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Lui & Lei

La cena di classe


di PuPazzo79
09.10.2024    |    3.772    |    5 9.7
"Lo sguardo fu fugace, ma la percezione fu inequivocabile..."
Davide aiutò la ragazza a scendere dall’auto, offrendole la spalla per sorreggerla.
Simona era una sua alunna, o, meglio, ex alunna, in quanto aveva appena sostenuto l’esame di maturità. Infatti, erano reduci dalla cena fatta per festeggiarlo. Davide insegnava italiano; fisicamente, era decisamente un tipo abbastanza anonimo: un metro e settanta, fisico nella media, con muscoli non male, ma un paio di chili di troppo, occhi nocciola, occhiali, pochi capelli castano scuri e un viso che si poteva dichiarare “carino” ma non “bello”.
A trentotto anni era single con solo un paio di storie serie alle spalle; amava molto il suo lavoro e lo faceva con passione, insegnando italiano e storia ai ragazzi in modo coinvolgente. Per questo era un docente generalmente apprezzato dagli alunni.
Simona invece era una bella ragazza diciannovenne mora, che portava grandi occhiali che non mascheravano gli occhi cerulei; era bassina, attorno ai 160 cm, ma molto ben proporzionata.
Erano andati a mangiare in una pizzeria e Simona era andata a piedi, ma, uscendo dal locale, era inciampata sui tacchi alti e aveva preso una storta. Così, aveva chiesto un passaggio, ma gli altri compagni erano intenzionati tutti a proseguire la serata, con anche qualche professore, in una birreria. Così, erano rimasti solo Davide e due colleghe e lui era quello più di strada, quindi si offrì di accompagnarla.
Una volta arrivati sotto casa, chiese:
“Suono e ti fai aprire dai tuoi?”
“No, no, prof… adesso io vivo da sola!” Rispose la ragazza. “Mi può accompagnare fino in casa? Non credo di farcela da sola…”
“Certamente!”
La ragazza aprì il portone e salirono sull’ascensore, con il prof che la sorreggeva. Lei indossava un abitino corto rosso di cotone leggero con spalline molto sottili. Mentre si appoggiava al suo professore, questi aveva una visuale privilegiata per lo scollo del vestito. L’impressione che ebbe fu che non indossasse il reggiseno sul suo seno sodo di media misura.
Usciti dall’ascensore, lei armeggiò con le chiavi, adagiandosi a peso morto su Davide. Il calore del corpo della ragazza, in quella serata di luglio, era chiaramente percepibile attraverso gli abiti leggeri e il seno sinistro era premuto sul petto dell’uomo.
Quando si aprì la porta dell’appartamento, a Davide si presentò il classico piccolo bilocale affittato a studenti e lavoratori fuorisede. La sala aveva un divano, un mobile porta televisione con un paio di scaffali per i libri, un tavolo addossato alla parete con tre sedie ed un angolo cottura. L’unica cosa di grandi dimensioni era il frigorifero. In una parete si aprivano due porte, sicuramente quella del bagno e quella della camera da letto.
Simona chiese all’uomo di aiutarla a sedersi sul divano; lui la adagiò il più delicatamente possibile, ma nel sedersi l’abito salì un po’, lasciando scoperte quasi completamente le belle gambe.
“Hai bisogno d’altro? Altrimenti, io andrei…” Disse l’uomo.
“Sì… veramente, potrebbe essermi molto utile un massaggio alla caviglia. Me lo potrebbe fare?”
Davide era un po’ imbarazzato dalla situazione: se Simona non avesse già finito la maturità, la sua etica professionale gli avrebbe impedito non solo di fermarsi per il massaggio, ma anche di accompagnarla, da solo, a casa. Però, formalmente, lei non era più una sua alunna e quindi non aveva più il cappio della sua coscienza.
Vedendolo titubante, lei insistette: “Io sono da sola… non c’è nessun altro che può farmelo! E mi farebbe sicuramente piacere avere quel massaggio…” Disse l’ultima frase con un sorriso che sembrava maledettamente malizioso.
Non ancora del tutto convinto, ma decisamente meno orientato ad andarsene, il suo ex professore si inginocchiò di fianco al divano e prese il piede della ragazza, iniziando a massaggiarlo dal basso verso l’alto. Stranamente, non sembrava gonfia e neppure calda come quando si verifica una distorsione.
Simona emise una specie di mugolio, per cui Davide domandò:
“Fa male quando stringo?”
Nel dire questo sollevò lo sguardo, facendolo scorrere lungo le gambe della ragazza e, quando passò per l’inguine si accorse che la ragazza non indossava nemmeno le mutandine. Lo sguardo fu fugace, ma la percezione fu inequivocabile.
“No… fa bene… però massaggia più in alto…” Rispose lei con voce calda.
Lui non comprese il motivo, ma istintivamente ubbidì, passando a massaggiare il polpaccio, senza nemmeno badare al fatto che Simona era passata a dargli del tu. Lei sollevò leggermente il ginocchio, come per favorire il massaggio, però il gesto contribuì ad alzare ancora di più l’abito, per cui per Davide era visibilissima la passera della ragazza, con un ciuffetto di peli scuri ben curato alla sua sommità.
Non avrebbe voluto, ma quella giovane figa era troppo invitante per lui e non riusciva a distogliere lo sguardo.
“Sali ancora di più…” Lo invitò lei, che gli dava del tu senza che lui gli avesse badato.
Lui superò il ginocchio e massaggiò la parte bassa della coscia.
“Mmm… ancora più su!”
Esortato da Simona, le mani di Davide erano ormai a metà coscia.
“Sali!” Gli ordinò lei.
Davide ormai stava passando le mani sulla parte alta della coscia e lei spostò l’altra gamba, divaricandole apertamente.
La cosa aveva eccitato immensamente Davide e la sua erezione era evidente. Simona, infatti, scattò a sedere all’improvviso e gli appoggiò la mano sul pacco.
Con l’altra gli afferrò la camicia e lo tirò a sé, baciandolo.
Lui rispose istintivamente con entusiasmo, senza più nessuna ombra di indecisione o di remora.
La mano di lui salì fino all’inguine, andando ad esplorare la sua femminilità, e l’altra al seno, tastandolo attraverso il tessuto.
Lei, mentre la sua lingua si insinuava a fondo nella bocca di lui, armeggiò con il vestito, facendo scivolare le spalline dell’abito e liberando il seno in cui i capezzoli erano turgidi ed eretti. L’uomo li sentì chiaramente sotto il palmo della mano e si eccitò ancora di più. Il suo membro era duro e al massimo dell’erezione sotto il tocco avido di Simona.
Finalmente, a corto di fiato, le loro bocche si lasciarono e lei commentò:
“È un anno e mezzo che sogno di averti! Cazzo, la tua voce mi fa eccitare da morire! Sentirti spiegare letteratura mi fa bagnare!”
Queste parole lo eccitarono all’estremo e si sollevò, cercando di liberarsi dei vestiti più velocemente possibile. Lei lo imitò, armeggiando con la cerniera dell’abito che si sfilò sopra la testa.
Lui tolse i boxer attillati, liberando un cazzo decisamente largo e di una lunghezza apprezzabile; la sua cappella era enorme.
“Scopami!”
L’invito era, in realtà, inutile: Davide le si gettò letteralmente addosso. Guidò il suo pene eretto dentro alla giovane passera di Simona e la trovò immensamente bagnata. La penetrò facilmente e lei fece un urletto di piacere che lo spinse a muoversi immediatamente dentro di lei.
La ragazza ansimava sentendo quel grosso membro dentro di sé; non era certo vergine, ma le esperienze che aveva avuto precedentemente con tre ragazzi non erano nemmeno minimamente paragonabili: erano meno dotati, più impacciati e decisamente meno passionali. Le sensazioni che stava vivendo in quel momento, sia per il coinvolgimento mentale che per le doti nascoste del prof, erano enormemente più appaganti di ciò che aveva provato fino a quel momento.
Lui si stava muovendo con colpi decisi, che spingevano a fondo il cazzo nel suo corpo giovane e recettivo, fino alle palle che sentiva sbattere contro i suoi glutei contratti per la piacevole tensione; non solo: le sue mani non stavano ferme, ma la esploravano ovunque, come faceva anche la bocca di Davide. Le sue labbra e la sua lingua indugiarono soprattutto sui due seni, giocando con i capezzoli, ma anche sul collo, sulle orecchie che furono mordicchiate con passione, provando un leggerissimo e piacevolissimo dolore, e sulle sue labbra che dischiudeva volentieri perché le loro lingue si potessero incontrare con voluttuoso piacere reciproco.
Il tempo trascorse così intensamente che Simona perse completamente la sua cognizione: poteva essere scopata da tre minuti, dieci, venti o mezz’ora, non lo sapeva più! Ad un certo punto Davide le confessò che stava per venire.
“No, non dentro…” Riuscì a dire lei con un filo di voce, tra un mugolio ed un urletto.
Davide sfilò rapidamente il cazzo pulsante, in cui le vene erano fortemente evidenti, dalla giovane e proruppe quasi istantaneamente in un abbondante fiotto di sborra calda. Il membro era così duro ed eretto e il getto era così potente che il bianco liquido seminale raggiunse Simona in ogni parte, dall’ombelico ai capelli. Una delle lenti degli occhiali era praticamente coperta per intero o quasi, dove la parte più abbondante della sborrata era arrivata. Era una visione estremamente eccitante.
I due stavano ansimando quasi all’unisono.
Lui si giustificò:
“Scusa… non sono riuscito a trattenermi… è stato troppo bello!”
“Non è stato bello… è stato magnifico! Quanto mi piace avere il tuo cazzo dentro!”
“Ma sono venuto prima di te…”
Lei scoppiò a ridere.
“Cosa? Prof, non ti sei accorto che ero già venuta un paio di minuti prima di te? Eri così concentrato ed eccitato che non hai sentito la mia passera che si stringeva attorno al tuo splendido membro mentre venivo come un lago?”
Lui arrossì imbarazzato, mentre il suo membro rimaneva eretto e duro come quasi non fosse già venuto.
Lui si chinò sulla ragazza e le baciò prima un seno, poi succhiò il capezzolo dell’altro; quindi, fece scivolare la sua lingua sul suo ventre, scendendo fino alla sua passera, dove si mise di impegno a leccarla e baciarla. Lei strabuzzò gli occhi quando sentì la punta della lingua del professore sul suo clitoride. Accarezzando, infilando, sfiorando, stuzzicando e muovendo la lingua, rimase con la faccia tra le belle cosce di Simona per quasi dieci minuti, mentre lei accompagnava il tutto toccandogli la testa, accarezzandosi il seno ed emettendo una profusione di versetti, mugolii, incitamenti e sospiri di eccitazione pura. Alla fine, venne una seconda volta, in bocca a Davide.
L’uomo leccò con la lingua piatta tre volte la figa grondante della ragazza, quindi si rialzò e, con gli umori di lei sul volto, le disse:
“Ora sì che me ne sono accorto!”
Lei proruppe in una risata argentina.
Quando si riprese, lo attirò a sé e lo baciò; quindi, lo fece stendere e gli restituì il piacere, leccandogli il membro dalle palle al buchino sulla cappella, cercando ogni residuo di sborra da leccare via. Dopodiché prese a succhiare quel cazzo che era stato una così piacevole sorpresa.
“Recitami quel porco di D’Annunzio a memoria, prof!” Gli disse e così, mentre lui recitava a fatica, travolto dall’estasi delle labbra e della lingua di Simona sul cazzo, “la pioggia nel pineto” del Vate, lei lo succhiava con avidità, eccitandosi per la sua voce, mentre con una mano passava dall’asta del prof alle sue palle e con l’altra si toccava la figa fradicia.
Alla seconda poesia, anche Davide venne di nuovo.
I due ripresero fiato trasferendosi sul letto, nudi, uno di fianco all’altra.
Mentre lui notava la foto di una ragazza che non conosceva su una mensola della camera e si chiedeva chi fosse, lei stava pensando a quanto aveva funzionato bene il suo piano: prima di tutto, quella non era casa sua, ma della ragazza della foto, che era una sua amica di fuori che faceva già l’università e che aveva convinto a prestargliela per la serata. In secondo luogo, non si era mai fatta male alla caviglia: faceva parte della recita per riuscire a farsi accompagnare “a casa” dal prof di italiano. I compagni erano stati istruiti a dire che tutti sarebbero andati in birreria, anche se qualcuno, in realtà, sarebbe tornato a casa. Infine, aveva indossato quell’abito senza biancheria perché lui potesse vedere le sue gambe, le sue tette e soprattutto la sua figa quando fossero stati sul divano. Era riuscita a farsi scopare da Davide come voleva ardentemente e questo si era rivelato anche meglio del previsto: la miglior scopata della sua vita fino ad allora! Non sospettava minimamente che avesse quella bestia tra le gambe!

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