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A tuo padre ci penso io


di makaresco
30.04.2014    |    46.215    |    1 9.6
"Mentre eravamo di ritorno rimanemmo entrambi in silenzio..."
Quando cominciai a soccombere all’Edipo ero sedicenne e mia madre era una bella donna sulla quarantina (38 ad essere precisi) . Bionda, occhi chiari, carnagione bianchissima, leggermente rotonda ma con un viso bellissimo. Adesso di anni ne ha 58 è decisamente più rotonda ma è ancora bellissima.

Non so spiegare perché ho iniziato a desiderare mia madre. Forse per via del suo aspetto procace. Mia madre è una donna formosa, come un attrice degli anni 60. Possiede un seno enorme, porta la quinta ma potrebbe essere facilmente una sesta misura. Ha il culo bello grosso e rotondo. Anche le gambe sono ben tornite.

Oppure è perché con me è sempre stata molto dolce e permissiva. Mia madre non ha mai avuto problemi a mostrarsi liberamente in casa ed è per questo che ho avuto modo di vederla nuda. La prima volta capitò per caso, entrai in camera e lei era sdraiata sul letto senza niente addosso. Avrei voluto girare i tacchi ma lei non fece una piega, anzi mi chiese se potevo raccogliere per lei l’accappatoio che aveva lasciato in terra un momento prima. A quelle volta ne seguirono altre e presto, pensando che lo facesse apposta, cominciai ad aspettare il momento in cui l’avrebbe fatto di nuovo.

Può anche essere che lei fosse un esibizionista e che io abbia facilmente equivocato certi suoi atteggiamenti ma alla fine il risultato fu che ero innamorato di mia madre prima ancora di iniziare il liceo.

Mio padre è mancato improvvisamente per un infarto 2 anni fa. Mi è dispiaciuto molto, anche se già a sedici anni desideravo scoparmi sua moglie non l'ho mai visto come un rivale. Era un uomo buono attaccato alla famiglia, onesto, gran lavoratore e molto presente. Gli volevo bene e per certi versi è stata proprio questa sua presenza a tenermi a freno per un po'. Quando il desiderio di mia madre era troppo da spingermi a fare cose sconsiderate. Il che capitava ogni volta che mia madre mi offriva una visione di qualsiasi parte del suo corpo. La mia testa mi diceva che fottergli la donna non sarebbe stata una cosa giusta, che lui non se lo meritava. Altre volte pensavo invece che avrei potuto tacitamente condividerla. Ma questo poteva deciderlo solo mia madre.

Visto che non riuscivo a levarmela dalla testa pensai che dovevo tentare. Cosa sarebbe mai potuto succedere? Al massimo mi avrebbe sgridato, forse dato qualche ceffone. Anche se poi l'avesse detto a mio padre… Beh, questo era il rischio più grosso ma non mi preoccupai più di tanto. Dopotutto lo sanno tutti che i figli maschi indirizzano spesso verso la mamma le prime pulsioni sessuali. Specie se la mamma in questione è una donna procace e provocante come la mia. Sarei sicuramente sembrato un classico adolescente in preda all’Edipo, forse mi avrebbero mandato dallo psicologo. Forse no. Conclusi che il rischio era accettabile.

Andò più o meno come pensavo. Dapprima lei si arrabbiò ma poi ne fu lusingata. Va beh… Diciamo che fu indulgente. Non disse nulla a mio padre ma mi sparò comunque un sermone su cosa era giusto e su cosa era sbagliato. Ammetto che quel suo atteggiamento mi sorprese non poco. “Ma come prima ti fai vedere nuda girare per casa e poi mi fai la morale. Va bene che sono tuo figlio ma anche tu...”, pensai. Però non mi arresi. Finché abbiamo vissuto nella stessa casa ogni occasione era buona per corteggiarla. Tanto ormai lo sapeva.

Standole vicino potevo farle dei complimenti ma anche stuzzicarla fisicamente . Mi riferisco a qualche struscio galeotto in cucina. Mi piaceva provocarla al mattino quando tutti noi maschietti sembriamo dei superdotati. Vista la propensione di mia madre a girare per casa con pochi e leggeri indumenti, vederla sculettare mentre mi preparava la colazione aumentava la mia eccitazione tanto che era impossibile non notarla. E lei sorrideva sorniona ogni volta.

Beh, non sempre, devo dire che la prima volta che feci l’audace rischiai veramente grosso. Mio padre non era ancora uscito di casa che io entrai in cucina con un bel bozzo in evidenza da sotto il pigiama.Lei lo fissò per un istante e rise come sempre poi tornò a preparare la colazione dandomi le spalle. Quel suo culone bianco e dondolante che potevo vedere dietro la camicia da notte trasparente sembrava mi stesse parlando. "Vieni…vieni a prendermi", , mi diceva. E io decisi che era giunta l’ora di accettare il suo l’invito.

Con la scusa di prendere una tazza feci come per passare da dietro, ma una volta in posizione le appoggiai le mani sui fianchi e la tirai verso di me. “Umm… che buon profumo che hai...”, le dissi in un orecchio mentre accostavo il suo culo al mio uccello in piena erezione. Quel contatto mi diede una sensazione bellissima, come di una piccola scossa elettrica. “Mi fai impazzire…lo sai” continuai a dirle mentre roteando il bacino, cercai di infilare, anche se da sotto la stoffa, la punta del mio cazzo in mezzo alle sue chiappe. Ingenuamente pensavo che se avesse sentito quanto ce l’avevo duro si sarebbe lasciata andare. Molto ingenuamente…

Lei soffocò un urlo, mi spinse indietro con forza e mi fulminò con lo sguardo. Stava per partire l’ennesimo ceffonema mi salvò la mia prontezza di spirito: “A Ma, dovresti dimagrire un po’…sai… quel culone è un arma pericolosa…ancora un po’ e potevo rimanere offeso”. Le dissi con aria beffarda.

Rise abbondantemente. Ci sedemmo a discutere della cosa. Nuovamente lei cercò di farmi capire che quel mio atteggiamento era sbagliato. Io le risposi che era colpa sua, che era lei a darmi il tormento con quel suo girare per casa mezza nuda, con quelle tettone sempre mezze fuori e mezze dentro. Che ero comunque un adolescente e con tutto quel ben di dio sempre in bella vista non sarei mai riuscito a vederla come una madre. Lei mi rispose che probabilmente era così ma che non poteva farci nulla. Che dovevo farmene una ragione. Non poteva cambiare la sua natura quindi avrebbe continuato a vestirsi e girare per casa liberamente (come una zoccola…); e non poteva smettere di essere mia madre perché io ero nato da lei. Dato che anch’io non potevo negare la mia natura e nascondere quello che provavo per lei, conclusi che avrei continuato a provocarla. E così feci. Stavo ovviamente attento che mio padre non mi scoprisse.

Col tempo mia madre si abituò alla mia impertinenza tanto da non poterne più fare a meno. Quando lasciai la famiglia per andare a vivere da solo fu lei a cercarmi. Mi invitava a casa a pranzo e a cena continuamente e veniva anche a trovarmi spesso nel piccolo appartamento che avevo preso li vicino. Non si presentava nuda. No di certo, ma era sempre ben messa e sapeva benissimo come mi sarei comportato al riparo da occhi ed orecchie indiscreti. Evidentemente le piaceva. Anche se non cedeva. Posso dire che il nostro era diventato una specie di gioco in cui lei seguitava a provocarmi col suo corpo ed io rispondevo prendendomi sempre maggiori libertà.

Un giorno, qualche mese dopo esser andato a vivere da solo, mia madre mi chiese se potevo accompagnarla dal ginecologo. Accettai. Non era la prima volta e mi è sempre piaciuto portarcela. Non solo perché potevo passare del tempo con lei ma anche per come si veste per l’occasione. Sceglie sempre un abito elegante ma facile da togliere. Ne ha diversi ma quando il clima lo richiede predilige quello semi-gessato di colore blu da indossare sotto un cappotto. Dietro la giacca mette una camicia bianca con pochi bottoni sulla parte alta che fa sembrare il suo seno ancora più grosso. Per contenere le tette usa un reggiseno di pizzo rosso che secondo me è di una mezza misura più piccola di quello che servirebbe. Penso lo faccia apposta perché parte del seno tende ad uscire sia dalla coppa che dalla camicia. La gonna ha il classico spacco posteriore dal quale spiccano le calze autoreggenti, che lei indossa rigorosamente di colore nero, su scarpe tipo décolleté con tacco da 10 cm e cinturino alla caviglia. Sotto la gonna “per comodità”, dice lei, un perizoma coordinato in rosso che mette ancora di più in evidenzia il suo bel culo.

Lo studio ginecologico si trova in un paese vicino, per arrivarci bisogna percorrere una strada collinare. L’appuntamento era per le 18 e visto che eravamo in ritardo finimmo con uscire dal medico che era già ora di cena. Uno sguardo furtivo alle gambe di mia madre mentre saliva sulla mia macchina e decisi che era troppo bona per lasciarmi sfuggire l’occasione di passare dell’altro tempo con lei.

La convinsi a fermarci in una trattoria del posto. Era un locale molto noto nella zona, sapevo che avremmo mangiato e bevuto bene e poi c’era la musica e si poteva anche ballare. Fu lei stessa a chiamare casa per avvisare Papà. La telefonata non durò molto ma ad un certo punto mamma si allontanò. Capii che stavano parlando di me anche se non potei udire cosa si dissero. Chiusa la telefonata ritornò verso di me “Papà si raccomanda solo di stare attento”, disse, “per il resto stasera sono tutta tua...andiamo…”. C’era qualcosa di strano in quelle sue parole, aveva un sorrisetto maligno mentre le diceva, ma stavo per andare a cena da solo con mia madre. Cosa potevo volere di più?

Arrivati al locale fui galante come è solito fare uno spasimante non certamente un figlio. Mia madre apprezzò come sempre ma c'era qualcosa di diverso nell’aria. Lei sembrava molto più partecipe. Accettò la mia corte senza problemi. Incurante che nella sala potesse esserci qualche nostro conoscente provai a prenderle la mano, lei ricambiò stringendola a se. Passammo l’intera serata a chiacchierare e a sfiorarci reciprocamente come fanno due giovani innamorati.

Finimmo di cenare che era l’una passata. Dovevamo rientrare. Uscendo le misi il cappotto sulle spalle. ”Sei bellissima mamma”, dissi. Le diedi un bacio leggero sul collo. Lei senza dire nulla mi prese sotto braccio, mise la sua testa sulla mia spalla e così abbracciati piano piano ci avviammo alla macchina.

Mentre eravamo di ritorno rimanemmo entrambi in silenzio. Io non volevo rovinare la piacevole atmosfera che si era creata durante la cena e forse anche lei pensava lo stesso. Ad un certo punto non potei fare a meno di guardarla. Era davvero bellissima. E poi le sue forme. Fui così distratto da quel seno che mi stava di fianco - sembrava stesse per esplodere fuori dalla camicia - che ad un certo punto rischiai l’incidente.

Una frenata improvvisa seguita da un breve spavento.

“Stai bene mamma”.
“Si!. Devi stare attento alla strada...” mi disse mia madre carezzandomi la gamba delicatamente.

Per quel contatto la vidi mordersi il labbro inferiore. Ebbi un sussulto. Mi avvicinai a lei e la baciai sulla bocca. Lei rispose prontamente dandomi la sua lingua. “Forse è giunta l’ora?”, chiesi mettendo la mia mano sulla coscia. Lei maliziosamente mi rispose “Forse…” .

Era fatta ma non potevo portarla da me, era tardissimo, vidi che a cento metri da dove ci eravamo fermati c’era una traversa, la imboccai. Era una strada sterrata, un interpoderale. Accostai subito dopo in uno slargo riparato e spensi il motore. Mia madre non mi fece aspettare, capiva anche lei che non avevamo molto tempo, mise una mano sopra i miei pantaloni, abbassò la cerniera e fece uscire il mio pene. Lo strinse forte con le mani, spalancò la bocca ed iniziò a succhiarmelo.

Rimasi piacevolmente sorpreso. Mamma succhiava da vera esperta. Non solo sapeva come muovere la bocca su e giù ma riusciva anche a ritmare la pompa con il movimento della lingua. Di tanto in tanto mi dava anche dei colpetti alla cappella. Mai avuta una così...così troia. Pensai. Non volevo offenderla ma non c’erano dubbi. Era mia madre quella donna che mi stava pompando il cazzo come un attrice hard.

Lei era china su di me ed io ne approfittai per infilare una mano nello spacco posteriore. Le accarezzai le gambe. Le si inarcò offrendomi una meravigliosa visione del suo culo. Misi la mia mano nella sua fica e mi accorsi che era piena di umori. Iniziai a masturbala prima con un dito, poi con due. Più lei succhiava più io muovevo la mano su e giù. Eravamo entrambi pronti a scopare ma lei non accennava a staccarsi dal mio cazzo. Capii allora che voleva farmi venire con la bocca. Forse pensava di poter tamponare momentaneamente così il discorso tra noi, eventualmente per riprenderlo l’indomani con calma. Tutta quella eccitazione, ero stracolmo tanto che ad un certo punto la inondai. Lei non fece una piega ed assaporò ogni singola goccia del mio sperma. La mia mano tra le sue cosce avvertì le contrazioni della sua fica. Venne con il mio cazzo ancora in bocca.

Ma evidentemente a mia madre non bastò. Tornò a sedersi e nel ricomporsi vidi il suo volto farsi ancora più porco e malizioso. Abbassò la parte superiore dell’abito e aperti quei due stupidi bottoni tirò fuori le mammelle dalla camicia e dal reggiseno in un unico colpo. Mi tirò a se. Dapprima le palpeggiai come per soppesarle poi iniziai a succhiare quei capezzoli che spuntavano dalle grosse aureole. Lei mise una mano sulla mia testa e mi invitò a scendere più giù.

Infilata la mia testa tra le sue gambe vidi un piccolo batuffolo di peli rossastri diviso in due da una sottile banda di stoffa rossa. Spostai con la bocca il filo del perizoma. Un odore inebriante colpì le mie narici. Questo mi riporto il cazzo in tiro. “L’odore della fica di mia madre è meglio del Viagra”, pensai. Lei lo vide nuovamente duro e lo prese in mano. Io iniziai a leccarle il clitoride. “Mmm…”, lei mugolò. Morsi leggermente. Lei mugolò ancora. Potevo avvertire la sua nuova eccitazione da quanto era gonfio. Continuai a ciucciarlo e a leccaglielo e più la leccavo più lei stringeva il mio cazzo. Lo menava e mugolava sempre di più. Ad un certo punto urlò. “Sii…cosi…continua...che sto venendo..”. Ebbe un orgasmo violentissimo.

“Sei una gran donna mamma…”, le dissi.
“Grazie tesoro…anche tu non sei male”.
“Ma tu ce l’hai ancora duro..”. Mi fece notare .
“Vieni che facciamo trentuno…”. Disse.

Feci come chiedeva, lei salì di sopra, gli infilai il cazzo nella fica e inizia a pomparla.

“Si così…spingi…spingi”.
“Ti piace mamma?”.
“Si figlio mio…continua… fammi sentire questo cazzo…”.
“Si mamma, eccotelo”.
“Dai tesoro sborra…sborra…sborra dentro a questa figa di tua mamma”.

Capii che non sarei durato molto. Quando ti capita una troia così non c’è molto da fare. Devi pompare e pompare finché non esplodi. E così feci. Le sborrai dentro a fiotti come fa un rubinetto che viene aperto dopo tanto tempo.

Sfinito mi accasciai per qualche minuto su di lei. Poi entrambi capimmo che non potevamo più tardare e la riportai a casa. Giunti davanti la porta vidi che la luce della camera da letto dei miei genitori era accesa.

“Mamma?”, chiesi.
“Non ti preoccupare…a tuo padre ci penso io”, disse.

Mi diede un bacio appassionato sulla bocca e scese dalla macchina, con la coda dell’occhio mi sembro di vedere l’ombra di mio padre in attesa dietro la finestra della camera da letto.

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