Lui & Lei
Enrica, un ricordo che non se ne va. Parte 3

20.02.2025 |
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"Esco appena in tempo per guardare i fiotti bianchi che inondano l’ombelico , i nei e il piercing di lei..."
Finalmente…C’è un altro progetto che sto seguendo nell’altra struttura, dove lei non lavora. Gliene parlo, è molto interessata, ho dei progetti e degli articoli nel mio ufficio là.
Decide di seguirmi un pomeriggio per dare un’occhiata al materiale. Pranziamo nel solito bar. Mi segue in macchina perché poi andrà casa.
Raggiungiamo la struttura.
È una vecchia struttura, al piano terra ambulatori, al secondo e terzo degenze, al terzo gli studi dei professionisti. Andiamo direttamente nel mio studio al terzo piano.
È un venerdì pomeriggio e sono solo, non ci sono colleghi nelle altre stanze. Un lungo corridoio, grigio, vuoto e semibuio al cui lato sinistro si intervallano le porte di accesso ai vari studi, a destra un paio di bagni e nessuna finestra. Inserisco la chiave nella porta del mio studio, due giri ed entriamo.
La stanza è bianca, due finestre che danno sulla città sottostante, due vecchie scrivanie, una mia e una per la collega che il venerdì pomeriggio se ne sta a casa.
Estraggo dall’armadio le copie di due vecchi progetti di ricerca e gliele porgo, si siede sulla scrivania della collega e le sfoglia con attenzione, le commenta.
I suoi lunghi capelli scivolano sulle sue spalle ad ogni movimento della sua testa, alcune ciocche scendono fino a toccare le pagine stampate che sta sfogliando. Con un movimento naturale, inconsapevole, le scosta e le riporta in ordine dietro le spalle. È un movimento molto femminile che mi solletica.
Mi porto dietro di lei, sollevo la massa di capelli castani, la bacio sul collo, sulle guance. Ha un tremito, solleva la testa dai fogli e la reclina all’indietro, lungo bacio sulla bocca.
Le mani solleticano il seno, scivolano lungo i suoi fianchi, i baci si fanno frenetici, mi perdo col viso tra i suoi capelli. Si alza, si siede sulla scrivania.
Abbiamo voglia l’uno dell’altra, si toglie la maglia, la camicetta, il lento spogliarello è accompagnato dal rumore dei baci, dal fruscio delle mani lungo il suo corpo, dai sospiri di entrambi.
È davanti a me, seduta sulla scrivania, mutandine e reggiseno neri, la sua pelle bianca e liscia, la cascata di capelli castani e ondulati come una criniera le incornicia il viso.
Due nei mi fanno l’occhiolino poco distanti dall’ombelico, col quale formano un malizioso sistema solare al centro della sua pancia piatta.
Esploro con la lingua quegli astri, illuminati da un piercing proprio sull’ombelico. E. si appoggia sulle braccia e si china all’indietro, salgo a baciarle il petto, cerco a tentoni il gancio del reggiseno, uno scatto e rivedo i suoi bei seni; non riempiono la mano ma sono sodi, caldi, sembra di tuffarsi tra cespugli di rose, ma senza spine.
I capezzoli ritti come torri non si scostano ai tocchi ripetuti in punta di lingua.
Si toglie le mutandine.
Enrica è completamente nuda, di nuovo, davanti a me. Questa volta apro la patta e libero un cazzo nel pieno del suo vigore.
Lei geme. Mi aspetto che abbia voglia di avvicinare la sua bocca, invece si guarda intorno, con uno slancio afferra il suo cappotto grigio, depositato in precedenza su un tavolino portariviste. Lo per terra e ci si stende sopra.
Ho capito. Mi spoglio completamente e freneticamente. Sono sopra di lei, ho voglia, tanta, lei di me.
Riprende la trama dei baci. Sento il suo corpo, lungo, liscio, caldo, il profumo dei suoi capelli mentre il mio viso affonda nel suo collo. Le lunghe gambe mi accolgono scostandosi un po’, voglio penetrarla.
La punta del mio cazzo incontra il caldo umido delle grandi labbra, spingo e scivolo in un paradiso languido, caldo, che mi avvolge. Gemiti, miei, suoi. “Mi piace il tuo profumo”, “sì, è per te”.
I nostri corpi si muovono ritmici uno verso l’altra. Non mi sfiora nemmeno l’idea che qualcuno possa entrare in stanza o bussare. Voglio solo possederla e la sto possedendo.
È bellissima mentre mi prende sopra di sé cingendomi con le braccia. Sento un’onda di energia che sta partendo alla base del mio cazzo, sto per venire, non vorrei ma sento che non c’è altra possibilità.
Tre o quattro colpi di reni decisi dentro di lei, il cazzo enorme e rigido è in preda all’onda calda che investe il mio corpo.
Esco appena in tempo per guardare i fiotti bianchi che inondano l’ombelico , i nei e il piercing di lei. Troppo, si forma un lago che tracima e un rivolo scende lungo il suo fianco a macchiarle il cappotto grigio.
I mesi successivi saranno argomento di risate, tra me e lei, quel cappotto finito la pulitura a secco il giorno seguente.
Enrica ed io avevamo fatto l’amore o avevamo fatto sesso o avevamo scopato, non saprei quale alternativa scegliere ma l’avevamo fatto.
È stata la prima di tante volte: in macchina, a casa mia in pausa pranzo, in albergo a Milano in occasione di due convegni.
Le era piaciuto tanto quando sveglio alle tre di notte, mentre lei era in pieno sonno, l’ho tratta a me prendendola per un braccio per poi abbassarle le mutandine e leccarla freneticamente.
Le piaceva molto farmi godere con la bocca e ingoiare fino all’ultima goccia.
A giugno eravamo così confidenti che lo facevamo nel nostro studio, senza più preoccuparci che qualcuno bussasse: io seduto sulla sedia, lei sopra di me o in piedi contro il muro.
A giugno accade che Enrica comincia a volere di più, vederci di più, fare l’amore di più e meglio, lascia il suo ragazzo… confusione, 21 anni di differenza, desiderio, dubbio, casini, non so che fare, sale tensione tra di noi.
Il 9 luglio
Andiamo a un convegno poco distante da dove lavoriamo. Un collega, poco più giovane di me e sempre molto più vecchio di lei la nota, le strizza l’occhio. I giorni successivi la contatta su un social, lei risponde.
La invita ad un aperitivo, lei mi racconta tutto.
“Sei libera, non mi devi rendere conto” è quello che le dico.
All’aperitivo segue una cena a casa di lui. Scopano. Se la cosa si fermasse lì. Non si ferma lì, iniziano una relazione. Sto malissimo.
Lei non vuole troncare con me, ma ritiene che quella frequentazione le possa essere utile…, le dico di lasciar perdere la nostra relazione, non posso darle quello che può darle l’altro. Accetta.
Dopo pochi minuti mi chiede di prestarle dei libri che ho a casa mia.
Mi segue, in pausa pranzo, per venire a prenderli. Sono distrutto, le do i libri, beviamo una birra insieme, non la tocco.
È il 20 luglio 2018.
Enrica nel mio salotto si alza in piedi, appoggia il bicchiere sul tavolo, mi guarda, abbassa le spalline del vestitino estivo che indossa, rimane davanti a me in mutandine e reggiseno, erano colorati ma non ricordo più quale colore.
Continua a guardarmi, credo di aver avuto un’espressione inebetita. Si gira e inizia a salire le scale, vedo il suo bel culo che dondola mentre sale, ho un’erezione. La seguo. La trovo in camera stesa di traverso al letto matrimoniale con un’espressione fintamente indifferente.
Sono su di lei, brucio di voglia. La tempesto di baci, mi alzo per toglierle le mutandine, si toglie il reggiseno, prima che sia di nuovo su di lei me lo prende in bocca. È grosso, dritto. Lei scivola con la lingua lungo tutta l’asta, mi fa girare la testa.
Si stende, la penetro, geme, urla, “chissà che i vicini non siano in casa” penso. Vengo tantissimo. Sarà l’ultima volta con lei.
Lo stage si chiuderà di lì a poco, se ne andrà piangendo e con un braccialetto Pandora dono dei colleghi. Starà per altri sei anni con quel collega, che mollerà in modo tempestoso nell’estate del 2024 mettendosi con un ragazzo della sua età.
Abbiamo continuato in quei sei anni a sentirci per messaggio e a vederci di sfuggita per lavoro, ora lei è una collega a tutti gli effetti. Ogni tanto ci raccontavamo la voglia l’uno dell’altra. Chissà se lo rifaremo, forse meglio di no, ma forse chissà….
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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