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Gay & Bisex
La confessione - narrato dal punto di vista di Mattia, attivo dominante
di Moonson
22.07.2022 |
7.377 |
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"Il monolocale è piccolo ma confortevole..."
Faceva davvero troppo caldo in quel locale. Era giugno, e in discoteca mi riuscivo a muovere a stento. C’era troppa gente per un posto così piccolo. Per la prima volta dall’estate precedente avevo deciso di togliermi la maglietta per il caldo, non solo per attirare l’attenzione sul mio fisico. Guardando quella massa di gente appiccicata e sudata che si muoveva nei modi più strani, pensai che quello non fosse il mio posto. Un lupo solitario non appartiene ai luoghi frequentati dal branco.
Un lupo solitario non appartiene a nessun luogo e a nessuno. Sono le sue prede ad appartenergli.
Ero entrato in quel locale con un preciso scopo: andare a caccia. Non avevo nessun amico appresso. Quando vado a caccia, non voglio distrazioni. Malgrado la facilità con la quale, nel mondo gay, un ragazzo attivo e atletico di ventotto anni possa rimediare del sesso facile grazie a Grindr o app simili, soprattutto a Milano, a volte sento il desiderio di andare a caccia di persona. Di usare il corpo, il fiuto, lo sguardo per conquistare la preda, non delle foto.
Credo di essere un ragazzo abbastanza bello: di media altezza, atletico, capelli e occhi castani, un viso dai lineamenti aggraziati, maschile, con una voce scura. Probabilmente le persone, guardandomi, pensano che io sia un bravo ragazzo.
Probabilmente lo pensano perché non sono mai state a letto con me.
Mi guardai attorno. “G.U.Y.” di Lady Gaga mi rimbombava nella testa. È un pezzo che va forte nelle discoteche gay. Avvertivo quella leggera euforia alcolica che era davvero l’ideale per iniziare la caccia. Avevo in corpo due cocktail e, non essendo un gran bevitore, avevano già avuto un certo effetto. Provai ad avvicinarmi alla pista da ballo dove si stava esibendo una drag queen. Urtai contro tante persone, e la cosa mi infastidì parecchio. “Guarda dove vai, coglione!” pensai guardando un ragazzo grassoccio ed evidentemente brillo che deambulava tendando di muoversi in modo musicale.
Ad un certo punto lo vidi, appena sotto la pista da ballo. Biondo, non più di venticinque anni, di media altezza, tonico. Il viso di un angioletto, ma un crop top nero da vero diavolo. I crop top mi fanno davvero impazzire, oltre che essere praticamente una bandierina con scritto “Ciao, sono passivo” per chi li indossa. Il biondo era con altre due amiche. Ballava chiudendo gli occhi e sorridendo. Aveva dei jeans corti molto attillati che evidenziavano magnificamente le forme dei glutei.
Era bellissimo.
Quando un lupo adocchia la sua preda, tutto il resto perde immediatamente di importanza.
Mi avvicinai. Iniziai a ballare provando il più possibile a contrarre i muscoli mentre lo facevo. Arrivai a sfiorarlo con una gamba. Lui se ne accorse. Si girò un istante. Poi, senza dire nulla, si voltò di nuovo a guardare le sue amiche.
“Se la tira. Prevedibile” pensai, provando a non attirate ancora l’attenzione. Esponendosi troppo si rischia di fallire.
Avevo davanti il suo culo che si muoveva, e pensai che avrei dovuto per forza averlo. Avrei dovuto a tutti i costi scoparlo. Avrei dovuto a tutti i costi farlo mio, guardarlo negli occhi mentre lo scopavo e ordinargli di dirmi “sono la tua troia”. Avrei dovuto a tutti i costi farlo mettere in ginocchio davanti a me e riempire di sperma quel bel faccino che se la tirava.
Il biondino si girò, mi fece un lieve sorriso. Sentii l mio uccello fremere. Poi, guardò le sue amiche e, assieme a loro, uscì dal locale.
“Merda” pensai.
Per fortuna erano solo andati a fumare. Provai a non rendere palese il fatto che lo stessi seguendo andando prima velocemente in bagno. Quando uscii mi dissi che dovevo provare ad attaccare bottone. Chiedere da accendere sarebbe stato l’ideale. Per fortuna, avevo con me ancora due o tre sigarette. Non sono un gran fumatore, ma una sigaretta mentre ti fanno un pompino è davvero una cosa sublime. Mi avvicinai al biondino. Sì, me l’avrebbe succhiato mentre fumavo una sigaretta. Doveva accadere. L’avrei fatto accadere.
«Hey, avete da accendere?» chiesi con un tono il più naturale e sicuro possibile.
Il biondino non rispose.
Una delle sue amiche, bassina e castana, mi porse un accendino. «Tieni» disse.
Presi l’accendino e accesi la sigaretta. Il biondino non mi stava minimamente guardando.
«Carina la serata, vero?» chiesi al gruppo, mentre fumavo.
«Sì, non c’è male…anche se si muore dal caldo» rispose l’altra ragazza, un po’ più alta e in carne, con dei lunghi capelli biondi.
Mi feci coraggio. “O la va o la spacca”. Non c’erano vie alternative, dovevo in qualche modo farmi notare dal biondino. Lo guardai, spudoratamente. Lo divorai con lo sguardo. Lui se ne accorse. “Bene” pensai. «Comunque tu balli un sacco bene» dissi, non togliendogli gli occhi di dosso. Mi accorsi solo in quel momento di quanto diavolo fosse bello. Aveva degli intensi occhi castano chiaro
«Grazie,» rispose lui, facendo quel sorrisetto che tanto mi faceva impazzire.
«Mi chiamo Mattia» gli dissi porgendogli una mano.
Lui esitò un istante. «Stefano» rispose con un tono apparentemente neutro, stringendomi delicatamente la mano.
«E voi?» chiesi alle due ragazze, per stemperare la tensione.
«Sono Carola, piacere,» mi disse la ragazza che mi aveva prestato l’accendino.
«Silvia» fece l’altra.
Stinsi la mano a entrambe. «Il piacere è tutto mio.»
«Peccato che sei dell’altra sponda» disse Carola con un tono velatamente malizioso.
Io sorrisi. «Come l’hai capito?»
«Be’, ti mangi Stefano con gli occhi» rispose lei, e stavolta non contenne la malizia nel tono e terminò la frase con una risatina.
«Sì, è un gran bel ragazzo» dissi, quasi fingendo che Stefano non ci fosse. “E brava Carola, pensavi di mettermi in imbarazzo vero? Non ti aspettavi di avere davanti un lupo. Mi hai fatto un bell’assist.”
«Non sei male nemmeno tu» mi rispose Carola.
Colsi l’occasione. Mi misi di fianco a Stefano. «Chi è meglio dei due?»
«Non lo so» rispose Carola ridendo. Anche Silvia rideva.
«Eddai…»
«Siete carini entrambi» intervenne Silvia. «Diversi ma carini tutti e due, sì.»
«Be’, ma allora dobbiamo capire chi è il più bello in un altro modo. Magari una sfida.» A volte penso che l’alcol non mi piaccia affatto, che in fondo non sia bello bere. Però, senza quella leggere euforia alcolica, sapevo che non sarei mai stato in grado di dire una frase del genere. Nemmeno in uno dei momenti di maggior coraggio. Non capii cosa stesse pensando Stefano. Il suo viso non lasciava trasparire nulla. Insistetti: «Che ne dici?» lo guardai, provando ad usare un tono di sfida.
Stefano abbassò lo sguardo. “Ah lo abbassi lo sguardo quando ti guarda un lupo, troia! Quando ce l’avrai in gola ti ordinerò di guardarmi invece. Farti soffocare e lacrimare sarà una vera goduria.” Mentre quei pensieri prendevano forma, la mia erezione si fece pressante. Riuscii a nasconderla con un rapido gesto della mano nelle tasche.
«Che tipo di sfida?» chiese Stefano.
«Facciamo a chi bacia più ragazzi nel giro di un’ora?»
Carola e Silvia risero. «Stefano ti batte!»
Le guardai mostrando spavalderia. «Be’ vediamo. Ci stai?»
Stefano, ancora una volta, abbassò lo sguardo.
«Eddai Ste!» gli fece Silvia, battendogli un colpetto sulla spalla.
«Che scommettiamo?» stavolta Stefano mi guardò dritto negli occhi.
«Se vinci tu, offro da bere a tutti» cercai a tutti i costi di non far tremolare la voce. Ero eccitatissimo, ma ero anche teso dalla stranezza della situazione.
«E se perdo?» Stefano non distolse lo sguardo da me.
In un istante di attesa presi tutto il coraggio di cui disponevo. Mi concentrai al massimo. “Forza, dillo!” Respirai. «Se perdi, sarai la mia troia per una sera.»
Silvia e Carola scoppiarono in una risata fragorosa, quasi accasciandosi a terra.
«Urca urca! Fa sul serio il ragazzo» esclamò Carola.
Non c’era tempo per le smancerie. Erano già le due di notte. Le serate passano in fretta, troppo in fretta. Quasi quanto la vita, pensai in quel preciso istante. Lui doveva essere mio.
Stefano attese prima di rispondere. Era bravo a nascondere ciò che stava provando in quel momento. Tentai di non fargli capire che pendevo completamente dalle sue labbra. Appena la sua bocca si mosse, ebbi come un sussulto. «Tanto perdi…» disse con un tono forzatamente sicuro.
«Era un “Sì, ci sto”?» chiesi, guardandolo dritto negli occhi.
«Ti consiglio di preparare già la carta,» così dicendo, si tolse il crop top. La mia erezione era incontenibile. «Sono abbastanza bravo a questo gioco.»
«E io ti consiglio di preparare bene il culetto. Non ce l’ho piccolo, sai?»
«Dicono tutti così,» rispose lui in tono beffardo. «“XL dom top”, e poi sono tutti dei cuccioli impauriti con un cazzo normalissimo.»
«Lo scoprirai presto…»
«Vedremo,» così dicendo si girò verso un ragazzo che stava fumando proprio accanto a noi. Gli carezzò il viso e poi, senza dire nulla, lo baciò, lasciando tutti di stucco. Nel giro di pochi secondi smise di baciarlo e si girò verso di me. «Uno a zero.»
«Troia» gli dissi con quanta più veemenza possibile, ma usando un tono scherzoso.
Lui non rispose. Si girò ed entrò nella discoteca, senza aspettare le sue due amiche.
La sfida era iniziata.
Dovetti bere altri due cocktail. Il ritmo con il quale Stefano guadagnava “punti” era davvero incalzante, ma io stavo egregiamente al passo. Carola si era messa a contare quanti ne baciavo io, Silvia quanto ne baciava Stefano.
Vidi Silvia sbracciare verso Carola. Faceva il numero sei con le mani. Carola rispose facendo il numero cinque. “Merda,” pensai, “ne ha uno di vantaggio.”
Non ci volle molto per raggiungere quota sei. Un ragazzo di media bellezza e magrolino mi si era avvicinato e io avevo colto la palla al balzo.
Per quanto mi sforzassi, però, Stefano aveva sempre uno o due ragazzi di vantaggio.
Arrivato a quota otto, cominciai a sentire un lieve sapore amarognolo in bocca. Quanta saliva e quanti cocktail avevo mischiato nel giro di tre quarti d’ora? Troppi, certamente. Ma Stefano era a quota nove.
Ad un tratto vidi una coppia che si baciava intensamente. Sullo sfondo, le note di “Titanium” di Sia. Mi avvicinai. Sarebbe stata l’occasione perfetta per ottenere due punti in un colpo solo. Non fu difficile. I due ragazzi erano mezzi ubriachi e vogliosi. Quel bacio a tre fu strano. Però, ero arrivato a quota dieci. Stefano rimaneva a quota nove.
Mancavano cinque minuti. Eravamo sempre dieci a nove per me. Stefano stava facendo di tutto, ma anche lui stava evidentemente accusando l’alcol in corpo e la gente ormai aveva capito che entrambi stavamo facendo una sfida. In molti non volevano essere un “numero”.
Un ragazzo basso, probabilmente del sud-est asiatico, mi si avvicinò tutto sorridente. Era grassoccio, senza maglietta. Non era attraente, affatto. Ma arrivare a quota undici a pochissimi minuti dalla fine mi avrebbe assicurato il culo di Stefano.
Mi avvicinai a quel ragazzo, con fare sicuro. Lui mi baciò prima che io potessi fare qualunque altra cosa. Provò a prolungare il bacio più di quanto fosse necessario. Dovetti esercitare una lieve spinta per smettere di baciarlo.
«Scusami,» gli gridai perché potesse sentirmi. «Devo andare.» Mi voltai verso Silvia, che fece ancora il numero nove con le mani.
Scoccò l’ora.
Avevo vinto.
L’erezione nei miei pantaloni era incontenibile.
«Devo ammettere che non sei stato facile da battere» dissi a Stefano, quando mi raggiunse fuori dalla discoteca. «Nove a undici, non male pure tu.»
«Grazie…» rispose Stefano, abbassando gli occhi.
«Ora ci sarebbe la questione del…pagamento» usai un tono il più neutro possibile. “Ora cominciamo un po’ a giocare.” «Però se proprio non ti va…»
«Una scommessa è una scommessa,» rispose Stefano, senza far trasparire alcun tipo di emozione.
“Mi sa tanto che lo vuoi il cazzo, troia.” «Be’, non abito molto distante. Cinque minuti a piedi. Il monolocale è piccolo ma confortevole.»
«Vado salutare le amiche.»
«D’accordo.» L’erezione non aveva minimamente accennato a diminuire.
“Muoviti troia. Lo so che non vedi l’ora.”
Per tutto il tragitto verso casa parlammo del più e del meno. C’era tensione tra noi due, era palpabile. Provai a stemperarla, ma inutilmente. Stefano era davvero teso e anch’io ero in fibrillazione.
Quando un lupo sente l’odore del sangue perde di lucidità.
Arrivammo. Aprii il portone del palazzo dove abitavo. Camminammo per qualche metro, poi prendemmo l’ascensore. Appena la porta dell’ascensore si chiuse, notai come Stefano fosse ancor più agitato di prima.
«Hey,» gli dissi carezzandogli i capelli. «Tutto bene?»
«Sì dai» rispose lui con un leggero tremolio nella voce.
Fui deciso. Gli afferrai più saldamente la testa e gli diedi un bacio intensissimo. Con la mano sinistra gli carezzai la schiena nuda sotto il crop top e scesi verso il culo. Glielo strinsi fortissimo mentre lo penetravo con la lingua. “Questa troia…finalmente è mia.”
L’ascensore si fermò. Scendemmo. Presi le chiavi dalla tasca e aprii la porta. Stavo leggermente tremando anch’io, ma riuscii a nasconderlo. Entrai e accesi la luce. «Benvenuto.» Per fortuna avevo sistemato un po’ casa prima di uscire. Non era in condizioni così inguardabili.
«Grazie» rispose Stefano.
L’appartamento era piccolo ma grazioso. Il letto era su un soppalco, sotto c’era un divano abbastanza grande, una poltrona, la cucina separata dal resto da una sottile parete di cartongesso e il bagno subito dopo. C’era anche un balconcino, che dal quinto piano regalava una vista piuttosto bella.
Mi sedetti sulla poltrona. “Adesso iniziano i giochi.” «Metti pure comodo.»
Stefano si sedette sul divano, guardandomi in modo leggermente spaventano.
«Intendevo dire, mettiti pure nudo…non sarai mica timido, vero?» il mio tono era sicuro.
«Ah, subito?» chiese lui, con un fare forzatamente stupito.
«Sei la mia troia solo per questa sera, non voglio certo perdere troppo tempo» risposi sorridendo. “Non vedo l’ora di vedere quel faccino meraviglioso pieno di sborra” pensai.
«Stronzo» fece lui, cominciandosi a togliere il crop top.
Io, sempre stando seduto sulla poltrona, accesi una sigaretta.
Nel frattempo, Stefano era rimasto con indosso solo un paio di slip azzurri. «Quindi in realtà l’avevi l’accendino…» mi disse.
«Zitta troia e vai ad aprire la finestra.»
Lui non rispose ma, a passo lento, si mosse verso la finestra e la aprì. «Così va bene?»
Non risposi. «Vieni qui» gli ordinai.
Stefano si avvicinò alla poltrona.
«Togliti gli slip e mettiti in ginocchio davanti a me.»
Lentamente, Stefano si tolse gli slip. Aveva un cazzo di medie dimensioni, completamente depilato e in semi-erezione. Abbassando la testa si mise in ginocchio in mezzo alle mie gambe.
Mentre con la mano sinistra tenevo la sigaretta accesa, con la mano destra afferrai il suo mento e gli alzai il viso. Lo guardai dritto negli occhi, senza dire nulla. Poi, infilai il pollice nella sua bocca.
«Fammi vedere come succhi, dai…»
Stefano si mise a succhiare il pollice, giocando con la lingua.
«Bravo. Ora toglimi entrambe le scarpe e i pantaloni.»
Stefano ubbidì. Rimasi con la maglietta, i boxer e i calzettoni bianchi che portavo sempre quando indossavo le Nike “Air Force”. Senza dire nulla, presi la sua testa e la schiacciai contro il mio pacco. L’erezione era evidente. Mi godetti quegli istanti: mi stavo fumando una sigaretta e quel biondino sexy era nudo, in ginocchio davanti a me, con il suo bel faccino premuto sul mio pacco che esplodeva. “Finalmente.”
Dopo un po’, gli diedi un altro ordine: «Toglimi le calze. Poi usa i denti per togliermi i boxer.»
Stefano tolse entrambe le mie calze. Poi si avvicinò con i denti al bordo dei miei boxer e iniziò a sfilarli. L’uccello svettò rimbalzando sull’addome. È di circa diciannove centimetri, bello largo.
«Brava la mia troia ubbidiente…»
«Stronzo» rispose lui, trattenendo una risatina.
Io lo afferrai per i capelli e gli sputai in bocca. «Non hai visto ancora niente. Adesso leccami i piedi.»
«E se non lo facessi?» chiese Stefano in tono di sfida.
Mi avvicinai verso di lui. «Lo vuoi il cazzo?» chiesi, cominciandomi a masturbare.
Stefano non rispose subito. Gli sputai ancora in faccia, tenendolo per i capelli. «Sì o no?»
«Sì» rispose abbassando leggermente la testa.
«Allora il prezzo sarà leccarmi i piedi, troia!»
Stefano, lentamente, si accasciò sul mio piede destro e cominciò a leccarlo.
«Così’ si ragiona,» esclamai facendo un tiro di sigaretta.
«Guardami» gli ordinai, mentre aveva le mie dita dei piedi in bocca. Stefano alzò lo sguardo verso di me. Capii che anche la sua eccitazione era alle stelle. “Vedere questa troia, che se la tirava tanto, nuda a leccarmi i piedi non ha prezzo. Chissà quanto godrò a scoparle la gola e il culo…”
Dopo poco, lo guardai ancora. «Ti ha fatto qualcosa di male il piede sinistro?»
«No…» rispose Stefano, stupito.
«Allora lecca pure quello, troia.»
Stefano non se lo fece ripetere due volte. Finì con il piede destro e iniziò con il piede sinistro. Nel frattempo, la sigaretta era già a metà. Mi stavo continuando a masturbare.
«Ora leccami le palle» gli ordinai.
Stefano si avvicinò e, con la lingua, cominciò a giocare con i miei testicoli. Io mi masturbai con maggior vigore, sempre guardandolo negli occhi.
«Adesso succhia» e feci un altro tiro di sigaretta.
Stefano si avvicinò con la bocca alla cappella e se la mise in bocca. Ho la cappella abbastanza larga, essendo largo il cazzo. Gli afferrai la testa con la mano e lo spinsi più giù, verso la base dell’uccello. «Bravo» dissi con voce rotta dall’eccitazione. Finii la sigaretta e la spensi sul posacenere vicino al tavolo a fianco alla poltrona. “Sapevo che questa troia me l’avrebbe succhiato mentre fumavo” pensai.
Mi alzai in piedi, togliendomi la maglietta. Stefano era lì, in ginocchio proprio davanti a me e mi guardava, dal basso, con i suoi magnifici occhi castano chiaro. Senza dire nulla, gli afferrai la testa e cominciai a scopargli la gola.
«Guardami mentre ti scopo la gola, puttana!» lui alzò lo sguardo. Gli occhi erano gonfi di lacrimucce e stava evidentemente gemendo, soffocato dal cazzo. “Sapevo che avrei fatto soffocare con il cazzone questa puttanella”. Gli forzai la testa verso la base dell’uccello. «Volevi dire qualcosa?» gli chiesi mentre aveva quasi tutto l’uccello in gola. Sorrisi e, dopo qualche meraviglioso secondo, mollai la presa, consentendogli di respirare. Un rivolo di saliva scendeva dal mio cazzo verso la sua bocca. Gli afferrai nuovamente i capelli con la mano destra. «Apri la bocca» ordinai. Appena Stefano ebbe aperto la bocca, mi avvicinai verso di lui e ci sputai dentro. Poi, gli spinsi nuovamente il cazzo in gola, scopando con sempre maggior foga.
«Ah sì cazzo!» esclamai, mettendomi le due mani dietro al coppino in una posa di rilassatezza.
Stefano cominciò a succhiarmelo, masturbandomi con una mano.
«Lo vuoi in culo, vero troia?»
Stefano annuì.
«Allora devi riuscire a ficcartelo tutto in gola. Ogni singolo millimetro. Devi arrivare al dito con le labbra» gli dissi, posando un dito sulla base dell’uccello.
Stefano prese fiato e, preso l’uccello in gola, si spinse verso la base. Toccò con le labbra il mio dito.
Io, di tutta risposta, gli diedi due schiaffi sulla guancia destra. «Eh brava la mia puttanella dalla gola profonda. Meriti il premio.» Così dicendo, lo feci alzare e andai verso l’armadietto che conteneva i preservativi e il lubrificante. «Il culetto è pronto?»
«Sì» rispose Stefano.
«Allora mettiti a novanta sul divano» gli ordinai. Misi velocemente il preservativo. “Durex XL invisible”, i migliori. Prima di mettere il lubrificante, mi avvicinai a Stefano, che nel frattempo si era messo a novanta. Posai il tubetto di lubrificante per terra. Afferrai con entrambe le mani le sue chiappe per scoprire bene il buchino. «Il buchino largo di una vera troia,» esclamai e, prima di ottenere una risposta, cominciai a leccarlo con la lingua, penetrandolo.
Stefano emise dei versi di piacere. Io continuavo a penetrarlo con la lingua, simulando di contare fino a dieci con la bocca, come mi era stato insegnato da un passivo amante del rimming. In questo modo, la lingua si muove meglio.
Dopo un po’, mi rialzai. Gli diedi una forte sculacciata. Stefano gemette. «Oh scusami, ti ho fatto male?» gli chiesi con un tono arrogante.
«Stronzo» rispose lui.
Presi il tubetto del lubrificante e ne misi un po’ sull’uccello e un po’ sul buchino. «Adesso vediamo quanto sei larga, puttana.» Mi misi dietro di lui. Cominciai facendo entrare piano la cappella. La sensazione era quella di un culo strettino. «Da quanto non lo prendi?»
«Un mesetto.»
«Allora ci andrò piano,» mi avvicinai con la bocca al suo orecchio, mentre la cappella era ormai dentro. «Almeno all’inizio» gli sussurrai.
Cominciai, piano piano, a farmi strada dentro di lui. Stefano gemeva sempre di più. Sentendo quei gemiti, aumentai la foga degli affondi. I suoi gemiti si fecero ancora più rumorosi. «Sono le quattro e mezza di notte, non vogliamo che i vicini ci sentano, vero?» dissi usando un tono quasi beffardo. Poi, facendo attenzione a non uscire dall’ano, presi da terra i miei boxer. «Lo faccio solo per i vicini» così dicendo, premetti i miei boxer sulla faccia di Stefano, tappandogli la bocca. «Così va meglio,» esclamai soddisfatto, mentre aumentavo il ritmo degli affondi.
Stefano girò leggermente la testa per un istante. Anche se l’espressione del suo volto era parzialmente coperta dai miei boxer, i suoi occhi parlavano chiaramente. Era la mia troia. “Sapevo che era una puttanella dal primo istante in cui ho posato gli occhi su di lui”. «Ti sta piacendo, vero, essere trattato da puttana?»
Stefano annuì, mentre soffocava un gemito.
«Allora apri bene il culo che te lo sfondo a dovere.» Infilai i boxer nella sua bocca e liberai la mano destra, cominciando con degli affondi più lenti ma molto più forti. «Apri bene il culo puttana! Così!» Anche i gemiti di Stefano si facevano via via più intensi. «Mi costringi a tapparti la bocca con altro allora» gli dissi con un tono che grondava di eccitazione.
Girai il busto di quarantacinque gradi, mantenendo sempre sull’uccello nel buchino. Lo stavo ancora scopando a pecora, ma di lato. Lo feci sdraiare completamente sul divano. Poi, con enorme soddisfazione, misi il piede sinistro sul suo bel faccino e ricominciai con degli affondi spietati. «La perfetta posa per la puttana che non sei altro. Scopata con i miei boxer in bocca e un mio piede in faccia.»
Andai avanti con quella posa per diversi minuti. Mi sentivo come un lupo che sbrana la sua preda, assaporandone il sangue. «Ti sta piacendo, vero troia?»
Stefano emise dei gemiti.
«Non sento» così dicendo, gli sfilai i boxer dalla bocca, mantenendo un piede schiacciato sulla sua faccia.
«Sì.»
«Vuoi che continui vero, puttanella?»
«Sì…» rispose Stefano emettendo un gemito.
«Dimmi che sei la mia troia e continuo. Dimmelo!» gli ordinai.
«Sono la tua troia.»
«Ripetilo, deve entrarti in testa.»
«Sono la tua troia.»
«Più forte troia! Il concetto ti deve essere chiaro»
«Sono la tua troia!» rispose ad alta voce Stefano.
«Indubbiamente, lo sei» così dicendo, rimisi i miei boxer nella sua bocca.
Poco dopo, fermai gli affondi. Lo girai e cominciai a scoparlo a missionario. Appoggiai la mia fronte sulla sua, guardandolo intensamente negli occhi. Più di ogni altra cosa, erano gli occhi a piacermi di lui. Sentivo che mi parlavano, che brillavano di eccitazione, che mi imploravano di continuare.
Dopo qualche minuto, senza dire nulla, presi Stefano e lo feci alzare, senza togliergli i boxer dalla bocca. «Vai al muro» gli ordinai.
Stefano ubbidì appoggiandosi al muro con i gomiti e portando indietro il culo.
Immediatamente, mi misi dietro di lui e cominciai a scoparlo di nuovo. Presi la sua testa con la mano destra e la premetti con forza contro il muro. Stefano mugolava. «Meglio, decisamente» esclamai.
Lo scopai in quella posa ancora per diversi minuti. Ormai, era passata più di mezz’ora. Presi i boxer dalla sua bocca e li tolsi. «Allora troia, adesso è venuto il momento di riempire il tuo bel faccino» gli dissi continuando a scoparlo. «Lo vuoi?»
Lui gemendo rispose «Sì!»
«Allora mettiti in ginocchio» uscii dal suo culo e sfilai il preservativo, lanciandolo per terra. Comincia a masturbarmi con forza.
Stefano si mise in ginocchio davanti a me.
Io gli afferrai la testa e la portai con violenza verso le palle. Lui cominciò a leccarle mentre io continuavo a masturbarmi. «Non vedi l’ora di avere la mia sborra in faccia, vero troia?»
«Sì ti prego» rispose Stefano con voce eccitata.
«Dovrei fare di più che pregare. Dovrei confessare.»
Stefano mi guardò un po’ perplesso.
«Se la vuoi in faccia, e non vuoi che io venga sul pavimento, dovrai confessare che non vedevi l’ora di essere la mia troia. Dovrei confessare che desideravi perdere, prima, in discoteca. Dovrai confessare che mi hai fatto vincere perché volevi essere scopata e volevi la mia sborra in faccia. Confessa!»
Stefano esitò.
«Confessa! Sto per venire. La schizzo sul pavimento sennò…»
«Confesso» rispose Stefano, quasi rassegnato ma sempre eccitato.
«Cosa confessi, troia?»
«Confesso che non vedevo l’ora di essere la tua troia. Confesso di aver desiderato che vincessi la sfida. Confesso di aver smesso volontariamente di baciare dei ragazzi per farti vincere.»
“Lo sapevo”, pensai. Con la mano sinistra continuai a masturbarmi con foga, mentre con la destra afferrai Stefano per i capelli. «Direi che te la sei meritata.» Così dicendo, emisi un gemito e cominciai a schizzargli sperma in faccia. Una, due, tre, quattro, cinque, sei schizzate copiose e potenti. Poi, il getto perse di potenza. Non smisi di tenergli ferma la testa. La sua faccia era ricoperta di strisce bianche che gli coprivano anche gli occhi, che nel frattempo aveva chiuso.
Per terminare, gli sputai in faccia.
«E brava la mia troia. La prossima volta, confessalo prima di fare finta di sfidarmi, così evitiamo di perdere tempo inutilmente» così dicendo, cominciai con la cappella a spalmargli sperma e saliva su tutta la faccia.
Senza che Stefano aprisse gli occhi, mi avvicinai a lui. «Confessa che ti è piaciuto un casino e che non vedi l’ora di rifarlo.»
«Confesso» rispose Stefano, sempre ad occhi chiusi.
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Prossimamente, la stessa storia narrata dal punto di vista di Stefano
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