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Il coinquilino


di Orazioberlino
06.06.2024    |    2.651    |    1 9.6
"Intanto la mano di lui passò dalla schiena ad accarezzare le gambe..."
Quando nostro figlio maggiore uscì di casa per trasferirsi da un amico invitai un mio collega che ne aveva bisogno ad affittare la stanza libera.
J. era stato cacciato dalla moglie e non aveva soldi per affittare un appartamento tutto suo.
Fu così che dovemmo abituarci a convivere con un estraneo.
Molto gentile, ordinato e pulito cucinava spesso ed aiutava in tutti i lavori domestici.
Tra lui e mia moglie nacque così una grande simpatia, per cui non era raro che uscissero qualche volta insieme a bere qualcosa o al cinema dove io non vado volentieri. Ne ero molto contento perchè armonizzavano perfettamente e così non dovevo uscire quando non ne avevo voglia e mia moglie non doveva passare tutte le sere da sola. Anche lei sembrava cambiare sul positivo: iniziò a fare una dieta ed invitò J. ad un corso di salsa, che lei ballava con passione. Fu così che io divenni ancora più contento non dovendo più accompagnarla a ballare.
Più il tempo passava più diventavano amici ed anche molti pudori caddero così che non era raro incontrarsi in cucina in mutande o entrare nell'unico bagno a prendere qualcosa o a lavarsi le mani mentre un altro faceva il bagno. Una sera mia moglie ed io avemmo una forte litigata ed io uscii tutta la notte. Fu così che lei non poteva dormire e si mise sul divano piangendo davanti alla TV. J. rientrò e la trovò così in mutande e maglietta che piangeva.
“Cos'è successo?”
“Abbiamo litigato. Non ne posso più. È proprio uno stronzo.”
“Dai, vedrai che passerà, vi capirete di nuovo.”
Si sedette al suo fianco prendendola sotto braccio per consolarla. Lei si abbandonò sul suo petto piangendo ancora più forte. Lui la abbracciò e quando pian piano lei si calmò un po' la invitò a sdraiarsi per dormire. La coprì con la coperta e fece per andarsene in camera sua.
“Per favore, resta un altro po'. Non voglio restare sola.”
“Se ci tieni resto, ma sono molto stanco. Se permetti mi sdraio anch'io.”
“Te ne prego.”
J. si sdraiò anche lui sul divano sotto la coperta e la abbracciò accarezzandole la testa e la schiena.
Anche se all'inizio nessuno pensava male dopo un po' quella vicinanza cominciò a produrre i suoi effetti. Il respiro di mia moglie invece di calmarsi si fece più lungo ed intenso. A lui cominciò ad irrigidirsi il pene nei pantaloni. Iniziò a darle dei leggeri bacini sulla fronte e lei si strinse più forte a lui. Poi alzò il viso e con la sua bocca cercò quella di lui. Intanto la mano di lui passò dalla schiena ad accarezzare le gambe. Lei si sdraiò supina e la mano di J. quasi per caso le passò sul monte di Venere per fermarsi ad accarezzarla proprio sopra le mutandine, lì dove inizia la peluria. Lei cominciò a muoversi lentamente. La mano di J. scese senza fretta ed arrivò all'altezza della clitoride accarezzando le mutandine ormai molto umide.
Fu a quel punto che lei prese la decisione di dimostrare a quello stronzo del marito quello che sapeva fare.
Si tolse le mutandine ed alzò la maglietta sopra le tette.
“Dai, spogliati anche tu. Quel cazzo”, disse saggiandone la consistenza,”non ce la fa più a stare rinchiuso là dentro.”
“Ma, tuo marito?”
“Quello stronzo mi ha messo le corna tante volte. Un paio anche a lui non stanno male.”
J. accettó quella risposta e liberò finalmente il membro ormai durissimo.”
“Fa vedere... Mmmmmh niente male. Ti spiace se lo prendo un po' in bocca? È tanto che non ne assaggio uno nuovo.” Senza aspettare la risposta si inginocchia davanti a lui e si infila quella sberla da 20cm in bocca. Prima leccando a colpetti la cappella, poi lavorandola per bene con le labbra. In fine tutto in un continuo su e giù fino in gola.
“Così... Mi... fai... venire...”
“Eh no, cazzo! Questo lo voglio dentro!”
Si mette a pecorina sul divano offrendosi da dietro e aprendosi la figa con le dita.
“Che aspetti? Sfondami!”
“Non ti facevo così troia.”
“Solo quando ne vale la pena.”
Il cazzo di J. entra lentamente e comincia a muoversi piano.
“Per favore: più veloce e tiralo quasi completamente fuori per poi infilarlo fino in fondo.”
E lui fa come richiesto.
“Sto per venire. Devo uscire?”
“Vieni! Fottimi e fottitene!”
Ancora una decina di colpi e...
“Eccomiiiii!”
“Síiiii! Anch'iooooo!”

Dopo una pausa di una mezzora:
“Come stai?” dice lui.
“Molto meglio!” risponde lei sorridendo. “Ci voleva proprio.”
“Ma adesso con tuo marito?”
“Non lo so. Ma io lo voglio rifare con te. Abiti qui e le occasioni non ci mancheranno. Con lui me la vedo io.”

Quando tornai la mattina dopo trovai mia moglie in cucina a fare il caffè. Notai subito il suo broncio ed il fatto che era abbigliata solo con una maglietta lunga, come non ci fosse nessun altro un casa.
“Buongiorno.”
Nessuna risposta
Finito di preparare il caffè se ne servì una tazzina ed andò in salone sul divano a bersela.
La raggiunsi con la mia tazzina.
“Dove sei stato?”
“In giro. Comunque io mi sono calmato. E tu? Sei ancora arrabbiata?”
“Sì. … No.”
“Sei stata male?”
“Sì ho pianto tanto.”
“Mi dispiace. E J.? Ti ha vista piangere?”
“Sí.”
“E che ha fatto?”
“È stato molto gentile. Si è messo qui a consolarmi.”
“E ci è riuscito?”
“Molto bene.”
“Come molto bene?”
“Molto bene. … Immagina.”
“Avete parlato?”
“Sì. ...”
“Solo?”
“Senti: io ero triste e piangevo. Ero incazzatissima con te e volevo fartela pagare.”
“E allora?”
“E allora me lo sono fatto.”
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