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Prime Esperienze

Rosanna: L'inizio di una passione proibita...


di Tuttotuo_69
24.03.2025    |    61    |    0 8.0
"L’ultimo spasimo ci colse insieme, semi nel solco della terra, prese con un dito la mia sborra e la lecco mentre la polvere dorata ci copriva di un manto..."
Basilicata.....L’estate del 1983 avvolgeva la campagna in un manto di calore dorato, subito dopo la mietitura. La nostra famiglia era stata invitata nella tenuta di una nipote di mio padre, un luogo dove la vita scorreva al ritmo lento della natura. La loro casa era un’oasi di tranquillità, circondata da un’imponente stalla che ospitava una cinquantina di mucche, un recinto spazioso e una miriade di animali da cortile e pecore.
Mia cugina Rosanna, una sedicenne con un’aura di selvaggia bellezza, propose di farmi fare un giro per mostrarmi i tesori nascosti della sua campagna. Tutti erano felici che mi portasse a vedere la tenuta, ignari di ciò che si nascondeva dietro quella proposta. Mentre i nostri genitori si perdevano in chiacchiere e preparativi culinari, noi ci avventurammo tra i sentieri polverosi.
Il sole picchiava alto nel cielo, e l’aria vibrava di un calore umido, quasi palpabile. La campagna, con i suoi profumi di fieno appena tagliato e terra arsa, sembrava un invito alla scoperta. Rosanna, con i suoi occhi scuri e maliziosi, una perfetta donna di campagna, aveva appena finito di farsi il bagno ed emanava un profumo di gelsomino, dolce e persistente. I suoi capelli ricci, ancora umidi, cercavano il calore del sole per asciugarsi, mentre mi guidava attraverso i confini ombrosi del bosco, tra i campi di grano appena mietuti.
Giungemmo alla stalla, un luogo dove l’odore intenso degli animali si mescolava al profumo dolce del fieno. Lei mi sfiorò il braccio, dicendo di non sentire più la puzza, e ogni suo movimento era una provocazione studiata: le dita che accarezzavano la mia schiena, lo sguardo che indugiava sul mio corpo. Non sono molto alto, ma avendo fatto sport dall’età di sei anni, ora che ne avevo diciassette, il mio fisico era scolpito, i muscoli definiti sotto la pelle abbronzata.
“Sei pallido,” disse all’improvviso, con un sorriso malizioso. “Togliti la maglietta. Prendi un po’ di sole.”
Obbedii, e il suo sguardo si posò sul mio torso, mentre le labbra si inumidivano impercettibilmente. Uscimmo dal fienile, distante circa cento metri dalla casa, e iniziò a chiamare le mucche per nome, la voce un misto di comando e carezza.
Mi riportò nel fienile, dove ci sedemmo su un paio di sacchi di iuta stesi su una grande balla di fieno. L’aria era densa di polvere dorata, illuminata da lame di luce che filtravano dalle assi di legno. In quel silenzio carico di attesa, assistemmo a uno spettacolo primordiale: un toro possente che montava una vacca. La scena, cruda e potente, risvegliò in noi un’eccitazione proibita.
Rosanna si voltò verso di me, le guance arrossate. “Non ho mai visto un ragazzo… in tutti i sensi,” sussurrò, avvicinandosi. “Da un anno spio i miei genitori. Mi masturbo ogni notte, prima lo facevo strusciandomi con un cuscino, poi ho scoperto che con le dita ho piu piacere.”
Mentre parlava, le sue mani iniziarono a scivolare lungo la mia schiena, poi sul petto, le unghie che graffiavano leggermente la pelle. Mi raccontava che vedere l’affare di suo padre e ’’eccitazione saliva a dismisura poi vedeva come toccava la madre anche se a lei sembrava un po rude la cosa la eccitava tantissimo
Ci scambiammo un primo bacio, timido ma intenso. Le sue labbra erano calde, il sapore di gelsomino e latte fresco. Mi spinse all’indietro, i fianchi che premevano contro i miei, mentre le dita mi sfilavano la maglietta.
“Qui,” disse, afferrando i sacchi di juta e trascinandomi dietro un cumulo di balle di fieno. L’odore del fieno si mescolava al nostro respiro affannoso. Stese i sacchi con gesti rapidi, poi si sedette, togliendosi la maglietta e il reggiseno con un movimento fluido. Il suo seno, una quarta misura perfetta, si offrì al mio sguardo, i capezzoli turgidi duri e invitanti.
“Baciami,” ordinò, e io obbedii, le labbra che esploravano il suo collo, le clavicole, il dolce pendio delle sue curve. Lei gemette, le dita che si intrecciavano ai miei capelli, guidandomi verso il suo petto. La pelle era calda, vellutata, e il suo respiro si fece più rapido.
Mi prese per capelli e voleva che gli succhiassi i capezzoli, lo feci e lei ansimo gemette
Ci stendemmo sui sacchi, il fieno che ci graffiava la pelle come carezze selvagge. Le sue dita scivolarono lungo i miei jeans, sprezzanti di ogni indugio, mentre i miei denti cercavano il suo collo, affondando in quel profumo di muschio e vaniglia che mi stordiva.
«Voglio divorarti, non solo guardarti», ansimò lei, sfilandomi i vestiti con ferocia da predatrice. I suoi occhi divorarono il mio corpo nudo, accesi da una fiamma che mi fece tremare. «Sei una sinfonia fatta carne», mormorò, e in quel momento seppi che nulla sarebbe stato più come prima.
Il fienile divenne un tempio di gemiti e sussurri, il respiro degli animali un coro complice. Rosanna, regina di quel regno pagano, slacciò la cintura con gesti da duellante Nella lotta per i jeans, i bottoni volarono via come proiettili. La mia erezione scatenò in lei un ghigno da predatrice: «Cristo, è più grosso di quello di papà». Le labbra avvolsero il mio membro in una morsa umida, lingua che pulsava sotto il frenulo come serpente. La mia erezione pulsò libera sotto il suo sguardo oscuro, un’offerta a quel rito antico. «Guarda come mi bruci», sibilò, avvolgendo il mio membro in una morsa di fuoco: labbra umide, lingua serpentina, denti che mordicchiavano come se volessero marchiarmi.
«Mia madre...» sussurrò tra un respiro roco e l’altro, «...lo faceva così a mio padre. Dimmi che sai leccare come lui». La sfida nella sua voce mi fece esplodere. Gli sfilai jeans e slip con furia, rivelando una voragine di velluto nero, già inondata. Mi persi in quel sapore ambrosiaco, dolce come miele, salato come un segreto proibito. Le sue cosce serrarono il mio volto, due ali frementi, mentre i gemiti si trasformavano in urla strozzate. La feci venire e due volte, due volte mi supplicò di fermarmi senza volerlo davvero.
«Prendimi come le pecore nel gregge», ordinò dopo, voce spezzata dalla tempesta. «Ma da dietrolo voglio nel culo tutto. E...» Un dito le sfiorò l’ingresso proibito, occhi che sfidavano ogni verginità. «Un giorno voglio sentirti lì... Ma per ora, inculami di piacere».
Gli bagnai il buco di saliva, un unguento sacro, e con un dito aprii la via mentre lei si inarcava come un arco teso. «Adesso», ringhiò mettimelo tutto. E quando la penetrai, un lamento squarciò l’aria—dolore e trionfo fusi in un grido. Si mosse con furia da amazzone, capelli ricci sciolti come bandiera di guerra, ero tutto dentro e la stantuffavo mentre lei gorgogliava liquido si masturbava e finché i nostri corpi non persero confine. Morsi, graffi, sudore: eravamo bestie e dèi, avvinghiati in una danza che faceva tremare le balle di fieno.
L’ultimo spasimo ci colse insieme, semi nel solco della terra, prese con un dito la mia sborra e la lecco mentre la polvere dorata ci copriva di un manto effimero. Rosanna rise, voce roca: «Il fieno ha visto tutto... ma nessuno crederà mai a questa storia».
Fuori, il toro muggì. Avevamo un complice☺️
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