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I giocattoli di mamma 3


di Sitter
22.11.2024    |    80    |    0 8.0
"" ribatté la Bovardi che non credeva minimamente a quella risposta stentata..."
La prima cosa che ricordo di quella domenica fu senz'altro la lunga doccia che mi regalai in quella giornata d'estate. Il bagno della seconda casa della dottoressa Bovardi era di un'altro livello rispetto a quello di casa mia. L'acqua scendeva sul mio corpo e sembrava davvero capace di scacciare i tanti pensieri che affollavano la mia testa. persino le mie natiche arrossate parevano farmi meno male a contatto col getto umido che ricevevano. Dentro quell'ampio box doccia il dolore mi sembrava qualcosa di lontano. A dire il vero il benessere che mi offriva l'acqua scrosciante sembrava capace di allontanare tutto quanto. Le aberranti volontà di mia madre, le umilianti esercitazioni svolte con mia sorella il giorno prima, il sorrisetto della dottoressa Bovardi di quando entro in stanza e ci vide mezze nude e persino il pensiero di cosa avrebbe dovuto subire mio figlio di lì a poco sembrò preoccuparmi di meno. Evidentemente avevo un egoistico bisogno di benessere che dovevo soddisfare. Uscii da quel comodo box doccia e quando misi l'accappatoio vidi benissimo un mezzo sorriso comparire sul mio volto quando ebbi modo di buttare l'occhio sulla mia immagine riflessa sullo specchio del bagno. Quella piacevole sensazione mi accompagnò anche quando indossai il cambio che mi ero portata da casa, quando terminai di vestirmi e quando mi profumai. Purtroppo però appena uscita dalla porta del bagno quel senso di benessere d'improvviso mi abbandonò.

Quella mattina la dottoressa Bovardi mostrò purtroppo le sue vere intenzioni. Non era cambiato solo il suo abbigliamento, Indossava un blazer più informale del solito, lo teneva aperto per lasciar vedere il top capace di formare una generosa scollatura. Aveva una terza abbondante di seno quasi una quarta. Aveva poi abbandonato i pantaloni per mettersi una minigonna corta e dell'autoreggenti, riuscivo ad intravedere l'orlo di queste ultime quando camminava avanti ed indietro per allestire il necessario per la nostra particolare attività.

L'averci invitato nella sua seconda casa non era stato un gesto di generosità di fronte alla nostra difficile situazione. Penso che la nostra delicata vicenda familiare l'avesse stuzzicata fin dall'inizio ed il fatto di essere stata scelta come testimone proprio da nostra madre era come se l'avesse legittimata a sentirsi autorizzata ad organizzare l'intera esecuzione delle volontà testamentarie. Era la padrona di casa ma voleva essere anche padrona di tutto il resto. Cambiò atteggiamento con noi, soprattutto con Luca.

A Luca dava fastidio la sua presenza. Forse se ci fossimo state soltanto io e sua zia quella situazione sarebbe stata una sfida meno impegnativa e pesante da sopportare ma con la presenza di quella estranea era evidente che fosse per lui tutto molto più complicato. Tutto questo però alla dottoressa Bovardi non importava affatto.

"Prima cominciamo e prima finisce il vostro incubo." disse lei che teneva gli occhi sempre più rivolti verso Luca come a volergli mettere altra implicita pressione addosso.

Mio figlio incrociava il suo sguardo ma poi non resisteva dal guardare altrove finendo per posare i suoi occhi sull'orrenda cavallina posta al centro del salotto in mezzo alle poltrone ed i divani.

La cavallina di mia madre era lì, quello strumento utile ad eseguire punizioni corporali era al centro nel soggiorno come fosse un prestigioso complemento d'arredo al pari di un elegante pianoforte. Anche io, come mio figlio, vidi quello strumento orrendo per la prima volta e già mi sconcertava con quel cuoio scuro che copriva la parte alta su cui ci sarebbe dovuto appoggiare un ipotetico corrigendo, Le quattro robuste gambe sottostanti capaci di sorreggere qualunque sventurato avesse avuto modo di trovarcisi sopra con le loro rispettive lunghe cinghie aperte che cadevano giù lambendo il pavimento completavano la sua descrizione. Quella cavallina era una vista sinistra che stonava pesantemente con i colori chiari del resto della stanza. Faticavo a credere che quella mattina mio figlio sarebbe dovuto salire su quel diabolico attrezzo costrittivo. Non mancava nemmeno il maledetto baule di nostra madre. Era quasi nascosto in mezzo alle poltrone di quel salotto ma era lì come se ci stesse aspettando. I brutti pensieri che parevano avermi abbandonata mentre ero sotto la doccia ritornarono prepotentemente nella mia testa. Per fortuna, o purtroppo, a tenermi ancorata alla realtà ci pensò la voce della Bovardi che continuò a comandare a bacchetta mio figlio con tono sempre più esigente.

"Dai Luca. Spogliati. Non farci perdere tempo."

La dottoressa Bovardi si divertiva constatando l'imbarazzo di mio figlio. Lei non gli tolse gli occhi di dosso durante la sua svestizione. Lui iniziò lentamente a togliersi la maglia e la canottiera e lei infierì a voce alimentando il suo disagio.

"Sbrigati! Levati pantaloni e mutande. Dai!" insistette lei.

Quella milf di cinquant'anni stava deridendo mio figlio che di anni ne aveva appena venti.

"Oooh... che bel cazzetto!" disse lei con sarcasmo.

Avrei dovuto intervenire. Lo stavo per fare ma Rosa mi fermò.

"Quella stronza ci tiene per le palle Anna, non l'hai ancora capito?" mi sussurrò ad un orecchio.

"Esattamente." intervenne lei che aveva udito quella frase pronunciata piano. "Comando io, se non vi dispiace. Ho intenzione di portare a compimento le volontà testamentarie di vostra madre nel miglior modo possibile e per fare ciò voi mi dovete ascoltare. Anzi, mi dovete obbedire."

Il sorrisetto malizioso che continuava ad essere stampato sul suo viso mi faceva pensare che non stesse dicendo tutta la verità. Stava agendo così per lavoro ma anche, e soprattutto, per divertimento personale. A confermarmelo fu ciò che disse a me e a mia sorella poco dopo.

"Spogliatevi anche voi!"

"NOI?!"

"Non vorrete mica fare tutto in pigiama o in tuta da ginnastica? Che vi piaccia o no le volontà di vostra madre descrivono quella che a tutti gli effetti è una sessione bdsm. Io non posso sapere quanto vostra madre conoscesse in fatto di pratiche sadomaso ma quello che so io è che per fare queste attività è necessario un abbigliamento adeguato. Anche io mi sono conciata a dovere per l'occasione."

"Sadomaso? Bdsm?" ripetemmo io e mia sorella scambiandoci sguardi imbarazzati.

Fu in quel momento che realizzai cosa mi stessi apprestando a fare. Anche le guance di Rosa arrossirono di colpo come le mie. Anche lei ebbe i miei stessi pensieri ricordandosi di come nostra madre avesse imposto a noi un rapporto di controllo, dominio e punizione, in modo più o meno consapevole. Fu tremendo pensare che la sua non fosse stata severità quanto piuttosto voluttà sessuale perpetrata avendo a disposizione i nostri caldi corpi di ragazze ventenni. Il pensiero di nostra madre stravaccata sul letto di famiglia occupata a toccarsi mentre ripensava alle "coccole" che dispensava a noi con i suoi giocattoli tramutò per un attimo me e mia sorella in due statue di sale. Eravamo scioccate.

"Vi siete imbambolate?" chiese la dottoressa Bovardi. "Non pretendo vi mettiate in nudo integrale. Mettetevi in mutande e reggiseno e cominciamo."

Tante volte ho visto mio figlio nudo ed altrettante volte lui ha visto nuda me, quella volta però fu diverso fu molto diverso. Una indesiderata tensione erotica aveva ormai ammorbato l'atmosfera, era impossibile da ignorare. Mi stavo apprestando ad iniziare un gioco sessuale con mio figlio e mia sorella, una cosa tre. Dover essere guidata da un estraneo rendeva il quadro persino peggiore.

L'unica ad essere a suo agio era la dottoressa Bovardi. Non aveva nè dubbi né titubanze. Dava come l'impressione di aver già vissuto situazioni simili. Dava anche l'impressione che detenere il ruolo del comando le piacesse molto.

"Ora lui si adagia sulla cavallina e voi due dovete assicurarlo con le cinghie."

La dottoressa Bovardi era esigente.

"Più strette quelle cinghie. Più strette!" ci disse.

La infastidiva la delicata premura con cui io ero Rosa fissammo Luca alla cavallina. Ci ripeteva che lui non era lì sopra per star comodo e che quello era uno strumento di tortura.

Tortura. Mi faceva ribrezzo quella parola.

La Bovardi mi guardò infastidita mentre con una mano spostavo i testicoli di Luca che il peso del corpo schiacciava in malo modo tra il pube ed il rigido cuoio della cavallina. Il suo scroto sembrava l'unica parte morbida del suo corpo. Per il resto Luca era rigido come una statua di pietra, era teso e non diceva una parola. Quella prova non era neppure iniziata ma era già impegnativa per lui a livello psicologico e chissà quanto avrebbe potuto reggere a livello fisico.

Mi ricordo che Rosa lo consolò dandogli una carezza su una guancia per confortarlo e la padrona di casa sbottò.

"Signore mie mi dispiace dirvelo ma... non ci siamo proprio! Le volontà testamentarie della defunta parlano chiaro. Voi siete qui per punirlo non per coccolarlo. Se volete svolgere questo compito in modo soddisfacente dovete buttare nel cesso l'affetto che vi lega a lui. Non potete stringerlo a voi per consolarlo mentre gli rompete il culo. Non è ammissibile. Non mi costringete a tornare in ufficio e convocare la vostra famiglia per sputtanarvi col contenuto testamentario che sapete."

"Noi non abbiamo mai fatto cose del genere." risposi io. "Io non ho mai fatto sesso... sadomaso."

"Nemmeno io." disse Rosa.

"Ecco perché sono io a comandare." disse lei adagiandosi sulla morbida poltrona posta proprio davanti a Luca ed osservando il suo sguardo impaurito e perso nel vuoto. "Comincia tu Anna. Accarezza il sedere a Luca. Stimolalo. Poi scegli cosa raccogliere dal baule."

Ci ho impiegato un anno a ricostruire cosa successe dopo. Le sedute di psicanalisi mi hanno aiutato a rimettere insieme i pezzi. Avevo rimosso quasi tutto ciò che scriverò da questo momento in poi.

Ricordo che toccai Luca piano. I palmi delle mie mani aprivano e chiudevano le sue natiche dischiudendo il suo ano. Ero sua madre e nonostante ciò lo stavo toccando come fossi una massaggiatrice cinese pronta a fargli un ambiguo massaggio prostatico. L'imbarazzo che provavo era già alto quando la Bovardi mi ordinò di iniziare di impartirgli schiaffi leggeri sulle natiche. Stravaccata su quella poltrona lei trovò anche un compito per mia sorella, disse a Rosa di tenere la testa di Luca incastrata tra l'interno delle sue cosce. Era un compito semplice dato che il collo di Luca era alla stessa altezza dell'inguine di mia sorella ma per Rosa non fu facile obbedire. Guardò infatti la Bovardi per alcuni istanti con una espressione interdetta prima di mettere il culo sopra la nuca di suo nipote. Non avevo mai visto le guance di Rosa colorate di un rosso tanto vivido.

La mia mano intanto schiaffeggiava con colpi leggeri le terga di mio figlio. Non ricordo quanti ne ho dati, ricordo però che la Bovardi continuava a dileggiare Luca.

"Avresti mai immaginato di fare certi giochi con tua madre e tua zia? Si sono messe in mutande e reggiseno per te, ti rendi conto? Dimmi un po'... come si sta con la testa tra le coscione di tua zia?" domandava maliziosamente lei

Luca non disse nulla e quando lei si stufò di non ricevere risposte tornò a comandare me.

"Dagli qualche bel ceffone Anna. Voglio sentire lo schiocco della tua mano che impatta sulla sua carne."

Io chiusi gli occhi e tirai più indietro la mano per farla cadere più pesantemente. Tutto ciò che senti era l'impatto del mio palmo sul sedere di Luca ed il rumore che provocai. Ripetei ritmicamente il gesto tre volte finchè non lo sentii gemere per la prima volta, il lamento uscito dalla sua bocca di quella sua faccia stretta tra le cosce di Rosa fu per me una stoccata al cuore. E sussultai ancora quando la Bovardi mi diede l'ordine che speravo non arrivasse mai.

"Ci siamo Anna. Apri il baule di tua madre e fai ciò che devi."

Il momento di raccogliere la perversa eredità di mia madre era arrivato. Avrei punito anch'io mio figlio come lei aveva fatto con me, lo dovevo fare per tener unita la famiglia e non far sapere loro il mio oscuro passato. Aprii il baule maledicendo mia madre di nuovo. Il sinistro cigolio del coperchio che si apriva fu raccapricciante come il suo contenuto. Il primo strumento che incontrò la mia mano fu un mestolo di legno duro che esclusi a priori, sotto di esso c'era invece un frustino più morbido che anche quando raccolsi si rivelò piuttosto flessuoso. Prima di allontanarmi dal baule il mio occhio cadde nuovamente sul terrificante scudiscio calabro seminascosto al fondo. Mi provocò un brivido.

Feci scorrere piano la punta di quel frustino sulle terga di mio figlio e lui a quel primo contatto con quello strumento ebbe un vigoroso sussulto tanto che anche mia sorella, posta a cavalcioni sulla sua nuca, fu costretta ad un piccolo movimento.

Le natiche di Luca, colorate di un vistoso rosa acceso per via dei miei ceffoni, erano già molto sensibili. Viveva con fastidio lo scorrere della punta del frustino che io muovevo da un suo fianco all'altro. Pensare che io non potevo aiutarlo ma al contrario, avrei dovuto infierire ed aumentare il suo disagio mi faceva impazzire.

"Colpisci!" mi ordinò la Bovardi.

Ricordo che alzai lentamente il braccio che impugnava il frustino e prima di farlo scendere mi passò in mente tutto il rapporto che avevo con Luca. Pensai ai giorni del parto in ospedale ed al periodo dell'allattamento. Schegge di memoria impazzite balenavano davanti ai miei occhi, frammenti dei giorni in cui lo accompagnavo all'asilo fino al periodo più recente dell'universita quelli in cui mi preoccupavo perché lui iniziava a parlare del progetto Erasmus ed io ero contaria. Ero sua madre eppure quel giorno il mio ruolo era un'altro e mi disgustava pensarlo. Chiusi nuovamente gli occhi e feci scendere il colpo cercando di non pensare a niente.

CIAFF

Gli feci male. Sentii un suo nuovo gemito, più rumoroso del precedente, provenire da dietro le cosce di mia sorella Rosa che mi guardava in silenzio con un'espressione di compassione per me. Penso che lei avvertisse la fatica che stavo facendo nel compiere la volontà di nostra madre.

L'unica a divertirsi in quella orrenda domenica mattina era la dottoressa Bovardi che continuava imperterrita a prendere in giro Luca stando comodamente adagiata sul divano.

"Sai Luca... Io vorrei tanto sapere perchè tua nonna ha insinuato che tu sia un... Com'è che ti ha descritto nel testamento? Ah già! Un peccatore a cui purgare l'anima. Non so perché ma d'istinto mi viene naturale crederle. Sembri il classico ragazzo beta tanto tranquillo, ma io so bene che quelli come te sono capaci di nascondere i segreti più imbarazzanti."

La padrona di casa si distese ancora di più sul divano ed iniziò ad accarezzarsi la scollatura tradendo una certa eccitazione. Continuò poi a parlare con lui in preda ad una evidente curiosità.

"Dimmi Luca! Dimmelo! Cos'hai combinato? Hai fatto il porcellino?"

Luca provò a rispondere ma con la sua faccia compressa tra le cosce di Rosa era difficile per lui pronunciare risposte che andassero oltre un semplice no.

"No? Davvero? Sei un bugiardo Luca." ribatté la Bovardi che non credeva minimamente a quella risposta stentata. " Sai cosa succede ai bugiardi? Vengono puniti. Procedi Anna."

Per un attimo esitai. Il mio istinto materno mi diceva di non obbedire ma in testa avevo un turbine così forte di emozioni che mi impediva di agire lucidamente. Non so come spiegarlo. So solo che alzai il braccio e feci cadere un'altro colpo col frustino sul sedere indifeso di Luca. Non dosai neppure il colpo.

CIAFF

L'impatto fu molto forte come anche lo schiocco tanto che mia sorella mi guardò sconcertata per quella mia mancanza di riguardo. Il gemito di Luca fu un muggito scomposto che eccitò non poco la dottoressa Bovardi sempre più divertita nel detenere le redini della situazione.

Le mani della padrona di casa iniziarono a sollevare l'orlo della sua minigonna finché Luca non provò a sollevare la testa per guardarla (almeno così disse lei, io non ero nella posizione migliore per vedere la reazione di mio figlio). Vidi lei però che esibì senza pudore la sua fica nuda, la dottoressa Bovardi non portava le mutande.

"AAAHH... MI GUARDI LA FESSA! Lo vedi che sei un porcellino? E lo sai cosa capita ai porcellini come te?"

Vengono puniti. Non ebbe nemmeno bisogno di dirlo. Ed io sopraffatta dal senso di squallore che stavo provando in quel momento sentivo il cervello che mi pulsava forte. Alzai meccanicamente il braccio e feci scendere un nuovo colpo che rubò un nuovo lamento a mio figlio. Anche questo come il precedente fu pesante e rumoroso ed anche questa volta mi attirai lo sdegno di mia sorella Rosa per non aver fatto più piano.

Pensavo che una situazione più degradante di quella non potesse essere possibile ed invece mi sbagliavo. Quel giorno impararai che lo schifo chiama altro schifo e le cose più disgustose arrivano nei modi più impensabili.

Iniziai a capirlo quando per un attimo ebbi il coraggio di guardare le zone intime di Luca. Vidi i segni che gli avevo procurato. Le vistose linee rosse dei miei colpi di frustino erano lì a testimoniare ciò che avevo fatto ma ciò che mi impressionò non fu solo quello.

Luca stava avendo un'erezione. Il suo membro, schiacciato contro la dura superficie della cavallina, stava lottando per farsi spazio ed allungarsi per liberare la sua cappella.

Fu allora che iniziai a non capirci più nulla.

Fui costretta a pormi delle domande. Possibile che Luca provasse piacere in una situazione del genere? Possibile che si stesse divertendo a fare giochi sadomaso con me e sua zia rimaste in mutande e reggiseno? E poi c'era quell'altra domanda, quella peggiore di tutte. Cosa sapeva mia madre di Luca? Cosa sapeva sul suo conto che io ignoravo?








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