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Lui & Lei

Ahhhh. Rita


di lapdog68
24.02.2014    |    5.718    |    0 9.2
"Non come mi aspettavo, con un trucco pesante; anzi lavorò poco, un po' di fard, un tocco di eyeliner, un po di rimmel, mi ridisegnò un tantino le labbra..."
Che Rita fosse un po' autoritaria era evidente; forse un po' viziata. Una bella ragazza un metro e settantacinque, con un fisico statuario; una quarta di seno che
sfidava la forza di gravità, non un filo di cellulite, un gran bel sedere (abbondante, ma non eccessivo), una lunga riccioluta chioma biondo ramato naturale:
in poche parole una Venere. Non aveva un ragazzo, proprio per quel suo carattere; almeno era ciò che pensavo riguardo il suo stato di single. Sosteneva di essere
la reincarnazione di Giulio Cesare: non so bene se scherzasse o se ci credesse veramente. Fattostà che volevo provarci comunque, anche se ero piuttosto inibito dal
suo modo di fare. Un giorno un amico comune propose di partecipere ad una festa di carnevale. Buona parte della compagnia accettò; io, colto alla sprovvista,
respinsi l'invito, in quanto sprovvisto di un costume. O meglio dissi loro che ci avrei pensato, ma visto il poco tempo di preavviso non sapevo se ne avrei trovato
uno. Franco, quello che all'epoca era il mio miglior amico se ne esce con un'idea di un originalità fenomenale: "Vestiamoci da troie". Quasi tutti gli fecero notare
quanto fosse banale la sua idea. L'unica che si espresse in maniera positiva all'idea fu proprio Rita, che in un orecchio mi disse: "Mica brutta l'idea". Io risposi:
"Ma mi ci vedi vestito da donna?" e lei "Beh, possiamo provarci!". Seppur titubante, forse più per vergogna che per altro dissi agli altri: "Ok, ci provo, ma non
garantisco nulla, dipende dal risultato". Rita si offrì di aiutarmi con il suo guardaroba, visto che ero pochi centimetri più alto di lei e con un fisico relativamente
simile. Ci salutammo tutti con l'intento di risentirci da lì ad un paio d'ore. Rita ed io andammo a casa sua. Strada facendo ci eravamo fermati a comperare una di
quelle orrende parrucche da due soldi tipiche del carnavale, ma cosa pretendere da giovani squattrinati, come eravamo allora? Entrati nel suo appartamentino, mi fece
vedere alcuni dei suoi abiti più sexy. Mentre li appoggiava, uno ad uno, su di me, mi sentivo ridicolo, ma anche incuriosito, quasi eccitato dalla cosa. Ad un certo
punto si fermò su una sorta di tubino blu elettrico in velluto, lungo appena sotto l'inguine, senza spalline e con la parte superiore quasi rigida a mo di corsetto.
Rita mi disse: "Questo fa per te, ti stringerà un po' in vita, ma in fondo è quello che ti serve per sembrare una bella ragazza! Provalo, io intanto provo il mio
vestito da suora! E' un bel po' che non lo uso!" Va bene, mi spogliai ed infilai l'abitino scelto. Mi sentivo sempre più ridicolo e soprattutto a disagio. Lei tornò
con indosso il suo abito, ma cazzo se era figa lo stesso. Mi guardò e disse: "Non male, anche se c'è da lavorarci un pochino su." Alcuni istanti di riflessione e mi
propose un paio di autoreggenti bianche velate. Belle, ma come metterla con i miei seppur non abondanti peli? Mi guardò, ma non essendoci molto tempo per una ceretta,
mi fece depilare alla meno peggio con un rasoio. Dietro mi aiutò lei, dicendomi che avevo un bel culo, proprio da donna. Certo che i miei boxer non si accompagnavano
un granchè bene con la mise che avrei dovuto indossare. Nessun problema; aveva sempre una risposta. "Ti presto un mio perizoma, basta che lo lavi prima di rendermelo."
Risata di entrambi. Mi si presentò davanti con uno scampolo di stoffa, anch'esso blu elettrico, che non avrebbe potuto mai coprire i miei gioielli di famiglia. Io,
scemo: "E come faccio con questo?" Lei, tranquilla, per nulla imbarazzata:"Devo dirti tutto io? Devi spingere le palle verso l'alto facendole entrare nel basso
ventre e girare il pisello all'indietro." Caspita! Che fosse pratica in materia? Andai in bagno, feci come mi aveva suggerito, indossai il perizoma, le calze e mi
ripresentai in camera sua. Qui cominciò a truccarmi. Non come mi aspettavo,con un trucco pesante; anzi lavorò poco, un po' di fard, un tocco di eyeliner, un po di
rimmel, mi ridisegnò un tantino le labbra con la matita dopo averle ricoperte di rossetto e basta. Mi guardò e mi trovò già meglio. A quel punto, però, accadde
l'inevitabile. Il cazzo mi scappò fuori. Che imbarazzo! Lei rise e aggiunse:"Allora ti piace, ti eccita?" Cosa avrei dovuto dire? Continuò:"Basta che tu lo faccia
sfogare." Io:"Come qui, a casa tua?" Lei: "Hai bisogno di aiuto?" e me lo prese in mano. Io le cinsi i fianchi e cominciai a baciarle il collo, passai a mordicchiarle
il lobo dell'orecchio e finalmente la baciai. Una mano dal fianco salì a palparle una tetta. Mi allontanò un attimo per sfilarsi la tonaca e restai impietrito nell'
ammirare la sua bellezza. Era eccitantissima. Indossava un corpetto in raso rosso ornato da pizzi neri autoreggenti e perizoma neri. Indossò un paio di decolletè
rosse, cosa che mi fece impazzire, quasi conoscesse perfettamente i miei gusti. Si inginocchiò e lasciò uscire di lato il mio cazzo dal perizomino che indossavo e
cominciò a baciarlo, leccarlo in tutta la lunghezza, dando colpetti di lingua allo scroto, lo succhiò; di tanto in tanto tirava il piccolo pezzo di stoffa facendomi
così una sorta di carezza fra le chiappe. Che sensazione. La allontanai; sapevo che non sarei durato a lungo. La feci stendere sul letto. Continuai a baciarla, un
po' su tutto il corpo, sul collo, in bocca, sempre carezzandola dolcemente. Lentamente mi avvicinai alla figa, le sfilai il perizoma e cominciai a baciare quella
splendida, rosata, umida e profumata ostrica, perfettamente rasata. Tenendo la lingua ben allargata cominciai a leccarla in tutta la larghezza, coprendo ad ogni
singolo passaggio di lingua entrambe le grandi labbra; alternai una sorta di coito fatto dalla mia lingua a dei leggeri tittillamenti sul clitoride; a volte lo
succhiavo e poi riprendevo il mio lavoro di lingua su tutta la fregna, senza disdegnare di fare qualche passaggio anche al suo buchino. Sembrava le piacesse proprio.
Ormai era bagnata bene, per cui pensai di scoparla; in fondo non correvo più il rischio di sborrare subito, avendola leccata veramente a lungo, senza che lei
continuasse a stimolare il mio cazzo. La penetrai e comincia a pompare, prima delicatamente, poi più in fretta ed in maniera più decisa, per ritornare poi a ritmi
più lenti e delicati. Quando sentii che stavo per godere estrassi l'uccello; non volevo finire tutto lì. Ricominciammo a baciarci, mentre con una mano la masturbavo, la
accarezzavo, ci infilavo dentro due dita. Le ribaciai le poppe, succhiando i capezzoli duri come l'acciaio, senza mai rinunciare a darle piacere con la mano, finchè
non la vidi contorcersi e sentii la mia mano veramente imbrattata dal suo caldo, dolce, vischioso e profumato umore. Aveva goduto e parecchio, stando ai suoi
gridolini. Decise allora di contraccambiare. Mi fece inginocchiare di fianco a lei e ricominciò con il pompino che aveva interrotto prima, ma con una variante; dopo
essersi umettata le dita sulla sua fica bella bagnata, mi ha infilato un dito nel culo. Prima uno, poi un altro, che entrarono senza sforzo alcuno. Si accorse così
che il mio culo aveva già accolto qualcosa di più grosso di due dita; era già un po' di tempo infatti che frequentavo una coppia di amici (quella del racconto
precedente - AL MARE, LA MIA PRIMA VOLTA IN TRE) con cui facevo sia il maschio che la femmina, mi sorrise e disse: "Ah stanno così le cose? Molto bene."
A quella sua reazione così libertina e porca non fui più in grado di resistere e le venni in bocca. Sborrai abbondantemente imbrattandole anche le poppe, che prese a
massaggiarsi languidamente, spalmando la crema che l'aveva colpita. Riprendemmo a baciarci e potevo sentire anch'io il sapore della mia sborra nella sua bocca.
Che fosse la donna della mia vita? Andammo a lavarci a vicenda e lei mi 'smontò' dicendo che avremmo scopato ancora ed anche con qualche variante (???), ma che non
voleva relazioni stabili con nessuno, che doveva essere libera. Non potevo far altro che accettare, felice comunque per quelle due splendide ore.
E la festa! Non ci siamo andati, comunque noi due ce ne eravamo fatta una privata.
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