bdsm
Diario Conseguenze Aprile 2004
di HeleneHoullier
12.11.2023 |
419 |
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"La prima a saperlo fu Edina, che in principio ci rimase male, rendendosi poi conto che qualcosa di molto strano doveva essere accaduto; Hélène, infatti, ..."
La fece sua con irruenza, scuotendole le spalle e trattenendole i capelli; alla fine le esplose sulla schiena, inondandole la gonna rigirata sui fianchi e la vaporosa blusa grigia, di sperma bianco caldo e abbondante.Jeanne non era ancora stata soddisfatta, e completò l’opera muovendosi una mano in mezzo alle cosce, mentre quegli andava battendo il pene molle ed esausto sopra il sedere tenero e delicato di lei. L’aveva martoriato per dieci minuti, aprendolo e dilatandolo senza alcuna remora, davanti allo sguardo incredulo e terrorizzato della loro amica.
Nono episodio
Durante la via del ritorno verso casa, aveva i brividi di freddo; s’era lasciata ingannare dai primi caldi della primavera, e dal calore che l’aveva pervasa tutta quanta dentro il corpo, e dentro la mente sempre più confusa. Ma adesso alla fermata del tram, Hélène avvertiva l’aria frizzante soffiarle intorno alle caviglie, dentro le scarpette leggere, e lungo le cosce bianche e tornite, fino a raggiungerla perfino sotto alla gonna.
Aveva lasciato Jeanne a ripulirsi, mentre Pascal aveva deciso di rivedere immediatamente il contenuto delle riprese, con le sole mutande bianche addosso ed i capelli bagnati; Hélène era uscita da quell’appartamento con la coda tra le gambe, turbata e spaventata da quello che aveva veduto, e da quello che aveva provato. Per la prima volta aveva compreso come quel sentimento di caldo le venisse precisamente dall’utero, e come tutto quanto le si schiudesse in modo incontrollabile, mentre osservava i suoi amici fare sesso.
Suonò alla porta di casa, ma nessuno le aprì; estrasse allora il mazzo delle chiavi dalla borsetta, e subito realizzò che la porta non era chiusa: era probabile che la signora Dominique stesse guardando la televisione; il signor Eric era rimasto a Bruxelles, e non sarebbe comunque mai stato in casa a quell’ora del pomeriggio, visti i suoi impegni.
Floreanne era uscita, come faceva oramai tutti i giovedì, e così Hélène dovette appendere la giacchetta bianca nell’anticamera senza che nessuno gliela prendesse dalle mani. La sorellina, intanto, se ne stava nella sua cameretta, a guardare i programmi preferiti, con la televisione ad alto volume chi si udiva anche dal piano di sotto; la signora Dominique invece stava attendendo proprio la figlia maggiore, seduta sul divano del salone, e parlava al telefono.
Parlava con il signor Eric, e non sembrò affatto compiaciuta nel rivederla; si distolse un attimo solo dalla conversazione, e fissando la figliola dritta negli occhi, le disse: “Eccola qui, la nostra bugiarda”; e poi aggiunse facendosi ancora più severa: “La prossima volta avvisami, prima di dire le bugie”.
La ragazzotta provò la stessa sensazione di freddo, che aveva avvertito alla fermata del tram; sentì una scossa gelata di tremore scenderle lungo la schiena fino alla vita.
“Vieni qui adesso, fatti guardare”, le disse la madre con tono di voce tutt’altro che accomodante; dall’altro lato del telefono, il signor Eric era già al corrente di tutto.
Si rivolse a quest’ultimo, commentando: “Se la vedi sembra una brava bambina … ma chi va con lo zoppo prima o poi…”; Hélène comprese che la madre si stava riferendo a Jeanne, e trasalì: aveva forse saputo qualcosa, di quei loro incontri? Sarebbe stato sicuramente un fatto molto grave.
Attese che il signor Eric le rispondesse, mentre la ragazzotta poteva udire con il capo chino, il timbro di voce serio e baritonale di quest’ultimo; sembrava in procinto di emettere un giudizio sul suo conto. Per sottrarsi a quel momento d’imbarazzo pensò di spostarsi di lato e di mettersi a sedere, ma in quell’istante vide qualcosa che non si aspettava di vedere: su una delle sei sedie disposte attorno al grande tavolo in noce del salone, quella a lei più vicina, era stato appoggiato da qualcuno, il battipanni di vimini; lo stesso battipanni con il quale la signora Dominique aveva più volte disciplinato la sua povera cameriera.
“Ha appena visto il battitappeto”, commentò ironicamente al telefono la madre; Hélène si mise una mano sulla bocca, e comprese che non sarebbe uscita da quel salone prima di ricevere una nuova e sonorissima lezione; prese a tremare sul serio, mentre il signor Eric replicava dicendo: “Lo ha visto, adesso lo deve sentire, ma in quella stupida testa”.
Arretrò ancor di più verso il tavolo, fino ad appoggiarvi il retro della gonna, che era gonfio e leggermente stropicciato; il battipanni era sempre lì, anche se Hélène faceva adesso verso di ignorarlo: aveva le ginocchia grandi che le tremavano vistosamente, e le mani chiuse sul grembo; osò aprire bocca e giustificarsi in modo goffo e ridicolo dicendo: “Mamma io non c’entro nulla … pensavo di andare a comperare il regalo…”; “E invece sei finita in ginocchio su una sedia come una stupida, a casa di un uomo, è così bambolotta?”, le disse la madre mostrando i denti. Come aveva fatto a saperlo? Hélène non dovette nemmeno chiederlo, dal momento che quella immediatamente le raccontò di avere telefonato a Jeanne e di avere udito la voce di Pascal. “Chi era quel ragazzo al telefono, uh?”, le domandò in modo irruento, fissandola sempre negli occhi.
Hélène rispose balbettando: “Pascal lui è il ragazzo di Jeanne… ed io non c’entro niente mamma!”; “Ma allora cosa ci facevi in ginocchio su quella sedia tesoro? Non continuare a scherzare con me… la mia pazienza ha un limite, e tu lo hai già superato”.
La situazione si stava facendo insopportabile, ed in quel momento la ragazzotta comprese, come s’andasse approssimando per lei, il momento del giudizio. Udì una volta ancora il signor Eric parlare dall’altro lato del telefono, e la conclusione inappellabile di sua madre: “Certamente, adesso le faccio vedere io cosa le succede, a fare la bugiarda con me”.
Sulle prime Hélène pensò di ribellarsi, ed infatti incrociò le braccia sbuffando, avrebbe voluto far finta che non fosse accaduto nulla di grave, e perfino di accennare ad andarsene. Ma la signora Dominique era sempre più determinata, e prima di riprendere la conversazione col marito, accavallò le gambe e disse ad alta voce: “Girati e appoggia i gomiti al tavolo; ti ordino di girare quella stupida schiena e di appoggiarti, lì!”. Voleva dunque passare ai fatti.
Hélène avvertì in quell’istante, la profondità del baratro in cui si era cacciata, e prese nuovamente a tremare da cima a fondo, dalla testa fino alle scarpette leggere e primaverili che aveva indossato. “Obbedisci, stupida!” le disse la madre.
Il signor Eric era sempre al telefono, anche se non si riuscivano a comprendere le sue parole; ad un certo punto la signora Dominique si sciolse in una leggera risata, riprendendo poi però immediatamente, il proprio tono di voce estremamente duro e minaccioso; Hélène era sempre lì in piedi appoggiata al tavolo, con le ginocchia che non la smettevano di tremare.
“Certo che le prende! Adesso impara… ma imparerà a contarle … quante ne prende!”; la madre si riferiva in modo inequivocabile, a ciò che le sarebbe accaduto di lì a pochi istanti, ed Hélène si sentì in quel momento sprofondare, senza alcuna possibilità di rimedio; la madre rise nuovamente in modo lieve, dopodiché appoggiò il telefono senza congedarsi, e fu in piedi con un’espressione tirata e seria. Avanzò verso la figliola che era sempre adagiata al tavolo, e fissandola con uno sguardo solo apparentemente amorevole, le prese un braccio costringendola a voltarsi; Hélène si agitò per un solo istante, ma poi ben presto si arrese, lasciandosi spostare docilmente lungo le scarpette, in modo piuttosto lento ed impacciato. Bianca, nel frattempo, era scesa giù per le scale e andava spiando la scena di nascosto, dietro la porta.
“Lo vedi questo?”, disse la signora Dominique mostrando alla figliola il battipanni; “Questo qui si usa con le bambine stupide e disubbidienti, proprio come lo sei stata tu oggi”. Hélène prese a piagnucolare, ma non riusciva a trovare alcuna scusa per discolparsi: “Ti prego mamma… ti scongiuro, non ho fatto nulla”. “Zitta, stupida!”, le rispose.
Quella spostò la sedia, la stessa dove precedentemente aveva poggiato il battipanni, facendo così spazio per la figliola; dopodiché con un ampio gesto del braccio sinistro, le fece cenno di piegarsi sul tavolo, brandendo sempre il battipanni minacciosamente nella sua mano destra. Hélène continuava a piangere sommessamente, ma oramai aveva compreso quale fosse il proprio destino; si accomodò allora docilmente con tutta la pancia, sentendo la superficie liscia e dura del tavolo contro i bottoncini della camicia bianca; la gonna grigia era strettissima ed era già tutta rivolta verso il centro della sala. La sorellina capì quello che stava per accadere, era la prima volta che sua madre puniva la figlia.
“Adesso tiriamo fuori questo sederone” esclamò la signora Dominique, mentre Hélène si sentiva scivolare nella vergogna più profonda; “Adesso tesoro …tira su questa gonna, voglio che impari a farlo ogni volta che disubbidisci. Forza bambola: tirati su quella gonna… andiamo stupida”.
La ragazzotta obbedì anche stavolta, e sollevandosi per un istante in posizione eretta, si trascinò su la gonna con ambedue le mani, fino a rigirarsela completamente attorno ai fianchi rigonfi: l’interno era di velluto e le scivolò lungo la pelle in modo delicato; lentamente vennero fuori due glutei pallidi già scoperti, con la bianca mutandina dai bordi morbidi tutta stondata in cima; la gonna rialzata le ricadeva leggermente sopra, nascondendone completamente l’elastico.
“Guarda che sederone, solo una stupida come te può andare in giro con un sederone così…” la derise la madre, senza provare a risparmiare alla figliola nulla della tremenda umiliazione cui aveva deciso di sottoporla; Hélène taceva e piagnucolava, appoggiata al tavolo con i due gomiti.
La signora Dominique aggiunse: “Domani andrai a scuola con un sederone ancora più grande … sei contenta? …Così potrai dire ai tuoi simpatici amici, che tua mamma ti ha dato il premio per esserti divertita con loro”.
Decise che l’avrebbe punita con le mutandine completamente abbassate, e quindi gliele tirò giù con due mani, causandole un sussulto del tutto inatteso: la ragazzotta si ritrovò così all’improvviso completamente esposta, con l’enorme sedere tutto quanto di fuori, e le mutandine strette e scese lungo le cosce. Anche Bianca trasalì, quando si rese conto della brutta fine che attendeva la povera sorella.
“Adesso preparati, te lo faccio sentire un po’…”, le disse la madre, e brandendo il battipanni lo dispose precisamente dinanzi al didietro della figliola; glielo fece rimbalzare un paio di volte sui glutei molli, scuotendoli leggermente; Hélène adesso taceva e rimuginava, sembrava davvero rassegnata a prenderle. Dopodiché allargò il braccio e glielo rovesciò tutto addosso con un colpo duro e preciso, che risuonò su tutte e quattro le pareti della stanza, in modo davvero penoso; la figliola alzò il capo e strinse ambedue le mani trattenendosi. Poi si dispose nuovamente lungo il tavolo, e subito fu colpita nuovamente.
Erano bastate due sferzate, per segnarla leggermente di rosa; la madre allargò nuovamente il braccio, e le fece rimbalzare l’intera superficie di vimini nel mezzo, scuotendole entrambi i glutei e causandole questa volta un gran dolore: Hélène prese a piangere, con i capelli rigirati tutti da un lato.
“Sei pronta?” le disse la signora Dominique; la figliola tra un singhiozzo ed un altro rispose umilmente di sì: fu battuta da due colpi consecutivi, che la trovarono tesa e rigida lungo la schiena. Sembrava che iniziasse ad abituarsi, e lentamente a educarsi, a stare in quella posizione e a venire punita.
La madre trattenne il battipanni con ambedue le mani, flettendolo leggermente per saggiarne la consistenza; dopodiché decise che avrebbe smesso del tutto di parlare, ed iniziò a rovesciarlo sul sedere molle e sgonfio della poveretta, in una sequenza infinita di botte; il castigo stava diventando tremendamente doloroso per la figliola.
Hélène adesso piangeva per davvero, trattenendo i pugni stretti e la pancia dritta lungo il tavolo. Chi l’avesse veduta di fronte, ne avrebbe osservato il volto arrossato con la bocca schiusa, e la forma dei glutei sul fondo, dietro la gonna rovesciata, che oscillavano in continuazione sotto i colpi ben assestati del battipanni. Il rumore non eccessivo dei vimini faceva da contraltare ai suoi gridolini contriti e penosi, mentre la pelle calda del didietro veniva scossa in maniera dolorosa, sollecitata dalle striature di quell’oggetto.
Il sedere gigantesco pareva scoppiarle, dopo quella lunghissima serie di colpi; arrossato di vene bollenti, sudato e molle, era stato battuto per bene. La madre decise di fermarsi quando si rese conto che rischiava davvero di farle male, la stava fustigando senza sosta da diversi minuti. Ma voleva continuare ad umiliarla ancora, per cui decise di appoggiarle il battipanni lungo la schiena, in direzione trasversale, sopra il dorso della camicetta bianca; le ordinò di rimanere immobile senza lasciarlo mai cadere in terra. Hélène era tutta rossa in viso.
“Questo è quello che meritavi per essere stata disubbidiente… adesso non ti muovere stupida, devi ancora essere punita per avermi detto una bugia…” la minacciò osservandola di lato, mentre la figliola stringeva i pugni per il dolore insopportabile, che le martoriava tutto il sedere.
Che cos’altro ancora le poteva fare, dopo averla battuta con il battipanni e con le mutandine abbassate, in quel modo? La signora Dominique s’accorse che Bianca le aveva osservate di nascosto, ma non se la prese affatto con lei e passando le diede una carezza, dicendo qualcosa che la povera Hélène piegata sul tavolo, non poté comprendere; capì unicamente, che la sorellina l’aveva osservata ancora, mentre lei veniva punita per la seconda volta di fila, nel giro di pochi mesi.
La signora Dominique fece rientro nel salone, aveva in mano una saponetta bianca prelevata dal bagno. Tolse il battipanni che era rimasto appoggiato lungo la schiena della figliola, e ordinò a quest’ultima di alzarsi, senza rivestirsi.
Quando Hélène fu in piedi di fronte al tavolo, con le mutandine sempre scese attorno alle cosce e la gonna ancora tutta sollevata, la madre si rese conto per bene di come l’aveva ridotta; tuttavia, la punizione doveva essere completata, per cui la prese per un braccio trascinandola verso la parete in fondo al salone, accanto alla grande vetrina con i piatti d’argento. Lì le ordinò di mettersi ambedue le mani sopra alla testa, e di aprire la bocca.
Le infilò la saponetta tra le labbra, sospingendola con insistenza, tra la sorpresa e la grottesca espressione della poveretta; le disse con tono di voce più ilare che severo: “Questa piccola bocca non dovrà più pronunciare alcuna bugia verso di me; guardami e promettimelo, stupida”.
Nel frattempo, Hélène continuava a mostrare senza alcun riparo, il proprio lato posteriore alla sorellina: tutto sudato e rigonfio, completamente rosso e deformato; la gonna le era leggermente scesa senza però ricoprirlo se non da un lato, mentre le mutandine erano sempre ferme all’altezza delle cosce, lasciandola così immobile e triste nell’angolo in fondo alla sala. La saponetta che teneva in bocca aveva un sapore dolciastro, e le impediva di parlare e perfino di piagnucolare; la tenne così per più di mezz’ora in mezzo alle labbra.
Decimo episodio
Quel sabato, nella bellissima chiesa di san Giacomo si teneva il tradizionale saggio annuale, del coro di voci bianche; anche Edina volle venire a vederlo, mentre Maxime aveva già dimenticato da tempo, la ragione per cui s’era apparentemente interessato alla cosa nei mesi trascorsi.
Il signor Eric accompagnò tutti quanti con la sua macchina elegante: Hélène indossava la divisa con la gonna a quadretti, proprio come la sorellina Bianca e come tutte le altre ragazze del coro; e sotto a quella gonna ben stretta ed attillata, il sedere tutto rigonfio le faceva ancora molto male…
Undicesimo episodio
Dopo le botte prese dalla madre, Hélène si era chiusa in un mutismo quasi inspiegabile. A scuola le cose erano andate precipitando, ma a questo avevano già provveduto da subito il signor Eric con la moglie. Con tempismo e lungimiranza, dopo quello sciagurato giorno in cui la ragazzotta era stata scoperta a casa di Pascal, avevano deciso per lei, che avrebbe dovuto abbandonare il liceo artistico, ed allontanarsi il più possibile dalla frequentazione di alcune tra le sue amiche.
I risultati di Hélène erano andati progressivamente peggiorando, per cui non serviva nemmeno fornire una giustificazione di comodo: la figliola venne iscritta di forza all’Istituto Scolastico delle Suore Clarisse, uno dei licei femminili più rigidi e severi di tutta la città, dove sarebbe stata educata e controllata in modo scrupoloso dalle solerti insegnanti, per i successivi tre anni di seguito.
La prima a saperlo fu Edina, che in principio ci rimase male, rendendosi poi conto che qualcosa di molto strano doveva essere accaduto; Hélène, infatti, aveva smesso di parlarle, e sembrava perennemente afflitta e dimessa. Aveva anche preso a vestirsi in maniera sciatta e banale, al punto che apparve assai evidente a tutte le amiche, quale fosse la sua volontà di sottrarsi alle situazioni più piacevoli e mondane.
Vennero a sapere da Nicole, che Jeanne e Pascal si erano lasciati, solamente dopo che per diversi giorni di fila quegli non si era più fatto vedere all’uscita della scuola; a quanto pare la grassona che lavorava con lui, aveva avuto la meglio sulla biondina con gli occhi azzurri: Hélène non provò alcun sentimento di rivincita nell’apprendere la cosa.
In cuor suo aveva già deciso da tempo, che non si sarebbe mai più lasciata trascinare in situazioni pericolose, come quelle vissute con loro; e nel periodo di maggio, la sua amica bionda così a lungo invidiata, non le avrebbe offerto alcuna possibilità di trasgredire al proprio intento.
Le vacanze estive arrivarono presto, e la villeggiatura presso la magione di Namur trascorse in maniera piuttosto insulsa e noiosa; vi erano pochissimi ragazzi nei dintorni, ed Hélène fu quasi sollevata dal fatto di dover anticipare il rientro in città subito dopo il compleanno della sorella: la cameriera Floreanne, infatti, era pronta finalmente per dare alla luce il proprio bambino. Il venti di agosto nacque così il piccolo Nicolas, in perfetta salute, regalando un momento di inaspettata allegria a tutti quanti, in mezzo a tante pene.
Le due famiglie si riunirono nuovamente in Rue Courtois all’indomani del parto, e stabilirono che la cameriera si sarebbe trasferita per tutto il periodo dell’allattamento in casa di Maxime; qui sarebbe stata assistita dalla signora Lilli, l’anziana domestica che abitava con la famiglia di Edina.
Maxime non era certamente quello che si sarebbe definito un ragazzo felice; aveva compiuto diciott’anni da un paio di mesi, ma nessuno se ne era accorto. Era evidente come non fosse affatto preparato per quello che l’attendeva: ma per sua fortuna, Floreanne si sarebbe ben presto rivelata una donna umile e capace, oltre che affezionata e fedele.
Nella casa di Edina, venne loro allestita una stanza, quella in cui per molti anni il padre vedovo aveva dormito da solo, dopo la scomparsa della moglie per malattia diversi anni addietro. Il professor Verret si stabilì nella cameretta del figlio, e la vita in quella dimora cambiò del tutto.
Anche in Rue Courtois le cose non rimasero affatto invariate; per qualche mese la signora Dominique decise che avrebbe fatto a meno della sua cameriera, sacrificandosi e chiedendo anche ad Hélène di imparare a fare qualche piccolo lavoretto in casa: il suo intento era quello di offrire nuovamente un impiego a Floreanne, non appena quella si fosse ristabilita dopo la gravidanza; la considerava quasi come una figlia e non immaginava nemmeno di poterla lasciare andare.
Il signor Eric aveva ripreso i suoi viaggi di lavoro, e si faceva vedere sempre di meno in famiglia; Hélène, nel frattempo, aveva ricominciato a frequentare la scuola di canto assieme a Bianca, con sempre minor interesse.
Le sue nuove compagne di classe poi, non erano per nulla simpatiche, e quella con cui divideva il banco s’era a malapena presentata, offrendole pochissimi slanci di confidenza durante le prime settimane: si chiamava Melinda e sembrava essere una studentessa di buona attitudine.
La ragazzotta incontrava Edina molto spesso, ma sua madre non le aveva dato il permesso di vedere le altre amiche del liceo, per cui Hélène si era ridotta a farlo ogni tanto di nascosto, stando però bene attenta a non farsi scoprire; aveva anche pregato Nicole e Sonia di non telefonarle mai, suscitando in loro grande curiosità: che cosa mai poteva esserle accaduto, per causarle tutte quelle conseguenze?
La vita era così ripresa in modo apparentemente normale, dopo i tanti patemi di un periodo così pieno di grandi novità. Ma un nuovo ed inatteso colpo di scena avrebbe in pochi giorni travolto nuovamente la famiglia di Hélène.
Un mercoledì di settembre, infatti, quando tutto sembrava in perfetto ordine, Floreanne telefonò alla signora Dominique come faceva spesso: ma era affranta e quasi soffocata dalle lacrime, al punto da non riuscire nemmeno a parlare.
La sua padrona sulle prime ristette preoccupata, temendo che vi fossero delle difficoltà con il bambino o che ella avesse litigato con Maxime; ma a quel punto la voce della cameriera, sebbene rotta dal pianto, le rivelò qualcosa che la madre di Hélène non avrebbe nemmeno lontanamente immaginato: “Signora glielo prego, non dica al signore che glielo ho raccontato … ma io devo dirglielo…”; poi aggiunse: “Glielo prego signora, non glielo dica”.
Dodicesimo episodio
Che cosa c’era di tanto spaventoso, da causarle tutto quel timore? La signora Dominique dovette insistere a lungo, e promettere che non avrebbe riferito nulla.
“Era tanto tempo fa, era a marzo”, “E cosa è successo?” le domandò la padrona, stava iniziando a perdere la pazienza; “Non si arrabbi signora…”, replicò la cameriera, con la voce sempre spezzata dal pianto; poi trattenne il fiato e disse: “Il signore mi ha presa in casa, mi ha…”, “Cosa?” impallidì la madre di Hélène; “Che cosa ti ha fatto mio marito?”.
“Mi ha … presa signora, non so come dirlo”; il silenzio dall’altro lato del telefono era a dir poco irreale; “Il signore mi inseguiva per tutta la casa, sembrava impazzito, aveva il coso… tutto di fuori…”, e si mise nuovamente a piangere.
Era un sabato pomeriggio di marzo, quando la signora Dominique aveva accompagnato Hélène e Bianca al corso di canto; la notizia della gravidanza della cameriera, ed il fatto che era divenuta maggiorenne, a quanto pare fecero tracimare un qualcosa che nel signor Eric ribolliva da tempo.
“Non piangere Flora …ti prego, ma dimmi”, riprese la signora Dominique, vincendo il momento iniziale di totale e rabbiosa incredulità; “Era mai successo niente di simile in passato, con quel porco di mio marito?”. Era la prima volta che parlava di lui in questi termini, mai in tutti quegli anni il signor Eric le aveva dato ragione di alcun sospetto.
“Il signore mi chiedeva sempre…”, rispose la cameriera deglutendo a fatica le lacrime, “Mi chiedeva tante volte se gli facevo vedere il culo … voleva guardarmi sempre il culo”. “E ti toccava quel maiale?”; “No, signora, prima di quella volta non mi ha mai toccata … voleva semplicemente guardarmi”.
Aveva dapprima pensato di sfogarsi da solo in bagno, con il risultato di provare un’erezione incredibile, poderosa. Ma non concluse la cosa e pertanto uscì nel corridoio, con quella specie di asta rigida che si muoveva fuori dai pantaloni; Floreanne lo vide e subito comprese, con paura, che le cose non sarebbero andate a finire nel verso giusto: era anche rosso e sudato in viso, sembrava in preda alla follia.
“Tu vieni qua che ti fotto, stavolta ti fotto”, le diceva mentre la inseguiva, con quella verga che oscillava impazzita fuori dai pantaloni, mentre la cameriera spaventata fuggiva prima nella cucina e successivamente nella veranda.
Fu presto raggiunta, la afferrò con vigore tirandola per il colletto del grembiule; Floreanne sentì quell’oggetto sul retro della gonna e trasalì, non poteva credere a quanto stava per accaderle; la fece piegare in ginocchio sulla poltrona disposta tra la veranda e l’ingresso.
Con una mano le teneva il colletto da dietro, facendole davvero molto male; con l’altra le sollevò completamente il grembiule e la gonna nera che aveva di sotto, scoprendole una mutandina di raso anch’essa di colore nero e piuttosto sbracata. Poi con un gesto rapido le abbassò anche quella. La cameriera prese ad urlare e ad agitarsi, gridando: “La prego no, signore, cosa vuole farmi …la prego”.
La signora Dominique la interruppe, chiedendole se suo marito le avesse fatto del male prendendola: ma Floreanne, che nel frattempo aveva smesso di piangere, contrariamente a quanto temeva la sua padrona, le disse di no.
L’aveva sprofondata subito, senza alcuna difficoltà; aveva preso a muoverla per il colletto trascinandola avanti e indietro, sbatacchiandola in modo compulsivo per qualche istante interminabile. Dopodiché le era esploso dentro, senza contenersi e senza alcun ritegno, in un flusso inarrestabile di sperma, un fiume di liquido bollente, caldo e denso.
“È durato pochissimo …ma non ha fatto male”, disse quindi Floreanne; avrebbe potuto anche aggiungere che le era piaciuto, ma per rispetto della sua padrona, si guardò bene dal riferirlo; in realtà furono le successive minacce del signor Eric a scatenare in lei un senso immane di umiliazione. Le avrebbe urlato puntandole il dito addosso: “Se lo dici a chiunque, sei licenziata. Tu ricordati che sei sempre e solo la nostra piccola serva… per cui non dire niente a nessuno”.
In realtà la prima persona a saperlo era stata la signora Lilli, e la madre di Hélène era adesso la seconda. Ma ben presto lo avrebbero saputo tutti quanti, al punto che il signor Eric improvvisamente smise di rincasare la sera in Rue Courtois. Passò come un ladro una domenica a prendere le sue cose e si trasferì in un piccolo albergo del centro; incontrava ogni fine settimana Bianca assieme alla moglie, mentre Hélène per lui era come se avesse smesso di esistere.
Le aveva lasciato in dote quella lunga e penosa serie di sculaccioni, presi davanti a tutti durante la sua festa di compleanno; e adesso il siparietto della cameriera inseguita e violentata in giro per la casa. E così i quindici anni della povera ragazzotta passarono completamente in secondo piano: la signora Dominique e Bianca le portarono una piccola torta al cioccolato assieme ai loro regali, un braccialetto d’oro ed una bellissima borsetta in pelle.
Per la prima volta da quando viveva in quella casa, non ci fu alcuna festa con i parenti e con gli amici; i suoi ricordi si sarebbero fermati a quella dell’anno passato con quel bruttissimo finale; stava diventando una donna in un periodo triste e penoso, afflitta tutto il tempo proprio da quei ricordi amari ed umilianti.
Il nuovo anno iniziò così nel peggiore dei modi: la mamma e le due sorelline festeggiarono in casa Verret, con Edina che per solidarietà e vicinanza verso Hélène, aveva scelto di restare in famiglia con loro, rinunciando d’incontrare le amiche del liceo per la cena di fine d’anno.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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