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Mari, Mario, ed il primo incontro con la nostra M


di mariemario
17.12.2015    |    5.240    |    3 9.4
"Così anche M si spogliò, rimanendo con l'intimo e niente più..."
...e così alla fine lo stavano facendo.
Seduti ad un tavolo di un bar, uno di fronte all'altra, in modo che lei, quando fosse arrivata, si sarebbe accomodata tra di loro, aspettavano, ansiosi ed eccitati.
"siamo ancora in tempo, se vogliamo cambiare idea" disse lui, sorridendo.
"perché, stai cambiando idea? " rispose lei, anche al suo sorriso.
"per niente", le disse ridendo e allungando la mano sul tavolo per carezzare le sue dita.
Erano molto in anticipo, e lei ancora non si vedeva.
Le inviarono un messaggio, descrivendole il loro abbigliamento in modo che lei potesse riconoscerli, e in quel momento la videro.
Era fuori dal locale, e guardava il telefono che stava squillando.
Si alzarono, e le andarono incontro.
Era un po' più bassa di quanto si aspettassero, più o meno quanto Mari, e molto carina. Capelli neri incorniciavano uno sguardo sveglio e occhi azzurri molto attenti, e un vestitino blu in simil-jeans nascondeva un corpo snello e sodo ma non le sue gambe nude, nel complesso una figura seria ma al contempo femminile.
L'impressione che dava era di sicurezza, era una persona allegra e che non sembrava faticare a essere a suo agio con gli altri, si sedette con loro dopo un breve bacio sulla guancia e cominciarono a chiacchierare. Parlarono di tutto, dei rispettivi lavori e del loro passato, di come erano arrivati a pubblicare i loro annunci e del perché lo facevano.
Lui veniva spesso schernito dalla nuova arrivata, il tono però era sempre giocoso e lei era attenta a non isolarlo mai, nonostante fosse evidente che la sua attenzione era per lo più rivolta a Mari. Dovevano fermarsi ad un caffè, sebbene nessuno di loro l'avesse bevuto e avessero ordinato un aperitivo, ma decisero di restare per un pranzo insieme, e tra una cosa e l'altra di fecero le 4.
Mari e Mario ancora non avevano capito se lei aveva deciso di andare oltre questo incontro e trasformare la loro amicizia in qualcosa di più, e anche qui fu lei a chiarire, chiedendo se avessero una casa a disposizione o se fosse meglio affittarne una, e quando finalmente si salutarono, con dei baci sulle guance ancora più ansiosi dei primi, ormai tutto era stato deciso.
Si incontrarono il venerdì successivo nel parcheggio di un palazzo su cui si affacciavano un centinaio di finestre, il sole era alto e faceva un gran caldo. Lei li accompagnò al terzo piano e sembrava un pochino freddina, loro si erano immaginati che già in ascensore le cose si sarebbero fatte interessanti, ma sembrava che le loro aspettative non sarebbero state soddisfatte.
La casa era tutto fuorché accogliente, ma in un periodo estivo sardo tutte le case migliori erano già state affittate, e con un preavviso così breve era difficile trovare di meglio.
Lei aveva preparato tutto, acqua nel frigorifero, letto fatto, asciugamani nel bagno. Non c'era condizionatore, e la stanza era già molto calda. Si sedettero sul letto, e lei tirò fuori da una borsa un vestitino. Disse che lo indossava quando usciva più spesso, e ancora andava in discoteca, prima di sposarsi, e chiese a Mari di provarlo. Lei si mostrò audace, e chiese aiuto per spogliarsi, e nessuno dei due si fece pregare. Era nero, praticamente trasparente e molto corto.
Sotto rimasero solo la mutandine, e fu a quel punto che Mari chiese di poter non essere l'unica abbigliata per l'occasione. Così anche M si spogliò, rimanendo con l'intimo e niente più. La temperatura cominciava a salire, e non solo per il gran sole che splendeva sulle tapparelle abbassate, e le dita di tutti e tre cominciavano timide ad esplorare la pelle degli invitati a quella splendida festa.
Le due ragazze cominciarono a baciarsi, prima timide anch'esse, poi sempre più audaci, e lui si gustava lo spettacolo mentre i suoi jeans si facevano sempre più stretti. Così si avvicinò, e accarezzò il volto e la schiena delle due opere d'arte di fronte a lui. Questo alla fine le distrasse, e dopo un po' si separarono, e decisero che non era giusto lasciare lui così vestito dal momento che invece loro erano così comode.
Scherzarono un po', e risero mentre lui impacciato si sfilava la t-shirt e lo aiutarono a fare lo stesso con i pantaloni, finché anche lui rimase solo con i boxer, e una vistosa erezione. Di comune accordo finirono di spogliarlo, e come due pantere si avvicinarono tendendogli un agguato di cui lui non vedeva l'ora di esser preda. Cominciò Mari a leccargli il membro alla base e salendo poi verso le punta, mentre la loro ospite guardava, e accarezzava la schiena di lei e le cosce di lui, curiosa e sorridente. Poi non ne potè più e si avvicinò, aprendo la bocca e portandola sotto quella di lei, afferrando l'asta tra le labbra e assaporando il sapore di lui e della saliva di lei e chiudendo gli occhi.
Mario invece non chiuse gli occhi un secondo, deciso a godere di quella vista spettacolare in ogni suo istante, e passò le dita tra i capelli di quelle due bellezze che si occupavano di lui con tenerezza. Le dita della loro ospite si lanciarono all'esplorazione del suo corpo, la mano destra si allungò verso il suo capezzolo, facendolo godere ancora di più, e quelle della mano sinistra si insinuarono verso il basso, prima a stringere dolcemente il suo scroto e poi un po' più in basso, aspettando una reazione. Sussurrò qualcosa all'orecchio di Mari, e insieme sghignazzarono dolcemente, ma evidentemente decisero che in quel pertugio ci si sarebbero intrufolate un'altra volta.
Ora, infatti, era il momento di dedicarsi ad altro. I suoi occhi infatti, avevano cominciato a non staccarsi da quelli di Mario, e vogliosa gli fece capire che voleva qualcosa di più morbido tra le labbra. Vista la poca distanza che separava i loro volti, le fu facile sostituire la mano alla bocca, e prendere a baciare il volto ed il collo di Mari.
Fu il segnale che era tempo di dare piacere anche a lei, e cambiarono posizione su quel letto che cominciava ad essere disfatto e caldo. Lui la baciò teneramente, un bacio che le ricordava che erano insieme in questa avventura, e che al centro del suo cuore, nonostante quello che stavano facendo, c'era lei. La loro intesa era perfetta, lei gli dedicò uno sguardo languido ma tenero, come a reiterare che aveva il permesso di lasciarla per dedicarsi alla loro nuova amica, e così lui fece. Mentre si formava una bellissima catena di corpi, in cui Mari era sdraiata, M accovacciata tra le sue gambe, e Mario inginocchiato ad esplorare il mondo nascosto tra le sue, tutti e tre mugolavano e gemevano, e non smettevano di dedicarsi baci, carezze, e sorrisi.
Il corpo di M, per loro completamente nuovo, era al centro della loro attenzione, e il tocco di quella pelle nuova, sempre più sudata nel gran caldo che c'era in quella stanza, era qualcosa che li faceva godere come non mai. E nonostante Mari stesse godendo e si stesse contorcendo sotto i suoi abili colpi di lingua, decise che ora voleva assaggiare il suo sapore.
Era la prima volta che provava il sapore femminile, anche se spesso si era sorpresa a desiderarlo, e non vedeva l'ora di buttarcisi. Con uno sguardo chiamò Mario, che aiutò M a voltarsi e porsi nella migliore posizione, con le gambe bene aperte alle loro attenzioni.
Per l'occasione M aveva indossato una catenina al ventre, che le passava vicina all'ombelico, dove un primo piercing brillava birichino. Un secondo, ancora più interessante, svettava da sotto il suo monte di Venere, poco più su del clitoride. Era un semplice anello fermato da una pallina che, lei raccontò, si era fatta da sola anni prima.
Niente da fare, quella donna che alla prima impressione spiccava per un'aria di serietà e "adultosità", come in seguito disse ridendo Mari, in realtà nascondeva segreti che solo pochi fortunati avevano avuto modo di scoprire.
Mari e Mario si diedero un ultimo sguardo e un altro veloce bacio, ed entusiasti intrecciarono le loro lingue sulle labbra aperte di quella bellissima donna. Lei si abbandonò alla loro foga, spalancando ancora di più le gambe e con le dite aprendosi ancora più alle loro lingue, e cominciando a muovere il bacino avanti e indietro, forse immaginando di avere qualcosa anche dentro si se.
La saliva e gli umori di mischiavano al sudore dei loro corpi, mentre dita e lingue si contorcevano e intrecciavano in quel paradiso caldo e umido, finché M decise che voleva di più.
Si fermarono, bevvero, e risero finché lei non chiese a Mario di cercare nella sua borsa una scatolina che sembrava nascondere dei trucchi per il viso, ma conteneva invece un preservativo che lei, con abilità, calzò sul pene di lui, sempre senza staccare gli occhi dai suoi, dimostrandogli di desiderarlo senza vergogna. Mari osservava la scena accarezzando le cosce di lei e la spalla di lui, e senza aspettare di sedette sul suo volto decisa a godersi la scena di un'altra donna che si scopava il suo uomo.
Quindi lei si impalò su di lui, sorreggendosi a Mari, lo prese fino in fondo, fermandosi quasi stupefatta a roteando il bacino per sentirlo bene dentro di sé, e cominciò a muoversi. Mari godeva un po' della lingua di Mario, e molto della vista che le si prospettava di fronte, una donna che cavalcava il suo uomo sorridendole e stringendole i capezzoli con dolce decisione. E lei ricambiava, cercando di accarezzare le sue labbra con la mano sinistra, e la sua bocca con la destra. Non smisero mai di guardarsi mentre condividevano questi attimi bollenti, il sudore grondava dai loro corpi e i loro umori impregnavano le lenzuola e la stanza del loro profumo.
Ad un certo punto M decise che voleva cambiare, e si alzò per mettersi a quattro zampe sul letto, ormai completamente disfatto. Mari fu dentro di sé leggermente contrariata, perché quella era la sua posizione preferita, la LORO posizione, e questo Mario lo sapeva. E fu forse anche per questo che lui non si fece pregare, perché sapeva che lei non avrebbe potuto dire nulla, e avrebbe dovuto guardare mentre lui prendeva un'altra come lei amava essere presa.
Il bastardo non smetteva di guardarla, mentre lei, leggermente irritata, prendeva posto accanto alla sua concorrente e la guardava aprire le gambe davanti a lui. Il suo volto ora era rosso di rabbia, mentre lui, guardandola sfacciato, indirizzava il suo pene verso quel piercing luccicante e prendeva posto poco più su tenendola per i fianchi.
Entrò dapprima lentamente, per farle assaporare ogni centimetro, e quando arrivò in fondo spinse ancora un poco, facendole sentire la punta premere nelle sue viscere, quindi uscì e guardò di nuovo Mari, aspettando il suo consenso.
Lei si guardò le dita, che avevano inquadrato e centrato il proprio clitoride e lo stavano titillando piene di voglia, e quello fu il segnale.
Mario la penetrò di nuovo, stavolta tutto d'un colpo, facendole sbarrare gli occhi e contrarre la schiena, e rimase fermo un altro secondo. Appena lei si rilassò arrivarono i colpi, affondati con decisione ma attenzione. Le passava una mano su tutta la lunghezza della schiena, per poi fermarsi in basso, e spingerla sempre più verso i suoi colpi, fino a sentire la sua punta che toccava il fondo di quel paradiso, sicuro dai suoi gemiti che anche lei riusciva a sentirlo. Era stremato, ma non poteva fermarsi, il caldo faceva gocciolare il sudore sulla sua fronte e dentro i suoi occhi, ma non voleva staccare le mani da quei fianchi che tirava a sé mentre il suo bacino sbatteva contro quelle natiche sode, forte, sempre più forte.
Lo sguardo di Mari ormai non era più arrabbiato, in sé la gelosia aveva ceduto il posto a una enorme eccitazione, e con il volto incollato sotto quello di M le sue mani erano impegnate a masturbarsi violentemente, quasi con rabbia, dando al suo compagno una splendida visione che era pericolosamente eccitante.
Non voleva venire così, infatti, e prima di cedere, decise di fermarsi. Erano tutti e tre accaldati, stanchi, e sudati, così decisero di spostarsi in bagno, dove la finestra aperta, e soprattutto la doccia, sarebbero stati un ulteriore piacere per i loro corpi.
La vasca da bagno lì ospitò comodamente tutti e tre, tre ragazzini stranamente intimiditi dal vedersi nudi che ridacchiavano come ubriachi mentre si massaggiavano con il bagnoschiuma a vicenda, indugiando sulle zone più intime il più possibile. Sembrava che fosse tutto finito, e Mario aveva rinunciato all'idea di godere, ma era comunque soddisfatto, perché vedeva dai loro sguardi che le due ragazze avevano goduto, forse nella testa anche più che nel corpo.
Ma loro non erano d'accordo... E dopo averlo volutamente ignorato per un po', accarezzandosi l'un l'altra, con uno sguardo decisero che non era finita. Lo spinsero conto le fredde piastrelle della doccia, lo accarezzarono, lo baciarono. Poi baciarono il suo collo, le sue spalle... E scesero giù. Si inginocchiarono ai suoi piedi, come bellissime adoratrici di un dio che, per qualche momento, sarebbe stato lui.
Il suo pene, pochi secondi prima quasi arresosi alle fatiche compiute, si risvegliò subito, per sparire in un attimo tra le labbra di M, che con maestria gli stringeva lo scroto e lo tirava a se per farselo scendere tra le labbra più in profondità.
Nel frattempo Mari la baciava su un orecchio, sul collo, toccava lei e toccava lui ormai persa in quel piacere profondo.
Il godimento maggiore per Mario era però dato dai loro occhi. Qualunque cosa facessero, i loro occhi non si staccavano mai dai suoi, volevano vedere, volevano suggere ogni stilla di piacere dal suo sguardo, volevano sapere di essere la causa del suo piacere, volevano scoprire come aumentarlo ancora di più. M smise di succhiarlo per cederlo a Mari, ma non lasciò a lei il totale controllo, continuando a sfregare una guancia contro la coscia a la base del suo membro ormai durissimo mentre la bocca di Mari poteva dedicarsi alla sua cappella, turgida e livida, e mentre le loro mani torturavano i suoi capezzoli facendolo impazzire.
Le dita di Mario erano intrecciate ai capelli bagnati di quelle due teste rivolte verso di lui, le accarezzava, le accompagnava nei loro movimenti, e alla fine, quando l'orgasmo era vicino e un grido era diventato impossibile da trattenere ancora, le tirò a sé, contro le sue cosce, e i loro corpi caldi lo sostennero mentre il suo piacere esplodeva sulle loro mani e sulla tenda della doccia, il suo corpo fremeva, e il suo grido dava alle sue dame il permesso. Il permesso di staccare gli occhi dai suoi, e vedere in primo piano il suo piacere che schizzava ovunque e, subito dietro, il volto della propria compagna di giochi che le sorrideva di rimando.
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