata in modo aggressivo, con una maschera finissima sul viso. L'uomo era olivastro, ma era la sua pelle ad essere cosi. Il suo cazzo non era niente male. Il classico cazzo arabo. Grande, nerbato, e largo. Guardavo l'uomo subire le frustrate, leccare i piedi, ridere degli sputi. Lo guardavo e mi eccitavo nel sapere che era uno degli cinquecento uomini piu ricchi e potenti del piano, un uomo in grado di comprare l'Italia stessa, ora strisciava, leccava, ubbidiva, ora, non era niente altro che un oggetto, uno di quelli a suo disposizione tutti i giorni, era autista, domestico, operaio, era tutto ciò che non voleva essere. Mi alzai ed andai a prendere una frustra particolare. Poi quando tornai, mi fermai sopra di lui. Il mio braccio si alzò. In quel momento era come se fosse un pene in procinto di penetrare una vagina. Un misto di sentimenti contrastanti mi invase. Quell'uomo che valeva tanto era ora sotto il mio dominio, per lui ero un servizio, un divertimento, pagava, ed io ubbidivo. Mi faceva arrabbiare non contare tanto lui, e quando calai la lampo, fu come se mi liberassi. Non solo la frustrazione, ma il senso di potere, la violenza espressa, parte di noi mai ammessa, l'adrenalina, non so di preciso, ma ogni colpo che davo all'uomo mi provocava un brivido ancora piu grande. Istintivamente, sentivo la pelle della frustra lambire il suo corpo, risalire la mia mano e diffondersi su tutto il mio corpo. Le ragazze si resero conto della mia eccitazione, si misero a schiaffeggiarlo ed a sputargli in faccia mentre lo frustravo. La mia mano si infilò sotto la mia gonna ad un certo punto ed appena sfiorai il mio clitoride venni violentemente mentre la mia mano calava senza sosta sulla schiena sanguinolente dell'uomo. Le ragazze si erano fermate e mi guardavano stupite. Guardai la schiena dello sceicco. Era un unica piaga. Poi, tornai a sedermi ed ad osservare il resto dello spettacolo.
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