Lungo le rotaie

Arrivò un lampo strano negli occhi di JD. Barbara lo notò. Sentiva i talloni addosso al metallo di una della rotaie . Capì. Capì lui. Ma non c’era da capire. C’era solo quella scossa elettrica che arrivò anche a lei. Il calore dei loro corpi e dei sessi attaccati, la voglia di entrare uno dentro l’altra più forte che mai. Quando stava per succedere, per un istante breve, le salì la paura: sentiva il vuoto dietro la sua schiena (era lei, del resto, in quel momento, ad essere più vicina, esposta al pericolo; anche se pericolo non c’era, se era vero ciò che le aveva detto JD); e un lieve freddo per la frescura che asciugava la sua schiena calda e sudata dai baci. Le sue gambe così pronte ad aprirsi per far entrare lui il gonfio membro di lui, tremarono per un attimo. Ma non c’era tempo ormai: si lasciò andare nel momento stesso in cui JD la abbracciò per farla entrare tra le rotaie. Con decisione e dolcezza la prese e la stese, le appoggiò il collo su un binario. Barbara sentiva le brecce sotto le natiche, che lui scostò con cura per rendere il suolo il più piatto possibile: per quel che si poteva, perché poco contava. Il desiderio e l’eccitazione ormai avevano sopraffatto il pensiero e ogni preoccupazione. JD si posò su di lei afferrando le sue gambe in realtà già allargate. Per stare comodo e prenderla per bene puntò le piante dei suoi piedi sul binario opposto. Così determinato, e dolce! Si sentiva sicura. Così sovrano e perverso nel condurla dove voleva anche lei, da sempre! Questo concetto, non pensato ma sentito, dentro di lei, mai come ora, considerando la situazione; e quegli occhi indemoniati per lei, mentre la penetrava! …e Barbara allargava le gambe, le allargava, posando le sue mani sul sedere di JD; e mentre JD la sbatteva animalmente (o meglio si sbattevano: perché Barbara si muoveva, agitava, accelerava il ritmo), ogni tanto guardava verso il cielo: le gambe aperte sui binari di un treno, forse tra l’estasi e il nulla! Guardava in alto il cielo, e le nuvole; sentiva l’ansimare di JD, il suo calore , il sudore dei corpi, i ciottoli sotto le sue natiche bollenti; l’odore della pelle di lui e quello umido della terra a quell’ora presto dell’alba; e nessun fastidio per qualche graffio e livido (inevitabile, anche di JD, che aveva i gomiti e le ginocchia sicuramente non intatti).
Ebbe un primo intenso orgasmo. Per un attimo lui rallentò. Poi riprese, con ancora più veemenza, sentendo che lei aveva goduto di lui e non era sazia. Si baciarono con voracità. Il ragazzo era pronto a venire, mancava poco. Barbara lo sentiva, sentiva il suo ritmo. Non esisteva nulla, solo loro, solo i loro occhi e il sentirsi entrare dentro l’uno dentro l’altra. Si, si, così, …vieni!: la voce di una Donna estasiata per quando sente il suo uomo si alternava al suon delle lingue e delle labbra, e alla voce di JD, che non parlava ma emetteva suoni e parole spezzate di godimento e trasporto intenso, per gli occhi di quella donna, che parevano occhi di una strega indemoniata; e per quel corpo sudato, e meraviglioso ai suoi occhi…
Tornò un brivido. Di entrambi. Il metallo vibrò. Dapprima sembrava un suono della mente. Poi capirono. Fu un attimo. JD scattò in piedi, afferrò Barbara per agevolarla e in un attimo furono ai lati dei binari. Nudi. Ancora caldi, eccitati. Impauriti. Il cuore all’impazzata. Le labbra mute e ghiacciate. In JD scattò un lampo nella testa. Posò le mani di Barbara sul suo pene. Barbara glielo prese e lo masturbò con ritmo forsennato, e il cuore di JD accelerò . E il treno passò. E mentre l’impatto dell’aria stordì i loro orecchi, JD venì, copiosamente. E Barbara fece appena in tempo per accogliere un fiotto del suo seme nella bocca, mentre il resto bagnava i sassi e qualche filo d’erba.