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Gay & Bisex

la pioggia


di boreetoah
15.08.2015    |    7.504    |    11 9.5
"Pietro non lo seguiva mai; entrambi avevano bisogno di calmarsi e sbollire la rabbia..."

Premessa: NON DORATA. Chi avesse frainteso può passare oltre.

Chiedo scusa in anticipo per quello che leggerete dopo. Sono consapevole dei miei limiti, volevo solo fare un tentativo. Accetto tutte le critiche, ma per favore evitate gli insulti. Nuociono gravemente alla mia salute. Detto questo, se decideste di continuare a leggere, vi ringrazio in anticipo e spero non sia una totale perdita di tempo. Comunque vi ho avvisati!


Carlo e Pietro stavano litigando nella loro casa, uno di fronte all’altro, con solo il tavolo a dividerli. Era , come sempre, una discussione animata. O almeno, lo era da parte di Carlo che, dei due, possedeva un carattere passionale ed impetuoso, sempre pronto ad accendersi per un nonnulla. Era sempre affascinante vedere questi due maschi quarantenni, alti, prestanti e virili, mentre si fronteggiavano in un'atmosfera piena di tensione, l’uno inveendo ad alta voce e con tutto il corpo tremante dall’ira e l’altro stringendo i pugni con le braccia immobili lungo i fianchi e lanciando continuamente sguardi di fuoco dai begli occhi nocciola, senza rispondere alle provocazioni dell’altro. Poi Carlo fece quello che solitamente faceva quando Pietro non gli dava soddisfazione, sapendo di farlo andare in bestia ancora di più: si comportò come una donnetta isterica. Gli lanciò un improperio, gli girò le spalle e si diresse alla porta e, dopo averla sbattuta dietro di sé, si avviò verso il boschetto che confinava con la loro proprietà. Pietro non lo seguiva mai; entrambi avevano bisogno di calmarsi e sbollire la rabbia. Ma questa volta era talmente furente che, dopo averlo osservato percorrere la breve distanza necessaria ad inoltrarsi fra gli alberi, uscì e gli corse dietro così risolutamente da raggiungerlo in pochi attimi, proprio mentre il cielo aveva deciso di sfogare il proprio malumore rovesciando sulle loro teste una pioggerellina leggera, ma impertinente. Pietro afferrò per un braccio Carlo il quale, dopo lo stupore iniziale di vedersi incalzato dal compagno, si strattonò senza ottenere alcun risultato poiché Pietro era più massiccio e più forte di lui. Pietro lo prese ancora più saldamente e con forza lo spinse contro il tronco della grossa e vecchia quercia che più di una volta era stata testimone di effusioni ben più dolci …. Carlo soffocò un gemito di dolore, ma non fece in tempo a riprendersi che con un grugnito Pietro fu su di lui e gli strappò letteralmente di dosso pantaloni e mutande e abbassando anche i suoi lo strinse contro il tronco. Poi, incurante delle sue proteste, lo sollevò tenendolo con le mani sotto al sedere e facendogli avvinghiare le gambe dietro alla schiena e le braccia attorno al proprio collo, appoggiò il membro al buco dell’ impertinente provocatore e, con un colpo solo, lo penetrò, cominciando a sbatterlo con affondi lunghi e decisi. Dopo l’iniziale dolore( pur essendo abituato al ragguardevole calibro di Pietro, l’essere penetrato senza preparazione era sempre poco piacevole) e stupore per quel lato del carattere di Pietro che non conosceva ( il gigante poteva essere un po’ rude, ma mai aveva tralasciato di essere attento ai suoi bisogni e al suo piacere), Carlo cominciò a sentirsi pervadere da uno strano calore e eccitamento che non conosceva. Il suo pene era duro come il marmo e avrebbe voluto disperatamente toccarselo se non avesse avuto paura di cadere, viste le spinte gagliarde del suo amante, lasciando la presa sicura attorno al collo di Pietro. Mentre si guardavano dritti negli occhi, i colpi si susseguivano sempre più veloci ed energici tanto che i loro corpi cominciarono a sudare abbondantemente, trovando solo un po’ di ristoro nella pioggia che continuava a scendere piano e silenziosa e che, nonostante il riparo del fogliame, cominciava a posarsi su di loro. Carlo, pur non volendo dare soddisfazione a Pietro, non poté trattenersi oltre e dovette dar sfogo al genuino tripudio che la sollecitazione della prostata gli provocava con vivaci e stentoree manifestazioni vocali, mentre Pietro non emetteva suono se non qualche sommesso lamento dovuto alla fatica dello sforzo fisico. Il sudore rendeva sempre meno sicura la presa di Carlo, ormai vicino all’orgasmo, che sballottato come una bambola di pezza si sentiva in completa balìa del suo assaltatore. Mentre il suo membro perdeva quantità impressionanti di liquido seminale, egli rovesciò indietro la testa e, con gli occhi socchiusi,si lasciò andare senza ritegno all’ebbrezza dell’orgasmo. Vedendo il piacere di Carlo e sentendosi stringere il cazzo dalle contrazioni sfinteriche, Pietro diede ancora un paio di affondi e si abbandonò anche lui al godimento. Poi , lentamente, sempre sorreggendolo, si lasciò cadere sulle ginocchia, lo appoggiò al tronco e si abbandonò su di lui, mentre entrambi tentavano di recuperare il normale ritmo del battito e del respiro. Dopo qualche minuto, Pietro alzò il capo a squadrare Carlo, completamente abbandonato contro l’albero. Quest’ultimo, capì che non era ancora finita: lo sguardo accigliato e pieno di rimprovero dell’altro dardeggiava sul suo viso, l’espressione seria gli fece capire che era ancora in collera e la “punizione” non era stata del tutto portata a termine. Forse questa volta aveva davvero esagerato : Pietro desiderava soddisfazione. E l’avrebbe ottenuta, con o senza il suo consenso. Ma Carlo, che non aveva nessuna intenzione di sottrarsi allo splendido furore del suo amante, visto lo strepitoso orgasmo che gli aveva fatto provare, capì anche che avrebbe dovuto cercare di addolcirlo un po’. Questo , in fondo, era quello che Pietro si aspettava. Doveva fargli capire che riconosceva di aver sbagliato, che si meritava di essere shakerato con tutta quella veemenza e che voleva scusarsi. Poiché chiedere scusa alle persone che amiamo è una pratica che verbalmente risulta sempre difficoltosa, Carlo passò alle vie di fatto. Cominciò quindi a ricoprire di baci il volto di Pietro che lo guardava imperturbabile e , restando immobile, si godeva i baci sulle gote, sulle palpebre, sulla fronte; la lingua leccava il naso e gli lappava le labbra,senza che lui le concedesse il diritto di esplorargli la bocca e Carlo non insistette, conoscendo il suo uomo. Intanto con le dita gli tirava e arruffava la barba folta e morbida. Scese lungo il collo leccando e posando baci leggeri e umidi poi, mentre con le mani gli sbottonava la camicia, gli stuzzicò l’orecchio sinistro mordicchiandolo, infilandogli dentro la lingua e sussurrandogli paroline che usavano solo nella loro intimità. Il suo uomo emetteva strani suoni, se non avesse pensato che fosse impossibile li avrebbe scambiati per fusa, specie di gorgoglii che gli fecero capire che lui apprezzava e che stava facendo bene. Muovendo il bacino fece uscire il membro ormai svigorito, ma sempre dalle dimensioni importanti e se lo tirò sul grembo stringendolo con una mano al proprio e cominciando a masturbarli insieme, provocando un sonoro sospiro a entrambi. Durante questo trattamento lento e stimolante si dedicò al suo torace. Con una mano gli tirò i peli del petto, poi passò a strizzargli un capezzolo, intanto che la lingua si dedicava con egual zelo all’altro bocciolo. I gemiti si fecero più impellenti nello stesso tempo che i membri ritornarono rigidi e turgidi. Poi si sentì uno schietto grugnito e Carlo capì che lui era pronto. Pietro si alzò sulle ginocchia facendogli perdere l’equilibrio, lo prese per i fianchi e lo fece girare. Gli tolse la maglietta ormai zuppa di umori e pioggia e spingendogli la schiena in avanti lo fece piegare fino a mostrare il bel sedere aperto e pronto all’uso. Anche stavolta gli appoggiò il cazzo e lo penetrò tutto d’un colpo, ma il sudore e lo sperma che non era uscito dal suo retto avevano reso l’operazione indolore. Pietro si lanciò in una cavalcata agguerrita per qualche minuto senza curarsi dell’impertinente, ma le urla di piacere che questi lanciava e i gemiti che gli strappava con quel suo culo stretto e caldo furono un buon deterrente alla rabbia che lo aveva travolto. Rallentò quindi il ritmo per godersi la scopata e, mentre lo infilzava lentamente, si chinò sul dorso a baciargli il collo e la schiena e dandogli una spinta forte e profonda lo morse sulla nuca come fanno i maschi degli animali quando coprono le femmine, per fargli capire che lui era il suo uomo, il suo maschio, che in quel momento era lui a coprirlo,ma non dimenticava il piacere che l’altro gli dava. Continuò ancora per diversi minuti, ma ora si era raddrizzato e se lo era portato dietro stringendoselo al petto; gli torse un capezzolo facendolo guaire, poi portò la mano al cazzo duro e dritto e cominciò a masturbarlo. L ‘altra mano lo stringeva al fianco per tirarselo contro, lo morse sul lobo dell’orecchio e gli fece girare la testa per potersi impadronire della sua bocca e della sua lingua che ora sì, aveva il permesso di dedicarsi a lui e di gustarne la saliva. Carlo gli portò una mano dietro la nuca e una sulla natica cercando di accoglierlo meglio dentro di sé. Erano al limite entrambi. Stavano per venire. Un urlo possente si liberò dalla bocca di ognuno per andare a perdersi in quella dell’altro. I movimenti diventarono più scoordinati e i respiri affannosi si spezzavano sui loro visi. I cuori erano invasi di puro gaudio. Rimasero uniti, abbandonandosi l’uno sull’altro.
La pioggia scendeva su di loro.

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