Lui & Lei
Capitolo 3: l'hotel

15.09.2022 |
477 |
0
"Si scambiarono il sapore, mentre le lingue impazzite si strusciavano contro, ruvide e morbide, rigide e audaci..."
#Rodis si sentiva a disagio. Non avrebbe dovuto prendere quella strada. Non con lei accanto. Come aveva fatto a non pensarci? Una scusa. Sì, gli serviva una scusa per tornare subito indietro. Ma, lei, continuava a parlare. Di cosa, poi? Forse di un’amica. Annuì. Non glielo poteva dire: era un suo problema.
“Ci prendiamo un caffè?”
Una caffetteria all’angolo.
“Sì, volentieri.”
Entrò con il cuore in gola, la speranza che non ci fosse nessuno che lo conoscesse. Scrutò la sala. Un vecchio leggeva il giornale. Una famiglia attendeva la colazione. Un cameriere stramaledettamente lento puliva un tavolino. Il cuore rallentò. Rilassò il ventre.
Si sedettero, uno di fronte all’altra. Lei indossava un vestito marrone, piuttosto particolare. Le gambe lisce e nude si intravedevano dal lungo e morbido pantalone, un paio di scarpe da tennis bianche e le caviglie nascoste dai calzini. Acquolina in bocca. Una cavigliera sul piede destro, di quelle che si comprano al mare in vacanza, fatta di corda, di conchiglie e di spensieratezza, si faceva notare ad ogni movimento. Pizzicorìo alla lingua.
“Sai, non ti aspettavo vestita così. Ma mi piaci molto.” – la interruppe.
Lei smise di parlare, mentre un colorito roseo le si accennava in volto. – “Me lo immaginavo.”
Continuò a guardarla, gustandosi quel corpo che già gli apparteneva. Il collo, morbido e salato. L’incavo tra l’orecchio e la nuca, al profumo di capelli, e fiori, e di automobile. L’aveva posseduta soltanto lì, fino a quel momento. L’aveva fatta perdere nel piacere, ansimare di orgasmo. Far piovere la condensa dai finestrini, in pieno agosto.
“Io invece, ho dovuto obbedirti.” – replicò, guardandola nei suoi bei occhi. Quella mattina aveva stirato appositamente una camicia. I jeans, chiari, e una cintura di cuoio nero. Tre gocce di profumo, una sul collo, due sui polsi; tra queste una leggera traccia di dopobarba. Quel profumo la faceva impazzire.
“Due macchiati, per favore.”
##
Varcando la soglia dell’albergo, un caldo profumo di pino li avvolse. Il sontuoso tappeto attutiva i loro passi mentre percorrevano il corridoio. A destra, una principesca sala da colazione con il pavimento in marmo rosa, i tavolini bianchi e dorati, stile impero.
“Lorsignori desiderano?”
“Ritirare una camera prenotata a mio nome.” – Rodis appoggiò i documenti e la carta di credito sul bancone.
“Settimo piano, prima stanza a sinistra, prego.” – un lieve cenno della mano dietro le loro spalle.
Si voltarono, una pesante porta di legno verde aggettava sul vano scale. L’odore di ferro e olio accompagnava lo storico ascensore con cabina a specchio. Si strinsero, il membro di lui le premeva sulla coscia sinistra. Si respirarono guardandosi, il fiato di lei gli penetrava all’interno della camicia fino alla sommità dell’addome. I suoi occhi gli caddero sui graziosi seni. Grazie allo specchio della cabina riusciva anche a guardarle il bel fondoschiena, raccolto dal tessuto marrone.
Il cuore a mille. Non resistette più. Le prese i fianchi e la baciò, ricambiando Ana lo spinse contro la parete. I suoi seni sul petto, la sua lingua in bocca. Le mani di lei appoggiate alla cintura. Sapore dolce, menta, calore, frenesia, denti, labbra, respiro, formicolio alle mani, scossa all’inguine. Perso nel piacere di averla, fu il suo turno di spingerla forte, contro lo specchio, premendole il cazzo sull’addome. Le si bloccò il respiro, dalla foga del suo amante e dalla propria eccitazione che stava aumentando a dismisura. Aveva spesso fantasticato al sesso in ascensore.
Lei lo baciò, premendo forte le labbra contro le sue, gli aprì la bocca e si mise a cercare la sua lingua. Si scambiarono il sapore, mentre le lingue impazzite si strusciavano contro, ruvide e morbide, rigide e audaci. Le succhiò il labbro inferiore, gustandolo, si fece mordere il suo, le mise le mani sulle belle natiche e la tirò a sé.
I muscoli di lei si contrassero al suo tocco, premendo i due ventri contrapposti, mentre lui le stringeva il fondoschiena nei palmi delle mani. Lo sollevò tirandola a sé e passò il dito medio nella piega dell’attaccatura con le gambe, aprendolo e strizzandolo. La saliva di lei gli invadeva la bocca. Il suo cazzo premeva sul monte di venere.
Lei gli succhiò la lingua, mentre gli buttava le braccia attorno al collo. Sollevò le gambe, facendo leva sulle mani di lui ancora ben premute sul fondoschiena. Le incrociò dietro di lui, mentre gli si sollevava in braccio. Lui ne resse il peso, con le mani sulle natiche, gli avambracci che le premevano i fianchi, i bicipiti imprigionavano i seni così invitanti. Si staccò dalla sua bocca. Le baciava, leccava il collo mentre lei inarcava la schiena e gettava indietro la testa. La morse all’altezza della giugulare, facendole correre un brivido lungo la nuca. Continuò a morderla abbassandosi. Le baciò le fossette delle clavicole, leccandole e arrivando in centro al petto. Lei respirava forte, premendogli il bacino contro il suo, imprigionato tra le proprie gambe.
L’ascensore si fermò cigolando e la cabina si aprì sul corridoio, deserto. La tenne in braccio mentre percorreva i pochi metri che li separavano dalla porta della camera.
La fece scendere di fronte alla porta, tenendola a sé. Una mano le stringeva il seno sinistro, l’altra impazziva cercando di infilare la chiave nella toppa. Non che Ana aiutasse. Le sue mani si strofinavano sul suo cazzo, turgido da scoppiare.
Finalmente la porta si aprì.
Lui la fece entrare, la buttò sul letto pulito e ancora intonso. La spinse fino al centro, togliendole le scarpe dalle caviglie. Le baciava e toccava i polpacci scoprendoli dal vestito e risalendo il suo corpo così invitante. La prese forte per le ginocchia e affondò i denti nelle cosce, leccandola e strusciando le mani su tutta la lunghezza delle gambe. Lei le piegò, facendo forza sui talloni, contraendo i glutei dai brividi di piacere. Estasi. Quelle gambe così lisce, morbide e invitanti. La forma tonica, l’angolo tra il femore e la tibia. L’attaccatura con il bacino. Finalmente le toccava, le palpava così intensamente. Le lenzuola sotto di lui fresche e profumate, il calore di lei sotto le sue mani.
Delicatamente e lentamente le sfilò le spalline del vestito. A Ana sembrava che il tempo si fosse fermato. Voleva assurdamente che Rodis continuasse a spogliarla, e allo stesso tempo si godeva la doccia dello sguardo di lui, fisso sul suo corpo.
Le abbassò e tolse il vestito, facendolo scivolare via dalla pelle di lei liscia e ambrata, accarezzandola con le labbra e abbassandosi sempre di più con la testa. Le mutandine color carne di lei profumavano di fiori, di sudore, di fica. Una piccola macchia al centro si espandeva lentamente. Lui ci fiondò il naso e le labbra, baciandola, annusandola e lasciando che quel sottile strato di tessuto li separasse e caricando la tensione sessuale che di lì a poco sarebbe esplosa. Lei, ansimando, gli affondo le mani nei capelli, chiudendole a pugno e imprigionandolo tra le sue gambe. Lo premette forte ‘sì che il suo naso le schiacciava il clitoride, ancora imprigionato sotto al tessuto. Muoveva il bacino su e giù, tenendogli ferma la testa e sentendo le sue labbra contorcersi e darle piccoli morsi.
Lo tirò a sé dai capelli, per farlo salire e ficcargli la lingua in bocca. Lo fece respirando affannosamente tra un bacio e l’altro. Le sue gambe lo stringevano a sé, attorcigliate attorno al suo basso ventre. Sentiva il suo cazzo pulsare attraverso i jeans. Continuò a baciarlo, succhiandolo e gustandosi la sua saliva, mentre le sue mani scendevano sbottonandogli la camicia, affamate di pelle e carne. Gli slacciò la cintura, sbottonando i jeans e facendo volare tutti i vestiti di lui sul pavimento.
Erano ora pancia a pancia, petto contro petto. Il cuore di lei batteva all’impazzata, tanto da sentirlo oltre il reggiseno. I seni sodi e turgidi gridavano dalla sofferenza mentre lui li strizzava con una mano, l’altra impegnata a liberarli. Lei non resistette più, si sfilò quel dannato reggiseno e li espose alla mercé di lui, stringendoli tra gli avambracci.
“Cazzo, Ana, mi fai impazzire.”
Lei sorrise compiacendosi, iniziando una tremula risata che si tramutò in gemiti appena la bocca di lui iniziò a gustarli. Li divorò con la lingua, torturandole i capezzoli con la punta, succhiandoli e sputandoli, strizzandoli con le mani e avvicinandoli l’uno all’altro, mentre con le labbra li baciava. Li cosparse di saliva, non tralasciando nemmeno un centimetro di pelle, eccitandola ancora di più e facendole bagnare quel che restava di asciutto delle mutandine. Lei gli spinse giù la testa. Nella discesa, lui gliele tolse e ammirò la sua piccola fica.
Perfettamente liscia. Perfettamente bagnata. Perfettamente profumata e invitante. Si distese completamente, premendo il cazzo contro il materasso, e avvolgendole i fianchi con le mani, mentre la bocca si avvicinava a lei. Poteva sentirlo ansimare. Il respiro di lui le sfiorava le grandi labbra. Le piccole, umide e gocciolanti, si rinfrescavano ad ogni espiro.
Finalmente lui la baciò. Ana sentì il proprio liquido spalmarsi su tutte le labbra di lui, mentre una scarica elettrica le paralizzava la schiena e le mani. La sentì arrivare fino alla nuca, quando la lingua si fece spazio tra i suoi petali bagnati. Gli premette la testa con forza, sollevando le gambe. Lui rispose leccandole tutte le labbra che trovava, succhiandole e mischiando la sua saliva al liquido morbido e viscoso che ne trasudava.
Ormai il respirò di lei era fuori controllo, ansimava e mugolava mentre lui le affondava la lingua dentro, ancora e ancora. Le labbra di lui la dilatavano, mentre cercava il clitoride per torturarlo come si deve. Si fece spazio con il naso, allargandole la fica e andando all’insù, scoprendole la prima fonte del piacere, pronta a riceverne e a farsi stuzzicare. Finalmente la lingua lo raggiunse. Lo risucchiò dentro la bocca, lo prese con la lingua e cominciò a leccarlo. Dapprima lento e delicato, poi deciso con la punta e aumentando la presa con la bocca. In su e in giù, appiattendo la lingua e stimolandolo insieme alle piccole labbra; circolarmente, prendendolo fermamente con la punta.
Lei godeva. L’ultimo briciolo di razionalità scomparve. Si muoveva seguendo la lingua di lui, affondandogli le unghie nel cuoio capelluto e premendogli con forza la testa sul suo ventre. Voleva sentire la sua lingua dentro di lei, voleva che lui la riempisse, la sua fica pulsava desiderosa di orgasmo. Alzò la testa e lo guardò dritto negli occhi, mentre lui sosteneva lo sguardo e continuava a torturarla. Gli occhi di lui le sorridevano luccicando divertimento ed eccitazione. Questo la fece godere ancora di più. Lasciò cadere la testa all’indietro, gemendo e ansimando.
“Ti. Prego. Fammi. Venire.”
Affamato e insaziabile del sapore di lei, le affondò ancora di più la lingua dentro, la mano sinistra scendeva dalla coscia e raggiungeva quel lago di piacere misto a saliva. Si leccò il medio e l’anulare, e inizio a massaggiare quelle labbra così gonfie e pulsanti. La bocca le baciava l’interno delle cosce, saliva e scendeva salutando il monte di venere e premendosi contro di esso. La barba le solleticava la pelle, pungendola e arrossandola, aumentando la tortura del viso di lui contro di sé.
La mano destra saliva, palpava ogni millimetro di pelle che incontrava, stringendola ed esplorandola. Raggiunse il seno e il collo.
Contemporaneamente: 1 - Affondò due dita dentro di lei. 2 - Le strinse il collo a morsa. 3 - Succhiò il clitoride in bocca. Lei si contorse di piacere sotto le sue mani. Non capiva più un cazzo. Il collo era immobilizzato, premuto forte, bloccato. Il bacino le si muoveva da solo mentre le dita la dilatavano e la scuotevano da dentro. Il clitoride le mandava forti scosse fino al centro del suo ventre, facendole mancare il fiato e contrarre l’addome. Il naso di lui respirava forte contro il monte di venere, facendole sentire l’aria fredda, e la saliva bollente, e il suo liquido che gli avvolgeva le dita colando e bagnandole l’ano, fino a perdersi nelle lenzuola.
I muscoli di lei erano un ritmico contrarsi e distendersi, le gambe non esistevano più, si muoveva a ritmo, guidata dai movimenti di lui dentro di sé. Le dita affondavano, inclementi, instancabili, palpando tutta la sua fica, esplorando i tessuti turgidi e invitanti. La lingua leccava inesorabilmente il clitoride, facendola sentire aperta, indifesa, abbandonata al piacere e alla lussuria.
“Ca…zzo.” – gemeva fortissimo, mugolava mordendosi le labbra e contraendo ogni singolo muscolo del viso. Veniva. Veniva a fiumi. Veniva e non sentiva null’altro. La sua fica contratta. Le dita che premevano con forza. La lingua impazzita su di sé. Il liquido che usciva bagnando tutto: il viso di lui, la sua mano, le lenzuola ormai zuppe. Durò molti secondi. Un crescendo di orgasmo e di bollore. Godeva e si contorceva, sempre più lentamente e con forza, finché non sentì l’anima ritornare nel suo corpo.
Mollò la presa dai capelli di lui e rilassò le gambe.
Lui la leccò per bene, si gustò quell’incredibile orgasmo fino in fondo, assaggiandolo ora, ora bevendolo, ora massaggiandole le labbra, ora premendo con la mano scivolosa sul monte di venere.
Appoggiò i palmi delle mani ad altezza fianchi, e si tirò su, fino ad arrivare pari viso a viso, labbra a labbra. La baciò e lei sentì il suo stesso sapore in bocca, salato, caldo, dal retrogusto ferroso e tremendamente eccitante. Le piaceva assaggiarsi nella saliva di lui. Gli affondò la lingua in bocca, si gustò per bene quelle labbra che tanto piacere le avevano regalato.
Lui si staccò dal bacio, la guardò dritta negli occhi e si sfilò i boxer. Il suo cazzo esplodeva e pulsava, sospeso a mezz’aria turgido e pronto. Senza distogliere lo sguardo se lo prese in mano e lo appoggiò alla fica. Lo strusciò per un po’, lentamente. Piccole labbra. Clitoride. Oltre. Clitoride. Piccole labbra. Perineo. Ano. Perineo. Piccole labbra. Lo mosse lentamente di lato, per aprirle i petali e fare spazio alla penetrazione.
“Ana, sei perfetta.” – e le affondò il cazzo dentro.
Lei inarcò la schiena, lo guardò e lo baciò appassionatamente, sentendo il suo membro pulsare dentro di sé, in quella sua fica così sensibile e ancora gonfia dei residui di orgasmo. Lui iniziò a penetrarla, scivolando e spingendosi dentro di lei fino a sbattere inguine contro inguine. Continuava a sbattere, affondando il suo cazzo ancora e ancora, aprendosi la strada ad ogni affondo, e sbattendo con la parte bassa del ventre contro il clitoride.
“Mio. Dio. Così.”
I movimenti si sincronizzarono. Lui spingeva e affondava, lei lo stringeva dentro di sé e inarcava il bacino, esponendo il clitoride al ritmo di scopata. Lui sentiva lei sempre più bagnata ad ogni affondo, ad ogni spinta del liquido gli colava giù per il cazzo fino a perdersi nelle lenzuola.
Spostò una mano, si sorreggeva sopra di lei ora solo con la mano rimanente e le ginocchia. Ne approfittò per toccarle tutto il fianco sinistro, mentre continuava a sbatterla contro il materasso. Le passò la mano sul seno, stringendolo e toccandolo tutto, per poi abbassarsi e solleticarle la pancia, che sentiva muoversi ad ogni penetrazione. Le strinse il fianco, tirandolo a sé a ritmo, mentre lei si eccitava ancora di più nel sentirsi toccata, e sbattuta. Gli passò le braccia attorno al collo, e inizio a leccarlo, provocando i gemiti di lui mentre glielo esponeva alla mercé della sua lingua, godendo del cazzo dentro di lei, della sua lingua impazzita sul collo, della pelle che sentiva sotto la sua mano.
Con la mano libera le prese la gamba, la ruotò portandosela al petto. Continuava a scoparla mentre si metteva seduto e le prendeva anche l’altra gamba. I polpacci di lei appoggiati alle spalle di lui, le caviglie oltre il suo collo. Le cosce tenute chiuse dalle sue braccia, abbracciate cosicché da riuscire a tirarle a sé per spingere dentro di lei ancora di più.
La guardava fisso negli occhi e la sbatteva, così, spingendo forte dentro di lei e facendola ansimare dal piacere. Inebriato dal suo profumo, dal suo calore, dalle sue gambe perfette addosso, dai suoi seni rosei ed eccitati, dal suo torace che si muoveva velocemente per star dietro al respiro, dalle sue spalle e clavicole a vista. Le tenne le gambe solo con un braccio, liberando l’altro per massaggiarle la pancia, il pollice sopra al monte di venere le premeva la pelle su e giù, su e giù, mentre il bacino dava il ritmo alla scopata.
Si alzò spostandosi ancora più sopra di lei, facendole piegare le gambe ancora di più, curvando il bacino e piegando la forma della sua fica per sbatterle contro il punto g con la punta del cazzo. Si appoggiò a lei, alle sue gambe, liberando entrambe le mani, che andarono a toccarle le natiche e i fianchi così piegati. Affondò le dita in questi e li usò per tirarla a sé, e poi spingerla via, e poi tirarla, a ritmo, penetrandola più e più volte.
“Cazzo.” – mormorava lui tra i gemiti.
Lei aprì le gambe, lo fece adagiare al suo petto, pelle contro pelle, mentre lo tirava a sé a ritmo. Le sue mani gli prendevano il viso e lo stringevano mentre lo baciava, di nuovo, confortata ed eccitata dal contatto e dallo sfregamento dei suoi seni contro di lui. Il ritmo diventò più serrato, il bacino di lui accelerò le spinte, mentre si reggeva sopra di lei facendo leva sui gomiti, le mani libere di accarezzarle la testa, i capelli. Il viso. Si baciarono a lungo, così, estasiati dai loro movimenti, sentendosi una cosa sola, in sincronia di lingue e di corpi, di sudore e di liquidi, di battiti e di eccitazione.
“Non. Ce la faccio. Più. Io. Vengo.” – il cazzo di lui pulsava e gli solleticava da morire, era un continuo piacere e un formicolio sempre più forte. I suoi testicoli sbattevano contro le natiche sode di lei e tanto erano gonfi da orgasmo.
Portò il ritmo più lento, ma intenso e vissuto. Sentiva ogni millimetro di lei aderente al suo cazzo, caldo e scivoloso. Tutti gli altri muscoli, eccetto quelli del bacino, contratti e paralizzati in attesa dell’esplosione di piacere. Le sue labbra intrecciate a quelle di lei, il suo respiro interrotto e tutto il suo corpo vibrava e implorava l’orgasmo, che montava dentro di lui mentre continuava a penetrarla sempre più a fondo.
Un attimo prima, lo tirò fuori ed esplose lì, sulla pancia. Lo sperma la inondava sotto di lui, la potenza dell’orgasmo lo fece arrivare fino al suo collo. Gli poteva vedere il cazzo pulsare, mentre il ventre di lei si contorceva dal piacere della vista. Lui la guardò, sorridendo e immergendosi nei suoi favolosi occhi. Lo sperma colava lentamente dalla pancia, dal seno, dal collo. L’odore permeava l’aria, mischiandosi al sudore, all’odore di lei, ai profumi, alle lenzuola.
Lui si accasciò di lato, accarezzandole la testa. Lei lo guardò e lo baciò, teneramente.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Commenti per Capitolo 3: l'hotel:
