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Prime Esperienze

Fino all’ultima goccia


di belbisexxx
28.05.2023    |    11.327    |    2 9.4
"Solo in quel momento mi accorsi che mi trovavo con le mutandine completamente umide dei miei umori: mi aveva fatto eccitare così tanto da farmi venire, e per..."
Quando scrissi quella email al Prof. per chiedergli di essere il mio relatore, non mi aspettavo una risposta. La sera stessa in cui avevo detto alle mie amiche con chi mi sarebbe piaciuto fare la tesi, tra i commenti più gentili c’erano stati:
- “Con quello stronzo? Tu sei scema!”
- “Non ti sono bastati questi anni di studio giorno o notte? Vuoi incasinarti anche con la tesi?”
- “Ma trovarsi un docente normale no?!”
- “Certo che ti piace proprio farti umiliare!”
In effetti, che il Prof. fosse un tipo difficile lo sapevamo tutti: agli esami spillava lacrime dagli occhi degli studenti come birra alla spina, e l’impressione (più che un’impressione) era che la cosa lo divertisse. Invece era un dio a lezione e forse uno dei migliori del corso, ma trovarselo davanti metteva soggezione e al tempo stesso a me creava uno strano interesse, un’attrazione di cui non capivo la natura o forse la capivo ma non volevo ammetterlo con me stessa.
Tra gli studenti si raccontava, come una leggenda, che scegliesse di avere solo uno studente in tesi ogni anno e che lo scegliesse con attenzione; a lezione ci aveva detto:
- “Se vi venisse in mente di chiedermi la tesi prima guardatevi allo specchio, poi guardatevi il libretto e solo a quel punto scrivetemi. Se proprio ci tenete”.
Un’altra cosa che si raccontava era che prendesse in tesi solo studentesse e che non si accontentasse del lavoro di tesi ma si prendesse tutto quello che potevano dare… ma di questo in realtà non mi interessava granché.
Io ci tenevo a chiudere al meglio il mio percorso con una tesi che mi portasse dritta dritta verso il 110 e lode e credevo di avere tutte le carte in regola: libretto con voti tutti sopra il 28, due 30 e lode, un 30 nel suo esame e motivazione alle stelle. Mai avrei immaginato che, dopo un paio di settimane da quella email, mi sarei ritrovata nella situazione più umiliante e eccitante che avessi mai vissuto.
La risposta alla mia richiesta si fece attendere 5 giorni, poi arrivò la mail del Prof.:
- “Puoi venire nel mio ufficio domani alle 16.30, portami due pagine con la tua proposta di tesi e ne parliamo”.
Due pagine per il giorno dopo!? E come cazzo facevo?! Passai 3 ore a battere un paio di cartelle con il lavoro che mi sarebbe piaciuto fare e glielo mandai, convinta di aver fatto un buon lavoro.
Quando il giorno dopo arrivai davanti all’ufficio la porta era socchiusa e avevo intravisto che il Prof. era davanti al computer che scriveva concentrato, quindi avevo bussato. Il tono di voce con cui mi aveva detto “Avanti…” era stato secco e vagamente eccitante, ma mi ero ripromessa di non farmi fantasie. Ero lì per portare a casa la tesi, non per giocare alla ‘studentessa e il professore’…
Ma l’inizio non fu dei più incoraggianti:
- “Ho visto il tuo libretto – mi disse – ed è la prima volta che qualcuno si permette di chiedermi la tesi con una media del 29, quindi questo sarebbe già un buon motivo per rimandarti nel mucchio. Poi ho letto quello che mi hai mandato ed è…indegno di essere letto. E questo sarebbe un secondo motivo per farti fare la fine delle altre 26 che mi hanno scritto quest’anno”.
Io ero impietrita, mi sentivo come davanti ad un giudice che stava per condannarmi e sentivo salirmi le lacrime agli occhi; mi ero fatta delle aspettative completamente diverse e ora vedevo sgretolarsi tutto davanti ai piedi di quell’uomo.
- “Però… però mi ricordo di te. A lezione sei stata una buona interlocutrice, un paio dei tuoi interventi mi sono piaciuti e questo vuol dire che non sei scema. E difficilmente mi sbaglio”.
Il Prof. mentre mi parlava mi guardava con attenzione, dritta negli occhi e questo mi faceva sentire piccola e umiliata, ma di tanto in tanto lo sguardo si spostava: prima sulle orecchie, poi sul seno che si intravedeva sotto la maglietta (ma per che cazzo non ho messo il reggiseno!?), poi sulle ginocchia e in quei momenti avevo l’impressione che mi stesse quasi spogliando con lo sguardo.
Ad un certo puntò si alzò dalla sedia e andò a mettersi in piedi dietro di me dicendo:
- “Devi lavorare molto se vuoi fare la tesi con me, ma credo che tu abbia le potenzialità per scrivere un lavoro quantomeno decente. Dipende da quanto sarai capace di farmi vedere che nel valutare i tuoi interventi a lezione non mi sono sbagliato. E da quanto saprai seguire tutte le mie richieste nel lavoro di tesi”.
A quel punto era in piedi davanti a me, con il bacino all’altezza del mio viso e mi guardava dritta negli occhi; con entrambe le mani mi prese la testa girandola verso i suoi pantaloni e appoggiandola sul suo cazzo che era visibilmente duro e a giudicare da quanto era gonfio nei pantaloni non vedeva l’ora di uscire.
Io ero imbarazzata ma eccitata al tempo stesso; aprii la bocca per sentire il suo cazzo ancora sotto i pantaloni dentro la bocca e strofinai il naso per annusarne l’odore di maschio.
Poi lui mi allontanò la testa e dopo essersi sbottonato i pantaloni tirò fuori il cazzo in tutta la sua lunghezza e già scappellato, lo puntò dritto sulla mia bocca semiaperta e lo spinse dentro per tutta la sua lunghezza. Poi mise di nuovo entrambe le mani dietro la mia testa e mentre a volte mi accarezzava i capelli, quasi con dolcezza, altre spingeva la testa in avanti in modo da far entrare il cazzo in tutta la sua lunghezza ma non riuscivo a tenerlo tutto in bocca e cercai di tirarmi indietro dicendogli:
- “E' troppo lungo, non riesco…”.
La sua risposta mi fece capire che quella tesi mi sarebbe costata cara:
- “Se ti arrendi alla prima difficoltà come posso pensare che sarai in grado di portare avanti la tesi? Fammi vedere che non mi sono sbagliato su di te…”.
Mi aveva sfidato e non potevo tirarmi indietro; gli presi il cazzo con una mano e con l’altra iniziai a toccagli i coglioni e ricominciai ad infilarlo in bocca, prima solo la cappella, e poi sempre di più muovendo la testa avanti e indietro, sforzandomi di spingere la testa sempre più avanti e di farlo entrare fino in fondo. Andai avanti per almeno 10 minuti riuscendo a volte e prenderlo tutto in bocca e sentendo la punta del cazzo che spingeva in fondo alla gola.
Sentivo che il Prof. stava ansimando, ma in modo silenzioso, ed in bocca iniziai a sentire il leggero sapore dolciastro del liquido che stava uscendo dal quel suo cazzo perfetto, finché, ad un certo punto, mi afferrò i capelli con la mano destra e mi spostò indietro la testa con forza, afferrò il cazzo con la mano sinistra e girandosi verso la scrivania iniziò a segarsi con foga e gemendo di piacere fece uscire tre schizzi di sperma - bianco, filante e caldo - che riempirono la scrivania per tutta la sua lunghezza.
Io rimasi impressionata, non ne avevo visti molti di cazzi sborrare ma sicuramente mai così tanto; il Prof. mi guardò con un sorriso soddisfatto e grato (o almeno a me sembrò così e mi era sembrato di sentire quasi un “grazie” uscire dalla sua bocca). Io mi alzai per andare in bagno ma lui mi fermò e quello che mi disse mi lasciò impietrita:
- “Ora pulisci”
Disse con una voce sussurrata ma che non lasciava spazio ad un rifiuto. Io aprii la borsa e presi dei fazzoletti per pulire ma lui mi fermò la mano, me li tolse e li buttò nel cestino.
- “Non ne hai bisogno…”
Mi mise una mano dietro la testa e spingendola me la avvicino alla scrivania.
Io sentii una botta di eccitazione salirmi dal ventre alla testa, era una situazione umiliante ma al tempo stesso forse la cosa più eccitante che un uomo mi avesse mai detto. Io mi lasciai spingere la testa, feci solo una lieve resistenza per stare al gioco e quando mi trovai con la faccia davanti al piano della scrivania, proprio dove lo schizzo più lungo si era appoggiato, tirai fuori la lingua e iniziai a leccare tutto lo sperma che mi trovavo davanti. Era ancora tiepido, denso e sentirlo in gola mi fece eccitare ancora di più; inoltre la mano del Prof. che mi accompagnava spingendomi in avanti era la ciliegina su quella torta lattiginosa che stavo gustando.
In meno di un minuto avevo ripulito tutto il piano della scrivania e mi rialzai per prendere le mie cose ma ancora una volta la sua voce mi fermò:
- “Te ne vai già? Non hai dimenticato qualcosa?”
Mi disse guardandomi prima negli occhi e poi abbassando lo sguardo verso il suo cazzo e stringendolo con una mano fece uscire alcune gocce di sperma, le ultime di quella sborrata colossale.
Questa volta fu ciò che dissi io a lasciarmi impietrita, non so il perché ma ero così calata in quella situazione di sottomissione che gli dissi:
- “Mi scusi Prof...”
E senza aggiungere altro mi inginocchiai, succhiai avidamente anche quelle ultime gocce e cercai di farne uscire altre stringendo il suo cazzo tra le mani. Poi, quasi senza volerlo, la mia voce disse:
- “Grazie Prof...”
Ma lui si era già rimesso al lavoro davanti allo schermo del computer e, come se non fosse successo nulla, mi disse distrattamente:
- “Ci vediamo settimana prossima; mi aspetto di leggere almeno una decina di pagine dell’introduzione”.
Io presi la mia borsa e senza aggiungere nulla uscii dallo studio; mi fermai un attimo davanti alla porta dei bagni, con l’intenzione di sciacquarmi la bocca ma quando, con la punta della lingua, toccai alcune tracce del suo seme che mi erano rimaste in bocca, l’eccitazione per la situazione che avevo appena vissuto mi travolse di nuovo e con la testa leggera mi girai e me ne andai a prendere l’autobus, con quel sapore che piano piano svaniva dalla mia lingua e mi lasciava sul viso un sorriso sognante mentre continuavo a fantasticare su quella situazione surreale.
Solo in quel momento mi accorsi che mi trovavo con le mutandine completamente umide dei miei umori: mi aveva fatto eccitare così tanto da farmi venire, e per farlo l’unica cosa di me che aveva toccato era stata la testa. E ora? Cosa sarebbe successo?
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