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Prime Esperienze

L'iniziazione della slave (capitolo 1)


di MCMLXVII
11.05.2016    |    11.593    |    2 6.5
""Sei ancora convinta di volerlo firmare?" Lei non si era accorta che lui era tornato nella stanza e quella voce improvvisa la fece sobbalzare di..."
Si conoscevano da molto tempo ma non si erano ancora mai incontrati.
Lui arrivò in moto qualche minuto prima dell'orario stabilito.
Sotto il casco estivo aveva un paio di occhiali da sole e una mascherina antismog nera che gli copriva il viso dal naso al mento.
Spense la moto, abbassò il cavalletto e si mise ad aspettarla.
Dopo poco la vide arrivare.
Lei indossava un giubbottino leggero, un paio di jeans e scarpe da ginnastica.
Il suo passo grazioso lo colpì piacevolmente.
Lei si accorse di lui e gli si avvicinò.
"Sei tu?"
Anche se lui aveva già sentito la sua voce, un sorriso di compiacimento gli si formò sotto la maschera: aveva un tono di voce che gli piaceva un sacco e lo eccitava.
"Sono io" rispose lui. "Dai, entriamo"
Lui si fece dare la sua carta di identità ed entrò nella reception del motel per prendere una camera.
Era chiaro ad entrambi cosa avrebbero fatto quel giorno e quindi ne scelse una a tema sadomaso.
Tornò da lei con le chiavi della stanza in mano, la fece salire sulla moto e insieme si diressero verso quella che sarebbe stata la sua iniziazione al ruolo di slave.
Al centro della stanza spiccava un letto che, ai quattro angoli, aveva altrettante catene che terminavano con bracciali di pelle.
Lui sorrise soddisfatto, la fece entrare e chiuse la porta alle loro spalle.
Lei, al rumore della serratura, sussultò e sentì salire un misto di paura ed eccitazione. Si sforzò di rimanere impassibile per non farglielo notare.
Lui si tolse lentamente il casco ed il giubbotto e li appoggiò sul tavolo che era vicino alla porta d'ingresso, rimanendo con la faccia coperta dagli occhiali e dalla maschera.
Sul tavolo posò anche uno zaino nero.
"Cosa ci avrà messo dentro?" pensò lei.
Già dai loro primi dialoghi via mail lui le aveva fatto una buona impressione e le aveva anche sempre assicurato di non essere né un sadico né un maniaco... ma guardare quello zaino nero le procurava comunque un po' di apprensione.
Intanto, senza curarsi di lei, lui aveva acceso tutte le luci della stanza e stava abbassando le tapparelle. Completamente.
Si girò e la guardò per un attimo. Poi si diresse verso di lei.
Lei trattenne il respiro mentre lui le si avvicinava, ma la superò sfiorandola e andò a prendere una sedia che era dietro di lei.
La portò vicino al tavolo sistemandola davanti alla porta d'ingresso.
La sedia era rivolta verso l'interno in modo tale che, chi vi fosse seduto sopra, avrebbe potuto vedere tutta la stanza senza dover muovere la testa.
Aprì un poco lo zaino in modo che, anche volendo, lei non potesse vederne il contenuto, ed estrasse un pacchetto di profilattici che posò su uno dei due comodini ai lati del letto.
Poi estrasse un foglio di carta stampata e una penna e li appoggiò sul tavolo.
"Il contratto!" pensò lei.
Fino a quel momento aveva cercato di rimanere tranquilla, ma alla vista di quel semplice foglio di carta il suo cuore iniziò a battere forte.
Nonostante ne avessero parlato a lungo, alla vista del contratto aveva iniziato a sentirsi stranamente agitata... ed essere lì, in quella stanza quasi sigillata, non faceva che contribuire alla sua agitazione.
Quel pensiero l'aveva fatta distrarre un attimo. Quando i suoi occhi tornarono su di lui, vide che stava posando sulla sedia alcuni oggetti.
Una benda per gli occhi... una specie di passamontagna nel quale lei riusciva a vedere una sola apertura all'altezza della bocca... un frustino... largo... di colore rosso... e un paio di bracciali di pelle tenuti insieme da una catenella.
Finalmente lui si girò verso di lei. "Togliti tutti i gioielli che hai addosso: orologio, bracciali, collane, ecc." le disse.
Lei annuì, si tolse ciò che lui le aveva chiesto e posò gli oggetti sul tavolo.
"Mentre vado a lavarmi le mani rileggi ATTENTAMENTE il contratto" disse lui con tono severo mentre si stava dirigendo verso il bagno.
Quando sentì scorrere l'acqua del lavandino, lei prese il contratto in mano e lo rilesse.
Lo conosceva quasi a memoria perché ne avevano già discusso molte volte nelle loro chiacchierate via mail.
Rispetto all'ultima versione che aveva avuto la possibilità di leggere, lui aveva fatto qualche piccola modifica alla forma.
La sostanza, invece, era esattamente quella che avevano concordato insieme, compresi i limiti richiesti dalla slave.
"Sei ancora convinta di volerlo firmare?"
Lei non si era accorta che lui era tornato nella stanza e quella voce improvvisa la fece sobbalzare di nuovo.
"Ti è chiaro che, dal momento in cui firmi, accetti di essere un oggetto che posso usare come voglio per il MIO piacere?"
Via chat gli avrebbe risposto "Sì, mi è chiaro e ne sono assolutamente convinta!", ma in quel momento aveva la gola secca e non riuscì a parlare. Si limitò ad annuire.
"Ok, allora firmalo" le disse lui.
"All'inizio del contratto, nello spazio libero, scrivi il tuo nome e cognome. Alla fine invece scrivi il tuo nome da slave e poi firmi lì sotto."
Lei prese la penna, scrisse sul contratto il suo vero nome, poi quello da slave (che lui le aveva già assegnato da molti giorni) e poi firmò alla fine del foglio.
Girandosi, vide che lui si era seduto sulla sedia e aveva in mano la benda e il passamontagna.
"Vieni qui e inginocchiati ad un passo di distanza dalla sedia. Rivolta verso di me."
La sua voce era diventata più autoritaria e lei eseguì subito il comando che le era stato dato.
Lui le porse i due oggetti che aveva in mano.
"Prendili e mettiteli. Prima la benda e poi, sopra, il passamontagna.
Lei eseguì anche questo secondo ordine senza parlare.
Il buio più completo l'avvolse. Nello stesso momento in cui spariva anche l'ultimo spiraglio di luce, il cuore le iniziò a battere così forte che lo sentiva rimbombare nella testa.
Lei non poteva più vedere nulla di ciò che le stava accadendo intorno e quindi lui si tolse gli occhiali da sole e la maschera e li appoggiò sul tavolo.
"Ti ricordi la parola di sicurezza?"
"ROSSO" rispose lei
"Fammi vedere il gesto di sicurezza"
Lei aprì e chiuse una mano più volte di seguito
"Oppure?"
Lei battè una mano sul proprio fianco
"Oppure?"
Lei battè una mano per terra
"Qual'è l'oggetto di sicurezza?"
"Chiavi o qualsiasi altro oggetto che produce rumore se cade per terra" disse lei
"E come funziona?"
"Serve nei casi in cui non potrò parlare e contemporaneamente avrò le mani immobilizzate in una posizione non facilmente visibile dal Master. Io tengo l'oggetto in mano e, se sono al limite della sopportazione, lo lascio cadere per terra."
"Ok, bene. Non dimenticarti MAI né nella parola né del gesto né dell'oggetto." disse lui con un tono che non ammetteva repliche
"Ora alzati in piedi."

[...continua...]
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