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la dottoressa da napoli 4


di spanio220
25.07.2012    |    7.957    |    1 9.9
"Strada facendo incontriamo anche una farmacia e la dottoressa entra e con fare molto sbarazzino chiede una pomata per l’ano visto che ha avuto un rapporto..."
Il mattino dopo l’incontro con l’avvocato ci ritrovammo in ufficio come se nulla fosse, a parte due occhiaie profondissime segno assoluto della mancanza di riposo, ma anche di piaceri inenarrabili. La cosa che mi scocciava un po’ era di non poter raccontare ad anima viva cosa mi stesse succedendo con quel figone che era la “dottoressa”, così professionale e fredda durante il lavoro e così troia in tutte le occasioni che ci erano capitate. Un po’ mi bruciava il pisello, per l’uso industriale che ne avevo fatto la notte prima, ma era un piacere ogni volta che ripensavo a quel culo aperto e riempito da due cazzi che le avevano schizzato dentro. In un momento di pausa mi arriva la telefonata della “dottoressa” e mi chiede di accompagnarla a prendere un caffè al bar. Avviso i colleghi che esco un attimo per un caffè ed eccomi fuori con la capa. Strada facendo mi confessa che anche ha un certo bruciore provocato dall’uso esagerato dell’ano, ma che sarebbe pronta anche subito a rifare tutto da capo. Capelli biondi, occhi azzurro-grigi, sguardo angelico, ma anima da vera troia, la donna ideale, da non lasciarsi scappare. Strada facendo incontriamo anche una farmacia e la dottoressa entra e con fare molto sbarazzino chiede una pomata per l’ano visto che ha avuto un rapporto violento ieri sera e le serve una crema emolliente. Il farmacista mi guarda con fare complice e mi fa “Per lei niente?” Inutile dire che non riesco a nascondere il mio imbarazzo. Lei con molta calma risponde che anch’io avevo bisogno di una crema disinfiammante e che sia grande il tubo perché la dovrò usare spesso! Quando usciamo dalla farmacia inizio a recriminare sul suo comportamento, visto che oltre a lavorare nel quartiere io ci vivo e non sarebbe piacevole che mia moglie venisse a scoprire che io scopo con il capo. Con quel suo sguardo da bambina colta in fallo si scusa e mi dice che presto si farà perdonare. Come fare a portare rancore ad una persona così? Infatti ci metto meno di un secondo a dimenticare di quello che ha fatto in farmacia e a chiederle che cosa significhi che dovrò usarla spesso. Mi guarda e mi fa “Mica penserai che con iei sera abbiamo finito. Ho in mente qualcosina che ti piacerà ancora di più. Intanto domani sera andiamo a cena fuori, voglio che mi porti in un locale tipico ma niente di esagerato. Ci vediamo domani sera alle 8 sotto casa mia.” E’ tornata il capo che non ammette repliche. Va bene agli ordini. Chiamo una mia amica che ha un ristorantino e prenoto un tavolo e mi raccomando per dei piatti tipici romani. La sera dopo alle 8 spaccate sono sotto casa sua la prendo e mi dirigo verso il Lungotevere, tra i vicoli di Panico c’è questa piccola trattoria, con le sedie di paglia, le tovaglie a quadri bianchi e rossi e la mia amica che mi aspetta. La cena scorre via tranquilla con un paio di mezzi litri di bianco dei castelli bello fresco che andava giù come acqua. La mia amica della trattoria, quando sto pagando mi prende da parte e mi fa i suoi complimenti per quanto si presenta bene la mia accompagnatrice, “Si vede che è una donna di classe” mi dice. La “dottoressa” un po’ alticcia per il vino bevuto mi prende sottobraccio e inizia a strofinarmisi addosso mentre andiamo verso la macchina. Arrivati sul Lungotevere vuole traversare per ammirare il fiume di notte con tutti i riflessi delle luci della città. Protetti dai grandi platani iniziamo a limonare come due ragazzini. Ad un certo punto sento la sua mano scivolare verso il mio cazzo che nel frattempo si era indurito come fosse spinto da una molla. Prima da sopra i pantaloni, poi abbassando la zip e tirandomelo fuori. Inizia una sega lenta lenta, scappellandolo e poi ricoprendolo, e su e giù piano. All’improvviso mi spinge verso il parapetto e si piega in avanti iniziando un pompino che seguiva lo stesso ritmo della sega lento lento, su e giù, dovetti sforzarmi non poco per non venire subito in quella bocca che sembrava una fica tanto la sapeva usare bene. Dopo un po’, con le macchine che passavano vicinissime, non ressi più e urlando le venni in bocca. Non ne perse neanche un goccia, lo ingoiò tutto e alla fine disse “Il dessert non mi aveva soddisfatto, ora si che ci siamo”. Finito di ricompormi andammo verso la macchina, io un po’ barcollante tanto avevo goduto, e più mi avvicinavo più pensavo al dopo. Saliti in auto che fummo lei si sfilò le mutandine e guardandomi disse “Mo tocca a te, restituisci quello che hai ricevuto” Appena il tempo di immettermi nel traffico e già mi ritrovavo con la mano destra nella sua fica anch’ muovendo le dita piano piano, dentro e fuori, intorno al suo clito che intanto era diventato sensibilissimo. Non so come feci ad arrivare sotto il suo portone, fatto sta che trovai subito parcheggio, fregandomene se era parcheggiata perfettamente o meno, scesi e la portai a casa sua. Nell’ascensore iniziai a leccare quella delizia che aveva fra le gambe, notando ancora un certo arrossamento nella zona anale. Aperta la porta di casa non le feci neanche posare il soprabito che subito la sdraiai a terra nell’ingresso ed iniziai quel lento lavoro di lingua che sapevo piacerle tanto. Ogni tanto passavo anche sul buco del culo e lo sentivo caldo quasi bollente, ma morbido e profumato segno che prima di uscire si era cosparsa di crema. Dopo averla fatta godere con il mio lavoro di lingua, non resistetti e puntai il mio cazzo sul suo fin troppo aperto buco, appena un po’ di lamentela per il bruciore che ancora provava, ma appena iniziai il su e giù iniziarono le solite invocazioni ai santi e alla sua “maronna”. Con quel culo godeva alla grande forse anche di più che con la figa, mai avevo trovato una donna di quel tipo, tutte le altre facevano difficoltà a concedermi il culo, invece lei lo pretendeva, la serata non andava bene se prima non riceveva il mio cazzo nel culo. Il possederla nel posteriore aveva un che di magico, come viaggiare in un’altra dimensione, avresti voluto che continuasse in eterno, tanto era il piacere che sviluppava. Una sensazione di possesso totale e contemporaneamente di sottomissione ai suoi desideri. Sentire le pareti del suo ano che si avviluppavano attorno al cazzo era la sensazione più potente che avessi mai provato. Portare il mio uccello fin quasi al limite dell’uscita per sentire i muscoli che si contraevano e cercavano di trattenerlo all’interno, per poi risprofondare fino in fondo in quel pozzo senza fondo che era il suo culo, sentendo ogni singolo millimetro delle pareti adattarsi a quell’intrusione, fino a che non reggendo più sborrai di nuovo nel suo profondo. Ci sdraiammo vicini esausti e appagati. Vedere un filino bianco che le usciva dall’ano e le precipitava verso la fica mi fece venire voglia di scoparla, ma le condizioni del mio pisello non me lo permettevano. Appena accennai alla voglia che avevo lei mi guardò con aria maliziosa e mi disse”Va bene vorrà dire che ci penso io a farti soddisfare questa voglia” Rimanendo distesa a pancia in giù si avvicinò piano piano al mio malridotto cazzo ed iniziò un giochino con la lingua tutto intorno alla cappella pulendolo dalle ultime gocce di sperma rimaste. Ai primi segni di risveglio lo imboccò con decisione ed iniziò a succhiare forte al punto che temevo me lo staccasse, invece bisogna ammettere che la terapia fece effetto, sarà stato vedere tutta quella foga nel succhiare, quel filino di sperma che continuava a colarle dal culo, insomma in poco tempo mi tornò bello duro e pronto a percorrere altre strade. Rimanendo in posizione prona mi portai alle sue spalle e fui tentato di rimmetterglielo nel culo, ma fica avevamo deciso e fica fu. Quella posizione durò poco però perché la sua posizione preferita per scopare era posizionare le sue gambe sulle mie spalle e farselo entrare fino in fondo, in più le piaceva che cambiassi il ritmo spesso prima pianissimo poi velocissimo poi di nuovo piano, sempre portando il cazzo al limite della fuoriuscita. Inutile contare quanti santi e quante maronne chiamo. In quelle occasioni usciva fuori tutto il temperamento focoso della napoletana verace e un bel po’ zoccola. Venne almeno quattro volte prima che anch’io mi decidessi a schizzare il mio piacere, lei con mossa rapida si sfilò di sotto e lo bevve tutto anche se la quantità era drasticamente ridotta. Ormai fisicamente distrutto, ma appagato, mi inizia a rivestire per tornarmene a casa, quando mi disse “Preparati che sto organizzando una cosa che ti piacerà ancora di più” alle mie domande per tutta risposta si girò dalla parte opposta e finse di dormire.
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