Lui & Lei

"G"


di baruchspinoza
01.08.2023    |    100    |    1 6.0
"Il bisogno di comprendersi, di capirsi, di non perdersi nel deserto mentale di una vita scarsa, incompiuta, imperfetta, colma solo di esperienze concrete,..."
"Sono un uomo e nulla di ciò che è umano mi è estraneo". Dunque l'antico commediografo romano riteneva che niente, proprio niente, di ciò che riguarda i comportamenti, gli atteggiamenti e i sentimenti umani fosse da rifiutare o da stigmatizzare senza averne fatto esperienza diretta.. Sono in completa sintonia con quel fulminante concetto. Ma forse la gente non si sofferma abbastanza a valutare la qualità e la potenza delle spinte che agiscono nel "sottosuolo" psichico e che suggeriscono di scegliere percorsi poco esplorati, come questo, sentieri percorsi da amanti della vita e della conoscenza come a volte noi stessi cerchiamo di essere, o vorremmo.
Cara G, quando ti stringo fra le braccia sempre guardo i tuoi occhi cercando di penetrare in luoghi ben più intimi di quelli del corpo. A volte vorrei evitarlo, mi sembra un comportamento molesto, disdicevole, sconveniente, ma poi in fondo a quegli occhi indovino una sorta di domanda inespressa che non riesce a essere formulata, non riesce a manifestarsi. Come se volessi chiedere qualcosa ma non sai cosa e vorresti che ti venisse suggerito. Non cerchi risposte, vuoi conoscere la domanda, la domanda da fare a un uomo che possa risponderti avendo egli stesso trovato, tramite quella domanda, la risposta per comprendere la radice ultima del desiderio umano. Tutte le donne che non abbiano abiurato al loro genere hanno la stessa pretesa, lo stesso bisogno. Il bisogno di comprendersi, di capirsi, di non perdersi nel deserto mentale di una vita scarsa, incompiuta, imperfetta, colma solo di esperienze concrete, a volte spiacevoli, quasi sempre insoddisfacenti.
Ti amo. Sei immediata e diretta nei comportamenti, sembra sappia cosa cercare, sembra sappia che forse non ti basterà l'intera vita per raggiungere la meta, il luogo dove posarti e infine godere compiutamente della propria esistenza. Ma sembra altresì che sia conscia che la cosa più importante, vitale e profondamente umana non sia raggiungere quella meta bensì tendere sempre verso quell'esito senza mai stancarsi, senza mai fermarsi a riposare. Tutto ciò parrebbe di difficile attuazione, ma non è così. Basterebbe scoprirsi e rischiare, augurandosi che l'altro ci imiti. E' evidente che si corrono dei pericoli, ma chi teme di addentrarsi nell'oscura e insidiosa foresta, non saprà mai nulla che non riguardi appena la propria rassicurante capanna. Io non gradirei esistere in questo modo. Finora ho vissuto "annusando" coloro che mi camminavano accanto. L'olfatto spesso ne è rimasto deluso ma chi non è disposto a rischiare e addentrarsi nella foresta dell'esistenza conoscerà soltanto gli odori della confortante capanna, ossequente all'esplicito invito a bere soltanto quello che gli viene offerto senza chiedere nulla di diverso e migliore, convinto che non ce ne sia. Ma se non si tenta la sorte, mai si saprà quali possibilità si sarebbero avute. Col tempo ho imparato che la vita si svolge specialmente nel nostro immaginario, nel nostro desiderare costantemente qualcosa che sappiamo sarà difficile o impossibile realizzare ma che siamo costretti a ricercare, a inseguire. Quello di cui parlo è roba che pochi conoscono, pochi percepiscono. E' come se le persone guidassero una vettura che ritengono non possa andare oltre un certo limite senza avere il coraggio, o la capacità, di verificare le possibilità del loro motore. Vedono gli alberi sui bordi della strada della loro esistenza sfilare lentamente e pensano di essere costretti a tenere quell'andatura, finché qualcuno non li supera velocemente. Si turbano, si dispiacciono, si preoccupano? Forse sì, ma senza chiedersi se quella possibilità potrebbe essere anche la loro e continuano a condurre con rabbia la loro sterile vita.
G, amarti è stata un'esperienza sorprendentemente emozionante, che mai avrei creduto di sperimentare. Tutto iniziò una domenica mattina nella tua casa di Amatrice (nomen omen). Mi accogliesti sorridendo, mi offristi calda ospitalità e un emozionante piatto di lenticchie. Ringraziai. Mi dicesti essere quello il modo in cui accoglievi gli ospiti, l'unico che conoscevi. Non riuscii a contare tutte le lenticchie nel piatto ma mi sono ripromesso di ricambiarne ciascuna con un atto d'amore nei tuoi confronti. E questa breve lettera, simile a un antico peana di ringraziamento, privo di alcun rammarico, è uno di quelli. Voglio che numerosi altri ne seguano. L.
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