Lui & Lei
IL RITORNO DI ASITA
di asita
03.09.2009 |
25.042 |
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""Siamo quasi arrivati!" Esclamò l’unico di noi quattro che non stava godendo..."
Finalmente sono tornata!Un brutto periodo è passato ed adesso, rilassata e felice, vi racconto la mia ultima ed eccitante avventura.
Con tutti i miei congiunti sono stata in ferie a Jesolo, un posto tranquillo fatto esclusivamente per famiglie. Abbiamo affittato uno dei dodici appartamenti di una grande palazzina situata a pochi metri da una delle infinite piazze di questa cittadina.
L’anno appena trascorso è stato uno dei più duri della mia vita. Non voglio stressarvi con i miei problemi familiari, ma solo dirvi che adesso, finalmente, tutto si è risolto.
La mia ultima ed eccitante avventura è iniziata la mattina del quattordici agosto. Il campanello del nostro caldissimo appartamento suonò alle otto in punto. Mio marito iniziò ad imprecare infastidito ed io, colta da un istinto materno, lo avvisai: "Vado io…stai tranquillo!"
Mi resi conto di essere completamente nuda ed allora, in fretta e furia, indossai la camicia da notte che mi ero tolta poche ore prima per riuscire a percepire un minimo di frescura.
Devo essere sincera nel dirvi che non misi nessuna malizia nel presentarmi alla porta vestita con un indumento completamente trasparente e per di più in controluce.
Ero semplicemente assonnata.
Aprii l’uscio mostrandomi in tutto il mio splendore. L’indumento che indossavo era poco più di un fazzoletto e per di più la trama del tessuto era talmente leggera da risultare quasi inesistente. In poche parole mi ero presentata alla porta completamente nuda. E’ vero che in spiaggia si è, di solito, molto disinibiti; io per prima indosso solo un perizoma per riuscire ad abbronzare più pelle possibile, ma in un contesto più "condominiale", presentarsi alla porta mostrando due tette enormi e sode con due capezzoli talmente duri e dritti da riuscire a modificare le pieghe del vestito che indossi, non è molto consigliabile.
Senza parlare della parte sotto che, complice un’abbronzatura invidiabile, sembra una lampadina accesa nel buio. Peccato che quella lampadina consista in passera completamente depilata e dotata di due grandi labbra intente a trattenere a fatica un grilletto lungo e duro, che spunta sbarazzino dal suo cappuccio perennemente umido.
Con la voce impastata, mentre mi facevo scudo con una mano cercando inutilmente di coprire qualcosa, chiesi.
"Sì?"
"Domando scusa signora…siamo i ragazzi dell’appartamento qua sopra."
"Sì!"
Rispondo, mentre ho qualche difficoltà nel mettere a fuoco un pezzo di gnocco incredibile.
Lui indossava solo un costume da bagno che metteva in evidenza un fisico da Adone. Aveva gli occhi azzurri e magnetici, un filo di barba incolta e una mascella quadrata da maschio vero. Venticinque anni…non di più.
Lo sentii balbettare, mentre notavo il suo sguardo perdersi sulle mie forme. Non riuscii a far niente per dimostrare imbarazzo. Mi svegliai del tutto accorgendomi di provare piacere da quella situazione.
Feci di nuovo finta di stropicciarmi gli occhi, ma stavolta una spallina della sottoveste, spudoratamente, scivolò giù fino a scoprire metà del mio seno destro. Guardai in faccia il mio stralunato interlocutore e chiesi:
"Ti serve qualcosa?"
Lui, senza riuscire a schiodare gli occhi dalle mie tette, disse:
"Avremmo bisogno che qualcuno spostasse la vostra macchina, perché il parcheggio è piccolo e non riusciamo ad uscire."
Sorrisi un po’ imbarazzata poi, con un movimento navigato, spostai la testa indietro e chiamai ad alta voce mio marito senza “accorgermi” che la sottoveste era letteralmente appesa ad un capezzolo. Metà della mia aureola era in bella vista e sono sicura che il mio spettatore non si era fatto sfuggire il particolare. Con un movimento veloce feci mancare al mio indumento anche quel flebile appiglio liberando, con uno leggero schiocco, una delle mie enormi tette.
Complice un ritocco estetico, pur avendo trentotto anni e due gravidanze alle spalle, mi ritrovo con due bocce da pornostar. Non mi vergogno a dirlo, ma io adoro il mio seno ed il mio culetto scolpito a forza di palestra. Senza parlare della mia micetta alla quale ho riservato un trattamento di depilazione definitiva, la quale non disdegno di mostrare ad ogni occasione. Immaginatevi una splendida trentottenne, vestita di niente, intenta a parlare con il proprio marito in un’altra stanza mentre, all’apparenza ignara, vi sta mostrando uno spettacolo che avreste visto solo nei migliori locali di spogliarello.
Con fare falsamente imbarazzato mi preoccupai di risollevare il mio indumento a livelli accettabili di decenza, mentre dalla camera sentii arrivare un richiamo:
"Asia?!…Sono i ragazzi di sopra?" Chiese con voce impastata il mio Carlo.
"Sì, sono loro!" Confermai dopo un assenso del mio ammiratore.
"Dagli le chiavi e lascia che si arrangino…mi fido!"
Presi il mazzo dal tavolo ed in quel momento decisi di fare veramente del mio meglio. Il piccolo e tintillante fascio mi sfuggì dalle mani ed io, che in quel momento mostravo la schiena al mio ammiratore, senza pensarci due volte mi piegai per raccoglierlo. Sapevo che la sottoveste non sarebbe riuscita ad assecondare quel movimento troppo profondo,lasciandomi così libera di mostrare mezzo culo e tutta la mia fica, intenta a liberare fiotti di scivolosa e golosa sborra femminile. Non smetterò mai di ribadire quanto sia eccitante per me il mostrarmi in questa posizione. Quando guardo le foto che mi scatta ogni tanto il mio Carlo, mi arrapo da sola nell’osservare il disegno lussurioso del mio nido d’amore. Chiedo scusa se sembro presuntuosa, ma io mi piaccio! Non posso farci niente.
Sentii un gemito sommesso provenire dalla gola del mio ammiratore quando, simulando una certa difficoltà nell’afferrare il piccolo e rumoroso malloppo, mi ritrovai a mostrare ciò che vi ho appena descritto.
Adesso ero completamente sveglia ed infoiata; dopo un lungo momento mi alzai e consegnai le chiavi al ragazzo chiedendogli di fare in fretta e di riportarmele appena finita la manovra di sgombero. Per essere completamente sicura che il giovane avesse recepito il messaggio, mi portai sul pianerottolo della scala e quando lui passò sotto di me lo chiamai alzando leggermente la sottoveste. Mentre gli mostravo le mie labbra rosse ed umide di voglia, gli ricordai che la nostra auto non parte se non schiacci la frizione fino in fondo.
Rientrai in casa e corsi da mio marito per togliermi le voglie sporche che mi erano venute.
Lo cavalcai selvaggiamente per meno di due minuti poi, venni rantolando sommessamente per non farmi sentire dai figli.
Il campanello suonò di nuovo ed io corsi ad aprire con il seme di mio marito intento a colare inesorabile all’interno delle mie cosce. Spalancai la porta facendomi trovare in controluce e con le gambe aperte per bene, tanto da mettere in evidenza cosa stesse scivolando sulla mia pelle abbronzata. Il ragazzo rimase tramortito e mentre mi consegnava le chiavi farfugliò qualcosa di incomprensibile e che io, sicuramente, non ascoltai perché impegnata ad osservare compiaciuta la patta dei suoi pantaloncini gonfiatasi a dismisura in un attimo.
"Ci vediamo dopo in spiaggia?" Miagolai con un filo di voce.
"Ci conti!" Assicurò il giovane prima di andarsene confuso.
Come succede da un po’ di tempo, con immensa gioia, mio marito mi è diventato complice nelle perversioni che saltuariamente mi assalgono. Con molto piacere mi aiuta a realizzare le voglie dettatemi da quello che ho soprannominato, fin dall’inizio della mia carriera di maiala esibizionista, il Demone.
A Carlo piace molto guardarmi mentre faccio le porcate con qualche altro maschietto e non disdegna neppure di partecipare a qualche convivio. La sua perspicacia lo portò a chiedermi, mentre ci recavamo in spiaggia preceduti di pochi metri dai nostri due figli:
"Vorresti fare le porcate con quei tre del piano di sopra?"
Lo guardai sorridendo poi, risposi con una domanda:
"E tu?"
"Ti farò sapere."
Con quella risposta, praticamente, mi avvisò di essere completamente disponibile.
Purtroppo quella giornata in spiaggia fu molto deludente. I tre ragazzi non si fecero vedere per tutto il giorno, arrivando in spiaggia quando noi ci stavamo preparando per tornare a casa. Quando mi passarono vicino io, un po’ contrariata, feci l’indifferente rimanendo distesa sul lettino fingendo disinteresse. L’unica cosa che feci, mentre loro aprivano l’ombrellone di fronte al nostro e prendevano posto, fu quella di spalancare le gambe a più non posso e di tirare il perizoma bianco e trasparente che indossavo verso l’alto, in maniera che questo si infilasse parzialmente in mezzo alle mie grandi labbra mettendole così in evidenza. Questo è un giochetto al quale sono molto affezionata, ed ogni volta che vado in ferie non riesco a fare a meno di utilizzarlo anche perché, con i maschi, funziona sempre.
Comunque, a parte qualche sguardo arrapato, niente di fatto.
La sera, dopo cena, Carlo esordì dicendomi:
"Sai…ho scoperto che il lido ovest di Jesolo è molto più bello di quello dove siamo noi. I ragazzi del piano di sopra mi hanno detto che loro vanno la tutte le sere prima di infilarsi in qualche discoteca per ballare fino all’alba. E’ per questo che stamattina ci hanno rotto le palle per spostare la nostra macchina…"
Capii il messaggio al volo e chiesi: "Andiamo anche noi?"
"Sì, ma bisogna prendere l’autobus fino in piazza Drago poi, da lì, è tutto un vialone di negozi e bar."
"Ok…affare fatto!" Esclamai soddisfatta.
Due ore dopo stavamo passeggiando tranquillamente sulle splendide vie di Jesolo. Io mi ero infilata in un tubino nero talmente aderente da riuscire a togliere il fiato ad ogni maschio incontrato. Camminavo sui miei tacchi dieci in modo sensuale e facevo ondeggiare lentamente il culo coperto solo dall’esile cotone del mini abito. Lasciavo poco all’immaginazione. Non avevo l’intimo e questo particolare si notava parecchio. Avevo raccolto i capelli in una coda di cavallo, un filo di trucco, un paio di orecchini etnici e tanto sudore.
Quello strato umido faceva risaltare le mie forme in modo esponenziale ed in più, come se non fosse abbastanza, la stoffa del vestito, inzuppata a dismisura, aderiva al mio corpo al pari di una seconda pelle.
Finalmente incontrammo i tre stalloni. Ci salutammo calorosamente e la mia autostima crebbe a dismisura nel notare quanto riuscissi a calamitare i loro sguardi. Trovammo un piccolo bar vicino una sala giochi e dopo aver sistemato i figli, fornendoli di gettoni per tutto il resto della serata, ci sedemmo ad un tavolino per chiacchierare.
Fu un’ora e mezza di accavallamenti di gambe continua. Ogni trenta secondi mi preoccupavo di cambiare posizione compiendo dei movimenti lenti e molto ampi. Questo per far vedere ai miei ammiratori cosa fossi riuscita a portare in dote quella sera.
Decidemmo finalmente di tornare a casa quando eravamo tutti, indistintamente, arrapati come ricci. Durante il nostro cammino per raggiungere la fermata dell’autobus, con mia immensa felicità, dovetti fare i conti con una miriade di mani morte. Alcune di queste dimostrarono di non essere per niente degne di questo appellativo, perché riuscivano ad arrampicarsi sull’interno coscia fin quasi a raggiungere la mia micia, ormai, completamente fradicia.
Mi stavo crogiolando al pensiero di cosa avrei combinato con quei tre appena arrivata a casa, ma il destino mi riservava una sorpresa alquanto gradita ed eccitante.
L’autobus che avrebbe dovuto accompagnarci a destinazione, compiendo un tragitto di circa dieci minuti, spalancò le porte davanti a noi mostrandoci un infinita di passeggeri accaldati, sudati e stipati come sardine. La cosa peggiore fu rendersi conto che nessuno di loro era intenzionato a scendere. I tre baldi giovani non si posero nessun problema e uno dopo l’altro si infilarono a spintoni in mezzo alla ressa. Io e la mia famiglia eravamo titubanti di fronte a quella barriera umana all’apparenza impenetrabile. Fu la mano di uno dei ragazzi a rompere la nostra inerzia. Quelle dita mi afferrarono ad un polso e mi tirarono letteralmente di peso dentro l’autobus. In quell’attimo di confusione estrema mi fu concessa solo la lucidità per udire mio marito urlarmi di stare tranquilla e che lui avrebbe preso l’autobus successivo.
Da quel momento in poi, con mio immenso piacere, il Demone che mi tiene prigioniera da ormai tre anni, dopo una lunga pausa, si risvegliò imperiosamente. Fui trascinata di forza nell’angolo posteriore sinistro del tram. Mi guardai bene dal sollevare qualsiasi sorta di obiezione. Percepivo l’afrore speziato di tutte le persone attorno a me, e quell’odore quasi fastidioso mi riempiva le narici di feromoni i quali, uniti allo strusciamento contro quei corpi sudati, mi portarono ad un livello di eccitazione estremo. Non ebbi il tempo di desiderarlo perché, in un attimo, mi ritrovai spinta contro la schiena di uno dei miei tre vicini di casa. Dietro di me se ne appoggiò un secondo, mentre il terzo si mise fra noi ed il resto della folla per fare un minimo di schermo.
Da donna vi garantisco che quella situazione, da sola, mi sarebbe bastata per raggiungere un orgasmo, ma per fortuna i giovanotti non erano timidi ed avevano capito che non mi sarei lamentata. Sentii un numero imprecisato di mani infilarsi sotto il vestito andando a toccare la mia pelle fradicia di sudore. Il maschio dietro di me si era impadronito delle mie tette ed ora, quasi facendomi male, mi tastava e pizzicava i capezzoli rantolando come un animale. Quello davanti di me, girato di schiena, aveva sollevato il mio vestitino fin sopra al culo ed ora, aiutato da quello che faceva il palo, era intento farmi cavalcare una giungla di dita golose dei miei umori e dei miei nidi.
Se dovessi definire il paradiso lo farei descrivendovi punto per punto cosa sentivo in quel momento. Sussultavo sopra dita che si infilavano in tutti i miei buchi, anche più di uno al colpo, procurandomi pillole di godimento puro.
Complice il caldo mi ritrovavo fradicia di umori e sudore fino ai piedi. Gocciolavo dalla fronte dando vita a dei piccoli rivoli che si infilavano nel solco delle mie tettone intente a contrastare l’attacco di mani avide e rudi.
Non riuscii a trattenermi ed infischiandomene del fatto che qualcuno avesse potuto sospettare qualcosa, andai a cercare ciò che fa di un uomo un veri maschio. Tutti e tre indossavano dei bermuda talmente leggeri da sembrare l’unico indumento indossato, talmente era chiaro il profilo dei loro membri duri e grossi. Con mia enorme sorpresa scoprii di non essere l’unica ad amare l’assenza di mutande. I miei amanti erano stati previdenti. Afferrai con forza il bastone del porco dietro a me il quale, irrigidendosi contro le mie natiche, si lasciò sfuggire un rumoroso gemito. Feci altrettanto con quello davanti. Lo cinsi alla vita e scesi verso il suo tesoro con una manina impertinente. Anche lui dimostrò di apprezzare ed iniziò a mugolare intensificando il movimento delle due dita che mi aveva infilato fino a metà fica, senza chiedere il permesso.
Raggiunsi il mio primo orgasmo esplosivo dopo meno di due minuti di trattamento. Scossa dalle convulsioni ebbi la lucidità di far scendere le cerniere lampo e di infilarmi nella tana del lupo. Sentire quei due giovani cazzi fremere sotto le mie carezze e pulsare per diventare sempre più grossi, mi fece cominciare a godere un’altra volta.
Emettendo un gemito mi impossessai di entrambe le cappelle e cominciai a farci scivolare sopra le mie piccole ed abili dita. Complice una quantità incredibile di lubrificante maschile, diedi a quei due la sensazione di aver messo il loro uccello in una fica stretta e bagnata. Per fortuna l’autobus era molto rumoroso e le buche sul Pavè del centro storico erano talmente profonde da mimetizzare i nostri movimenti lussuriosi.
"Siamo quasi arrivati!" Esclamò l’unico di noi quattro che non stava godendo. Aveva gli occhi fuori dalle orbite e sembrava stesse per scoppiare da un momento all’altro. Sentii il suo dito medio infilarsi nel buco del mio culo facendomi raggiungere il secondo orgasmo.
"Stai tranquillo…poi accontento anche te…" Lo tranquillizzai mentre, con le ultime sapienti menate, feci sborrare gli altri due nei pantaloni. Sentivo gli schizzi di sperma imbrattarmi le mani rendendole ancora più scivolose. Li segai piano piano fino allo smorzarsi di quell’orgasmo che, sono sicura, ricorderanno per tutta la loro vita.
Facendo attenzione a non sporcare nessuno scendemmo dall’autobus. Per fortuna la fermata era a pochi metri dalla nostra palazzina e in un attimo ci infilammo nel piccolo parcheggio antistante l’entrata.
Per quella sera sarei stata anche soddisfatta, ma uno dei tre ragazzi non lo era per niente e non riuscivo a togliermelo da torno. Le sue mani si infilavano dappertutto ed io, respingendolo con le mie completamente piene di sperma, mi stavo imbrattando dappertutto. Non potevo farmi vedere dai miei figli in quelle condizioni, quindi mi feci invitare nel loro appartamento. Entrammo nell’ascensore tutti e quattro. L’odore di seme maschile era inebriante ed io, non riuscendo a trattenere il mio demone, feci scivolare il vestito a terra rimanendo completamente nuda in mezzo a loro e portando una delle mie dita alla bocca chiesi all’unico andato in bianco: "Quanto ti manca?"
Non gli permisi di rispondere. In un secondo ero inginocchiata di fronte al suo manganello di carne e dopo averlo afferrato con entrambe le mani me lo ero infilato fino in fondo alla gola. Alla seconda escursione lo sentii gonfiarsi per esplodere. Glielo feci fare sulla mia faccia, mentre gli menavo furiosamente l’asta.
Per il momento eravamo tutti soddisfatti, ma la notte era appena iniziata e mio marito non aveva ancora ricevuto la sua parte.
Il quindici di agosto, mentre in lontananza si sentivano le esplosioni dei fuochi di artificio, io ho vissuto una delle avventure erotiche più intense della mia vita…..
Se volete sapere il resto votatemi…un bacione da Asia.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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