bdsm
Tra sacro e profano
di mida
15.10.2020 |
739 |
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"Gli dico devo cercare una via, mi dice ti ci porto io..."
L'incontro non sembrava nulla di che. Ero partita senza entusiasmo.
Mi aspettavo una persona poco interessante, un masochista questo si, ma molto altezzoso, quasi fighetto nella vita.
Era già fuori dalla metrò ad aspettarmi. In piedi, sportivo, giacca in mano. La copia delle foto. Si avvicina, mi saluta. Non sembra né teso né imbarazzato.
Andiamo in un bar, scelto sulla base di ciò che mi piace. Piccolo caffè letterario. Carino, un bel pensiero. Quattro chiacchiere e mi rendo conto che ho davanti qualcuno che non ho inquadrato.
Semplice, alla mano, sorridente, non fa nulla che mi infastidisce, parla del più e del meno, senza pudori, come se fossimo ancora in chat e non vis a vis. E' disinvolto, mi mostra qualche foto, il femdom resta l'argomento centrale anche se poco approfondito. L'anonimato resta per me, lui si è mostrato in tutto. Conosco nome e cognome, ma gli uomini proprio non capiscono che ti mettono in mano armi potentissime? Poi è difficile farci i conti. Io so tutto di te e tu di me?
Colazione e il tempo passa in fretta. Siamo ancora distanti lo sento. Va tutto bene ma manca quel piccolo passo che avvicina all'inizio della complicità. Mi chiede che voglio fare. Gli dico devo cercare una via, mi dice ti ci porto io. Uguale prendiamo l'auto.
Un po' bloccata nella testa anche se il passo è sicuro. Non era previsto salissi in macchina con te, lo penso ma non lo dico, e salgo. Ostento una sicurezza che non ho.
La macchina è sempre pericolosa lo so bene, a mie spese.
Sembra tutto tranquillo i finestrini abbassati, la radio che va, e il libro che sfoglio.
Te l'ho chiesto e me l'hai portato. Altro ben pensiero. “Venere in pelliccia” interessante, non l'ho mai letto anche se in molti me l'hanno consigliato. Rifiuto gentilmente il prestito che mi fai, libri così vanno posseduti, assaporati.
Sorrido, mi sento a mio agio, la guida è sicura e non c'hai messo nulla a capire il posto che cercavo.
Pure intelligente quest'uomo. Facciamo qualche via a piedi poi dico che ho fame. Pizza dici tu. Nemmeno per scherzo io voglio un hamburger, di quelli schifosi e succulenti che ti fanno ingrassare a prima vista. Seduti a un tavolino isolato diventiamo improvvisamente più espliciti e cadono le barriere. Parlare di pissing mentre si mangia non è mai il massimo, ma non ci facciamo nemmeno caso, ormai siamo nel pieno dell'argomento. Diventa da li via via tutto più facile e anche se impercettibile, c'è un piccolo avvicinarsi due teste, stessi mondi.
Proponi una passeggiata fino ad un famosissimo cimitero. A piedi no, dico, andiamoci in macchina
Il parcheggio sembra impossibile ma tranquillamente lo trovi, non sei irritato dal traffico, anzi sembra ti piaccia. Il cimitero ci offre la giusta dose di solitudine che cerchiamo e da li comincia la nostra piccola avventura.
Fa caldo, mi scopro un po', slaccio la camicia fin dove mi è possibile. Ti dico di portarmi la borsa, lo fai. Camminiamo tra tombe anonime e famose. Ridiamo di alcune scritte, serissimi su altre. L'argomento sadomaso è finito da qui comincia il gioco.
La complicità si fa strada, mi dai la mano, mi aiuti a scendere le scale, ti avvicini, i tuoi sguardi parlano da sé. Sembrano chiedere cosa io sia capace di fare. Ogni mia richiesta è esaudita, se voglio andare a sinistra e tu a destra, si fa quel che dico io; seduti sulle panchine lo vedo come mi osservi, anche solo come guardi le mie scarpe, e come immagini i miei piedi.
Parli, parli sei un fiume di parole, mi fai ridere quel tanto che basta per farmi comprendere che ora possiamo iniziare. Tra alcune tombe mi blocco ti guardo, mi guardo in giro, siamo soli, e te lo dico tutto d'un fiato “mettiti in ginocchio” i miei pensieri corrono e mi chiedo se lo farai. Ma non fai domande obbedisci e basta. Dall'alto in basso ecco cosa vedo, un uomo in ginocchio su un vialetto di un cimitero, solo perché io l'ho deciso. Ottimo. Mi congratulo mentalmente con me stessa. Uomini senza difese. Mi sposto lasciandolo così. Istintivamente lui si alza. “Non t'ho detto che puoi alzarti” lo fulmino con lo sguardo. Ma è così difficile da capire? Se non te lo dico così devi stare, eppure sbagliano tutti. Si rimette in ginocchio, tenta di rimediare. Mi sposto e ora sta giù. “alzati!” dico. Il comando arriva diretto e si tira su. Procediamo il cammino sempre un po' maliziosi, ora un po' più sciolti. Cerca di ritornare sull'argomento sadomaso, vuole spezzare la tensione che sente, ma è quella stessa tensione ad eccitarmi e non ci penso nemmeno a smettere di giocare. Se dico bagno va a chiedere a qualcuno dov'è, se dico ombra la va a cercare, se dico acqua dritti alle fontanelle. Ottimo, davvero ottimo.
Ma non mi basta mai... Davanti ad una tomba con scritte assurde ci teniamo per mano, e, in un gesto veloce, lui dice d'affetto, mi morde! Questo proprio non lo dovevi fare! Mi ha morso davvero, mi guardo il mignolino della mano, c'è il segno. Resto colpita da tanta audacia. Quant'è vero che non mi conosci? Hai la vaga idea di quello che sono capace di fare? Mi stuzzica e si difende poi guarda la gente in giro come fosse una difesa. Credi che due turisti al cimitero mi spaventino? Che il luogo sia troppo sacro? Ti sbagli di grosso, il sadismo si misura dentro se e non per dove o con chi sei. L'attesa lo logora e si vede continuiamo a camminare, chiede sempre scusa, scusa, ma attento al mio sguardo che cerca il luogo e il momento giusto. Verso l'uscita, quando forse tutto ciò può avere fine ecco che ci siamo. Cunicoli stretti e angusti, con poche finestrelle ci conducono in un luogo silenzioso e freddo. Circondati da foto in piccole caselle, nomi e visi vecchi di anni. Dovrò dispiacermi? Credo ad altro e queste anime non sono qui.
Lo spingo via “giù i pantaloni” se lo aspetta e non fa un piega, l'unica protesta è “C'è la finestrella li”nemmeno lo ascolto. Il mio sguardo è concentrato su altro. Veloce slaccia la cintura e jeans. Ha un buon fisico, non perfetto, ma l'età è quella che è. Dico girati, lo voglio vedere, un po' è già eccitato, scontato e prevedibile, obbediente ascolta ed esegue. Dura un attimo è un gioco veloce mi avvicino e mi allontano, la mia mano indugia sul suo pene. Sento bene l'eccitazione, la paura, il suo sguardo teso “rivestiti”. Lo lascio così e mi giro, faccio qualche passo avanti mi abbraccia da dietro. Trema. Gli prendo le mani e gli dico di star tranquillo, calmo. Mi da un bacio su una guancia. Questo mi convince a riprovare. Altri due passi e lo spingo via di nuovo. Questa volta più impacciato si spoglia. Mi avvicino e lo guardo. Gli abbasso ancora di più boxer e jeans. Si lascia fare, anche se un leggero imbarazzo si percepisce. Prendo i testicoli e li stringo, forte fortissimo. Li stritolo. Calcio con il ginocchio proprio li. Una, due volte... Sussulta, un po' si chiude su di se, ma resiste bene. E' alto, un po' di fatica la faccio, ma sono eccitatissima. Ripete solo “mi piace” quasi volesse convincersi o convincermi? Gli porto il mio dito indice alla bocca come a dirgli di far silenzio. Lo faccio girare, stringo le natiche e do una sculacciata, lieve sussulto. Vorrei vedere, testare la sua resistenza. Sono bagnata, calda. In silenzio si riveste, tutto è durato poco ma l'eccitazione che abbiamo è alta. Ora è meno teso, non trema più, torniamo alla parte razionale.
Ridi, ti guardi intorno e cerchi le telecamere, non ce ne sono ti dico, stai tranquillo. Rido pure io. Quella risata tesa, un po' nevrotica. Come di una bimba che ha fatto qualcosa che non doveva. Sei nervoso e vuoi uscire veloce dal cimitero, quasi qualcuno avesse visto e ci fermasse. Ora vorremo solo continuare ma nella realtà tutto finisce così. Nella fantasia ogni cosa potrà continuare.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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