Lui & Lei
LA RAGAZZA DELLA CHAT

24.01.2022 |
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"La saluto gentilmente e sto per chiudere la chat, quando mi scappa l’occhio sulla pagina pubblica: “Puffetta è entrata in chat”
XVIII
Panico..."
LA RAGAZZA DELLA CHATI
L’ho conosciuta in una chat. In una chat…che cazzo ci fa un solitario come me in una chat? E chi lo sa! Noia, voglia di qualcosa di diverso, cercare da scopare. Boh, probabilmente ognuna di queste motivazioni. Del resto spesso si odia il vicino ma si è affascinati dallo sconosciuto che sta a mille e mille kilometr di distanza. Sicuramente non mi aspettavo di trovare la donna che da li a poco sarebbe diventata la mia ossessione, la realizzazione di ogni mia fantasia più spinta, la donna che, senza far nulla, mi avrebbe fatto perdere ogni ritegno, ogni senso del pudore, ogni paura del pericolo.
Mi scrive lei, dice che ho un nick carino, lei si chiama “Puffetta”. Siamo su un canale hot, pieno di gente che è lì per farsi una sega e non dirsi nemmeno grazie, non è una cosa che fa per me, non so cosa cerco ma sicuramente cerco qualcosa di più. Fortunatamente lei sembra essere sulla mia lunghezza d’onda e parliamo a lungo del più e del meno: cosa fai, chi sei, dove vivi e bla bla bla. Scopriamo subito che viviamo a meno di 50 kilometri di distanza, lei si chiama Valeria, ha ventisei anni e dall’alto dei miei tredici anni in più ridiamo sulla mia età. Mi parla molto di lei, della sua vita, è sposata, dopo un passato burrascoso dedica la vita a non scontentare marito, genitori, benpensanti vari…ma la famiglia del mulino bianco non fa per lei. Trasuda infelicità e glielo dico. Mi risponde che è così, poi mi manda una foto per farsi vedere e anche i suoi occhi sono tristi. Glielo faccio notare e mi risponde che in effetti è parecchio che non ride di gusto ma che ora lo sta facendo con me.
Continuo a farla divertire, a scherzare poi gli argomenti si fanno un po’ più spinti. Mi racconta che il marito non la soddisfa, quasi non la guarda, che più volte l’ha tradito ma solo in occasioni da una botta e via, senza guardarsi indietro. Mi parla delle sue fantasie, di ciò che le piacerebbe fare. Io invece dico molto poco di me, ma mi affascina. Questa ragazza così giovane inizia a scatenare le mia fantasie; non so perché ma mi prende a livello mentale e a livello animale. Mai avrei sospettato cosa sarebbe diventata.
Parliamo ancora, ci confessiamo tradimenti, perversioni e giochi, sembra un po’ dispiaciuta quando deve chiudere per andare a prendere il marito ma mi manda una foto e stavolta i suoi occhi ridono…ed è un sorriso da far impallidire lo stesso Dio. Non è solo il sorriso a scombussolarmi, ha una luce negli occhi, una luce perversa che non ho mai visto in nessun altro sguardo. Mi butto: “vediamoci”. Credo non ci abbia riflettuto molto nemmeno lei: “mercoledì, alle 10, al Movida di Castelvetro, conosci?”
“Sarò lì ragazzina”
II
Ci troviamo in questo pub, enorme, anonimo, a metà strada (territorio neutro). Teme me? Teme farmi sapere cose? Teme aprirmi al suo mondo? Chi lo sa…tutto sommato la cosa non mi sta male.
Arrivo tre quarti d’ora prima ovviamente; credo lei dovesse accompagnare il marito al lavoro o passare dalla madre o sa il cazzo ma i suoi orari me li ha spiegati chiaramente: 9-14 18-23 libera. Sembrano in turni di un autista dell’autobus! Ma sono curioso di scoprire questa ragazzina che ha stuzzicato negli ultimi giorni alcune mie fantasie: l’idea di avere una donna impegnata (non succedeva da almeno dieci anni), l’idea di stare con una ragazza più giovane (non mi facevo una ventiseienne da quando ne avevo io stesso 26); alcune sue fantasie di dominio che mi ha raccontato hanno fatto muovere più velocemente le mie sinapsi…e poi quegli occhi! Quegli occhi non sono quelli di una ragazza normale, di una che si accontenta, di una che si lascia trascinare dalla corrente…quegli occhi vogliono qualcosa e voglio essere io quel qualcosa.
Arriva. Cazzo, è bellissima! Una bambola in tutto e per tutto, curata nel minimo dettaglio. Dio…io non mi vestirei così al primo appuntamento con uno sconosciuto! Un vestitino stretto sopra e con una gonna larga che mette in risalto un decolté infinito nel quale ti ci vorresti buttare, chiudere dentro e gettare la chiave; lei non fa nulla per nasconderlo e anche le tette sembrano dire “fateci uscire”. Ovviamente il colpo d’occhio fa il suo effetto ma non sono solo le tette ad attrarmi. Si è resa perfetta. La squadro dall’alto al basso e poi al contrario mentre si avvicina, fino a fermarmi sul suo viso. Un viso da bambina curato come una donna, con le sopracciglia affilate, le labbra disegnate con un sorriso che risale verso l’angolo della bocca e si incontra con la luce di quello sguardo, quella luce! Ecco…quella luce, di quegli occhi scuri e profondi, combinata a quel sorriso all’insù, non promette nulla di buono, né per me né per lei.
III
Arriva. Io la aspetto all’ingresso. Mi dà un bacino sulla guancia, un po’ imbarazzata e mi dice “Valeria” ridendo nervosamente. Non sembra la ragazza che solo due giorni prima mi raccontava di aver succhiato il cazzo al suo migliore amico mentre il marito non c’era, ma la cosa la rende forse anche più eccitante.
Entriamo, ci sediamo lontano da tutto e da tutti, in un angolo su una panca lunghissima che occupiamo completamente solo noi. Io ordino una birra, lei un spritz. Brava ragazzina che l’alcool disinibisce! Infatti dopo due sorsi inizia a parlare senza freni: del suo passato, del marito assente, del volere un figlio, del non poter avere un figlio, di dettagli del suo passato che io non racconterei al mio migliore amico; si sente libera e mi parla a ruota libera. La ruota libera porta lì! Di punto in bianco mi dice “Sai, a me piace essere guardata!”
“Come guardata? Gente che ti fissa per la strada?”
“ Beh si anche…i commenti mi piacciono”
Ecco quella timidezza che ritorna
La incalzo
“Sei una bella ragazza, immagino che la gente che ti guardi non manca!”
“Si si…lo so che mi apprezzano, mah…si dai…hai capito!”
No, in realtà non ho capito un cazzo, ma sono sicuro che la guarderei anche mentre si fa la ceretta bella com’è.
E poi…lo sguardo si accende e mi fa: “Mi piace farmi guardare…ecco…in quei momenti”
“Cioè? Mentre scopi?”
Argomento sbagliato! Parte una tiritera sul marito che quando mai la scopa, figuriamoci farsi guardare a scopare; addirittura una volta gli ha proposto una cosa a tre (cazzo, chi la rifiuterebbe, con questa fatina arrapante poi!) e lui ha rifiutato. Butta fuori tutto d’un fiato, come se ne avesse bisogno, come se una volta stappata la bottiglia la schiuma uscisse fino a esaurimento e poi, d’improvviso, come flash si blocca, mi guarda con quella luce strana che sto imparando a conoscere e mi spiega, ancora tutto d’un fiato: “Mi piace farmi guardare mentre mi masturbo, ma non farmi guardare e basta. Mi piace l’idea che qualcuno mi guardi ma non la sicurezza…non so se mi sono spiegata”
Ti sei spiegata eccome ragazzina, ti piace il rischio, ti piace l’idea perversa che qualcuno si possa fare una sega guardandoti, ti piace quel piccolo brivido che ti percorre la schiena mentre ti scopi e che ti fa venire urlando, ma devo glissare: “non so…l’idea di essere visto mi piace, sia da solo che in coppia…ma il cartello guardare e non toccare non l’ho mai rispettato”
Ancora quella luce negli occhi, quello sguardo che scintilla, quella piccola stellina che brilla in alto a sinistra mentre la bocca si inarca. Quell’espressione che mi fa impazzire. Ora capisco, è lo sguardo di una troia negli occhi di una bimba! Una bimba che se lasciasse libero il suo istinto ti scoperebbe anche l’anima. Sorride, solo con l’angolo della bocca e si affretta dirmi “Infatti lo faresti per me! Sembri una persona affidabile e io…potrei ringraziarti in anticipo magari”
Il cazzo ormai mi arriva in gola, preme contro i pantaloni, la testa mi pulsa, mi sento come sotto l’effetto di un kilo di erba ma lei ha preso il piglio: “facciamo così -dice- Tu mi segui in bagno fra esattamente due minuti – si morde le labbra – io ti ringrazio comunque del bel pomeriggio, poooooi, torniamo qui e ti propongo un gioco, se ti va”
La timidezza se n’è andata, così come la ragazzina che si girava le mani e tergiversava quando doveva parlare di cose spinte; ora è una donna che sa ciò che vuole e vuole prenderselo. Non so se sono più incuriosito dal gioco o eccitato dall’idea di seguirla in bagno. Il mio cazzo invece non ha dubbi.
Conto fino a 120
…e la seguo
IV
(1..2...3...4...) Forse i due minuti più lunghi della mia vita.
(5...10...22) Mi perdo nel suo corpo da favola. Il culo ancheggiante che porta quella figura straripante sensualità verso il bagno.
(25...26...30...40) Le tette. Stupende; che la precedono e si vedono anche da dietro.
(45...50...60) I capelli appena piastrati che le incorniciano il viso. Quel viso che potrebbe lasciarti impietrito a guardare, che potrebbe toglierti per sempre la parola, che vorresti solo rimanere a contemplare per l’eternità.
(65...66...67...68)Ha svoltato l’angolo. Non è più in vista. Il mio cazzo esplode. Chissà cosa sta macchinando.
(70...80) Mi sistemo l’erezione che gonfia i pantaloni in modo che non si noti dall’esterno. E’ quasi dolorosa, preme contro i bottoni dei jeans, si sfrega, fa male.
120
Mi alzo.
Percorro lentamente la sala semivuota. Il locale è scuro, il bancone del bar lontano. Penso nessuno noterà la nostra assenza. Forse era tutto nei suoi piani, fin dalla scelta del posto.
Due porte dei bagni…quella degli uomini spalancata mostra la stanza completamente vuota; quella delle signore, chiusa, con lei che mi aspetta dentro. La apro sicuro e la visione che mi si para davanti mi lascia immobile.
V
Appena riesco a riprendere l’uso del cervello mi affretto a chiudere a chiave.
Ciò che vedo è da restare senza fiato.
Lei è in ginocchio, al centro del bagno. Il vestito che strizzava il suo seno ha le spalline abbassate e finalmente libera le sue tette da sogno, chiara opera di dio, che sfidano la forza di gravita e mi puntano con due capezzoli tesi, duri, che sembrano dire “succhiaci”.
Lei ne sta stringendo una con una mano mentre l’altra mano…è sotto la gonna. Noto una paio di mutandine rosa appoggiate al lavandino, la guardo toccarsi e masturbarsi con un espressione sognante. Sento il rumore delle sue dita nella fica, evidentemente fradicia. Lei geme piano e continua a scoparsi e a emettere quel suono paradisiaco.
Poi mi guarda.
Ora il suo sguardo non ha più nulla di umano. E’ un animale selvaggio che sta liberando i suoi istinti più lascivi. Mi dice ansimante senza smettere di tormentarsi sotto la gonna: “fai ciò che vuoi con la mia bocca, si vede che ti piace, si vede da come mi guardi”. E mi mostra la lingua. Una lingua rosa, umida, che sembra aspettare il mio cazzo.
Non ho la minima idea di cosa trasparisse dal mio sguardo ma questa situazione mi eccita come non mai. Mi avvicino alla sua bocca, le premo contro i bottoni dei jeans per farle sentire l’erezione. Afferro il seno che non si sta toccando lei, lo stringo, è sodo come marmo tra le mie mani eppure morbido e da manipolare; le sfioro un capezzolo che sembra indurirsi ulteriormente al passaggio delle mie dita.
Il mio cazzo esplode.
Mi sbottona, lentamente, guardandomi con quegli occhi che dicono tutto, che liberano la sua voglia selvaggia in lampi di piacere.
Mi abbassa i pantaloni; ora va meglio.
La mia erezione si libera spingendo contro il cotone dei boxer. Lei li abbassa.
E ci si fionda sopra con la bocca. Nemmeno il tempo di guardarlo; sembra una scimmietta affamata a cui viene data una banana. Lo inghiotte, se lo fa arrivare fino in gola e inizia a pomparlo, con tutta la sua voglia. Si aiuta stringendo l’asta con la mano e succhia voracemente; ogni tanto si sofferma a leccarlo, risalendo l’erezione dal basso fino alla cappella gonfia con la punta della lingua; lo assapora. Poi torna a farlo scivolare fino in gola e a pompare ossessivamente.
Intanto non smette di scoparsi con la mano. Non vedo sotto, la gonna copre la sua fica che immagino perfetta, liscia, morbida, una di quelle fiche che potresti leccare per un giorno intero, fino a consumarla, finchè lei non ti dice basta. Sicuramente è bagnatissima, lo si sente dal suono che le sue dita fanno penetrandola con forza. Ora si ferma e un getto improvviso cade sul pavimento seguito da un gocciolare che è pura musica. Mi lascia il cazzo. Ansima. Lo prende in mano. Mi sorride. “Ora tocca a te mio bell’uomo”.
Non me lo faccio ripetere, la mia voglia è incontenibile e mi percorre l’uccello in continui brividi bollenti. Le afferro i capelli, le sollevo la testa verso di me e glielo sbatto letteralmente tra le labbra. Le scopo la bocca, forte come vorrei scopare la sua passera, giù fino in gola. Sento l’orgasmo salire. Mi stacco. Lei tira fuori la lingua. “Sborrami, riempimi di sborra proprio qui voglio bere ogni tua goccia”. Lo prendo in mano e lo muovo davanti alle sue labbra, strofinandolo sulla lingua. L’orgasmo sale ed esplode in forti schizzi, intervallati come a singhiozzo. Le riempiono il volto, ora scompigliato dalla voglia e dall’orgasmo, le esplodono sulla lingua, le colano su quelle tette da favola. Vengo come non sono mai venuto prima, lo giuro. L’eccitazione che mi ha fatto montare si libera in un orgasmo infinito. Le passo la cappella sulla lingua piena del mio sperma. Le lascio i capelli; lei mi mostra la sua lingua bianca, mi guarda e manda giu.
“Sei buono; e io sono buona con le persone buone.
Ora. Torniamo di là”
VI
Torno a sedermi mentre lei si sistema. La cosa sarà durata al massimo dieci minuti, nessuno sembra aver notato la nostra assenza o averle dato un significato sconcio come in realtà è stato.
Mi siedo e la aspetto, curioso di capire dove vuole andare a parare.
Cazzo che pompino però…scopare con questa deve essere un’esperienza simile al paradiso.
Poi torna. Riprende la sua timidezza da bambina. Non sembra nemmeno la ragazza che un minuto fa mi ha succhiato anche l’anima in un bagno di un pub. Si siede con lo sguardo basso e mi fa un sorrisino forzato.
Bevo un sorso e le dico “Beh, credo sia il momento di sdebitarmi”
Lei ride, stavolta di gusto, ma tergiversa, quasi intimorita da quello che vuole chiedermi
“Dai sputa il rospo, ragazzina”
“Ma mi vergognoooo” ribatte. “Dammi cinque minuti, bevo un altro spritz che mi darà il coraggio liquido per dirti la mia idea”
“Si; o quello di tornare nel bagno” Rido e lei risponde alla mia risata, sincera, a suo agio.
Ordina da bere
VII
A metà del drink butta fuori la sua idea. Così, dal niente, all’improvviso. Come ha fatto finora del resto, ormai mi ci sto abituando.
Stiamo parlando dei suoi cani e sbotta “Io voglio essere guardata. Non so perché, ma mi fido di te. Ma, non so come spiegarmi, io non voglio essere guardata direttamente; voglio pensare di poter essere guardata”
“Eh, ma secondo me hai in mente qualcosa”
“Si. Ho un piano ben preciso e va seguito alla lettera. Quindi o ci stai o non ci stai.”
“Esponimelo. Sono curioso”
“Guarda che è una cosa che penso da un po’ e non ho mai confessato a nessuno”
“Tu si che sai mantenere la suspense”
Altra risata fragorosa, gli occhi che ridono. Non c’è più traccia di quel lampo di malizia da donna che potrebbe farti fare ciò che vuole senza che tu nemmeno te ne renda conto preso come sei a guardarla.
“Dai, scemo! Promettimi che se ci stai ti attieni al mio piano, al dettaglio, senza cambiare una virgola”
“Miss Valeria Supersexy dalle Tette Favolose Splendida Succhiatrice di Cazzi, prometto solennemente di attenermi ad ogni minimo dettaglio del Suo Piano e della Sua volontà”.
Promesse da marinaio, mai fidarsi di un uomo cattivo. Ma lei è a suo agio e mi spiega
“Allora; i miei orari li conosci. E sai anche che scopo molto molto poco. Mi tocca fare da sola”
La luce di perversione riappare; la timidezza della bimba se ne è andata. Cazzo, dottor Jekyll e miss Tisucchiofinoallultimogocciodisborrainginocchiatainunbagnomentremimasturboesquirtoperterra.
“Di solito quando mio marito esce, mi metto a letto e mi tocco. Mi scopo così forte da farmi male. E’ l’unico momento in cui provo piacere. E mi immagino sempre che ci sia qualcuno dietro la porta a guardarmi, o meglio potrebbe esserci ma io non lo so. Ho provato con la chat, a farmi vedere e guardare l’altro che si tocca per me, ma non è la stessa cosa; non so perché, ma l’idea di non essere sicura mi eccita un casino”
“mmhh…inizio a capire, ma prosegui con questo piano dettagliato” le rispondo.
Cazzo, mi sta tornando duro; come fa? È una cosa incredibile! Lei parla, si tocca i capelli, muove quella bocca nella quale ho appena finito di venire, respira, mi guarda e io godo. Ma non per dire, godo sul serio, è come un bisogno fisico che lei appaga con la sua sola esistenza. Questa ragazza ha qualcosa di diabolico.
“Piantala di fare lo scemo e ascolta. Il piano è questo: io adesso ti lascio le chiavi di casa mia e me ne vado. Sì, ti lascio pure il conto da pagare da vera stronza! Non voglio sapere la tua risposta. Io domani mi toccherò e godrò non appena mio marito mette piede fuori da casa. Tu hai le chiavi, e hai in mano la scelta. Se non ti va le lasci nella cassetta della posta. Se ti va entri; nella mia stanza c’è un piccolo disimpegno dal quale si vede il letto ma io non vedo dal letto. Tu ti metti lì. Devi limitarti a guardare, solo guardare. Se vuoi ti tocchi, se non vuoi no ma non interverrai su di me in nessun modo. Non voglio sentire nemmeno il tuo respiro né versi né intravvederti; devi stare molto attento. Se ci stai, ti prego, stacci fino in fondo. Fallo per me. Poi quando sono venuta esci, e lasci comunque le chiavi nella cassetta delle lettere. Tutto chiaro?”
“Beh sì…malefico ma chiaro. Ti ripeto che non sono un grande fan del guardare e non toccare”
Lei ride “se vuoi toccare qualcosa toccati tu!”
Poi seria “Però ti prego. E’ una cosa che mi eccita e mi fa paura insieme; voglio aver fiducia in te. Non tradirla.”
“Ci penserò, tanto non devo risponderti ora a quanto ho capito”
“No. Ah, sarà comunque l’ultima volta che ci vedremo. Questa se non verrai, domani se ci sarai. Ripeto, mi fido di te”
La cosa mi spiazza. Rimango senza parole. Perché? Perché l’ultima volta, con tutte le cose che ho in mente di farti? Ma non mi dà tempo di ribattere. Mette la mano nella borsetta mi passa le chiavi e un bigliettino si alza ed esce in fretta.
VIII
Rimango immobile. Riflessi da gatto di marmo. Che faccio? Devo correrle dietro e gridare “no aspetta!”? Si riprenderebbe le chiavi alla velocità della luce. Se resto qui sembro un coglione? Probabile. Ma all’immobilismo non c’è rimedio. Resto lì e ordino un’altra birra. C’è tempo per pensare
IX
Sono sulle nuvole. Distratto. Non ragiono. Rischio due incidenti tornando a casa perché non do la precedenza. Uno urla: “Testa di cazzo, l’hai trovata nell’ovetto kinder la patente?” Me lo merito
Resto sul divano con lo sguardo fisso nel vuoto. Non ceno, non dormo.
Che fare? Che cazzo fare? Più ci penso e più mi sembra una cazzata infinita. Ma chi cazzo sei tu che vieni qui a darmi ordini, darmi le chiavi, ma che vuoi? Te le lascio nella cassetta. Te le lascio con un bel biglietto con scritto MAVAFFANCULO te e i pompini nei bar! Poi penso a lei. A quello sguardo. A quel sorriso. A quelle tette. Cazzo, mi ha già ribaltato! Potrei chiamare un’amica, una serata di sesso sfrenato con una che vuole solo essere sbattuta scaccerebbe il pensiero. Ma è fuori discussione, non ho nemmeno voglia di prendere in mano il telefono. Figuriamoci di scrivere, organizzarci “oh ciao, ce lo prendiamo un aperitivo?” Ho perso interesse per tutto, ho un solo chiodo fisso. Che fare?
Mi faccio una sega. Quella sì. Posso pensare a chi voglio, immaginarmi le scene pi ù erotiche che la mia mente perversa possa concepire. All’idea mi viene duro ed inizio a strofinarlo, forte, voglio venire il prima possibile. L’orgasmo scaccerà i pensieri. Ma l’unica immagine che si forma nella mia mente è lei in ginocchio, tette fuori, che si scopa, lei che tira fuori la lingua e dice “sborrami, riempimi di sborra proprio qui” e non riesco a scacciarla; vengo, a fiotti, ancora con la visione del pomeriggio in testa.
Alle sei riesco ad addormentarmi per un paio d’ore. Mi lavo, preparo un caffè. Una moka da sei forse mi risveglierà. Mi vesto. Tocco nella tasca: le chiavi. Nono ho ancora letto il biglietto ma sono so bene cosa c’è scritto. Lo apro: via Mameli n. 15; villetta singola in fondo alla strada.
Eccheccazzo! Ci andrò!
X
Google Maps mi porta a casa sua in meno di quaranta minuti. Ovviamente in largo anticipo sui tempi concordati.
Parcheggio lontano, non ho la minima intenzione di incontrare il marito che esci di casa mentre gli parcheggio machina davanti al cancello. Mi aggiro, trovo un bar, prendo una birra. Tanto a quanto pare non dovrò baciare nessuno e nemmeno la mia lucidità è richiesta nel gioco. Che cazzata però, perché io non posso fare niente? Ma che si fotta! Potrei stuprarla! Non si tira un uomo in casa con queste richieste! E non si mette così voglia addosso a una persona senza darle la possibilità di andare al sodo. Però no. Povera. Ne ha passate tante. Ha diritto a un gioco suo. E poi…mi ha già ringraziato.
Ma perché non vederla più poi? Questa proprio no la capisco. Non siamo stati bene insieme? Sto ai tuoi giochi, possiamo lasciar libere le nostre perversioni, scopare in posti strani, farlo selvaggiamente in ogni angolo di casa, in ogni bosco, nei camerini dei negozi…boh, mica voglio sposarti! Ma perché finire in questo modo di merda?
Sono perso nei miei pensieri e quasi non mii accorgo che è ora di andare.
Ancora combattuto tra l’eccitazione, la paura e la rabbia pago la birra e le gambe mi portano automaticamente dove devo andare. Forse non proprio le gambe…
XI
La villetta è isolata in fondo ad una strada con poche case. La cassetta della posta, verde appena riverniciata, mi aspetta vicino al citofono a ricordarmi quali sono i patti. Giro la chiave piccola nel cancellino che si apre con un click. Inizio a percorrere il vialetto quando mi corre incontro un cane enorme. Porco cazzo! Io non è che ami particolarmente i cani ma se questo ha cattive intenzioni c’è il rischio che io non abbia mai più un’ erezione! A due metri da me il cane spicca un balzo ma non ha intenti bellicosi; mi piazza due zampone nere e fangose sulla maglietta (ovviamente pulita) superandomi in altezza di dieci centimetri buoni e cerca di limonarmi come se fossi una bella gnocca. Riesco a farlo scendere ad accarezzarlo e a fargli “shhhhht” col dito puntato al naso. Non dovremmo aver fatto troppo rumore nel nostro balletto, probabilmente non abbiamo dato nell’occhio né ai vicini né a Valeria che non vuole accorgersi della mia presenza.
Entro piano chiudendo fuori il cane che mi guarda con disappunto. Sono in una sala poco illuminata; gli scuri sono chiusi e filtra giusto un filo di luce che mi permette di vedere le ombre del divano e del tavolo. Ci sono un sacco di candele. Chissà se le piace la cera calda. Me la vedo con la sua aria da angioletto chiacchierare di smalti delle unghie con l’uomo di turno e tutto d’un tratto, all’improvviso fare quello sguardo, la bambina che diventa troia e dire come se fosse la cosa più normale del mondo “Sai, mi piace farmi ricoprire di cera bollente; mi piace soffrire un po’”. Quanto cazzo vorrei essere io quell’uomo.
Va beh, non è il momento di fantasie strane. C’è un corridoio che mi conduce ad un bagno di fronte, c’è una camera vuota sulla destra con un lettino (hanno figli? Non me ne ha parlato) e una seconda stanza con la porta socchiusa. La apro piano e mi trovo in una specie di anticamera ad angolo, con un piccolo bagno di fianco, che effettivamente copre la vista a chi sta nella stanza di fronte.
Ma non a me
XII
Lei è in camera, in piedi, in mutandine e reggiseno. Pizzi trasparenti che risaltano le sue curve mozzafiato. Si sta guardando allo specchio, prima di fronte, poi di profilo; guarda la silhouette. Si accarezza il ventre, poi la sua mano sale lentamente verso il seno. Sembra lo stia controllando, tipo un normale controllo di routine per vedere se ci sono noduli, ma poi inizia ad accarezzarsi con più veemenze, emette anche un lieve sibilo e la sua mano abbassa una coppa del reggiseno. Inizia a titillarsi un capezzolo che io vedo riflesso nello specchio. Le diventa immediatamente duro e la cosa sembra eccitarla parecchio perché il suo respiro si fa più pesante.
La mia erezione comincia a gonfiarmi i jeans. Quasi ad esplodere. Che mi fa questa donna? Come posso io guardarla e non scoparla? La violento!
No cazzo, non posso, non è giusto. Devo attenermi al piano. Anzi, non mi masturberò per non correre il rischio di non capire più nulla e saltarle addosso. Però voglio vedere e voglio vedere di più
Ora lei si è sdraiata e ha una mano sul seno e una nelle mutandine. Si agita, si dimena, si contorce, inizia ad ansimare. Abbassa le mutandine e apre le gambe. La sua fica mi si staglia di fronte come un fiore appena sbocciato; piccole gocce la inumidiscono e le sue dita la cercano, la massaggiano, la coccolano. Mentre i versi aumentano ci infila due dita e inizia a muoverle dentro e fuori. Quel suono celestiale! Quel rumore che è una sinfonia! I suoi mugulii ora seguono il ritmo delle sue dita e vanno via via aumentando di volume e intensità; si scopa, si cerca il clitoride e poi ancora dentro ansimando e godendo.
Io non resisto, il mio cazzo non sta più nei pantaloni, sbottono il primo bottone ancora convinto dell’idea di non masturbarmi ma ancora non so cosa lei ha in serbo per me.
All’apice delle grida si ferma, io credo che sia venuta, invece apre il cassetto del comodino e prende u na scatola dalla quale sfila un oggetto verde, non molto grande a dire il vero. Se lo passa fra le dita, lo fa scivolare sul seno, attorno ai capezzoli e lungo il corpo. Lo pregusta, lo ammira come un tesoro. Poi l’affare si accende con un rumore infernale e inizia a vibrare. E allora lei inizia ad infilarselo dentro con forza, con movimenti veloci che ad un certo punto rallentano, quasi a fermarsi per sfiorare le piccole labbra e massaggiare il clitoride; per poi ricominciano più violenti di prima. Dentro fino in fondo, poi fuori e dentro. Ancora fermo a vibrare e ancora a muoversi freneticamente. I versi della ragazza sono quelli di un animale assetato, sono i versi di quella donna che ho visto trasformarsi davanti ai miei occhi in qualcosa di selvaggio: urla, si dimena, si contorce, grida: “Si, guardami, guardami, guardami come mi scopo”
Chissà se sa della mia presenza o la sospetta solo. Io slaccio anche il secondo bottone e mi massaggio da sopra i boxer. Come posso non fare nulla? Come posso lasciarla lì?
Poi l’inaspettato: Valeria solleva le gambe fino al petto, si scopa con forza con il suo gingillo; le urla sono diventate stridule ora, quasi assordanti e alla fine…esplode! Ma non è un modo di dire: con un urlo si fa scivolare per l’ultima volta il dildo fino in fondo, lo toglie e rilascia come una bomba di acqua che le ricopre le cosce e si schianta sulle lenzuola.
Io non ho mai visto un orgasmo così; sono eccitato come non mai. Sarò fedele al patto, ma una sega me la faccio e le sborro qui, su questo cazzo di pavimento. Lo tiro fuori, affannato, cieco di rabbia e di desiderio. La guardo. Ora si sta coccolando la passera con il vibratore spento. Mi sputo su una mano e inizio a segarlo forte, guardando la scena di quella fica perfetta penetrata da uno stupido vibratore invece che da me. Non ci metto più di un minuto a schizzare, cercando almeno di evitare di farlo sulle pareti. Vengo, vengo a fiotti, vengo come solo la sua presenza sa farmi venire. Per terra c’è una piccola pozzanghera. Di certo non sarò io a pulirla, così saprà che ci sono stato. Me la immagino a terra a quattro zampe a leccarla, come la cagna che è; ancora meglio sarebbe fargliela leccare mentre io mi prendo con forza il suo culo tenendole giù la testa.
Ma come sempre l’orgasmo riporta un minimo di lucidità. Sono in una casa non mia e sono appena venuto sul pavimento. Devo uscire di qui!
Si fotta lei, si fottano i suoi orgasmi a bomba, si fotta la voglia che mi mette, si fotta il suo sguardo perverso e si fottano le sue tette riflesso di Dio! Si fotta tutto. Io con questa non ci voglio più avere niente a che fare!
L’ultimo sguardo al mio oggetto del desiderio che non vedrò mai più e che mai avrò. Si sta ancora massaggiando col vibratore; credo che verrà di nuovo, stavolta in maniera meno intensa e rumorosa. E’ ora di andare.
Mi avvicino di soppiatto alla porta e una voce ansimante dalla camera dice “Lascia le chiaviiiihh!”
XIII
Le mie mani si stavano giusto per infilare nella tasca e giochicchiare con le chiavi da lasciare nella cassetta. Ma la sua voce mi ha fatto capire cosa devo fare. Esco, facendo le scale lentamente e salutando il cane che questa volta non sembra interessato ad avere rapporti preternaturali con me, apro il cancellino col bottone, esco, guardo quella bella cassetta della posta verde, appena riverniciata probabilmente dal marito operoso, leggo il nome sulla targhetta “Morandi Speziani”, saluto la cassetta della posta con un bel dito medio e me ne vado verso la macchina.
Io ste cazzo di chiavi me le tengo.
XIV
Guido verso casa confuso; la testa mi rimbomba, i pensieri caotici, mi sento perfino la febbre. Che cazzo ho fatto? Ma soprattutto cosa penso di fare con queste chiavi? Mi faccio trovare in casa sua? Ci vado quando non c’è? Ma che cosa ho in testa?! La cosa migliore sarebbe girare la macchina e mettere le chiavi nella cassetta della posta. Eppure no, una vocina dentro mi dice “tienile! Se lo merita! L’hai vista godere? E tu vuoi perderti quegli orgasmi?”
Arrivo a casa. Appendo le chiavi al portachiavi a parete vicino alla porta, come se fossero mie. Barcollo verso il bagno in stato confusionale. Mi guardo allo specchio: ho un aspetto orribile, malato. Mi scoppia la testa, mi metto a letto. I miei sogni sono tormentati da incubi; cado in una voragine, non riesco a correre, non respiro, sento un dolore insostenibile sul ventre; poi mi sveglio sudato e con in testa le sue parole come un tamburo ossessivo che non vuole smettere di picchiare -Sai, a me piace essere guardata! - potrei ringraziarti in anticipo - fai ciò che vuoi con la mia bocca, si vede che ti piace, si vede da come mi guardi - riempimi di sborra proprio qui - guardami, guardami come mi scopo
“Lascia le chiaviiiihh”
XV
Non ragiono più. Nulla mi dà piacere: mangio poco, dormo male, sono scontroso, assente e la gente lo nota. Non faccio che pensare a lei, a lei che viene a lei che mi vuole bere, a lei che mi guarda col suo volto angelico e di punto in bianco si trasforma. Le sue due anime mi hanno mandato in pappa il cervello. La bambina da coccolare, da accudire, da salvare da una vita di tristezza; l’animale selvaggio da scopare, da sentire urlare, bella e indomabile tanto da portarti alla pazzia. E io ci sono sull’orlo.
Inizio a seguirla. Parcheggio al solito posto, mi fermo a bere qualcosa al solito bar. Ormai il barista comincia a fare domande alle quali rispondo sempre in modo laconico “Sei qui per lavoro?” “Si sono di passaggio ma non lavoro qui”. La guardo stendere i panni, guardinga, osserva attorno quasi spaventata. Trasale ogni volta che le squilla il telefono o che un rumore lontano attira la sua attenzione. Lo sguardo è tornato triste. Chissà cosa pensa, chissà se ha paura, chissà se è eccitata dall’idea di trovarmi in casa.
E se entrassi? Così di punto in bianco e la scopassi lì contro il muro o tra le lenzuola stese. Senza dirle niente. Poi le lascerei le sue cazzo di chiavi dove vuole. Probabilmente chiamerebbe la polizia. Probabilmente…e io da buon gambler scommetto che questa probabilità non è altissima, forse al 60%. Ma non si gioca una scommessa con solo il 40% di possibilità di vittoria. O si?
Un pomeriggio seguo anche il marito. Lo vedo uscire alla solita ora e a distanza di due macchine gli vado dietro fino al lavoro. Scopro che lavora in un ristorante e il giorno dopo ci vado a pranzo. Mi accoglie una signorina graziosa, probabilmente dell’est che mi fa sedere al mio tavolo. Un ragazzo viene a prendere le ordinazioni, quindi “Coso” (così lo chiamo nella mia testa) non è all’accoglienza e non fa nemmeno il cameriere. Prendo una pasta ripiena tipica della zona, devo dire tirata a regola d’arte e cucinata bene; provo a chiedere di parlare con lo chef, magari è lui che ha cucinato. Esce un signore anziano spaventato dal fatto che qualcosa possa essere andato storto nel servizio, ma io gli faccio vivissimi complimenti e il suo sguardo preoccupato si trasforma in un sorriso da bambino, mi ringrazia e insiste per offrirmi un amaro. Non è nemmeno il responsabile in cucina…che cazzo fa?
Mi fermo a pensare che mentre io sono lì a vedere cosa fa suo marito, Valeria si stara scopando in quel modo selvaggio, animalesco, istintivo. Starà esplodendo in uno di quegli orgasmi lunghi e prorompenti. Chissà se mi pensa dietro alla porta. Dovrei tornarci. Ma non mi limiterei a guardare stavolta.
XVI
Sono lì praticamente tutti i giorni. Studio meticolosamente le loro abitudini, ma mi muovo in maniera confusa. Non ho un piano. Penso a lei che mi dice “Ho un piano ben preciso e va seguito alla lettera”. Brava ragazzina! Io no, brancolo nel buio nell’attesa che un’idea mi illumini la mente. Una sera che lui è di riposo escono a cena.
Di scatto, decido di entrare.
Per fare cosa poi? Se mi lascio accecare dalla rabbia spacco qualcosa, o peggio vengo sulle sue lenzuola o sul suo divano. Sarebbe la fine.
Inizio a curiosare. Guardo negli armadietti della cucina, apro i cassetti. C’è il pc, ma avrà sicuramente una password. Si dividono i bagni o almeno lei ne ha uno solo suo perché nel bagno piccolo vicino alla stanza gli armadietti straripano di prodotti di bellezza, creme, smalti, assorbenti…cose da donna insomma. Entro in camera. Accarezzo le lenzuola, apro il cassetto della sua biancheria. Completini di pizzo super arrapanti si accompagnano a reggiseni e mutandine con gli orsetti. Anche nella scelta della biancheria escono le sue due personalità. Me la vedo ad andare nel negozio con quel suo sguardo da bambina, afferrare e pagare un paio di slip con api e fiori e poi alla cassa essere percorsa da uno sguardo satanico, chiedere alla commessa di aspettare un attimo a preparare il conto, andare via e tornare con un completino di pizzi e trasparenze che lascia intravvedere i capezzoli all’uomo fortunato che la spoglierà e che lei farà morire, morire come sta facendo morire me.
Mi dirigo verso il comodino. Apro il cassetto. La scatola è lì. La apro. Oltre al vibratore contiene una lingua finta, un piccolo cilindro che credo possa servire a assaggiarle il clitoride e un gel che millanta proprietà miracolose per il tuo piacere. Afferro il vibratore. Lo accarezzo, come una preziosità rara, lo guardo, lo accendo. Me lo passo sul collo, lo sento vibrare nella mia mano. Le immagini di lei mi avvampano nella testa. Lei che dice “guardami” lei che si scopa con questo coso come se il mondo attorno non esistesse, lei che esplode in un orgasmo infinito, lei che inghiotte la mia sborra. Le immagini girano, si affollano, si sovrappongono e mi eccitano. Devo masturbarmi. Cazzo devo farmi una sega. Non ragiono, non penso, mi prendo il cazzo e inizio a sfregarmelo eccitato, violento. Ancora lei che vuole la mia sborra sulla lingua, lei che viene in ginocchio su un pavimento. Sento l’orgasmo salire. Non posso venire lì. Apro il cassetto della biancheria e afferro appena in tempo le mutandine con gli orsetti, me le avvolgo sulla cappella gonfia, rosso scuro, pulsante e pronta a schizzare. Il cotone frena i miei schizzi che escono in un lento filo che riempie gli slip. Cazzo che voglie improvvise che mi mette questa tipa!
Ancora una volta l’orgasmo mi riporta a quel briciolo di ragione che mi è rimasta. Se avessero dimenticato qualcosa? Se rientrassero all’improvviso e mi trovassero qui in camera loro con il cazzo avvolto in un paio di mutandine? Mi metto in tasca la biancheria, prendo anche il reggiseno abbinato nella speranza che non si accorga dell’ammanco ed esco rapidamente. Corro verso la macchina e riparto verso casa. Basta, basta, basta. Devo darmi una regolata o finirà male. Molto male.
XVII
E’ domenica. Sono passati 13 giorni dal nostro incontro al bar. 12 da quando l’ho vista venire. Da tre giorni non vado a casa sua, da che le ho rubato un paio di mutandine da bimba per riempirle del mio orgasmo. La mia sborra densa che solo pochi giorni prima aveva riempito la sua lingua sul pavimento di un bagno. La mia sborra che vorrei riempisse ogni centimetro della sua pelle, ogni angolo del suo corpo sinuoso ed arrapante. Ma sto facendo il bravo. Questa cosa mi sta sfuggendo di mano.
La noia subentra all’agitazione; guardo svogliato il campionato di calcio in TV. E se aprissi la chat? Magari conosco una persona che va beh, non sarà la stessa cosa, ma che almeno può distrarmi un po’. Magari le potrei raccontare anche questa storia, mi darebbe consigli con lei, con le chiavi. Magari scoperemmo, in maniera sana, sicuramente con meno tensione ed eccitazione, ma senza dubbio sarebbe soddisfacente.
Accendo il pc e apro chrome. Chat hot simosnap. Ricordo ancora il canale. Il nick? Sempre quello. Autunno. Chissà da dove cazzo l’ho tirato fuori! Mi piace il freddo, la nebbia, le foglie che cadono e cambiano colore e Autunno, boh, mi sembrava potesse starci. Che cazzone!
Subito due begli spam di siti erotici mascherati da “Mari Anna” e “Jane”; no ragazze, non voglio conoscervi, non cerco sesso e non mi unirò al vostro canale.
Do una scorsa ai nomi. Alicetettona, fragolinadolce, laurabsx, altre tettone delle più svariate età, vogliosa85…tutta gente che ti vien voglia di conoscere. Va beh. Ecco Trilly, sembra un nome normale. Quasi da fatina che potrebbe diventare perversa da un momento all’altro.
“Hola, come va?”
“Bn”
“Mi fa piacere, di dove sei?”
“MN”
Ok Trilly, sei riuscita a frantumarmi i marroni in due battute. Addio.
Mentre scorro ancora i nomi alla ricerca di qualcosa che possa colpirmi mi scrive topina-romana, un nome un programma. Dice di avere 23 anni, di studiare medicina ma che vorrebbe fare la escort, o meglio, lei dice proprio “la troia”; dovrei spiegarle che la troia scopa, la escort si fa pagare, ma ci rido sopra e le dico che il mondo ha più bisogno di troie che di medici e che la sua preparazione medica le servirà quando qualche vecchietto facoltoso si farà venire un infarto tra le sue cosce. La saluto gentilmente e sto per chiudere la chat, quando mi scappa l’occhio sulla pagina pubblica: “Puffetta è entrata in chat”
XVIII
Panico.
Avvampo.
Batto un pugno sul tavolo e mi faccio male alla mano.
Lancio il bicchiere appoggiato a fianco della tastiera.
Rabbia, incazzatura, furore. Che cazzo ci fa? Non le è bastato il rischio corso? Non sono l’unico? Ha bisogno di altro? Non ha visto che non ha più un completino? Nooooo? Ed è perché c’ho sborrato dentro mentre ero in casa SUA! Con le chiavi che LEI mi ha dato!
Sono una furia. Mi si chiude la vena, il ragionamento non esiste più, il buonsenso se ne è andato a puttane. Tempo di capire cosa sto facendo che sono già in macchina e a metà strada verso casa sua. Le chiavi graffiano la mia coscia dall’’interno della tasca.
Sto arrivando ragazzina. Non ti servono le chat.
XIX
Arrivo. Riesco almeno ad avere l’accortezza di non arrivare in macchina a tutta velocità davanti al cancello. Riprendo quel minimo di lucidità che mi serve a non farmi sgamare. Controllo che la macchina del marito non ci sia, dopo i miei pedinamenti la conosco bene. Ho le chiavi, le infilo nella serratura del cancellino…girano! Non ha cambiato la serratura con la scusa di averle perse. Qualcosa vorrà dire. Ciao cassetta della posta. Vaffanculo cassetta della posta.
Ora come entrare? Se apro la porta ed è in sala mi vede, potrebbe urlare, spio dalla finestra: è proprio lì.
Da dietro il cane abbaia, stocazzoddecane! Lei si alza, credo vada a vedere. Sento la porta aprirsi, se viene da questa parte sono fottuto. Mi nascondo dietro una pianta, della serie nascosto in piena vista. Fortunatamente gira dall’altro lato. E’ la mia occasione! Appena non sono più in vista, scatto verso gli scalini che portano all’ingresso e mi fiondo in casa. Bagno? Cucina? Cucina? Bagno? Cucina! Le verrà sete prima o poi!
Mi schiaccio dietro il frigorifero e rimango in attesa.
XX
La sento parlare con il cane, rientra, chiude la porta. Non è più al pc ma sta guardando la televisione. Almeno credo, arrivano voci da una serie poliziesca. Cerco di respirare il più piano possibile, ancora inconsapevole sul da farsi. Sto agendo d’istinto, un istinto selvaggio, animale che mi ha portato fin qui. La razionalità del resto mi avrebbe fatto restituire le chiavi direttamente al bar quasi due settimane fa.
Ora la mente è lucida. Ora la testa è senza pensieri. Ora la brama mi governa e l’animale che si è scatenato vuole lei. Solo lei. Io non so quale sarà il prossimo passo ma lui lo sa e resta in agguato, dietro al frigo, in attesa della sua bella preda.
XXI
La sento sbuffare, la sento muoversi, si sta alzando.
Sento i passi, viene da questa parte.
E’ ora di agire. Sono un gatto in posizione d’attacco.
XXII
Entra in cucina. Indossa solo una magliettina strettissima che lascia intravvedere i capezzoli e le mutandine rosa. Che intenzioni avevi vestita così? Volevi farti un bel ditalino in chat? Magari con il tuo giochino che ti fa venire come un idrante aperto al massimo?
Apre la porta del frigorifero che è il mio nascondiglio. Io esco e sono davanti a lei. Spalanca la bocca, non so se in segno di stupore o per urlare; non lo saprò mai perché ogni suo respiro viene soffocato dalla mia mano che la copre. La spingo contro il tavolo della cucina, le inarco la schiena piuttosto dolcemente e la faccio accomodare lungo il piano. Con la mano che non le tappa la bocca le sposto le mutandine. Cazzo non ci credo! E’ bagnata! Questa piccola troietta si trova uno sconosciuto in casa che sta per violentarla ed è un fiume in piena! La penetro con due dita che scivolano come una lama nel burro, le tolgo, le succhio. Finalmente sento il suo sapore ed è buona come mi aspettavo. Lei soffoca mugulii nella mia mano, non so se di piacere, di paura o entrambe le cose. Vedo un paio di forbici all’angolo del tavolo; non abbiamo sistemato bene la cucina eh, mogliettina perfetta?. Tenendola sempre bloccata per la bocca e inchiodata al tavolo afferro le forbici e le taglio lentamente la magliettina. Lei mugula più forte, sembra non sia contenta della cosa. Io continuo a tagliare finché la stoffa si apre e mi mette in mostra i suoi seni perfetti. Quelle tette che sfidano ogni legge della fisica e ogni formula della bellezza. Stanno su anche da sdraiata!
Le passo la punta delle forbici lungo il viso, lungo il collo, giù fino al seno. Su quei capezzoli deliziosi, piccoli e rosa come due lamponi succosi; la lama scende fino alle mutandine. Taglio anche quelle con un colpo secco.
Stavolta lei cerca di muovere la bocca sotto la mia mano, forse per mordermi ma la presa è salda e riesce solo a mugulare un po’ di più.
Mugula mugula, che adesso ti do io qualcosa per fare i versi.
Di scatto la giro, ventre sul tavolo, le afferro i capelli fino a reclinarle la testa verso di me. Lei grida, ma la sua voce è affannosa e scommetto che la fica è ancora bagnata. Lo scopro immediatamente. Mi abbasso i calzoni, i boxer e in un colpo secco sono dentro di lei. E’ bagnata, è bollente, avvolge come un guanto il mio cazzo duro e desideroso di questo momento ormai da troppi giorni.
Inizio a spingere. Forte. Con passione e violenza. Colpi secchi e duri che fanno lo stesso rumore delle sue dita quando si fotte, amplificato però dal rumore dei nostri corpi che sbattono.
“ah, ahi” gode
Poi: “sei un bastardo, non erano questi i patti”
Inizia a singhiozzare “sei un bastardo” come se fosse una cantilena che accompagna il suo piacere che sale
“Il tuo bastardo! Ti piace il tuo bastardo che ti scopa?”
“oh si, oh si…usamiiii!”
Usami
Quella parola mi fa esplodere un’eccitazione mai provata. La afferro per i fianchi e la scopo con tutta la forza che ho in corpo, la sculaccio ripetutamente, le graffio la schiena e poi ancora le afferro i fianchi per spingermi a fondo dentro di lei. Sono assatanato, obnubilato dalla voglia e del suo piacere che mi avvolge il cazzo. La voglio, la voglio con tutta la mia passione.
Lei urla, non si capisce se di piacere, di dolore, di entrambe le cose, ma la sua fica fradicia mi dice che ne ha una voglia estrema. all’ennesimo sculaccione grida forte, un grido prolungato e la sua fica comincia a gocciolare di più attorno a me, a farsi più fredda, a stringere e a sussultare spasmodica in preda all’orgasmo. Mi calmo anch’io. Do piccoli colpi dolci e profondi dentro di lei. Ma non ho affatto finito. Deve capire chi comanda.
XXIII
“Non facciamo lavorare troppo la tua patatina, che ho visto quanto da fare le dai”
“Lo sapevo che eri venuto, ho visto la sborra. Sei un porco”
Lo ripeto: “Il tuo porco”
Le accarezzo la fica, ancora fradicia e in preda agli spasmi. Uso il piacere del suo orgasmo per inumidirle l’ano. Lei capisce e si ritrae.
“Il culo no, per favore”
Più veloce di lei le spingo la schiena ed è di nuovo a ventre contro il tavolo.
“Il culo sì, amore mio”
Con tutto quel piacere umido che le avvolge il buchino il mio cazzo scivola dentro senza nessuna difficoltà; lei lo inghiotte con un urlo, ancora di piacere misto a dolore, forse stavolta con più dolore. Ma non appena inizio a muovermi lei comincia ad emettere urla ad un tono superiore; potrebbe far svegliare un condominio intero se fosse notte. Grida, in preda all’eccitazione, mentre io spingo
“Il culo…?” Le chiedo per farle completare la frase
“Il culo sìiii! Sei un ostronzooooh” deve allungare le vocali finali tanto è il piacere che sta provando.
Bastano pochi colpi e un altro urlo enorme riempie la stanza; prolungato, quasi infinito. Ed eccola rilasciare per terra uno di quei suoi orgasmi oceanici, lunghi, violenti che le fanno vibrare tutto il corpo.
Sono eccitatissimo. Mentre ancora gocciola tra le sue cosce io spingo più forte e le schizzo tutto il mio orgasmo in culo. Non smetto di pompare finché l’ultima goccia non è uscita. Ripenso a quando sono venuto nelle sue mutandine.
XXIV
Esco da lei. Mi asciugo il cazzo gocciolante nella sua maglietta tagliata e non so perché, la spingo a terra. Come un oggetto, una cosa usata che adesso non mi serve più. Prendo la via della cucina che mi porta all’uscita, lei resta per terra, singhiozzante, bagnata, seduta nel suo orgasmo.
“Lascia le chi-chi-chi-chiavi” Piagnucola.
Torno indietro, mi avvicino. Ora è solo un cucciolo spaventato, così bello da far tenerezza. Povera piccola, perché cerchi l’uomo cattivo?
Le prendo il visto in una mano. Stringo le guance e glielo sollevo per farmi guardare. Anche gli occhi sono tornati quelli della bimba che usa gli slip con gli orsetti. La bacio, teneramente. Ha delle labbra morbide che si schiudono delicatamente e lasciano passare la mia lingua. La sua lingua rosa e liscia che avevo potuto toccare soltanto con il cazzo risponde alla mia, la cerca, ci gioca. Sa di fragola. Smetto di baciarla e la guardo:
“Le chiavi sono mie. Tu sei mia”
XXV
Non ci ho più pensato per giorni. Che la violenza condita di effrazione mi avesse liberato per sempre da quell’insana ossessione? Che l’aver dato alla bestia il suo pasto mi permetterà di avere una vita serena, trovare una donna, vacanze al mare d’estate, magari dei figli. Mi sento davvero libero, ho ripreso a mangiare, ho ripreso a dormire, frequento gente, sono socievole e allegro.
Fino a quando non la sogno.
XXVI
In una notte calda, arriva uno di quei sogni vividi, che sembrano reali. Lei è in casa sua, ma il pavimento del bagno è quello del bar. Non sa che ci sono, io mi aggiro per casa e la vedo in ginocchio a masturbarsi con un mazzo di chiavi, a spingersele fino in fondo, lamentandosi con quei versi misti di orgasmo e agonia che ha imparato a farmi conoscere. La chiave non è una chiave, è una chiave gigante a forma fallica dello stesso colore del suo dildo e vibra facendo un casino infernale, quasi di martello pneumatico. Mi vede, mi guarda. “Per fortuna ci sei tu, guarda che sto combinando”. Si toglie la chiave; la sua passera è lacerata. Perde sangue fino quasi alle ginocchia, ma lei non riesce a smettere di scoparsi con voglia, foga, ossessivamente. Mi dice “Ti prego prendimi, fammi male anche tu”. Nel sogno come nella realtà di pochi giorni prima sono dietro di lei, a scoparmi quel culo fantastico. Le ordino di non smettere con la chiave e la sua risposta è “Vieni qui, vieni qui ora!”
E mi sveglio…
XXVI
In un bagno di sudore, il cazzo duro eccitato dal sogno e la mente completamente annebbiata. Ancora quei pensieri confusi, immagini che si rincorrono e si sovrappongono. Era troppo reale. Mi ha parlato davvero nel sogno? Ma no, sto diventando pazzo, la gente non appare nei sogni a dirti e non dirti cosa fare! Mi faccio una sega e mi rimetto a dormire? Guardo l’orologio. Sono le 2:40. Notte, zero traffico, scommetto che alle 3:15 potrei essere da lei.
La nebbia si dirada, come mosso da fili mi alzo; mi guardo come da lontano lavarmi rapidamente, vestirmi, balzare fino alla porta di ingresso, prendere le chiavi della macchina e…le mie chiavi.
Parto
XXVII
Che cazzo sto facendo? Ci sarà a casa il marito a dormire, lo sveglierei sicuro, sarebbe un casino. Mi arresteranno. “Obiezioni respinte” mi dice una vocina in testa. “Fai viaggiare quest’auto, che nessuno sentirà niente…a parte lei”
L’animale ha preso il comando
XXIIX
Sono davanti al cancellino alle 3:10. Sembravamo così distanti nella chat!
Non degno di un saluto la cassetta della posta, ormai ha perso la partita
Il cane si sveglia e viene a salutarmi. Bel cane da guardia devo dire. Apro il portone.
Se c’è un allarme sono fottuto, ed è la prima volta che ci penso in effetti. E’ vero che è notte ma se non è stato inserito le altre volte, anche quando erano fuori perché dovrebbe esserci oggi?
“Sbrigati e apri, testadicazzo!” ancora quella voce.
Apro il più silenziosamente possibile. Tutto buio. Silenzio. Devo fermarmi per far abituare gli occhi.
Muovo qualche passo in direzione della stanza. Se dormissero separati avrei fatto bingo. Cammino a tentoni, radente al muro. Ci fosse qualcosa lasciato in giro ci inciamperei sicuro e sveglierei tutta l’allegra famigliola cani compresi. Procedo piano, ancora qualche passo.
La porta della stanza è aperta. E’ ancora più buia del resto della casa ma non ho bisogno certo della vista per capire chi dorme dove. Coso sta russando profondamente, in maniera fragorosa, a tratti va come in apnea per poi riprendere. Valeria sembra avere un sonno difficile. Sia agita, emette dei sibili, quasi dei mugulii, gli stessi mugulii che vorrei sentirle fare sopra di me. A un certo punto con uno scatto si scopre; intravvedo nella penombra una sottoveste che trattiene a stento il seno prosperoso. Si gira su un fianco dando le spalle al marito dormiente.
Non ci vedo più. E’ il momento.
XXIX
Eccitato come un dodicenne davanti a un porno mi avvicino lentamente a lei. Il mio cazzo è duro, duro come solo la sua presenza lo sa far diventare; e la mia mente completamente ottenebrata da quel corpo fantastico, da quella bambina che con un click diventa lo specchio delle mie perversioni, da scopare, da fottere selvaggiamente, da sentir urlare finché non la riempio del mio seme.
Mi slaccio i jeans e lo tiro fuori. Lei continua a dormire. Il russare del marito è diventato un sottofondo del quale non mi frega più un cazzo. Sento solo il suo respiro, vedo solo la sua bocca. Lo avvicino.
Glielo passo attorno alle labbra. Si muove infastidita. Inizio a picchiettarlo sulla bocca finchè non apre gli occhi, ancora nel dormiveglia.
Come ogni volta che si viene svegliati di soprassalto ci vuole un attimo per fare mente locale e capire la realtà che ci circonda. Che c’è? Chi è? Come sono arrivato qui? Che ho fatto ieri sera? Ma poi capisce, eccome se capisce.
Incredula spalanca gli occhi e apre la bocca in un’espressione di stupore atterrito. Non chiedo altro, glielo infilo dritto in gola, mentre ancora è piegata sul fianco. Prendo un suo seno in mano, i capezzoli duri tra le mie dita. Lo stringo forte, sa che non deve fare puttanate con il mio cazzo in bocca. Lei mugula, forse di dolore, ma il mio cazzo che si muove forte nella sua gola le concede solo suoni rochi e rantolii. Cerca di spingermi via; io stringo piu forte il seno e mi inginocchio sulla sua bocca.
Il marito a fianco si muove e bofonchia qualcosa. Io le spingo da sopra il cazzo in gola, tra quelle belle labbra calde. Le stringo la testa con le ginocchia e le scopo la bocca fino a farle male. Mi sollevo, lo tolgo dalle sue labbra e inizio a sbatterglielo in faccia, alternando la cosa a due colpi secchi ancora in bocca. I miei occhi si sono abituati al buio e vedono i suoi. Il terrore! La paura di rovinare una vita in pochi secondi. Il panico di buttare in fumo tutto quello che ha costruito in anni. Ma quello scintillio non conosce tenebra che possa fermarlo; si vede anche al buio la luce PERVERSA che illumina lo sguardo e dice “scopami, scopami come una troia”
Mentre lo tiro fuori e lo sfrego sulle sue labbra riesce a prendermelo in mano. Me lo sega piano e mi sussurra terrorizzata: “Tu sei pazzo, sei pazzo! Andiamo almeno di là”
Glielo concedo
All’apparenza
Mi alzo e la prendo per mano, la faccio alzare dal letto.
Poi all’improvviso le prendo i capelli e le sbatto la testa sul cuscino; stavolta le lamentele oniriche del marito si fanno più sostenute; della serie “chi cazzo sta cercando di svegliarmi”. Dormi, dormi e non preoccuparti di cosa succede qui.
Valeria ha la mia mano che le tiene la testa sul cuscino, il corpo che trasborda dal lato lungo del letto. Con la mano libera le sollevo la sottoveste e le abbasso senza troppa delicatezza le mutandine. La sento gemere da dentro al cuscino; forse sta cercando di urlare, ma non mi importa. Il mio cazzo la vuole. Le sollevo la testa e le dico “Se fai la brava non ti scopo il culo…forse” Mi implora ancora inutilmente “Andiamo di là, ti prego”. Ma il mio cazzo è già dentro di lei. Oh, indovina un po? È bagnata! Anzi no. Non è bagnata. Bagnata è riduttivo. E’ un lago. La cosa mi eccita e mi arrabbia, non so perché. Le tiro più forte i capelli e inizio a scoparla con violenza. Lei soffoca urla e gemiti nel cuscino, io spingo come un forsennato. Cerca di sollevare la testa per respirare meglio, glielo lascio fare per un secondo e in cambio le rifilo un ceffone sulla natica nuda; poi la stringo, con le unghie che si conficcano nella carne e torno a spingere dentro di lei.
E’ bagnatissima. Non so se sia venuta, se stia per venire, se stia venendo a ripetizione, ma non me ne frega un cazzo. Voglio lasciare il segno su ciò che è mio. Marchiare la mia preda. Contrassegnare la mia donna.
Lo tolgo dalla sua fica bollente. Le passo la punta della cappella sull’ano. Stavolta non mi facilito con il suo piacere. Le allargo le natiche con le mani e le punto contro la mia cappella gonfia, pulsante, vogliosa di farla sua, ma lei con uno scatto riesce a divincolarsi e rotola verso il fondo del letto. Cerco di afferrarla ma i pantaloni alle caviglie me lo impediscono e la ragazza guadagna l’uscita della camera.
XXX
Mi sollevo i pantaloni e la seguo. Ora cammina verso la stanza (del bambino? Forse mi aveva detto qualcosa sul fatto che faticava ad avere figli? Ora non ricordo) vuota. Ci entra ed io la seguo con i pantaloni sollevati e slacciati. Entro e lei mi aspetta sulla soglia, mi prende per il collo. Rimango spiazzato, mi lascio spingere contro l’armadio alle mie spalle.
“Sentimi testa di cazzo. Questo no, questo rischia di buttare all’aria tutta la mia vita e non te lo posso permettere” sussurra piano. “Ho sempre sospettato che avevi qualcosa di speciale e pericoloso e proprio per questo ho cercato di allontanarti fin da subito. Nell’istante esatto in cui ho bevuto la tua sborra ho avuto la certezza che avrei avuto tanti guai e tanti orgasmi. Ora la tua cazzo di dose di guai l’hai portata, quindi vedi di finire il resto del lavoro”
Mi abbassa i pantaloni. Il mio cazzo non ha smesso per un secondo di essere marmoreo e pulsante fino a farmi male. Lei si toglie la sottoveste, la lascia sul pavimento e mi salta a cavalcioni.
Me la sistemo a dovere sul cazzo, non è difficile visto la quantità di gioia liquida che sta rilasciando la sua passera; lei inizia a muoversi bramosa di sesso, vogliosa di esplodere. Spinge il pube verso di me, inizia a gemere, mi infila quelle unghie lunghe e colorate nella mia schiena, mi graffia forte, sento la pelle lacerarsi e la carne bruciare.
Vuoi dominare un po’ tu ragazzina? Be my guest!
“Adesso mi scopi, adesso mi fai godere come solo tu sai fare! Scopa la tua troia! Scopa la tua cagna! Fai venire la tua puttana!”
E’ esaltata. libera, violenta si sta lasciando andare in ripetuti orgasmi che la portano a emettere continui gridolini. Se era preoccupata del rischio di rovinarsi la vita non è questo il modo di dimostrarlo. A questo punto, non me ne preoccupo di certo io. Riprendo da dove avevo interrotto.
Avvinghiata ai miei fianchi la accompagno alla scrivania, senza smettere di stare dentro di lei. La faccio accomodare, dolcemente. Sembra contenta di questa delicatezza, mi sorride languida, forse lei ha finito, forse è soddisfatta. Io no. La guardo, le mordo forte le labbra, fino a farle uscire una goccia di sangue. Capisce che sono lontano dall’idea di aver finito ma glielo ribadisco “Bambine, non pensare minimamente che con te abbia finito”
Riprendo a spingere frenetico. Colpi secchi che le arrivano fino in fondo e le fanno emettere versi intermittenti. Il suoi gemiti adesso iniziano ad essere un po’ di sofferenza ma la sua sofferenza è appena iniziata. Le stringo le tette, le muovo su e giù con le mie mani, lei risponde al mio tocco mordendosi le labbra. Poi tolgo il cazzo e le sollevo le gambe fin oltre le mie spalle.
Lei capisce “No, ora no…ti prego. Faremo troppo rumore”
“Ora si”
“mi farai male, non sono pronta”
“ti farò male non sei pronta e faremo troppo rumore”
Passandolo prima sulla fica ancora umida lo spingo sul suo ano. La cappella preme contro, lei rassegnata reclina la testa mentre il mio cazzo si fa strada con molta difficoltà.
Lo tolgo, mi sputo su una mano e me lo massaggio; sulla stessa mano risputo e massaggio tra le sue natiche sode.
“Brava la mia bambina che non oppone resistenza”
“Fai silenzio però, ti prego”
Il mio cazzo entra. Duro, violento le arriva in fondo. Non trattiene un urlo, stavolta di puro dolore, forte.
Una voce assonnata distante: “Amore, che è successo?”
XXXI
“Ho picchiato un dito contro lo spigolo” cerca di dire.
Ma invece c’è qualcosa che picchia forte nel suo culo e la frase che le esce è circa: “Hohhhh picchi.ahi.to il diiiih tohhh”
“Aspetta, vengo ad aiutarti”
Io non smetto di spingerle dentro, mi sta salendo l’orgasmo e non sarà certo un piccolo problema familiare a fermarmelo.
Lei con una forza inaudita mi spinge fuori e muove le labbra senza emettere suono, con gli occhi sgranati “Vai, vai!”
Ho un attimo di lucidità, capisco che devo andare.
Poi la bestia riprende il controllo. La spingo a terra, geme di nuovo, si inginocchia e unisce le mani in segno di preghiera. Proprio in ginocchio ti voglio ragazzina!
La afferro per i capelli. “Apri la bocca e me ne vado”
Rumori di Coso che si alza rimbombano come se fossero in un mondo lontano anni luce.
Lei tira fuori la lingua.
Io le scopo la gola, poi me lo sego fino a schizzarle attentamente ogni mia gocciolina tra le sue labbra vogliose, o almeno credo, non ci sto troppo attento.
Si affretta a mandare giù, a spingermi via e a farmi segno di uscire dalla finestra.
L’animale vuole restare, prendersi ciò che è suo. Fortunatamente l’orgasmo restituisce ragione, mi sollevo i calzoni ed esco dalla finestra.
XXXI
Un balzo non troppo alto, forse un metro e mezzo ma che mi fa comunque cadere e rotolare. Probabilmente domani avrò un mal di ginocchia intollerabile.
Comunque credo di essere saltato appena in tempo , perché dento si accendono le luci.
Mmhhh…fammi fare mente locale. Jeans li ho addosso, cellulare, portafoglio, sigarette ci sono. Non dovrei aver lasciato nulla di mio, forse qualche traccia di sperma sul corpo della signora di casa, ma sono dettagli. Per lei…per lei mi sa che è un po’ più problematica la situazione. Non credo il marito l’abbia trovata nel pieno della sua presentabilità tra i capelli scompigliati, la bocca ancora piena, probabilmente (spero di no) macchie di sborra sul collo. E la sottoveste…la sottoveste, cazzo! Spero sia riuscita a rimettersela e a rendersi minimamente credibile o che sappia inventare delle palle fenomenali.
Mi acquatto e noni mi fermo certo a guardare indietro. Striscio a fatica e dolorante attorno alla casa. Speriamo che il cane non cachi il cazzo! Arrivo al cancellino, la strada è buia, solo un lampione su sei funziona! Viva le amministrazioni disattente. Apro piano il cancellino, esco, guadagno la macchina
XXXII
Sono tornato all’abitazione per i giorni a venire. Mattino pomeriggio e sera.
Il primo giorno un furgone parcheggiato con uomini che facevano avanti e indietro occupava il viale d’ingresso. Mi aggiro a distanza, osservo. Coso entra ed esce ad aiutare gli operai. Sembrano tutti indaffarati a spostare materiale, scatole, scatoloni. Lei non si vede. Non mette il naso fuori di casa, non per dare una mano, non per stendere i panni, non per nutrire il cane. Un fantasma.
Perché non è lì anche lei? Che stanno facendo gli operai? Inizio a temere per il peggio. Se il marito l’ha scoperta? Se non fosse la prima volta che succede? Se ogni tanto a lei prendesse la fregola e si facesse scopare a sangue da uno sconosciuto che alla lunga il marito scopre?
Ma no ma no, staranno cambiando la cucina, sistemando il bagno, tagliando le piante sul retro, sa il cazzo! Lavori di routine. Tra qualche giorno sarà tutto come prima.
Il secondo giorno ne ho la certezza: stanno traslocando. Dal cancello escono mobili, tv, divano e il furgone è molto più grande di quello del giorno prima con una scritta inequivocabile “Locatelli traslochi”.
Sono spiazzato, spaventato, arrabbiato. Non so più cosa fare. Aspetto la sera e cerco di entrare con le chiavi che ancora tengo in tasca.
Hanno cambiato la serratura!
Guardo la cassetta della posta che sembra osservarmi trionfante: non c’è più la targhetta con i nomi.
Ci infilo le chiavi ormai inutili e me ne vado.
Ritorno anche il terzo giorno, tardi, senza voglia. Il viale è già deserto. Non il segno di un furgone, nessuna macchina parcheggiata, persiane chiuse ermeticamente. Se ne sono andati.
Mi viene un barlume di speranza. Valeria avrà lasciato una chiave, un biglietto, un numero di telefono! Perché non ce li siamo scambiati? Troppo presi a scopare in modi strani? Controllo freneticamente, in panico, come un detective ma senza la stessa lucidità. Per terra, nelle fessure del cancello, spio perfino dentro alla cassetta della posta. Ci sono solo le mie chiavi. La sfondo con un pugno e mi ferisco dolorosamente alla mano. Il sangue la ricopre, il volto mi pulsa in preda alla rabbia. Mi viene da piangere, da urlare, da spaccare tutto. Trovo un foglietto appallottolato, lo apro bramoso ma è uno scontrino del Brico center.
Rimango lì. Seduto. Con la testa tra le mani senza accorgermi del tempo che passa.
Una signora mi chiama da lontano: “Ehi lei! E’ tutto il giorno che sta qui. O se ne va o chiamo la polizia!”
In effetti è buio.
Me ne vado.
XXXIII
Torno quasi ogni giorno, poi una volta alla settimana, poi di rado alla ricerca di tracce, di un messaggio, di un indizio. Non trovo mai nulla. Non esco se non per andare lì, fare la spesa, mantenermi vivo. Il mio pc è sempre acceso con la chat aperta e lo guardo ossessivamente nell’attesa della scritta “Puffetta è entrata in chat”.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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