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Lui & Lei

Non posso, ho un compagno - Storia vera (1 di 2)


di Membro VIP di Annunci69.it ToroRm2020
24.06.2021    |    20.077    |    3 9.8
"Aveva indossato un leggings, come le avevo chiesto di fare proprio in vista di una simile eventualità, quindi non fu difficile..."
Io e Caterina ci eravamo conosciuti al lavoro. Lei era una collega, ma lavorava in un reparto diverso dal mio, per cui la nostra conoscenza era sempre rimasta piuttosto superficiale. Poi, un giorno, ero stato trasferito nella divisione in cui lavorava anche lei, e le cose erano cambiate. Avevo subito capito che tra noi c’era feeling, ma sembrava che le cose non dovessero mai prendere una piega diversa dal semplice flirtare. Lei era impegnata, io sposato, ma ci piacevamo e anche molto. Una volta, mentre sistemavo una pratica, era venuta da me con una fetta di salame tra i denti chiedendomi di mordere la parte che fuorusciva dalle sue labbra, in una sorta di bacio gastronomico.
Quando eravamo in compagnia di altri si mostrava molto spigliata e parlava tranquillamente di sesso, ma se ci capitava di trovarci da soli diventava improvvisamente timida.
Dopo qualche mese di questo gioco rimase incinta del suo compagno e smise di venire al lavoro. Mi mancava non averla più intorno, e mi dispiacque ancora di più quando fui trasferito in un’altra sede dell’Azienda, prima che lei rientrasse.
La nostra storia sembrava essersi esaurita ancora prima di nascere, e per quattro anni non ci sentimmo più, con parecchio rimpianto da parte mia.
Grazie ai social, però, si presentò una nuova opportunità di tenerci in contatto. Quando lavoravamo insieme non aveva, e diceva di non volere, un account Facebook, ma un giorno, a sorpresa, trovai la sua richiesta di amicizia e ricominciammo a frequentarci, anche se in modo solo virtuale.
Trovare un suo “mi piace” a un mio post era sempre un piacere, così come leggere i suoi commenti, ironici e divertenti.
Un sera, per gioco, postai un’immagine ambigua: era una di quelle che poteva sembrare sia un signore che leggeva un libro, sia una donna che, stando in ginocchio, teneva la testa tra le cosce di un uomo, intenta a succhiarglielo.
La didascalia diceva «se vedete qualcosa che non sia un uomo che legge, vuol dire che avete una mente molto porca.»
Era uno scherzo, tanto per ridere con gli amici e soprattutto le amiche di Facebook, ma la risposta di Caterina, che arrivò in privato via Messenger, fu: «Io ci vedo quello che ti farei mentre leggi il tuo libro preferito.»
Praticamente mi stava dicendo che avrebbe voluto farmi un pompino.
Mi ritrovai quasi istantaneamente con un’erezione e, in quello stato che esclude l’intervento delle funzioni cerebrali superiori maschili, le risposi.
Cominciò così un lungo periodo di sexting, in cui lei continuò per tutto il tempo a dirmi che non avremmo mai avuto più di quello, che aveva un compagno, che lo amava e che il sesso con lui, descritto nei particolari, era fantastico.
«Mi ha fatto mettere sdraiata con la testa fuori dal letto e me l’ha ficcato tutto in gola» mi raccontava, non sapevo se per scoraggiarmi o per eccitarmi. «Mi ha scopato in bocca e alla fine mi è venuto in faccia. Mi ha affogato di sperma.»
«Ieri me l’ha messo dietro per venti minuti. Sono venuta tre volte.»
«Me l’ha leccata sul divano e gli ho goduto in bocca.»
Lungi dallo scoraggiarmi, quelle confessioni mi eccitavano ancora di più. La volevo da morire. Lasciai che la cosa evolvesse, senza fretta, e alla fine decidemmo di vederci per un caffè.
«Vieni con un leggings» le chiesi, ma lei disse di no.
«Metterò un jeans, dato che è solo per un caffè.»
Quando la vidi la abbracciai. La gravidanza non aveva lasciato tracce su di lei: era sempre la donna snella e tonica che ricordavo. Ero molto felice di rivederla, ma avvertivo un po’ di imbarazzo tra noi. Entrammo in un bar deserto in cui c’era un solo tavolino e ci sedemmo l’uno accanto all’altra.
La distanza tra noi si ridusse piano piano, finché la mia mano non si trovò stretta tra le sue cosce, a pochi centimetri dal sesso cui non potevo ancora arrivare. Ma ne avevamo voglia entrambi, una voglia terribile che rendeva impossibile accontentarsi delle briciole. Chiacchierammo dei tempi andati per un po’, anche se entrambi eravamo distratti dal desiderio che stava montando in modo inarrestabile.
Lasciammo il bar dopo mezz’ora e presto trovammo un vicolo tranquillo in cui appartarci.
Lei si appoggiò con la schiena a una colonna che divideva l’ingresso del vicolo in due metà e ci riparava dagli sguardi indiscreti della gente che passeggiava in strada, poi mi abbracciò. Ero in piena erezione e lei se ne accorse subito. Ci appoggiò sopra la mano e sospirò.
«Sono tutta bagnata» mi soffiò in un orecchio.
«Fammi sentire quanto» la sfidai.
«E se ci vedono?»
«Siamo al coperto, non c’è nessuno. Mettiti le dita dentro e fammele leccare» proposi. Lei prima scosse la testa, poi però obbedì. Prima si leccò le dita, poi infilò la mano nelle mutandine. Aveva indossato un leggings, come le avevo chiesto di fare proprio in vista di una simile eventualità, quindi non fu difficile. Vidi le dita muoversi sotto la stoffa sottile e le immaginai mentre affondavano tra le labbra umide di rugiada. Quando le tirò fuori erano bagnate dalle secrezioni dense e filanti tipiche del periodo ovulatorio. Me le infilò in bocca e sentii il sapore forte e leggermente salato della sua fica. Leccai tutto, poi la baciai per condividere quel nettare con lei.
Allentai un po’ la mia cintura e lei, svelta, infilò la mano dentro per arrivare a stringere il cazzo durissimo. Io ricambiai cominciando un ditalino lento e dolce, godendomi la sensazione della piccole labbra fradice di umori e del clitoride turgido.
Continuammo così per un po’, il respiro di entrambi sempre più affannoso, ma non riuscimmo ad arrivare all’orgasmo. Fu comunque incredibilmente eccitante, anche perché sapevamo che non ci saremmo fermati e che quello era solo l’inizio.
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