Lui & Lei
La sera stanca
di 55amante
21.10.2019 |
505 |
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"A me la frenesia non coglie però l’aspetto mangereccio, bensì quello sessuale..."
La giornata era stata pesante e ora nel silenzio della sera, degli uffici vuoti o semi deserti, dove l’unica voce che sapevo ancora attiva era quella della segretaria al di la del corridoio, magari intenta a rimettere in ordine i conti della giornata, in questa quiete, la stanchezza cominciava ad avere il sopravvento sulla lettura delle pratiche amministrative e gli occhi a volte piano piano si chiudevano indifferenti al valore del comunicato.In questi momenti, mi coglie come una frenesia. Quasi come a quelli che tesi, stanchi o annoiati, continuano a mangiare tutto quanto capita loro a tiro, senza un vero bisogno, ma solo per calmare l’ansia da fatica che era giunta al fine.
A me la frenesia non coglie però l’aspetto mangereccio, bensì quello sessuale. Mi pervade in questi momenti una voglia di sesso e di erotismo diffuso, ma non sempre rivolto verso qualcuno in particolare, bensì più una forma di voglia di toccarmi. Spesso, a tale proposito, spingo il tessuto dei calzoni indietro verso il dorso della sedia, allungando le mie ginocchia verso il basso. Il fatto che io non porti mutande, permette al mio sesso e ai miei testicoli di sentirsi compressi nella loro carne piena e fa loro subire alcune sollecitazioni che portano all’idea del tocco o dell’incontro fisico.
Quella sera la cosa era particolarmente forte e già un paio di volte avevo dovuto infilare la mia mano oltre l’orlo dei pantaloni per allentare la morsa del tessuto nei confronti dei miei testicoli o per raddrizzare il mio sesso teso magari verso il basso e in difficoltà di posizione dovuta al suo irrigidimento.
Alla quarta o quinta volta di questo riassestamento, la voglia si era fatta molto gonfia e forte, al punto da farmi pensare che vista la quasi certa solitudine, o per lo meno, la presenza nulla di motivi che richiedessero la mia presenza al lavoro della segretaria, mi poteva permettere di fare quello che più volevo in quel momento: masturbarmi.
Così con piacere avevo allentato i bottoni dei roy rogers e allargato la patta in modo da poter con facilità far scorrere la mia mano lungo il mio cazzo oramai duro ed eretto.
Le gambe, sempre protese verso il basso, si erano allargate per favorire l’apertura delle cosce e dare libertà ai testicoli. I pantaloni non erano sfilati, ma allentati al punto giusto per poter continuare il gioco dato dal movimento della mia mano e dalla voglia.
Gli occhi si erano un po’ richiusi alla ricerca di scene o fatti che potessero aumentare il desiderio e dare un maggiore contributo alla voglia di una eiaculazione magari rapida e imminente.
Non so se questa presenza/assenza abbia contribuito o se forse l’idea e il pensiero erotico quasi ricercasse l’esibizione e la voglia di condividere, sta di fatto che non sentii bussare (forse non bussò) e nemmeno aprirsi la porta. Fu solo un attimo di presenza verso la realtà, ovvero un momento in cui avendo riaperto gli occhi sulla mia mano che cingeva il cazzo menandolo con piacere, fu allora che mi accorsi che la segretaria era entrata. Era sulla porta e mi osservava, ma lo sguardo non appariva contrariato, anzi. A dire il vero, li per li non feci caso alla cosa, con un balzo cercai di sistemarmi in modo corretto sulla sedia infilando le gambe meglio sotto il tavolo, sentendo la mia cappella scorrere a sfiorare il legno del sotto piano della scrivania. Un attimo e un forte imbarazzo, di certo sono arrossito e ho accennato a qualche parola o frase parlando più che altro argomenti generici sul cosa e come, pur sapendo che la scena era inequivocabile e che ogni scusante sarebbe servita solo ad aumentare il mio grado di di vergogna nell’essermi fatto beccare a segarmi come uno studentello nel bagno di scuola.
Fu allora che realizzai che il viso di lei non sembrava scosso da atteggiamenti censorei, anzi, sembrava quasi volesse ora allungare il collo per vedere meglio come stavano continuando a muoversi le mie parti nude.
Dopo la prima fase di imbarazzo, devo ammettere, che cominciavo a sentirmi eccitato da quel momento di forte esibizione erotica e il suo atteggiamento stava avendo un effetto di incremento verso quello stimolo di eccitazione e non di deprimento per la figura fatta.
È pur vero che la segretaria faceva parte del gruppo di lavoro con il quale collaboravo da parecchi anni e sovente avevamo argomentato anche su temi di erotismo. Non nego che mi piacesse e mi creasse la voglia di averla e di possederla, ma lei aveva sempre avanzato la sua posizione di donna sposata e tutto era rimasto nel limite di una cordiale chiacchera, un po’ più intima forse, fra due amici o conoscenti di lunga data.
Stavo sommando tutte queste considerazioni, con un discreto senso di confusione ancora intriso di imbarazzo e di parole senza senso, quando mi accorsi che lei aveva fatto alcuni passi lateralmente alla scrivania in modo da portarsi sul fianco della stessa e da poter ancora cercare di vedere le mie nudità.
Allora lo presi come un invito.
Lentamente mi girai verso di lei allargando le gambe e chiedendole scusa per l’accaduto ma anche avanzando una serie di motivazioni, più o meno sensate, su quanto e perché avessi questa voglia di erotismo. Lei rispose di non preoccuparmi anzi, se mi andava, di continuare.
Come potersi fermare di fronte a questo piacevole invito?
La mia mano riprese ad aprire la patta dei pantaloni, questa volta anche con maggiore intensità, abbassandoli in modo quasi totale e liberando ora tutto il mio inguine al suo sguardo. Le chiesi se le interessasse e lei con civetteria mi disse di si ma di continuare altrimenti non vi era motivo di restare li a guardare.
Adoro essere provocato e provocare, essere spinto a dare dimostrazione di quanto possa essere voglioso e porco nel rapporto fra maschio e femmina e, quindi, raccolsi l’invito e cominciai a toccarmi, partendo prima dai testicoli, facendoli ruotare fra le mie dita per poi impugnare in modo completo, e anche stringendo, l’asta del mio cazzo. La pelle saliva e scendeva verso la cappella che sempre più gonfia e quasi violacea apriva l’orifizio e lo richiudeva.
Alcune gocce del lubrificante naturale cominciavano a farsi vedere sulla punta e a suonare nel silenzio con il loro particolare schiocco di bolla che scoppia. Lei mi guardava e intanto si era seduta sul bordo del tavolo, quasi come una professoressa durante l’interrogazione di un alunno un po’ tardo, ma facendo questo aveva, forse volutamente, alzato il bordo della gonna lungo le gambe abbronzate e senza calze. La pelle brunita dal sole e la visione della coscia che via via si mostrava sempre più erano, a quel punto, divenute il mio punto di attrazione e il mio sguardo passava dal suo viso, dove continuavo a cercare i segni di una voglia erotica, alle sue cosce, dove in realtà avrei voluto soffermarmi di più, sperando che lei aumentasse la quantità di esposizione del suo corpo. E lei lo fece. Fece tutto o meglio tutto quello che speravo facesse, ma forse è meglio che vada per gradi.
Nel suo stare seduta sul ciglio della scrivania muoveva lentamente i fianchi in modo che la gonna lentamente saliva sempre più in alto fino a mostrare il colore rosso violaceo del suo perizoma. I suoi occhi non si staccavano da me, ma spesso mi accorgevo che cercava anche di trovare i miei occhi per capire dove io mi stessi posando con la vista e con il pensiero.
Ad un certo punto la sua posizione fu quasi angolare, una gamba aveva la coscia interamente distesa sul tavolo e l’altra era rimasta più in basso, favorendo così il divaricare delle gambe e l’apertura delle sue cosce, con l’inevitabile ostentazione del triangolo di tessuto che ne era il culmine.
Nello stesso tempo o non so bene quando, le sue mani si muovevano tirando in su il tessuto della gonna e avevano aperto la camicetta sul suo petto, dove il seno si mostrava ora libero da vincoli, anche se da tempo aveva segnalato la sua partecipazione al piacere attraverso la spinta dei capezzoli sul tessuto.
A questo punto la camicetta aveva perso il sostegno del tessuto e, prima uno poi entrambi, i seni erano emersi con il loro bottone eretto come il mio cazzo e circondato dalla sua areola quasi richiamata verso il centro dall’erezione stessa del capezzolo.
Ora faticavo a capire cosa volevo guardare, mentre la mano continuava a menare il mio cazzo e il piacere si stava piano piano portando sempre più verso il punto di non ritorno.
Fu in quel momento che la sua mano si inserì lentamente nel tessuto rosso violaceo e, quasi come alla ricerca di qualche cosa di urgente e prezioso, mostrava i suoi movimenti sotto il tessuto, fino a far comprendere che ora le sue dita stavano attingendo al liquido della sua vulva aperta.
Le chiesi molte cose, molte che non rammento, ma quella di sfilarsi il perizoma è ancora li nella mia mente, perché lei non lo fece, ma mi prese la mano, fermando così appena in tempo il mio sbattere proprio prima che potesse portare ad una prematura esplosione, e la mise sul bordo del tanga dicendomi di farlo io, anzi, ricordo bene, di strappargliele se volevo vederla.
E io lo feci.
Tirai il tessuto che cercava ancora di infilarsi insieme alle dita nelle sue labbra oramai divaricate e tirai fino a sentirlo cedere, come con uno schianto, restando in parte nella mia mano come un lacerto a metà rimosso, ma nello stesso tempo aprendo alla mia vista il muoversi delle sue due dita che stavano dilatando la figa fino a penetrarla quasi totalmente e con più di un dito, per poi fermarsi appoggiando le dita di lato in attesa di chissà quale altra azione. E io tirai e tirai ancora, forzando ora il tessuto sul lato ancora integro fino a farlo cedere totalmente liberando il suo ventre da ogni vincolo.
Lei nel frattempo aveva tolto le scarpe con il tacco da 12, che tanto amava e la rendevano osservata ad ogni passo quando camminava nel corridoio, e i suoi piedi nudi si erano ora poggiati sui braccioli della mia sedia dandole quella posizione aperta e diretta che non mi permetteva alcuna distrazione in merito al suo masturbarsi.
Io ripresi a toccarmi, con lentezza, ora non volevo venire, ma vederla venire.
Il suo corpo, intanto, si muoveva e prendeva coscienza della voglia di essere esibito in modo osceno al mio sguardo. Le dita sprofondavano e uscivano con un ritmo tutto suo, accompagnando il muoversi del clitoride oramai duro e presente lungo il cammino. Non so quanto durò la scena, forse poco, forse tanto, di sicuro fu intensa nel suo agire, completa fino a quando con un gemito più forte e audace e con un ritmo ora vorticoso delle dita intorno al clito e dentro alla figa, capii che era venuta e che stava godendo.
Fu allora che presi audacia e avvicinai la mia bocca alla sua figa. La voglia di berla, di sentirne il sapore oltre al profumo, era intensa e forte. Quando la mia lingua si sostituì alle sue dita lei emise un gemito e ebbe un sussulto, quasi che quel gesto fosse inatteso e ignaro, dato che il suo sguardo ancora socchiuso era ancora perso nelle fantasie della sua mente.
La mia lingua si gettò subito dentro per succhiare il liquido copioso, ma subito tornò verso il suo clitoride indurito per stuzzicarlo e per farlo diventare sempre più intenso sotto i colpi della punta tesa che la mia bocca le donava.
Avrei voluto che fosse una figa da squirt, l’avrei bevuta tutta, ma anche così mi gustavo questo sapore dolciastro e quella pelle morbida e calda che era ora scossa dai movimenti dei suoi fianchi, mentre il suo ventre si donava e fuggiva, presa nel gioco del piacere e delle scosse sotto pelle che le stavano dando le attenzioni della mia lingua.
La succhiavo senza posa insaziabile fino a che lei mi prese la testa e mi scostò per poi scivolare lesta dalla scrivania e mettersi in ginocchio sotto il mio cazzo dicendo “..a me ….ora a me”.
Allora mi misi in piedi e ripresi a sbattermi anche se sapevo che non avrei tardato a venire, visto il grado di eccitazione raggiunto.
Fu quindi rapido, non so mai se troppo o troppo poco in questi casi, sta di fatto che con un colpo più profondo le mie natiche si contrassero e dalla bocca della mia cappella cominciarono ad uscire gocce pesanti di sperma che scesero a colare sul suo viso e anche in parte sui suoi seni.
Lei restò li sorridente e a volte aprendo le labbra quasi a voler suggere ciò che sprizzavo e strizzavo su di lei. Una mano andò sul suo seno massaggiandolo e inumidendolo con l’aiuto del mio godere, spalmando il mio sperma sulle coppe, l’areola e il capezzolo, mentre io continuavo a sbattere cercando di darle il più possibile di me.
Quando il mio sprizzo era diventato solo una goccia in punta al mio cazzo, aprì gli occhi, su cui vi erano i segni del mio pulsare e gocciolare, e prendendo il mio cazzo con una mano, lo infilò nella sua bocca per succhiare meglio i miei ultimi colpi. Le presi la testa e la spinsi verso il mio ventre affondando nella sua bocca tutto il mio cazzo fino a sentire il fondo della sua gola.
L’attimo si chiuse con alcune coccole alla sua testa e alle sue guance ancora piene del mio cazzo in attesa che questo allentasse il suo turgore fra la sua bocca e la sua lingua, mentre io mi ero riseduto e passavo la mia mano dai capelli alle sue tette ancora umide o irrigidite dallo sperma secco.
Alla fine lei si alzò, mi guardò con un sorriso, quel sorriso complice che tutte le femmine dovrebbero dare a più di un maschio oltre al loro compagno, si ricompose un poco, e uscì dalla porta verso il bagno per mettersi in ordine.
Io rimasi li, i pantaloni calati, il cazzo meno prepotente di prima, con in testa pensieri vari sul ciò che era stato e su quello che magari da allora potrebbe essere o diventare.
Posai lo sguardo sul piano della scrivania, dove un tessuto rosso/violaceo dava segno di se a testimoniare i miei pensieri.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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