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Vittoria Capitolo 4


di Dolcenera93
22.04.2025    |    58    |    1 8.7
"E la sua lingua affondò nella mia figa..."
Capitolo 4 – Selvaggiamente mia

Aprii la porta.

Lui era lì.
Fermo.
Sudato.
Lo sguardo affamato.
Mi fissava come se volesse strapparmi l’anima con gli occhi.

Non disse nulla.
Entrò.
Un passo. Poi un altro.
Il silenzio carico di sesso e tempesta.

Chiusi la porta alle sue spalle.
Tutto il mondo fuori. Solo noi due.
Mi fissò il calice nella mano.
Lo afferrò.
Bevve un sorso, guardandomi fisso negli occhi.
«Vino? Lo avevi previsto, eh? O cercavi solo di dimenticarmi?»

Non risposi.
Come cazzo aveva fatto a trovarmi così presto?
Ma era solo un pensiero.
Perché in quel momento ero già bagnata.

Mi afferrò per la vita.
Con violenza dolce.
Mi sollevò, mi premette contro la parete.
La bocca sulla mia.
Lingua. Denti. Fame.
Mi baciava come se volesse farmi a pezzi.
Come se volesse entrare dentro la mia gola e restarci.

«Ti sei nascosta bene… ma io ti volevo.»

Le mani sotto la maglietta.
I miei seni in trappola tra le sue dita.
Li strinse, li pizzicò, li succhiò.
I capezzoli erano già duri, tesi, in delirio.

«Voglio sentire ogni angolo del tuo corpo.»

Mi fece girare di colpo.
Mi spogliò con rabbia.
Mi strappò i vestiti di dosso, mentre io ansimavo.
Mi piegò in avanti.
La mano sulla mia schiena.
L’altra tra le gambe.

Due dita. Dentro.
Subito.
Forte.
Bagnata.
Calda.
Solo per lui.

«Cristo, sei calda come l’inferno, Vittoria…»

La sua lingua nel mio orecchio.
Le sue dita che mi aprivano, mi spalancavano.
Mi faceva sua.
Senza tregua.

Poi mi girò.
Mi fece sedere sul tavolo.
Mi guardò i piedi, li prese tra le mani.
Li accarezzò come oggetti sacri.

«Non immagini da quanto sogno di farlo…»

E iniziò.
La sua lingua scivolava lenta, precisa.
Leccava ogni dito, uno a uno.
Mi succhiava l’alluce con una devozione sporca.
Sembrava leccare la mia bocca.
Mi stava venerando.
Mi stava sottomettendo.

Avevo la testa indietro.
Le mani sui miei seni.
Il respiro spezzato.
Ero già sul bordo.

Poi mi guardò.
Io mi girai e mi misi a novanta.
Mi aprì il culo con le mani, senza grazia.
E la sua lingua affondò nella mia figa.
Calda. Bagnata. Devota.
Mi leccava come se volesse morire lì dentro.
Mi sentivo scivolare via da me stessa.

Avevo voglia di lui, di tutto.
Mi voltai, lo guardai, mi inginocchiai.
Gli sbottonai i pantaloni.
Il suo cazzo uscì fuori, duro, teso, bellissimo.
Lo presi in bocca.
Tutto.

Mi guardava dall’alto, le mani nei miei capelli.
Gli occhi pieni di voglia,
di quella voglia che ti scava dentro.
Stava per esplodere, ma si tratteneva.
Voleva scoparmi.
Mi voleva sotto di lui.
Dentro di lui.

Mi sollevò.
Mi mise sul tavolo.
Aprì le gambe.
Mi afferrò.
E mi entrò dentro con un colpo secco.
Forte.
Violento.
Perfetto.

Urlai.
Gli affondai le unghie nelle spalle.
Mi stava scopando come nessuno aveva mai fatto.
Senza pietà.
Senza paura.
Solo voglia. Solo fuoco.

«Dimmi che ti piace così…
Dimmi che sei mia…»

«Sono tua…
Tutta…
Fottutamente tua…»

I suoi colpi erano pugni d’amore.
Morsi d’anima.
Scopava con il cuore, con la rabbia, con la fame.

Sudato, ansimante, mi baciava il collo, mi mordeva la spalla.
Affondava.
E dentro di me… esplose.
Caldo.
Violento.
Totale.

Tremavo.
Ridevo.
Piangevo.
Avevo l’anima sottosopra.
Ero sua.
Selvaggiamente sua.


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