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Lui & Lei

L'ospitalità è sacra


di mezzasuora
04.11.2011    |    12.823    |    0 9.5
"Durante le vacanze davo una mano a mia mamma e mio papà..."
I miei genitori da tempo immemore erano proprietari di un albergo 3 stelle nelle Langhe. Era un piccolo edificio di 25 stanze dove spesso soggiornavano personaggi di spicco nel panorama politico, sportivi, giornalisti, medici, avvocati e tutti coloro che, vuoi per un motivo, vuoi per un altro, intendevano trascorrere una o più notti in santa pace. Si, perché c’erano e ci sono ancora molti hotel, agriturismi e altre strutture simili in zona, alcune erano addirittura citati dalle riviste del settore, ma in nessun altro posto la colazione era speciale come da noi. Dovete sapere che mia nonna buon’anima preparava tutti gli anni le marmellate e le confetture: da quella di fragole a quella di pere, da maggio a settembre. Queste delizie erano poi spalmate sul pane o sui biscotti a colazione dai nostri avventori. E’ per questo motivo che il nostro albergo godeva di un’ottima reputazione secondo i miei genitori.
Secondo me, era grazie alla mia eccellenza nelle pubbliche relazioni.
Nell’estate 1993, io avevo da poco compiuto 18 anni. Durante le vacanze davo una mano a mia mamma e mio papà. Al mattino servivo colazione, poi sistemavo le camere da letto, lavavo i bagni… Tante volte ero sola con i clienti dell’albergo perché i miei genitori erano a far commissioni. In tre persone gestivamo divinamente bene questo alberghetto.
Come stavo dicendo, era il 1993, faceva molto caldo. I clienti erano pochi poiché il mare attirava turisti come mosche. Era luglio o agosto, non ricordo. Ero sola in albergo: i miei genitori erano andati a portare a Torino la nonna che soffriva di angina pectoris. Ero sola in 25 stanze.
Erano circa le 10 del mattino. Faceva caldo già presto. Dalla reception, dove stavo sistemando (e mangiando) le caramelle, lo vidi (in genere al bancone ci stava mio padre, io avevo altri impegni). Non poteva essere lui, Lo Squalo siciliano, come lo definivano i giornalisti. C. stava scaricando una valigia da una Mercedes decappottabile. Entrò nella hall, circondato dai raggi di sole. Era una visione abbagliante. Giuro: era il quarantenne più sexi del mondo, oltre che il politico più scopabile del parlamento.
Si avvicinò al bancone e, sorridendo, mi chiese:
“Avete una camera?”
Io stavo ancora fantasticando sulla visione celestiale e risposi:
“Certo. Quanti letti?”
Caspita, che figura di merda!!! Dovevo chiedergli solo una stanza con letto singolo o matrimoniale…
Lui sorrise e sussurrò.
“Mi piace stare al largo anche quando sono solo”
Gli assegnai la stanza 31, la suite (per noi, per il resto del mondo una camera un po’ più larga) del terzo piano.
Gli consegnai le chiavi, ritirai un suo documento, e lo accompagnai nella stanza.
“Pranzo è servito dalle 12 alle 14; cena dalle 20 alle 22; colazione dalle 8 alle 10. Se vuole servizio in camera o anticipare o posticipare i pasti, deve solo avvisare la reception.”
Posò la valigia sul letto e, girandosi verso di me, disse:
“Sarò felice di godere di tutti i vostri confort. Pensavo… può portarmi un caffè macchiato senza zucchero tra un’ora?”
Sfacciato, pensai, e sorrisi.
“Macchiato caldo o freddo?”
“Caldo. Ah, e con 2 cucchiai”
Ringraziò e mi allontanai. Chiusi la porta e tornai sotto. 2 cucchiai? Per cosa?
La signora Taglietti, una nostra affezionata cliente, mi vide alla reception e disse:
“Povera cara, perché indossi la divisa?Siamo 4 gatti, approfittane: metti qualcosa di corto, di più estivo sennò ti prende un colpo”
Aveva ragione…tanto chi vedeva?
La ringraziai e corsi a cambiarmi nella spogliatoio. Uscii con indosso dei jeans corti ed un camicetta. Mi sentivo meglio. Grazie signora Taglietti.
I miei genitori chiamarono avvisandomi che si sarebbero fermati ancora a Torino perché la nonna abbisognava di ulteriori esami ed accertamenti. Gli raccontai del nuovo ospite e mamma mi disse di trattarlo come un re e di assecondarlo in tutto. Era un’ospite di riguardo, d’altronde.
Preparai il caffè, misi caffettiera e tazza con il latte caldo in un vassoio e salii le scale. Giunse davanti alla stanza 31 con fiatone. Stavo per servire il caffè a C. Che onore.
Bussai alla porta e, da dentro, sentii una voce dire:
“E’ aperto, entri pure”
Entrai.
“Le ho portato il caffè macchiato caldo come mi aveva detto lei”
Si avvicinò. Indossava una camicia a righe azzurre e un paio di jeans molto sexi.
Prese il vassoio. Lo posò sul tavolo. Il mio cuore batteva. Sentivo ogni singolo battito. Sentivo il suo profumo e quello del caffè. Passarono secondi interminabili. Io aspettavo che mi dicesse qualcosa o che mi desse la mancia, lui invece disse:
“Sei tu il latte caldo che volevo per il mio caffè”
Mi sentii sciogliere le gambe. Sapevo che dovevo dire qualcosa, reagire, ma un solo pensiero mi balenava. Vuole scoparmi, vuole scoparmi…
Sfiorò con un dito leggero il mio collo. Aspettava una mia risposta, un mio cenno. Si allontanò per chiudere la porta e ritornò da me. Io sembravo una statua di ghiaccio. Per certe cose ci doveva essere un preavviso di almeno 10 giorni. Dovevo prepararmi emotivamente.
C. mi guardava. Mi sentivo la preda di uno squalo. Lui mi girava intorno mentre io stavo zitta.
“L’ospitalità è sacra e noi dell’hotel *** assecondiamo ogni desiderio dei clienti” dissi tutto d’un fiato.
C.rise, piegando la testa all’indietro, mostrandomi il suo collo taurino, il suo petto villoso da sotto la camicia.
Si fece serio e si parò davanti a me. Mi prese per i fianchi e mi sollevò. Mi fece sedere sul tavolo.
Posò il caffè sul comodino e tornò da me.
“Così qui l’ospitalità è sacra? Vediamo cosa intendono i titolari per sacralità…” disse ed iniziò a sbottonarmi la camicia.
Sbirciò all’interno e notando il mio reggiseno fantasia Vichy (rosa e bianco, per la cronaca) sorrise. Mi sfilò la camicia.
Il mio cuore batteva follemente, lo desideravo. Unico neo: ero vergine e desideravo tanto conservare la mia immacolatezza per l’uomo che avrei sposato. Però in quel momento, in quegli attimi desideravo enormemente essere scopata. Al diavolo la morale.
Convinta mi volesse abbracciare, mi avvicinai a lui, per scambiare il gesto, ma solo un istante dopo mia accorsi che in realtà voleva slacciarmi il reggiseno. Lo tolse e lo mise sul letto assieme alla camicia.
“Complimenti a mammà” disse e con due dita iniziò a stuzzicarmi i capezzoli.
Fitte al basso ventre stavano reclamando da parte di tutto il mio corpo una bella scopata con i fiocchi.
“Appoggia la schiena al tavolo che adesso si balla” disse.
Mi sbottonò gli shorts e, in un gesto unico e rapido, mi sfilò anche gli slip.
“Che goduria!” disse, posando i miei indumenti.
Ritornò da me. Io, per pudore, tenevo le gambe chiuse.
“Apri le gambe e fammi vedere un po’…” disse.
Io obbedii. Avvicinò la sua mano alla mia figa calda e umida, sfiorò le grandi labbra e disse:
“Bene, è bollente”
Mi fece sistemare con il sedere sul bordo del tavolo e si sedette sulla sedia.
“Mi piace la passera adolescente” disse ed iniziò a leccarmi.
La sua lingua lambiva il mio clitoride, succhiava le grandi labbra, le piccole, penetrava la vagina in continuazione, mentre con le dita sfiorava il mio ano.
Stavo godendo follemente, mai avrei immaginato un’estasi così. Per di più con un politico del calibro di C.
Si allontanò. Prese dal vassoio i due cucchiai e tornò da me.
“Cosa vuole fare?” chiesi allarmata
“Piccola, tranquilla, niente di male.
Prima che riuscissi a respirare, infilò prima uno poi l’altro i due cucchiai nella mia figa e divaricò le pareti della mia vagina fino a consentirgli una visuale ad hoc.
“Perfetto, proprio quello che desideravo. Una verginella!” disse.
Sfilò i cucchiai e mi sollevai a sedere.
“Cosa vuole fare?” chiesi
“Ripresentati questa sera e lo saprai” disse e si girò verso il letto. Mi porse la mia roba e mi rivestii.
Mentre mi stavo vestendo, disse: “Mi raccomando: alle 22 puntuale”
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