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Gay & Bisex

Sirio prima volta


di Superperv
26.02.2024    |    7.912    |    8 9.7
"Beh se dovevo iniziare una carriera di prostituto, almeno che fosse alla grande, ecco a cosa pensai..."

Ciascuno scopre cose di sé stesso, e per ciascuno c’è un modo diverso: chi esplora prima i propri confini, chi lo fa dopo, alcuni si limitano ad avere dubbi che restano tali fino alla morte, altri ritrovano certezze, e altri ancora da una scoperta, passano ad un’altra, fino a ricostruire del tutto quel complesso puzzle che è la propria sessualità.
Nel mio caso il cammino avvenne per caso, anzi a causa della necessità che spesso crea le occasioni.
Per raccontare debbo, però, fare un passo indietro nel tempo e dare un contesto alla mia storia, perché ciascuno deve poter raccontare la sua verità, e non subire che altri la narrino al suo posto.
E allora consentitemi una premessa su di me, che non vuol essere una critica a chi mi ha generato, o a chi mi ha cresciuto; non intendo addossare colpe a nessuno, perché alla fine ciascuno è artefice del proprio destino, come suol dirsi: Faber est suae quisque fortunae
Quando avevo 4 anni mia madre mi prese con sé, ed un bel mattino scappò di casa col fratello di babbo, la sua migliore amica, ed Ale il figlio di lei, che era già il mio più caro amichetto.
Insomma, una sorta di piccolo harem attorno allo zio, il problema è che tutti e tre usavano stupefacenti pesanti, e lo zio, tanto bello, quanto volubile, a un certo punto abbandonò donne e bambini in una sorta di accampamento e sparì con qualche nuova illusa.
Essendo passati un bel poco di mesi , il babbo, che aveva già notato quanto io somigliassi a suo fratello, pur continuando a volermi bene, decise che non si riprendeva in casa una moglie fedifraga, ancora innamorata di un altro e in più ormai tossicodipendente.
Per le storture del mondo un qualche giudice accettò il loro accordo consensuale ed io rimasi affidato a mamma, la quale, a modo suo mi voleva bene, ma sia chiaro con tutto l’egoismo di chi davanti all’astinenza sgozzerebbe sua sorella.
Io avevo preso il meglio dei cromosomi di linea paterna e materna, a 14 anni ero più alto dei miei coetanei, magro e scattante, non muscoloso, ma neanche gracile, viso molto regolare, bel sorriso, grandi occhi verdi un poco a mandorla, capelli ricci e neri, labbra decisamente carnose, slanciato e con un culetto da calciatore in erba.
A 14 anni fumavo già le canne, e visto che in casa era passato di tutto, ci volle poco per passare anche ad altro, col che figurarsi se tornavo a rifare la terza media, e pure gli allenamenti di calcio passarono in secondo, e poi terzo, piano, fino a sparire.
A 15 anni mi arrabattavo rubacchiando per pagarmi la roba da fumare, cioè intendo l’eroina da fumare con le stagnole, mica l’erba che ormai consideravo “da bambini”; fortunatamente, limitandomi a fumarla, ero sì tossicodipendente, ma non avevo l’aria devastata di chi la roba se la sparava in vena.
Però coi furtarelli, e conseguente rivendita di roba da grande magazzino, si può arrivare giusto fino a lì, e purtroppo a me serviva di più.
Ammetto che avevo pensato più di una volta di far sesso con Ale, ma lui era il mio “fratellino”, cioè non era roba da froci, ed avevo una sorta di fidanzatina, che era pure più vecchia di me.
In effetti con lei mi sentivo controllato e dominato, cosa che mi faceva sentire bene, forse la roba mi piaceva perché era lei a controllare me, mica il contrario.
Nella mia testa c’era abbastanza confusione. Ma tutto cambiò un venerdì sera.
Io ero alla ricerca di un tipo che mi aveva promesso di dividere un poco di “nera”, e a me avrebbe fatto comodo, visto che non avevo una lira in tasca (a quel tempo esistevano ancora le lire, sarebbero sparite di lì a poco, ma c’erano ancora).
Era estate, si moriva dal caldo in quel luglio afoso di città ed io avevo addosso un paio di pantaloni che mamma aveva portato da un remoto viaggio in india, erano leggerissimi e tenuti su da una coulisse, sopra avevo una camiciola che, per quanto fosse leggera tenevo quasi del tutto slacciata, Niente mutande, non per fare il sensuale, solo perché non ne avevo trovate di pulite e mica potevo aspettare che si asciugasse il bucato.
Purtroppo Marco non si presentò, solito bidone, ma al tempo i cellulari erano roba costosa, e comunque visto che non c’erano le tariffe flat erano fuori dalla portata dei ragazzini anche se benestanti .
E così con l’innocenza che ancora tutto sommato avevo, ma guidato da un certo istinto che già non mi mancava, mi diressi verso una zona vicina alla stazione. Certo anche quella era una delle possibili vie per arrivare a casa, ma non era la più breve, e neanche la più illuminata.
In compenso mentre camminavo mi ricordai che Marco mi aveva detto di alcuni che andavano lì a vendersi a uomini, insomma, a fare marchette.
Avevo ancora qualche sigaretta del pacchetto sottratto al compagno di mamma, e ne accesi una, mi ero accorto che c’erano tipi che conoscevo, e non mi andava che pensassero che io…
E così mi fermai, per decidere se tornare indietro, oppure no, sperando che loro non avessero visto me, e proprio allora accosta vicino a me un macchinone di quelli da vero ricco, cioè uno di quelli che mica li prende in leasing il fruttivendolo sotto casa, o il ragionier Filini di turno.
Abbassa il finestrino, e sopra c’è un tipo strafamoso in città, di lui io, già al tempo, avevo pensato che uno così bello doveva fare l’attore, mica l’industriale.
Mi saluta e mi chiede cosa ci facessi lì, e se volevo un passaggio. Io accetto il passaggio, e malizioso gli chiedo cosa ci facesse lui da quelle parti..
Lui mi sorrise beffardo, era davvero un figo pazzesco, altissimo, muscoloso, faccia e colori un poco alla Kevin Costner, circa 40enne, di famiglia blasonata di titoli e soldi.
Beh se dovevo iniziare una carriera di prostituto, almeno che fosse alla grande, ecco a cosa pensai.
E così io gli chiesi se il passaggio me lo dava verso casa mia, o a casa sua. Finimmo a casa sua.
Ovviamente gli dissi che era la prima volta, insomma, che non si aspettasse esperienza o grandi cose. Lui, senza batter ciglio mi domandò quanto volessi per dargli anche il culo, oltre alla bocca, che evidentemente lui considerava il minimo sindacale.
Io rimasi spiazzato perché non avevo idea delle tariffe, così decisi di sparare in alto, ma evidentemente il mio concetto di alto non era poi così alto, visto che accettò e così mi ritrovai nudo a fare il mio primo pompino.
Lo aveva molto grosso, lo ha ancora molto grosso, ed io che di pompini ne avevo ricevuti, ma mai fatti, mi trovai da subito in difficoltà, eppure mi eccitava l’idea di essere puttana, di essere usato, comprato e usato, senza controllo su me stesso, avevo accettato una tariffa ed ora dovevo guadagnarmela.
Mentre succhiavo mi resi conto che non era solo la situazione a piacermi, erano anche il suo cazzo, e le use mani fra i miei capelli, oltre che la nuova e forte la sensazione di essere dominato, di essere carne da cazzo.
Forse esiste un talento innato nel succhiare, o forse è che un uomo conosce di un altro maschio cose che una donna ignora, o forse l’eccitazione mi rilassava l’esofago, fatto sta che lui mugolava, ed io sbavavo, ma ingoiavo centimetro dopo centimetro.
Quando iniziò ad aprirmi il culo con le dita io anziché irrigidirmi, lo lasciai fare, e provai piacere, e una gran curiosità di provare a prenderlo dentro, insomma succhiavo aspettando con ansia il passaggio successivo.
Sapevo che mi avrebbe fatto male, ma lo mettevo in conto, alla fine non sarebbe stato peggio di quando mi ruppi la gamba durante una partita.
Con quel pensiero in testa, mi diedi da fare al meglio che potessi per far godere quel maschione vincente e poderoso, così succhiavo e leccavo con vera passione, dal cazzo passavo allo scroto, succhiavo i suoi grossi testicoli e poi di nuovo la cappella, godendomi l’asta che mi scivolava in gola, sembrava che non avessi mai fatto altro in vita mia.
E intanto le sue dita scendevano, entravano nel mio buchetto, lo lubrificavano e aprivano preparando il mio sfintere a quello che ormai io volevo che succedesse, che succedesse subito, tanta era la voglia di provare.
E così, quando dopo baci, scappellotti, e un poco di dominazione che io accettai di buon grado, finimmo sul suo lettone, io ero già pronto al sacrificio della mia verginità, ed il mio cazzo era rimasto incessantemente duro ed eretto.
Lui entrò senza toppi convenevoli, cioè mi ruppe il culo di brutto, e mi fece davvero male, almeno all’inizio, ma poi, iniziai a rilassarmi, a non opporre resistenza, e la cavalcata divenne piacevole, oltre che dolorosa, certo ero una puttana, ormai anche l’ultimo brandello di dignità l’avevo buttato al vento, ma mi andava bene così, ed in più stavo iniziando a godere.
Sentivo la sua verga che mi apriva, mi sfondava l’ano, mi spaccava il culo e mi trasformava nel suo frocetto da monta, nella sua cagnetta.
SI muoveva dentro e fuori, con colpi forti e precisi, veloci, poi lenti, delicati e poi violenti, strappandomi gemiti e lamenti.
Fra male e piacere la mia prostata iniziò a mandare segnali di estasi sempre più forti e incontrollabili.
Ed allora la mente scattò in una sorta di paradiso, il suo cazzo mi apriva, sfondava e profanava ed io mi arrendevo al mio destino, non sapevo quale fosse, ma sapevo che passava da quel momento.
Le mie gambe lunghe e magre lo avvolgevano, volevo tutto il suo cazzo, mi faceva male, a mi faceva pure godere, per essere amato da lui avrei dato via tutto, volevo essere la puttana di quel maschio, ed esserlo per sempre.
Adoravo la sua voce profonda che mi insultava e mi facevano fremere le sue mani grandi e forti che mi tenevano, che mi davano colpi sul culo , e qualche sberla, come si fa con le vere puttane.
Ed ancor di più adoravo il suo cazzo che si prendeva il mio culo, e mi possedeva, adoravo il suo essere il maschio che decide, che paga e che chiava.
Venimmo nello stesso istante, sussulti, sudore, corpi inarcati e poi fiumi di sperma, il suo nel mio culo, ed il mio sparso sul mio ventre e sul mio pube.
Dopo la sigaretta di rito, mi indicò un bagno, lui ne usò un altro e quando io uscii c’erano i soldi pattuiti, più quelli per il taxi per tornare a casa, da quello compresi che mi voleva puttana, voleva umiliarmi e vedere fin dove arrivavo sul cammino che mi si apriva davanti.
Per averlo quella era la sola strada, ed io lo volevo, volevo essere suo, e quindi sorrisi, infilai i soldi in tasca e andai verso casa sapendo che il solo modo per rivederlo sarebbe stato tornare a battere.
Continua….
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