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Lui & Lei

Lo specchio


di German82
15.01.2024    |    63    |    0 6.0
"Lui rimase sulla soglia impietrito..."
La pioggia sul parabrezza rendeva confusa e indistinta qualsiasi figura che fosse al di là del vetro, che poco dopo veniva terso da un rapido movimento che riportava la realtà negli occhi, per mutare nuovamente in qualcosa di incomprensibile. E quel ciclo ricominciava in modo interminabile quella sera.
Lui seduto in auto si aspettava di vederla apparire attraverso i vetri da un momento all'altro come succedeva ogni volta che la incontrava. Lei arrivava da dietro l'angolo di un edificio elegante a cinque piani che risaliva ai primi del 900. Con i cornicioni e le finestre alte contornate in modo classico. Lei arrivava sempre senza farsi attendere oltre due o tre minuti, senza che lui dovesse annunciarsi. Come per incanto. Ma ormai le sette di sera erano passate da un po' e al desiderio si era sostituito un senso misto di preoccupazione e dispiacere. Cosa le era successo? Che tipo di imprevisto? Oppure aveva cambiato idea e non voleva vederlo? Ripensò alle parole che lei aveva pronunciato dandogli quell'appuntamento, rivivendo l'emozione avvertita per la sua gioia. Concluse che non c'erano segni di incertezza nella voce di lei. Ricontrollò il telefono su cui non c'era traccia di avvisi. In ogni caso lui non avrebbe potuto scoprire facilmente cosa stesse succedendo, non poteva telefonarle liberamente. E quel senso di impotenza era paralizzante. Ma doveva sapere, anche a costo di subire i rimproveri di lei per non essere stato ai patti. Incurante della pioggia scese dall'auto e attraversò la strada. Non girò subito l'angolo dell'edificio. Si soffermò con le spalle al muro sul marciapiede, alzando lo sguardo al cielo come per ringraziare il tetto sporgente che aveva dato una tregua dalla pioggia. In realtà chiedeva a se stesso cosa stesse facendo. Lei non aveva rivelato dove abitasse. Forse non lì vicino. Forse utilizzava quella via per parcheggiare di nascosto. Decise che non poteva essere così complicato e girò l'angolo. Intimamente sperò di trovarsela di fronte ma invece vide solo un lungo marciapiede deserto battuto dalla pioggia. Il maltempo e l'imbrunire rendevano quell'uomo semifradicio di fronte ad un portone abbastanza anonimo e nessuno poteva sapere cosa stesse cercando. Lui stesso non lo sapeva. Di lei conosceva il nome, le emozioni, i desideri, le forme, l'odore... eppure tanta intimità non lasciava tracce da seguire. Già sui campanelli dell'edificio elegante, il primo, quello in angolo, aveva trovato scritto il nome come quello di lei. Ma lui aveva continuato la ricerca ancora per metà della via trovando lo stesso nome inciso su altre targhette. Non voleva suonare e sperava in un indizio piovuto dal cielo ad indicargli come agire, ma quella sera cadeva solo acqua. Tornò sui suoi passi mestamente ed ora completamente zuppo. Si fermò di fronte all'edificio del 900, divenuto l'ultimo sulla via del ritorno. Su uno dei campanelli sapeva già esserci quel nome. E quell'edificio dalle forme pronunciate, dall'aspetto seducente, che catturava lo sguardo ad ogni passaggio, gli pareva così adeguato alla propria amante che non potè resistere al varcarne la soglia quando udì scattare la serratura e vide aprirsi il portone per fare uscire un uomo incappucciato da un impermeabile. Mosso più dall'istinto che dalla volontà si mise alla ricerca della porta che avesse presente il nome della sua cara per inciso. Salì le scale in pietra, piano dopo piano. La sorte volle che il nome della donna apparisse accanto all'ingresso dell'appartamento all'ultimo piano. Dalla finestra sul pianerottolo notò che si poteva vedere la propria auto lasciata in strada. Capì come faceva ad essere così precisa ad arrivare. Capì anche che allora lei poteva essere veramente lì.
Restò immobile a contemplare l'elaborata porta di legno fino a che l'illuminazione a tempo riportò il buio. Dalla fessura che divideva le ante filtrava appena un bagliore. Una tenue luce calda che lui cercò di percepire con le mani tenute al freddo pocanzi, avvicinandosi e appoggiandole alla porta, che non era stata chiusa bene. Spinse l'anta e la luce dell'interno lo illuminò. Senza quella barriera un suono debolissimo e intermittente potè essere udito. Era il singhiozzio di un pianto, di una donna. Senza la certezza della ragione, bensì guidato solo dall'istinto, la sua bocca rispose a quel richiamo pronunciando il nome di lei. Una volta, due volte, tre. Seguì un silenzioso indeterminato, poi lei si manifestò. Si presentò silente, incredula. Lui scorse la sua figura in piedi riflessa in uno specchio incorniciato d'oro appoggiato sul pavimento di legno in fondo a quella stanza ampia. Lui rimase sulla soglia impietrito. Non riusciva a decifrare lo sguardo della donna. Capì soltanto che sarebbe dovuto entrare quando vide lei nello specchio sedersi a terra nel punto in cui si era fermata. Le si parò di fronte. Il trucco le era colato per le lacrime sulle guance in due lunghe strisce nere. I capelli biondi erano scomposti. Indossava calze seducenti e un body. Aveva l'aria di una ballerina stanca dopo un allenamento in cui era stata ripresa mille volte. In realtà era solo una donna a cui avevano impedito di vivere un sogno. Un sogno interrotto mentre cercava di trasformarsi in principessa per il suo principe. Ma come nelle favole lui era arrivato. Si guardarono a lungo in silenzio, che finì con un sorriso della donna. Poi lui si tolse il trench bagnato e si adagiò seduto accanto a lei ed ascoltò tutto quello che era accaduto in quella casa. Alla fine lei appoggiò la testa sulla spalla del compagno ed entrambi si misero ad osservare la figura che lo specchio rifletteva. La loro condizione improvvisata li divertì e piano piano quella sensazione prese il posto dello sconforto iniziale. Si guardarono e lei cercò le labbra dell'uomo, girandosi verso di lui. Tenendogli il viso, le mani accompagnarono il primo contatto che ebbero le labbra. Poi un secondo, che aggiunse un abbraccio. Poi un terzo che fece aprire le bocche e incrociare le lingue. Un bacio così passionale e desiderato che le coscenze si annullarono lasciando il posto all'ebrezza dell'eccitazione che si impossessò rapidamentde dei loro corpi. Lei si sedette su di lui e continuò a baciarlo passionalmente mentre sentiva crescere la sua eccitazione, che volle godersi pienamente iniziando ad ondeggiarvi sopra. Gli svestì il petto, lo morse e lo leccò sul collo fino a che lui non volle po' di quel controllo mettendola a terra, sfilandole le calze e il body. Lei rimase nuda in preda alla bocca del suo amante che la divorò in ogni parte. Dapprima lui esitava a regarle il piacere dove più ella desiderava. Quindi giocava con rapidi passaggi e sfioramenti. Ma poi anche lui desiderò sentire il corpo della donna contorgersi tra le proprie mani e alla fine la premiò. Le essenze della donna accrescevano l'eccitazione dell'uomo. Lei si sentiva turgida, eccitata. Sentiva che voleva accoglierlo, provava quel desiderio come fosse vitale, così si ritrasse e finì di spogliare il compagno. Si adagiò sui gomiti sul parquet e con un gesto delle gambe lo invitò verso di lei. Lo accolse e divennero un solo corpo. Lei godeva a sentirsi posseduta, a sentire quei movimenti prima forti e poi lenti fino a che non sentì la rigidità del suo amante diffondersi in tutto quel corpo muscoloso che premeva con tutta la forza dentro di lei.
Esausto lui si ritrasse e si appoggiò con la schiena al muro. Nello specchio vide lei gattonare verso di lui. La vide piegarsi in basso sul suo ventre. Si vide chiudere gli occhi e poi si ritrovò nel buio. Sentiva la voglia che ancora agitava la sua compagna tenere acceso il suo ardore e quando li riaprì vide la schiena riflessa di lei, seduta, che si muoveva su di sè. Ancheggiando lei lo cibava dei propri seni. Poi della propria bocca. E lui guardava e godeva di quella scena nello specchio. Il riflesso proiettava anche la porta d'ingresso che era stata dimenticata aperta. Così lo vide, lo stesso uomo incappucciato che aveva visto uscire dal portone era lì. Immobile e pesante come un sasso, appena al di là ancora nella penombra, chissà da quanto stava assistendo allo scempio della propria donna. Lui che poco prima era stato la causa del malesseree della compagna. Forse non si era accorto di essere stato notato. Chissà cosa ribolliva di fronte a quel tradimento.
L'amante pensò che quella era la giusta conseguenza per le sofferenze causate alla donna. E lo volle punire oltre. Volle che assistere all'adulterio non fosse sufficiente. Lo volle punire oltre mostrandogli quanto la compagna fosse donna. Donna in grado creare un momento di estasi assoluta. E allora iniziò ad assecondare con il proprio corpo i movimenti del bacino della donna. Sempre più velocemente. Sempre più profondamente. In quella sintonia le mani iniziarono a massaggiarle i seni, e senza perder di vista la sagoma nello specchio, ne fece scendere una dove i corpi si consumavano affinchè lei avesse ancora più piacere. E quando il corpo di lei non ne potè contenere oltre, la stessa esplose con gemiti che risuonarono nella stanza e che si fermarono per un profondo bacio in cui i due amanti parvero volersi fondere l'uno con l'altra. Lei poi staccò le labbra umide lentamente da quelle dell'uomo. Un filo di saliva si allungò tra le due bocche mentre i due amanti si fissavano negli occhi con aria viziosa.
E in quella scena di peccato consumato la sagoma nello specchio non esisteva più.
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