Lui & Lei
DESIDERIO DI APPARTENENZA
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09.02.2021 |
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"Fraintendendo ciò che aveva visto, mi ha lanciato uno sguardo glaciale, misto di delusione e disapprovazione..."
Era più di un mese che ero rimasta chiusa in casa, tra lockdown natalizio, brutto tempo e intervento, ed avevo un forte desiderio di uscire, di evadere dalle 4 mura domestiche e dedicare un pomeriggio tutto per me. Finalmente eravamo tornati anche in zona gialla ed i locali avevano riaperto per il pranzo, così un giorno, dopo aver partecipato ad alcune call di lavoro, verso l’una decisi di scappare e di fare la mia pausa fuori. Mi sono preparata accuratamente, era tanto che non lo facevo, e sono uscita. Avevo bisogno di andare in un posto tranquillo pieno di verde lontano dalla città.
Sono arrivata così in un agriturismo vicino le porte di Roma, non c’era nient’altro che questo casale immerso nella verde campagna.
Scesa dalla macchina ho iniziato a respirare a pieni polmoni quell’aria pulita, ascoltando solo il silenzio e, facendomi abbracciare dai raggi caldi del sole, mi sono incamminata verso la sala ristorante.
Entrando ho notato che non c’era quasi nessuno, se non un tavolo con una coppia ed un altro con due uomini che stavano mangiando, e mi sono seduta un po' in disparte perché avevo solo voglia di stare con me stessa e godere del panorama che mi si offriva.
Anche se ero distante notai uno dei due uomini che era seduto difronte a me.
Era un uomo elegante, indossava un completo scuro, una camicia bianca ed una cravatta. I suoi lineamenti ed i suoi modi erano dolci e gentili, la sua voce calda e rassicurante, ma non appena i suoi occhi hanno incrociato i miei, ho notato uno sguardo freddo, deciso ed autoritario.
Presa da un forte imbarazzo, in quanto ero stata beccata mentre lo stavo spiando, ho abbassato velocemente gli occhi, mi sentivo come una bambina colta a rubare di nascosto la cioccolata.
Subito ho provato un senso di vergogna, seguito poi da una strana ansia. Quello sguardo mi aveva catturata, si era insinuato nella mia mente e al solo pensiero strane e forti emozioni iniziarono a possedermi.
Provavo una forte ed inspiegabile attrazione verso quell’uomo. Sentivo uno strano desiderio, un desiderio di appartenenza, non capivo cosa mi stesse capitando ero confusa, volevo solo essere sua…
La testa ha iniziato a girarmi, mi sono sentita rapita da una forza strana, una specie di vortice, fino a che mi sono ritrovata catapultata in una stanza.
È una taverna con muri di pietre naturali ed il soffitto a travicelli; ad illuminarla ci sono alcune candele sparse.
In una parete noto appese una catena lunga, alcune corde, delle polsiere e cavigliere di pelle ed un collare, mentre in un’altra parete noto una piccola vetrina con diverse fruste all’interno. Inizio ad agitarmi.
Una porta si chiude alle mie spalle e subito una voce maschile "a piedi nudi davanti a me, sempre!" senza una parola sfilo le scarpe.
Immobile, in quella sfinente attesa di non so cosa e non importa cosa.
Sento i Suoi passi e, senza sollevare lo sguardo, lo scattare sordo dell'accendino, quel vago aroma di fumo.
Non mi serve guardarlo per sapere che è comodamente seduto su una poltroncina di color rosso, che avevo notato poco prima, mentre mi fissa in silenzio.
Dio come sento i Suoi occhi su di me, li sento scavarmi dentro, frugare la mia ansia.
Poi improvvise quelle parole attese "spogliati". Gesti lenti, che devo controllare perché sento che Lui vuole così; il mio corpo che si svela piano, la pelle che si mostra.
Gesti lenti che malamente nascondono ciò che provo. Devo forzarmi per ripiegare con cura gli abiti e di nuovo immobile, davanti a Lui, solo un minuscolo slip nero a coprirmi, le mani dietro la schiena, il busto eretto, come Lui so che mi vuole, fiera.
Lo sfrigolio della sigaretta che annega nel bicchiere, quasi un segnale, l'inizio.
Un tremito leggero, che non so controllare, non freddo, non certo paura, un misto di eccitazione, di attesa, di non sapere e desiderare.
Torturo le mani dietro la schiena, un velo di sudore mi inumidisce la pelle, Lui davanti a me, lo sento, il Suo profumo, "quel" profumo, che ormai, non posso ché associare a Lui.
Ad occhi bassi vedo la Sua camicia candida, i gemelli ai polsi, le Sue mani; quanto le vorrei ora quelle mani, ad accarezzarmi il viso, a sfiorare il collo, a stringer la gola o, decise, a forzare le mie cosce per chiudersi severe sul mio sesso che pulsa, quasi un secondo cuore vivo.
Si avvicinano quelle mani, sfiorano appena il volto, quasi una carezza mentre annuso l'odore della Sua pelle, di Lui; poi decise si stringono sulla nuca, un respiro profondo e odore di cuoio che si mescola al Suo, il collare che accarezza la pelle, stringe la gola. Sua.
Con gesti decisi stringe sui miei occhi la benda, il buio, lo amo e lo odio assieme.
Il gelo della catena che si aggancia, lo strattone severo, a guidarmi.
Passi insicuri nel buio, le ginocchia che urtano un ostacolo, “cazzo cos'è questo?” cerco di evitarlo ma mi trattiene.
Senza una parola mi guida ad inginocchiarmi su quella sedia e subito corde sfiorano la mia pelle, segnano le caviglie, i polsi.
Ora sono totalmente nelle Sue mani.
Mi vedo con gli occhi della mente, come so che Lui mi vede, il viso appoggiato alla spalliera della sedia, la curva morbida della schiena che scende verso le natiche, le cosce schiuse bloccate da quelle corde.
Il solo pensiero mi eccita, anche se un brivido di sordo timore mi scuote. Sono nelle Sue mani, totalmente.
Una carezza leggera sui miei capelli, quasi a rincuorarmi, e subito tutto cambia, come sempre, tutto ed il contrario di tutto.
Gesti bruschi ad aprirmi la bocca, il sapore stopposo di una corda annodata tra le labbra, a stringersi dietro la nuca, a soffocare gemiti, mugolii, parole. E di nuovo silenzio. Di nuovo lo scatto dell'accendino. Di nuovo quel sentore di fumo, mi guarda, mi osserva mi giudica Lo so.
Sento i Suoi occhi accarezzarmi, seguire la curva della schiena, disegnare la rotondità dei miei glutei, soffermarsi tra le cosce, dove lo slip ormai è fradicio.
Mordo con forza quel nodo di corda tra le labbra per soffocar parole che non mi son concesse, vorrei poter dire, chiedere, implorare. Vorrei urlargli di strapparmi quello slip e fottermi come una cagna eccitata.
Vorrei dirgli che voglio sentire le Sue mani, le Sue dita, la Sua lingua, il Suo cazzo prendermi ovunque, ma prendermi cazzo, ora, subito, adesso.
Ma non posso, non devo, e mordo più forte quella corda intrisa di saliva.
Passi, ancora, passi che si avvicinano, si, ti prego, più vicino, ti prego, toccami, accarezzami, colpiscimi, ma fammi sentire te.
Leggera la Sua mano, scende lenta, quasi a contar vertebra per vertebra, inarco la schiena per sentirla meglio. Sfiora l'orlo dello slip. Lo afferra, lo tende, lo tira, con forza strappandomi un lungo gemito soffocato.
“Ancora ti prego ancora, di più, qualsiasi cosa ma ancora” penso. So bene che non serve che quei pensieri si facciano parole, so bene che Lui capisce, sente, sa.
Abbassa piano lo slip, facendolo scivolare sulle cosce, “stronzo, strappalo cazzo, sai cosa aspetto, sai cosa voglio, adesso ti prego adesso!” penso. Ma so che lo fa apposta. Il mio sesso offerto, mostrato,
è lucido di voglia.
E finalmente la Sua mano, le Sue dita. Sfiorano, toccano, premono, frugando.
Spingo indietro il bacino, “di più ti prego di più”, saliva calda cola dalle Sue labbra, bagna il solco tra le natiche e poi il freddo del metallo, la pressione, più forte, quel lieve dolore che ben conosco è quel gioiellino a violarmi le viscere. Lo sento in me ora invadente.
Ma non basta. Già le Sue mani pretendono altro frugano bagnandosi in me, premono si allontanano e tornano non sole ma con le palline, le amo, sono mie le sento premere, schiudere, forzare, invadere, prendermi.
Mordo più forte quella corda mentre il piacere si fa violento, quasi insostenibile e contraggo i muscoli per meglio sentire.
I muscoli tesi, la schiena inarcata a tender le corde che serrano polsi e caviglie.
So che si sta gustando la mia eccitazione, la mia attesa. So che vede quanto il mio corpo pretende, ormai al limite.
Vorrei rallentare, far finta di nulla, rilassarmi. "Adesso, respira piano, lentamente, fai scemare la voglia, frena il tuo corpo" penso. Se mi vede rilassata forse tornerà a toccarmi, a sfiorarmi, a prendermi.
Sorrido per un attimo tra me e me, in fondo sto cercando di ingannarlo, di fargli credere ciò che non è, che ancora non sono eccitata come Lui vuole.
"Respira, respira piano, lentamente, rilassa i muscoli, così brava" mi dice.
Il colpo sulle natiche è improvviso, inatteso, bruciante. D'istinto cerco di scostarmi ma non posso, maledette corde, adorate corde.
E già il secondo colpo segna la pelle, e un terzo, cattivo, e ancora silenzio e la carezza della Sua mano su quei segni; ha capito, so cosa stavo facendo, quei colpi sono la mia punizione, il mio insegnamento, la mia istruzione.
Ora mi abbandono a quella carezza, ora la gusto, ora non potrei più far finta di nulla, ora la voglia grida e la Sua mano gioca con le palline, le preme, le tira, le muove. "Dio no, non così, così non resisto", mordo più forte la corda, gemiti soffocati dalla bocca assieme a saliva che cola.
Improvvisa ancora la Sua cinghia a mordermi la pelle, ancora ed ancora; ora non più punizione, ora piacere e dolore, come io amo, come sono, come voglio.
Sussulto ai colpi, ansimo, lacrime rigano le guance, ma sono pronta a chiedere ancora ed ancora.
Ancora le Sue mani, ancora ad eccitare, toccare, a muoversi abili sul clitoride, a premerlo, muoverlo.
Ancora le Sue mani a giocare con quel gioiellino preparandomi tirandolo fino a sfilarlo.
E subito il Suo cazzo è lì, tra le natiche, preme, pretende; le mani serrano sicure i miei fianchi, una spinta decisa, dolore, cazzo, fa male.
Non si ferma. "Di più!". ll dolore sfuma. Piacere. Cosa è l'uno e cosa l'altro? Che importa. In me, nelle mie viscere, con colpi ritmati, profondi che accompagno con gemiti ravvicinati.
Lo sento, è lì, sale, dalle viscere al cervello. Sta per esplodere. Un tremore incontrollabile mi scuote.
"Per favore non posso resistere oltre, ho bisogno dell'orgasmo, ora, ora per favore, per favore".
Mugolo parole soffiate su quella corda.
Chiedo il permesso di godere. Imploro il mio orgasmo. Aspetto un sì. E la voglia è tale che altre lacrime mi rigano il volto. Ancora, colpi più profondi, le palline che esaltano il piacere. "Ti prego Ti prego".
Ora non son più pensieri, ora sono parole, e il Suo sì, appena sussurrato, è il premio. Mordo con forza la corda, stringo i pugni, la schiena si inarca assecondandolo fino ad esplodere in un orgasmo violento, appagante, che mi lascia sfinita, abbandonata su quella sedia…
“Hei ciao bellezza sei sola?”, bellezza???? Una voce maschile mi riporta con violenza di nuovo nella realtà. Ancora eccitata e scioccata, da ciò che avevo appena vissuto nella mia mente, vedo un uomo sedersi al mio tavolo. Non era l’uomo che aveva provocato la mia fantasia ma uno sconosciuto. Ero delusa ed incazzata perché aveva interrotto il mio momento, ma soprattutto stava rovinando quella strana situazione che sentivo essersi creata. Cerco di riprendermi, con garbo gli rispondo di sì e gli dico di alzarsi e lasciarmi sola.
I miei occhi nel frattempo andavano alla ricerca di quell’uomo elegante, di colui che aveva provocato in me forti emozioni e fatto vivere quella eccitante e sconvolgente fantasia.
Lui si era alzato e stava venendo verso di me, ma la presenza di un uomo al mio tavolo l’aveva bloccato. Fraintendendo ciò che aveva visto, mi ha lanciato uno sguardo glaciale, misto di delusione e disapprovazione.
Mi sono alzata per andargli incontro, ma lui, senza darmi il tempo di raggiungerlo, mi ha voltato con fare brusco le spalle ed è uscito dal ristorante.
Se n’è andato cosi, senza alcuna parola e possibilità di chiarimento, portando con sé il mio “desiderio di appartenenza”, un desiderio ormai soffocato, ormai negato…quello che poteva essere, purtroppo non è stato.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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