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Lui & Lei

Il Bagno della Triennale


di IlVeroGringo
25.03.2025    |    225    |    1 7.0
"La vedo vicino a un’installazione luminosa..."
Milano è grigia, ma la Triennale ha un’aria che mi prende.
Entro tra le sale, il design moderno mi gira intorno. Io, con la mia passione per l’arte, giro per lavoro e per piacere.
Oggi però non sono le opere a fregarmi gli occhi. È lei.

La vedo vicino a un’installazione luminosa.
Capelli lunghi, scuri, sistemati bene, un profumo che mi stordisce.
Pantaloni neri aderenti che le fasciano il culo e le gambe, camicia con un décolleté che attira, scarpe rosse che fanno rumore sul pavimento.
Mi sorride, un sorriso che dice tutto. Non parlo, mi sposto, ma sento che mi guarda. Parte il gioco.

La ritrovo davanti a una scultura. Fa finta di guardarla, ma è girata verso di me.
Mi fissa da sopra la spalla, occhi scuri che non mollano. Mi piace che mi vuole, si vede.
Continuo a girare, lei mi segue. I suoi tacchi spezzano il silenzio della Triennale, il mio cuore batte forte.
Ci cerchiamo con gli occhi: lei si tocca i capelli, io la squadro. Il posto è vuoto, perfetto.

Poi sparisce dietro un angolo. Seguo il suo profumo, mi porta ai bagni in un corridoio laterale. Entro, la porta si chiude.
È lì, davanti allo specchio, si sistema i capelli con calma. Mi vede riflesso, sorride. “Ti sei perso?” dice, con voce bassa.
“No, ti ho trovata,” rispondo, e la sbatto al muro. Il marmo è freddo, lei è calda sotto le mie mani.

“Mi stavi guardando,” dico, vicinissimo all'orecchio. Lei ride piano. “E tu? Ti piace farti desiderare, eh?” ribatte, provocante. “Solo se poi ti lasci prendere,” le dico, e le stringo i fianchi morbidi. “Fammi vedere quanto mi vuoi,” sussurra, occhi fissi nei miei.
La bacio, forte, sa di buono. Lei mugola nella mia bocca. “Non qui,” dice, “dentro.” Ci spostiamo in un bagno, chiudo a chiave. Tiro fuori un preservativo – meno male che ce l’ho – e lei sorride. “Preparato, vedo, mi stuzzica".

Le slaccio i pantaloni, le sue tette grandi e morbide spuntano dalla camicia aperta. Le tocco, le stringo, le lecco, lei respira pesante. “Ti piacciono, vero?” dice, con quel tono che me lo accende ancora di più. “Tanto quanto quello che ti faccio adesso,” rispondo. Mi tira giù i pantaloni, mi guarda sempre negli occhi. “Non smettere di guardarmi,” ordina.
Le abbasso i pantaloni, le mutandine e le bacio le labbra del paradiso e geme ancora di più tremando.
Mi mette il preservativo, appoggia la schiena al muro e alza una gamba sul wc. La prendo lì, i suoi fianchi morbidi sotto le mani, le tette che si muovono a ogni spinta. “Più forte,” mi provoca, e io spingo baciandole il collo e le labbra.
Geme, mi fa impazzire, trema contro di me.

Poi si stacca, si mette in ginocchio, toglie il preservativo. “Finiscimi così,” dice, e me lo prende in bocca, occhi nei miei.
Vengo forte, lei beve tutto, senza perdere niente.
Ci alziamo, ansimanti. Si sistema i pantaloni, la camicia, mi sorride. “Non male, artista,” dice, e sparisce coi tacchi che rimbombano. Io resto lì, il suo profumo addosso, il cuore che pompa. Esco, giro ancora per la Triennale, ma non la vedo più. Non ci siamo mai più incrociati, non ho mai saputo il suo nome e lei il mio, ma va bene così.
È stato un momento, intenso, finito lì ma non nella mia mente.
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