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L’ho spinta a tradire (racconto) Parte 1


di Membro VIP di Annunci69.it ToroRm2020
13.12.2020    |    30.672    |    19 9.5
"Una sera, dopo qualche mese da quel primo fallimentare tentativo, mentre facevamo l’amore persi l’erezione..."
Io e Clelia eravamo una coppia normale, con una vita fatta soprattutto di lavoro e di impegni domestici quotidiani. Facevamo l’amore abbastanza spesso e avrei dovuto quindi sentirmi soddisfatto, molti dei miei amici si lamentavano continuamente della loro vita sessuale, ma sentivo che mi mancava, che ci mancava, qualcosa di importante.
Non avrei saputo dire con esattezza cosa stessi cercando, finché un collega non mi parlò dell’esperienza che aveva avuto in un privé. C’era andato con una sua amica e, pur senza arrivare a uno scambio completo di coppia, il solo fatto di essere guardati mentre facevano sesso aveva reso il tutto molto più eccitante.
Capii dalla reazione al basso ventre che forse avevo trovato quello che cercavo. Il problema sarebbe stato convincere Clelia, che era molto pudica. «Non se ne parla nemmeno» rispose infatti, quando glielo proposi.
«Non dobbiamo mica fare uno scambio di coppia» cercai di rassicurarla.
«Ci mancherebbe solo questo. Non mi interessa, ti prego di non insistere.»
Accantonai la proposta, per il momento, ma la voglia rimase, anzi, si intensificò in modo doloroso perché ora ne ero pienamente consapevole.
Tornai alla carica dopo qualche giorno, ottenendo un ulteriore rifiuto, anche se meno netto del precedente, o almeno così volevo credere.
Una sera, dopo qualche mese da quel primo fallimentare tentativo, mentre facevamo l’amore persi l’erezione.
«Non preoccuparti, amore» mi consolò, «succede, non c’è niente di cui vergognarsi.»
«Scusami, non so cosa mi sia successo.»
«Non devi scusarti. Capita a tutti prima o poi. Magari è colpa mia…»
«No, assolutamente no, non pensarlo nemmeno per scherzo.»
Clelia mi abbracciò e ci addormentammo così, stretti come non succedeva da tempo.
La mattina successiva, quando ci svegliammo, notai che era pensierosa, assorta.
«Va tutto bene?» le chiesi.
«Sì, sì… Stavo pensando… Ma tu, a quella cosa che mi hai chiesto tempo fa, ci tieni veramente?»
«Quale cosa?» mi informai. Non osavo sperare, ma sentivo le farfalle nello stomaco.
«Quella del privé. Ci tieni proprio?»
«Mi piacerebbe molto.»
«Perdonami, ma non penso di riuscirci. Mi vergognerei troppo con tanta gente che ci guarda.»
Sentii le mie speranze svanire.
«E se non ci fosse tanta gente?» tentai di rilanciare. «Se si trattasse solo di un’altra coppia?»
«Solo guardare? Senza fare cose strane?»
«Solo guardare.»
«Così forse, e dico forse, potrei provare. Magari prendiamo prima un caffè insieme, e vediamo come va.»
«Sarebbe perfetto.»
«Però come la troviamo un’altra coppia?»
«Possiamo mettere un annuncio.»
«Con le nostre foto?»
«Le facce le cancello con Photoshop, saranno irriconoscibili, non devi preoccuparti.»
«Guarda che se qualcuno ci riconosce io prima ammazzo te e poi mi butto di sotto! E mi devi giurare che facciamo tutto insieme, mettiamo l’annuncio insieme, scegliamo insieme, e se non me la sento mandiamo tutto a monte.»
«Giuro.»
«Ah, e niente foto porno. Mettiamo solo foto normali.»
«Va bene.»
Fu così che entrammo nella comunità di Annunci69. In punta di piedi.
Non volevo che Clelia ci ripensasse, quindi feci le cose con calma e per bene. Scrissi l’annuncio parecchie volte, partendo da una bozza molto dettagliata, in cui spiegavo per filo e per segno cosa ci interessava, o meglio, cosa interessava a me, per arrivare infine a un semplice “Coppia di sposi”, che non chiariva né prometteva nulla.
Le foto fu lei a sceglierle, tra quelle di una nostra vacanza al mare di qualche tempo prima. Mostravano il suo corpo snello, ma erano così castigate che avrebbero potuto tranquillamente essere condivise su Facebook.
Capii presto, visto che ero io a controllare più frequentemente i messaggi, che le foto di Clelia non rappresentavano un problema, anzi. Forse per via dell’annuncio generico, forse perché non avevamo specificato NO SINGOLI, come praticamente tutte le altre coppie del sito, ci trovammo la casella intasata da decine e decine di risposte all’annuncio e più di mille visitatori sul profilo in pochissimi giorni.
Si trattava nella maggior parte dei casi di singoli arrapati, i quali di solito esordivano proponendoci di sfondare Clelia davanti ai miei occhi, allegando in certi casi le foto dei loro cazzi, alcuni talmente enormi da essere con tutta probabilità dei fake scaricati da qualche sito porno.
Stavo per cancellare tutto, dato che non era quello che cercavamo, quando Clelia arrivò alle mie spalle.
«Ci hanno risposto?» chiese.
«Sì, ma non è quello che cerchiamo io e te.»
«Posso vedere?»
«Solo se prometti che non ti arrabbi. Ci vorrà un po’ di tempo per trovare qualcosa che sia adatto a noi.»
«Non mi arrabbio.»
«Allora va bene. Ma si tratta quasi solo di singoli.»
Cominciai ad aprire i messaggi, quasi tutti uguali, e a scorrere i profili che mostravano soprattutto cazzi di tutte le forme e dimensioni.
Clelia non disse nulla, limitandosi a guardare lo schermo senza particolare interesse. Dopo una decina di messaggi mi chiese di smettere.
«Grazie, ho visto abbastanza.»
«Te l’ho detto che ci vorrà un po’.»
«Non ho capito cosa cerchi veramente. Ma davvero ti eccita sapere che questi sfigati vorrebbero, com’è che ha scritto l’ultimo? Sfondarmi la fica e il culo e affogarmi di sborra in bocca mentre tu ci guardi?»
Quelle parole volgari suonavano strane dette da lei. Strane ma non del tutto spiacevoli.
«No, lo sai.»
«Non so più niente. Se continua così per me possiamo pure chiuderla qui, ti avverto.»
«Va bene.»
Continuai a leggere e a cancellare messaggi, inserendo molti profili nella blacklist in modo che non potessero più disturbarci. Avevo la sensazione di aver gettato Clelia in mezzo a un branco di maschi arrapati che volevano solo scoparsela in tutti i modi, ma non riuscivo a smettere. Stavo rischiando il nostro matrimonio per soddisfare un desiderio che io stesso non avevo ben chiaro.
Ripensai alle parole di Clelia, su culo, fica e bocca sfondati e riempiti di sperma sotto i miei occhi, ma non riuscivo davvero a capire se una cosa del genere, che da un lato sapevo che mi avrebbe distrutto, dall’altro potesse invece finire per piacermi.
No, ripetei a me stesso, immaginandola al centro di una gang bang di cui ero solo spettatore, non vorrei mai una cosa del genere. Ma l’erezione che tendeva i miei pantaloni smentiva clamorosamente questo mio pensiero razionale.
Nei giorni successivi Clelia mi chiese di poter essere lei a vagliare le proposte, sorprendendomi piacevolmente perché credevo fosse già stanca del gioco, e si fece anche insegnare come accedere al sito usando il cellulare.
«Non vuoi farlo insieme?» obiettai.
«Se vuoi stare vicino a me, va bene, ma voglio essere io a scegliere.»
Il sottinteso, neanche troppo velato, era che non si fidava del mio giudizio.
Accettai, anche perché sembrava l’unico modo di andare avanti. Clelia cominciò a leggere i messaggi, cancellandoli e mettendo i mittenti in black List se non le piacevano, il che accadeva nella stragrande maggioranza dei casi. Ne saltò solo uno, di un certo GiulioBull la cui icona a forma di busta rimase di colore arancione, ma non feci nessun commento in proposito.
«Mi vai a prendere qualcosa da bere?» mi chiese Clelia dopo una ventina di minuti, ormai sul punto di concludere la mietitura del giorno.
«Cosa vuoi?»
«Solo acqua, grazie, però con ghiaccio e una fetta di limone, se non ti dispiace.»
Mi alzai e andai in cucina a prenderle l’acqua, che non aveva mai voluto in quella maniera, e quando tornai mi accorsi che il messaggio di GiulioBull non c’era più. Clelia cancellò l’ultimo della lista e si stiracchiò come una gatta.
«Anche oggi niente di interessante» disse, voltandosi. «Grazie per l’acqua.»
«Neanche quel GiulioBull?» buttai lì, senza riuscire a trattenermi.
«Chi?»
«GiulioBull. Avevi lasciato indietro il suo messaggio.»
«L’avevo saltato per sbaglio. L’ho aperto, ma era il solito sfigato. L’ho cancellato.»
«Ah, ok. Aspettiamo, allora, sicuramente troveremo qualcuno che ci vada bene.»
«Non credo, ma se proprio vuoi continuiamo ancora un po’.»
«L’hai messo in blacklist?» chiesi ancora.
«Di chi parli?»
«Di GiulioBull.»
«Forse, non mi ricordo» tagliò corto lei. «Vado a farmi una doccia. Mi sento sporca dopo aver letto quelle cose schifose.»
Non l’aveva fatto, scoprii mentre lei era in bagno, e vidi anche che lui continuava a visitare il nostro profilo. Aprii il suo per capire che tipo era. La descrizione era lunga, dettagliata, scritta in ottimo italiano con fantasia e proprietà di linguaggio, ben diversa dai rozzi graffiti della maggior parte dei singoli che avevamo letto finora. Scoprii che era un amante delle buone letture e che citava addirittura un passo del V canto dell’Inferno, quello sui lussuriosi.

“Intesi ch'a cosi` fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion sommettono al talento.”

Mi stavo facendo l’idea che fosse solo uno sfigato in cerca dell’anima gemella, nell’ultimo posto al mondo in cui gli sarebbe stato possibile trovarla, quando arrivai alle sue foto.
Era un tipo atletico non eccessivamente muscoloso, come si evinceva dalle foto in costume, ma l’ultima immagine l’aveva riservata al suo attrezzo: una notevole mazza dura che esibiva con fierezza, stando seduto a gambe larghe su una sedia da cucina.
Per un momento immaginai Clelia a cavalcioni di quel grosso arnese e un bolo acido mi risalì alla gola.
Forse quel gioco mi stava sfuggendo di mano.
Cominciai a controllare frequentemente il sito, per verificare che GiulioBull non si facesse vivo ma, a parte la sua presenza costante nel contatore visite, non dava alcun segno di sé. Clelia sembrava aver perso interesse nel gioco, posto che ne avesse mai avuto, e spesso passavano giorni prima che si collegasse. Le poche volte in cui lo faceva, in genere si limitava a cancellare i messaggi senza neanche più aprirli.
Però non sembrava scocciata, anzi, giorno dopo giorno la vedevo sempre più rilassata e tranquilla, meno incline alle liti o alle risposte acide. Aveva anche ripreso ad andare in palestra, con effetti positivi sul fisico già di per sé snello e tonico. Anche il sesso tra noi era migliorato, si era fatto più fantasioso, come se la mia pudica Clelia, d’un tratto, avesse cominciato ad aver voglia di sperimentare.
O forse, mi sussurrò all’orecchio una vocetta maligna, stava solo mettendo in pratica quanto aveva imparato da qualcun altro.
Il pensiero del cazzo duro di GiulioBull, molto più grosso del mio, mi provocò un nodo allo stomaco. Dovevo capire se era come temevo, se davvero Clelia, la mia Clelia, si stava facendo scopare da quel tipo.
Cominciai a controllare il suo cellulare quando lei si faceva la doccia oppure andava a dormire, facendo sempre in modo che non se accorgesse. Aveva poca dimestichezza con la tecnologia e, quando l’anno precedente aveva preso il nuovo Samsung S9, si era rivolta a me per impostare il riconoscimento dell’impronta digitale. Ne avevo approfittato per registrare a sua insaputa anche la mia, in modo da poter sempre accedere, anche nel caso in cui avesse cambiato la password. Per tenermi fuori avrebbe dovuto disattivare il riconoscimento biometrico, ma lei aveva poca memoria per i codici e adorava lo scanner di impronte, quindi ero certo che non l’avrebbe fatto.
Tra i contatti trovai un Giulio, indicato come collega, che non mi ricordavo di aver mai visto nel suo ufficio. Non c’erano chat di Whatsapp sospette, ma quelle avrebbe potuto cancellarle. Ero in una situazione assurda, geloso marcio e allo stesso tempo sempre eccitato. Mi masturbavo quattro cinque volte al giorno, immaginando Clelia scopata, no, non scopata, sfondata, da quel grosso randello coperto di vene che affondava nella sua fica con colpi violenti.
Dovevo assolutamente sapere.
Con il passare delle settimane, forse rassicurata dal mio comportamento del tutto normale, ero stato molto attento a non modificarlo di una virgola, Clelia divenne meno attenta ai dettagli e mi permise di avere una prima conferma dei miei sospetti.
Trovai un messaggio Whatsapp da Giulio, già visualizzato, che diceva: «Sei stata fantastica ieri» cui lei aveva risposto con un cuore. Avrebbe potuto trattarsi di una cosa di lavoro, ma la scelta delle parole, e soprattutto l’emoji di risposta, non sembravano adatti a una comunicazione professionale. Forse la stava ringraziando per avergli succhiato bene la mazza o per esserselo fatto mettere nel culo, cosa che a me non aveva mai permesso. Stavo impazzendo e, allo stesso tempo, ero eccitato da morire.
«Come va sul sito?» chiesi quel giorno quando Clelia uscì dalla doccia. «C’è qualche novità?»
«No, nessuna, però è un po’ che non controllo. A dire il vero mi sono abbastanza rotta di tutti quei morti di figa.»
Morti di figa, un’espressione che la mia Clelia non avrebbe mai usato. Forse l’aveva sentita da Giulio, mentre a gambe aperte si faceva massacrare la fica da quello stallone.
«Pensa a quanti morti di figa vorrebbero essere al mio posto» le aveva magari detto, pompando come un toro e strappandole gemiti di godimento. Pur scrivendo molto bene, aveva specificato che nell’intimità gli piaceva usare un linguaggio molto esplicito. «E invece tu sei mia e quel cornuto di tuo marito deve solo stare muto. Magari se vuoi lo facciamo guardare mentre ti sfondo.»
Solo l’idea che le cose potessero davvero essere andate così mi costrinse a correre in bagno a farmi una sega. Volevo morire e allo stesso tempo mi sentivo vivo come non mai.
Ero come Pollicino: seguivo una pista di briciole per arrivare a una verità che ogni giorno mi appariva più evidente. Clelia era diventata radiosa, tranquilla e molto sicura di sé. Un paio di volte mi aveva colto a trafficare con il suo cellulare, ma si era limitata a sorridermi.
Passava parecchio tempo fuori a causa della palestra, che stava prendendo molto seriamente, almeno così diceva a me, ma io temevo, speravo?, che non fosse solo quello il motivo per cui non era mai a casa.
«Vado a fare la doccia» mi disse il giorno in cui tutto cambiò per sempre, avviandosi nuda e bellissima verso il bagno.
Appena sentii scorrere l’acqua mi precipitai a sbloccare il suo cellulare. C’era un messaggio di Giulio. Lo aprii con il cuore in gola: si trattava di un video.
Lo feci partire e in quel preciso momento il mio cuore perse un battito.
Clelia, inquadrata dall’alto, stava infilandosi in bocca un cazzo enorme, che avrei riconosciuto ovunque avendolo visto e rivisto per mesi.
Faceva scorrere le labbra su tutta l’asta, forzando notevolmente per farselo arrivare in fondo alla gola senza avere conati di vomito. Gli occhi erano spalancati per lo sforzo e rivolti verso l’alto, verso Giulio che si stava godendo un pompino favoloso.
Si muoveva lenta, incitata dalla voce profonda del suo amante.
Dopo esserselo fatto arrivare in gola diverse volte, lo sfilò e prese a leccare la cappella come un gelato, facendoci girare la lingua attorno. Lo impugnava alla base, e con quella piccola mano a tenerlo fermo sembrava ancora più grosso.
Il video continuò, mostrandomi Clelia che spalmava cappella e asta con una crema lubrificante. Sapevo quello che stava per succedere. Me lo sentivo.
La telecamera ballò un po’ quando Clelia si alzò e si mise alla pecorina mostrando bene l’ano pronto a essere violato, di certo non per la prima volta.
«Ora ti inculo» disse infatti Giulio, mentre con un dito spalmava la crema intorno e dentro lo sfintere, rendendo per un attimo confusa l’inquadratura.
La cappella lucida e dura si fece strada tra i glutei sodi e attraverso l’altoparlante del cellulare mi arrivò chiarissimo il sospiro di puro godimento della mia Clelia.
«Dio sihhhhh…»
Il cazzo sprofondò nel culo di mia moglie e cominciò a devastarlo. Clelia gridò, un misto di dolore e piacere.
Non potevo più resistere: tirai fuori l’uccello e cominciai a masturbarmi, sempre più veloce a mano a mano che Giulio accelerava il ritmo dei colpi che stavano massacrando il culo della donna che avevo sposato.
All’ultimo minuto, dando prova di una notevole abilità di cameraman, oltre che di chiavatore, Giulio si sfilò senza perdere l’inquadratura e la faccia di Clelia tornò in primo piano, pronta al gran finale.
La sborrata di Giulio fu degna di un cavallo, una vera inondazione di sperma che riempì la bocca di Clelia e si sparse su tutta la sua faccia.
In quel momento sborrai anch’io, schizzando senza ritegno sul pavimento del salotto.
Ma le sorprese, per me, non erano finite. Con la bocca piena di sborra, la Clelia del video guardò in camera e mi parlò.
«So che da settimane controlli il mio cellulare e ho voluto farti questo regalo, amore» disse, gelandomi. «Ti è piaciuto il video? Giulio ci teneva che tu lo vedessi e magari ti facessi anche una sega. Te la sei fatta amore?»
«Sì» dissi debolmente, rendendomi conto tardivamente di quanto fosse ridicolo rispondere a una registrazione, mentre il cazzo tornava immediatamente duro.
«Hai visto quanta ne ha fatta? E come ho ingoiato tutto? È quello che volevi, no? Vedermi mentre mi facevo sfondare da un altro uomo. Ti piace come dico sfondare, amore? Giulio mi ha anche rotto il culo. È stato doloroso ma bellissimo.»
Distratto dal video, non mi ero accorto che l’acqua aveva smesso scorrere. Clelia, ancora nuda, mi sorprese con il cazzo in una mano e il suo cellulare nell’altra.
«Continua pure» mi disse con un sorriso. «È il mio regalo per te.»
Il cazzo mi faceva male per quanto era duro. Guardai l’ultima parte della registrazione in cui, usando il cazzo, Giulio raccoglieva lo sperma sparso sulla faccia di mia moglie e glielo portava alla bocca perché lo ingoiasse, e quando lei mandò giù tutto venni di nuovo, sotto lo sguardo divertito della Clelia in carne e ossa.
«Ti è proprio piaciuto il mio regalo, vedo» commentò osservando la pozza biancastra che avevo lasciato sul pavimento. «Ne sono felice, ora però per favore ti chiedo di pulire, perché tra poco Giulio verrà a trovarci per passare la notte con me.»
La guardai, distrutto ed eccitato allo stesso tempo.
«E io?»
«Tu potrai guardarci scopare e farti le seghe per tutto il tempo che vorrai, amore mio, e sarà tanto, vedrai, perché Giulio è un vero toro da monta.»
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