Prime Esperienze
La vedova

20.01.2025 |
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""Non sono ancora pronta, mi spiace" gli disse allontanandosi e girando il viso verso la porta..."
Era rimasta vedova improvvisamente. Una brutta malattia se lo era portato via in pochi mesi. Aveva pianto come di più non poteva, non avrebbe potuto, era disperata, senza futuro, senza passato, quasi che quella morte, quella malattia le avesse strappato tutto, le avesse preso dal petto ogni cosa, ogni voglia di vivere, ogni ricordo, ogni speranza, tutto.Poi la vita era ricominciata, trascinata dalle necessità di sua figlia, piccola, ancora piccola, troppo piccola per capire e vedere e toccare
La vita ricominciava ed era scuola, insegnanti, bollette, lavoro, prender possesso, documenti, estratti conto, la successione, l'avvocato, un casino, un casino che però, in quanto tale, la trascinava con sé, non la faceva pensare, non la faceva fermare. Via. Bimba. Scuola. Lavoro. Avvocato.
Un anno dopo le sembrava ancora che suo marito non fosse morto davvero, le sembrava uno scherzo, le sembrava che lui sarebbe tornato e avrebbero riso delle sue paure, della sua debolezza. Ma era morto, lo sapeva bene. Morto. Defunto, andato, kaputt.
Incredibile, ma così. Punto.
Il commercialista le venne vicino e glielo ricordò. Era morto. Bisognava fare ancora dei documenti. Perché? Perché è morto. Bisognava. E doveva farli lei. Era sola. Solo lei, Sole lei poteva fare quella pratica. Sole lei. Di solito di queste cose burocratiche se ne occupava lui, suo marito, il morto. Era sola. Sola. Ora se ne rendeva conto sul serio. Lei sola. Sola di giorno, sola a pranzo, sola a cena, sola nel suo letto la sera, quando a volte le lacrime le scendevano ancora. Quanto le mancava! Quanto le mancava quell'uomo che l'aveva resa felice, che l'aveva coccolata, protetta, vezzeggiata, che era stato amico, marito, amante. Quanto le mancava?
Lui, il commercialista, le indicò col dito dove doveva mettere una firma. Aveva dita lunghe, curate, da pianista più che da contabile. Sollevò il mento e lo guardò. Lui, lui era in piedi davanti a lei seduta. Era grande, grosso, profumato, gentile. Il dito picchiettò sul punto in cui doveva firmare. Lo fece e gli sorrise. Anche lui sorrise. Girò il foglio e le indicò un altro punto. Un'altra firma. Ancora il suo dito, lungo, affusolato, preciso, curato messo lì, sul foglio, ad indicarle dove doveva firmare. Le piaceva la trattasse così. Come una bambina. Si curava di lei. Con gentilezza ed educazione. Non era neanche per pietà. Anche lui era rimasto colpito, ma come tutti. Normale. Come si rimane esterrefatti quando muore un uomo relativamente giovane. Era capitato ad altri. E poi lei, pensava il commercialista, era abbastanza giovane da rifarsi una vita e i soldi non le mancavano. Era ricca di famiglia. Sembrava solo indifesa, come in attesa che qualcuno la guidasse.
Nel firmare lei posò la sinistra sul foglio. Per tenerlo fermo mentre con la destra firmava.
La mano di lui coprì la sua. Grande, forte, calda. Non avrebbe saputo dire cosa le accadde, psicologicamente, ma quel che è sicuro è che non tolse la mano e si lasciò carezzare.
Da quando un uomo non la carezzava più?! Da tanto. Da più di un anno. Da quando s'era ammalato.
Sapeva di essere debole. Sapeva che non era il momento per accettare avances. Era troppo sola. Le pesava troppo. La mancanza del marito era grave, le pesava e le pesava ancora di più dover riprendere la propria vita in mano, di nuovo, sempre. Aveva bisogno che qualcuno la aiutasse.
Il commercialista la guardò, a lungo, in silenzio, prima di abbassarsi repentinamente e di baciarla. Lei ricambiò. Sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma lo fece. Le labbra si mischiarono, aderirono, si fusero insieme.
Poi lui si scostò, la lasciò e si avviò alla porta del suo studio che chiuse a chiave. Poi tornò e riprese a baciarla. Lei, lei le girava la testa, ma ci stava, ricambiava, con passione, con impeto, senza pensare, via, così.
Quando il commercialista tirò anche le tende e poi si abbassò con un gesto, solo, con un gesto solo, pantaloni e slip mettendo in mostra quel che aveva da mostrare a lei girò completamente la testa. Un uomo. Un uomo nudo. Il suo battacchio, grosso, lungo, ancora di consistenza incerta, ma grosso, decisamente grosso. Lo guardava fisso. Come non ne avesse mai visto altri. Fisso. Lui se ne accorse e le si avvicinò mettendoglielo vicino, a portata di mano e di bocca e nell'avvicinarsi, nel muoversi, quello finì di tirarsi su e quando le fu vicino era splendido, pronto, caldo, fremente.
Lei chiuse gli occhi, lo prese in mano e se lo portò alla bocca. Il suo sapore forte, solito, la svegliò. Quanti pompini aveva fatto a suo marito! Era la cosa che le piaceva di più. Anche a lui, ma forse adirittura più a lei. Se lo era sempre chiesto. Ma poi che importava. Piaceva a lei e piaceva a lui. Averlo in bocca. Tenerlo, succhiarlo, spremerlo, riempirsi la mano con le palle e la bocca, la bocca di lui, del suo sapore, forte, salato, solito. Cosa stava facendo? Lei che faceva un pompino ad un altro?!
Si staccò. Alzò lo sguardo e cercò gli occhi del commercialista. Le sorrise. Lei abbassò lo sguardo. Inevitabile il suo coso era ancora lì.
"Non sono ancora pronta, mi spiace" gli disse allontanandosi e girando il viso verso la porta. "Non c'è problema" rispose lui rivestendosi.
La settimana successiva una mattina lui, il commercialista era passato a casa di lei a mostrarle una pratica. L'aveva chiamata e le aveva detto che si era accorto che mancava una firma. Farla venire in ufficio gli sembrava brutto. Era una scusa. Lui lo sapeva. E forse anche lei.
Praticamente non entrò neanche in casa che la spogliò completamente e subito la prese da dietro con forza. Lei, lei lo lasciò fare, ne fu travolta. Sentirsi denudare fu un brivido. Davanti ad un uomo. Quasi uno sconosciuto. Il suo seno si muoveva pesante sotto i suoi colpi. Lui lo raccolse e lo carezzò premuroso, allargando il palmo e sfregandole il capezzolo. Ecco. Un uomo. Un uomo che si prendeva cura di lei. Godendo per un attimo pensò: "che troia che sono!" Poi più niente, solo passione e piacere, piacere e passione. Dopo, dopo, quando lui era sdraiato di fianco a lei, ancora con la cravatta al collo, lei gli accoccolò davanti e gli disse: "dimmi cosa vuoi che ti faccia" Lui non rispose. E lei prese a fargli un pompino.
Lo ricordava bene, il calore, la dimensione, il sapore. Dalla settimana precedente. Ci aveva pensato ogni notte. Ne aveva sentito il gusto sulla lingua. E ora, mentre lo succhiava e quello, quello tornava lentamente duro come doveva, ecco, sentirlo crescere nella sua bocca, la eccitò completamente, tanto che quando lui le venne tra le labbra, anche lei, strabuzzando gli occhi e trattenendo il respiro venne, venne, senza bisogno neanche di toccarsi.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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