Prime Esperienze
Ero vergine (1975-1978)


27.10.2024 |
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"Giovanni, si accomodò a sedere davanti a me sorridendomi, guardò la donna e le cinse le natiche velate con il braccio, in un movimento lento e tenero, ..."
Premetto che non sono uno scrittore e non ho nemmeno un diploma di alcun tipo.Ho scelto di unificare le due parti di questa sintesi di cronistoria, per renderla più fluida possibile
Questo è il resoconto di un mio periodo di vita vissuta, che ho sotterrato fra i ricordi per 50 anni ed ho raccontato solo alla mia giovane e bellissima compagna, con la quale ho un rapporto di assoluta sincerità e rispetto.
Periferia del piccolo capoluogo di provincia dove sono nato, 1975
Ero il ragazzo che nessuno voleva vicino.
Quello che odiava e non sapeva giocare a pallone, che non aveva il coraggio di allontanarsi dal muro dove aveva contato, per cercare gli altri durante il nascondino.
Me ne stavo sempre in disparte a guardare gli altri giocare fra di loro, annoiandomi a morte e facendo il raccattapalle, giusto per fare qualcosa. Il luogo deputato ai passatempi di noi bambini, era il cortile interno del caseggiato riservato alle famiglie a basso reddito, non molto lontano da casa mia.
Casa dove mia madre non voleva che stessi, perché la intralciavo nei lavori di casalinga, con le mie goffe richieste di attenzione
Un giorno, la palla andò a finire sul balcone di un'abitazione.
"Vado io!" E mi arrampicai lungo le rampe di scale, per andare a chiedere la restituzione dell'odiato oggetto.
Mi aspettavo, come sempre, di trovarmi davanti ad un/una vecchiaccio/a scorbutica, che mi avrebbe redarguito perché il pallone aveva danneggiato qualche pianta, o avrebbe potuto fare dei danni, "La prossima volta, Ve lo restituisco bucato",ecc.
Alla porta, invece, mi ritrovai davanti al più dolce e bel sorriso che potessi immaginare, contornato da una massa compatta ma leggera, di lunghi ricci castani
Una splendida giovane donna, con addosso solo una leggerissima camicia da notte, che lasciava trasparire la biancheria intima e che mi provocò turbamento e brividi al basso ventre.
Mi invitò ad entrare, visto che rimasi inebetito in adorazione di quel viso.
Mi restituì la palla, chiedendomi il mio nome ed invitandomi a tornare all'ora di merenda.
Quel giorno non tornai.
Il misto di sensazioni e di effetti fisici provocato da quel dolce e fugace incontro, mi aveva sconvolto, anche se non sapevo i motivi
Andai invece ad esplorare la discarica abusiva che usavamo come pista da ciclo-cross ed i campi coltivati che conoscevo così bene, della periferia della mia città
Erano gli anni dell'austerity.
Poche auto in giro, tante biciclette, cavalli e gente a piedi.
Nei giorni successivi, stetti lontano da quel cortile.
Non sapevo il perché, ma desideravo tornarci, nonostante la paura che mi aveva scatenato quel dolce invito.
Forse perché era la prima volta che qualcuno mi trattava con dolcezza, oppure perché mi ero sentito accettato, come mai prima di allora.
Difficile, razionalizzare il turbinio di sensazioni che esplodevano nel mio cervello di bambino
Dopo un po' di tempo, probabilmente qualche giorno, anche se nei miei ricordi sembravano settimane, visto che tutti i miei "amici" erano sempre lì a giocare e siccome il cortile era lontano dalle strade, ho ricominciato a fare il raccattapalle annoiato, sgomberando quell'episodio dalla mente.
Un giorno, avevo appena finito di pranzare ed ero scappato dall'ennesimo litigio fra i miei genitori, mi rifugiai nel cortile, dove non c'era nessuno.
Seduto sui gradini polverosi del porticato, con in mano un rametto caduto da un rubino che cresceva subito fuori dal caseggiato, a disegnare svogliatamente nella polvere del cortile, sentii chiamare il mio nome ed Il cuore mi balzò in gola, mentre il ricordo di quel giorno e di quella voce riemerse con prepotenza nella mia mente.
Alzai gli occhi, mentre mi diceva "vieni su, che ho fatto la ciambella"
In quattro salti, avevo superato le due rampe di scale che portavano al primo piano.
Trovata la porta aperta, varcai con timore la soglia di casa.
Lei mi venne incontro, sempre con la sua camicia da notte, che però stavolta lasciava trasparire, alla luce della porta finestra dietro di lei, un meraviglioso corpo nudo, con seni delicati ed un pube ricoperto da una leggera peluria.
Non avevo mai visto un corpo di donna dal vivo, a parte mia sorella che odiavo.
Sempre solo fotografie, su fumetti, riviste e fotoromanzi porno, trovati abbandonati sull'asfalto delle stradine chiuse della campagna, dove si appartavano le coppiette.
Senza nemmeno rendermene conto, ero seduto alla sua tavola, con davanti una tazza di latte al cioccolato ed una fetta gigante di brazadéla, la ciambella tipica Romagnola, mentre lei, in piedi davanti a me, mi osservava con un'espressione incuriosita e divertita allo stesso tempo
Non riuscivo a staccare gli occhi dalle sue forme, che avevo sempre solo immaginato, durante le mie sedute di masturbazione feroce, con epiloghi ancora asciutti.
Mi ero perso sui seni, con i capezzoli turgidi, probabilmente per il contatto con il tessuto della veste, e vagavo fra i peli di quel magico manto erboso, degno della più bella favola della buonanotte che avessi mai potuto desiderare, che mi si mostrava, in quel vedo non vedo, dall'altra parte della tavola.
In quel momento, si aprì la porta ed entrò in casa il marito, che mi fece saltare in piedi, come se fossi stato scoperto a rubare i biscotti dalla dispensa.
Invece, mi sorprese con un sorriso ancora più dolce di quello di Maria, che mi aveva incantato.
"Ciao, io sono Giovanni, tu devi essere Luca!
Non alzarti, ti prego!
Maria mi ha raccontato di te.
Dice che devi essere un ragazzo molto sensibile e solo.
Maria non sbaglia mai.
Vede sempre il buono nelle persone, se c'è."
Mi sovvenne che non conoscevo il nome della donna ma, per qualche arcana magia, lei conosceva il mio.
Non ricordavo di avere nemmeno parlato, anche se certamente, non avevo chiuso la bocca nemmeno per un'istante
Maria si avvicinò a lui e gli diede un bacio leggero sulle labbra, tornando poi ad osservarmi con quello sguardo a metà strada fra la mamma e la poliziotta.
Stranamente, mi sentii a mio agio.
Mi sentivo a casa, come se finalmente qualcuno avesse capito che non ero così insopportabile, come mi dipingevano tutti gli altri, compresa la mia famiglia, mamma in primis.
Giovanni, si accomodò a sedere davanti a me sorridendomi, guardò la donna e le cinse le natiche velate con il braccio, in un movimento lento e tenero, portandola a sedere sulle sue ginocchia.
Entrambi mi guardavano come si guarda un cucciolo che mangia, accarezzandosi la schiena a vicenda, mentre mi facevano domande sul mio rapporto con la mia famiglia e con gli amici, in una sorta di dolcissima ed allegra seduta analitica
Questo gioco di sguardi, chiacchiere e sorrisi, divenne un appuntamento giornaliero fisso, in cui entrai in totale confidenza con loro, lasciandomi andare anche a confessioni intime, in risposta a domande tipo: "ti capita mai di toccarti pensando a Maria?
Io lo faccio spesso e mi riempirebbe di gioia pensare che non fa quest'effetto solo a me".
Un giorno, mentre ero a casa loro, mi avevano lasciato a guardare la televisione.
Ricordo che era puntata su "telesanterno, uno dei primi canali privati dell'epoca, che trasmetteva Jeeg Robot D'acciaio in bianco e nero.
Loro erano andati nella camera da letto, lasciando la porta aperta, da cui si intravedeva il letto.
Girai un attimo lo sguardo, perché li avevo sentiti ridere e rimasi folgorato dalla scena che vedevo attraverso la porta.
Entrambi erano in piedi, nudi, vicino al letto, che si accarezzavano con gioia ed allegria, in un susseguirsi di baci e carezze sempre più intime.
Mi ritrovai a guardare quella scena, indugiando sul durissimo membro di lui, così diverso dal mio, con un misto di eccitazione e terrore, per essere presente in un frangente così intimo.
Mi sentivo un intruso, ma non riuscivo a distogliere lo sguardo da quella scena conturbante.
Ad un certo punto, lui, sempre sorridendo e per nulla imbarazzato, si girò verso di me, come se gli fosse sovvenuto solo ora che ero in casa.
"Vieni!"
Ed io mi avvicinai, sicuro che alla giusta distanza, lui mi avrebbe dato uno schiaffo terribile e mi avrebbe cacciato da casa sua
"Vorrei che provassi ad accarezzarla.
Così mi dici se ha davvero la pelle liscia, o se sembra solo a me"
Titubante, mi avvicinai ulteriormente, mentre mi sorridevano entrambi, abbracciati fra loro.
Lei prese la mia mano con delicatezza, e me la appoggiò sulla sua natica.
La mano di lui si sostituì sulla mia a quella di lei, facendola scivolare lentamente fino a farmi sentire la consistenza delle grandi labbra, mentre lei mi attirava piano, e mi abbracciavano entrambi.
Lui accompagnò le mie dita ad esplorare qualcosa che non avevo mai nemmeno toccato, togliendomi poi le dita per farmele portare alla bocca e facendomi assaporare il sapore dei suoi umori, mentre lei si sedeva sul bordo del letto.
Maria mi sfilò i pantaloni e gli slip, già abbondantemente impregnati dei miei liquidi, sfiorando con le labbra chiuse il mio piccolo glande, prepotentemente in tiro.
Aprì le labbra e me lo avvolse, succhiando con estrema affamata dolcezza, e facendomi venire praticamente all'istante, poi mi guardò negli occhi ridendo senza scherno e disse: "Non è uscito niente! Allora siamo ancora in tempo per giocare un altro po'!"
Portò la mia bocca sul capezzolo, baciando lui, che nel contempo portò il suo membro alla stessa altezza del seno di lei.
Senza nemmeno pensarci, staccai le labbra dal seno di lei e le avvolsi sull'asta durissima, succhiando con avidità, come aveva fatto lei con me.
Mi gratificò con un getto di sperma che ingoiai di gusto, come fosse stata una bibita, dolce e salata allo stesso tempo.
A quel punto, lei mi avvolse i fianchi con le gambe, per farmi penetrare nel suo paradiso, mentre leccava con voluttà, i resti del seme di suo marito, da ogni angolo della mia bocca e dal suo membro, ancora all'altezza delle nostre labbra.
La penetravo con lentezza, godendo di ogni affondo ed il marito cominciò ad intrufolare la lingua fra le mie natiche strette e donandomi una sensazione mai provata prima.
Dopo avermi leccato e lubrificato a lungo con le dita il buchetto vergine, entrò dentro di me con un colpo secco, che mi fece emettere un grido, strozzato dalla lingua di lei nella mia bocca ed affondare ulteriormente all'interno di lei.
Era una sensazione di dolore fortissimo, misto a piacere assoluto, in entrambi i sensi.
Ero dentro di lei, mentre lui era dentro di me.
Fu un'esplosione dei sensazioni!
Per un tempo indefinito, godevo e facevo godere, senza chiedermi cosa facevo e cosa mi faceva e chi.
Mi sentivo in una sorta di overload dei sensi.
Eravamo un groviglio di organi sessuali, che si donavano senza soluzione di continuità.
Credo che ci sia stato un orgasmo collettivo.
Ancora non ero in grado di produrre sperma, ma fu come una scarica elettrica, che mi attraversò tutto, dall'inguine al cervello.
Da quella mia prima volta, diventò un meraviglioso appuntamento quasi giornaliero, che andò avanti quasi per 3 anni, dopodiché cambiarono città, senza che io abbia mai saputo il perché.
Ricordo che piangemmo tutti e tre.
Non so loro, ma io piansi perché perdevo le uniche persone che mi avessero mai considerato degno di poter essere reso partecipe della loro intimità.
Coscientemente, so che hanno "abusato" di me, ma il ricordo che mi lega a loro, è tenero e dolce, come loro sono sempre stati con me.
Al pensiero, mi torna il magone che ho provato per anni, dopo averli persi, e li rivedo nei miei ricordi, ancora giovani e belli, nella loro semplicità fatta di sesso, senza limiti e tabù.
A loro modo, mi hanno amato e si sono fatti amare
PS: I nomi sono fittizi
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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