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Ora, però, sono io a raccontare. Ovvero "Intimo desiderio di una moglie 2"


di quartofederico
15.04.2023    |    5.623    |    6 9.8
"Con gli occhi appannati ancora dal sonno, lo salutai da lontano e corsi in bagno..."
Il "ti amo" uscì prepotentemente dalle mie labbra. Si girò e, incurante della gente, mi baciò sulla bocca.
"Pure io e tanto, ma tanto di più - disse - Durante la visita, ho avuto modo di leggere i messaggi che il tuo corpo comunicavano e, se lui, come sessuologo, conosce questo linguaggio, sicuramente avrà capito le tue intenzioni".
" Ma che dici? E cosa, mai, avrei trasmesso?" risposi un tantino preoccupata.
"Lo sfregamento delle tue mani, lo spostare i capelli per lasciare il collo scoperto, il movimento delle labbra e della tua lingua, il respiro profondo e poi i tuoi occhioni... Avevi due capezzoli duri e ritti e lui te li ha sfiorati facendoti sobbalzare. Lo stesso, quando, ha ispezionato i genitali esterni e ti ha toccato il clitoride: il soffocato lamento, non era affatto di dolore. Comunque, è stato bravo, si è sempre fermato al momento giusto, senza che la deontologia della sua professione venisse messa in discussione. Tu non te ne sei resa conto, ma io sì, questo è il mio mestiere! Anche in lui, però, ho notato qualcosa che depone a nostro favore, anche se, conoscendo la materia, è riuscito a contenersi"
Rimasi muta, rimuginando su quello che Federico aveva detto. Quindi, secondo lui, il mio corpo gli aveva comunicato quello che desideravo? Ne ero un po' scettica, ma l'idea mi piaceva da morire per cui volevo insistere ancora, ponendo la più totale fiducia in mio marito.
Mentre entravamo in casa:
"Quando lo contatti?" chiesi impaziente
"Non correre, vorrei far passare qualche giorno; non voglio scoprire subito le nostre carte. Deve, anche lui, aver desiderio di rivederti. Diciamo che lunedì, se prima non chiama lui, gli faccio una telefonata."
Ero agitata e, soprattutto, distratta. Rischiai di bruciare il sugo che stavo riscaldando, ma quello che mi dava da pensare era la calma, forse apparente, di Federico. Non ce la feci più e, a tavola, evitando il suo sguardo:
"Ma tu, cosa provi?" domandai a bruciapelo. Ci pensò per una manciata di secondi, e poi:
"Non ci crederai, ma il solo pensiero che un altro ti prenda tra le braccia, scatena in me un'eccitazione cerebrale che mi porta ad accettare, anche la sottomissione. Sensazione molto forte, che non pensavo mai di dover provare. Molti pazienti me ne parlavano, descrivendo quei momenti seppure imbarazzanti, ad alto contenuto erotico, ma, provarli di persona, è tutta un'altra faccenda. L'impulso è di fuggire, ma anche di gridare la gelosia che ti scoppia dentro e, poi, c'è quell'inevitabile sensazione di confronto con il maschio che tu hai scelto: l'invidia per quel pene che a breve di possiederà.
È un gioco a tre e ognuno di noi deve aver il suo ruolo."
"Ma il tuo, ti piace?"
Fece di sì con la testa e portò alla bocca la prima forchettata di pasta.
Mi sentii più tranquilla pure io. Quel vago senso di colpa che mi portavo dentro, riuscii a metterlo da parte. Piaceva pure al mio amore e, come poi ammise, anche l'assistere alla visita ginecologica l'aveva eccitato. Dovevo, ora, solo aspettare! Ma quell'attesa fece aumentare a dismisura la mia frenesia, tanto che, il pomeriggio successivo, sola in casa, mi stesi sul letto per riposare e invece...
Il primo sfioramento dei capezzoli, mi scombussolò la pancia e, più insistevo, più mi illanguidivo. Con la sinistra che accarezzava il seno e la destra che avevo spinto sul basso ventre, cominciai una lenta e stimolante masturbazione.
Il piacere scorreva lunga la spina dorsale e si concentrava prima nell'ano e poi, lungo il perineo, arrivava nella vagina, intrisa di appiccicosi umori. Il clitoride era ritto e duro e divenne dolente, mentre il piacere raggiungeva il culmine. Venni così, con gli occhi chiusi, per non perdere nemmeno un fotogramma del film che mi girava nella mente, nel corpo. Poi caddi in un sonno ristoratore e dormii quello dei giusti.
Mi svegliai allorché avvertii dei brividi di freddo; difatti ero ancora nuda o quasi e, fortunatamente, mentre mi rivestivo, sentii sopraggiungere Federico. Non volevo assolutamente che capisse che mi ero data piacere da sola, ma non desideravo affatto far l'amore con lui.
Con gli occhi appannati ancora dal sonno, lo salutai da lontano e corsi in bagno. Mi lavai il viso e poi lo raggiunsi in salotto. Aveva preparato per sé un mezzo bicchiere di vino bianco, freddo di frigo e, per me, uno di quegli analcolici rossi che a me piacevano tanto.
"Com'è andata?" chiesi curiosa.
"Se vuoi sapere se l'ho sentito, la risposta è no. Per il resto, a scuola ho interrogato e, allo studio, ho avuto un nuovo paziente con grossi problemi della sfera cognitiva comportamentale. E tu?"
"Sempre uguale e, siccome ho dormito tutto il pomeriggio e non ho preparato nulla per cena, stasera si va a cena fuori - e vedendogli spalancare gli occhi - Pago io, spilorcio!" Scherzai.
Uscimmo alle otto e mezzo e andammo a cena in un ristorantino piccolo, sul lungo mare.
Federico stava parcheggiando, quando squillò il telefono.
"È lui - disse guardando il display - rispondo?"
"Certo e metti viva voce: resto in silenzio".
"Ciao, dottore, come stai? Mi hai preceduto; ti avrei chiamato domattina".
"Sei a casa - chiese - Io ancora allo studio, ma ho finito. Chiudo e scappo, ho una fame da lupi, come vogliamo organizzarci?"
"Domani non faccio studio, perché non vieni a trovarmi, diciamo verso le quattro, così possiamo parlare con calma e chiarirci le idee".
"Ottimo, sarà un vero piacere, anche perché ho alcune cose da chiedere".
E prima che chiudessero la comunicazione, vidi Federico fare con la mano, unendo il pollice e l'indice a cerchio e spostandola da sinistra a destra, quel gesto che voleva dire "Come volevasi dimostrare!".
Era soddisfatto il mio uomo, ovvero il mio grande uomo, e scendendo dall'auto:
" Contenta?"
Il mio "sì" uscì da labbra ammiccanti e sorridenti!
La serata era bella, anche se fredda. Il ristorantino ben riscaldato ci fece sentire subito bene. Ero allegra e lui se ne accorse subito.
"Che gli dirai?" chiesi curiosa.
"Non lo so ancora, dipende molto da cosa lui ha intuito. Comunque, sarò molto prudente: farò in modo che sia lui ad entrare in argomento. In questi casi è meglio esser prudenti,"
"E se lui..."
"Tranquilla, lui...- scuotendo il capo - Mica vuoi esserci pure tu?".
"Non è troppo sfacciato? Magari lui si blocca e non si sbilancia".
"Facciamo così: tieniti nei pressi dello studio; chiamami alle quattro e mezzo e decidiamo, che ne pensi?"
"Ok, mi sembra una buona idea" come al solito aveva trovato la soluzione più giusta".
Tornammo a casa subito. Il freddo era aumentato e mentre io scappai in bagno per lavarmi i denti ed indossare il pigiamone, lui si attardò nello studio, per prendere un libro che si portò dietro. Lo sentii arrivare e, girata sul fianco, in silenzio, cercai di immaginare cosa potesse succedere il giorno dopo.
"Cos'è che leggi?" chiesi incuriosita.
"Debbo documentarmi su un paio di cose, riguardanti i problemi di quel nuovo paziente. Se non ti dà noia, la lucina, lo faccio a letto, così resto pure io al calduccio"
" Ok, fai pure, cerco di dormire. Buonanotte."
Mi addormentai non subitissimo, ma ero stanca e, prima che lui spegnesse la luce, caddi in letargo. La notte volò e il cicalino della sveglia mi destò ad un quarto alle sette.
Mi stiracchiai e mi girai dall'altro lato: in un piacevolissimo dormiveglia, ebbi modo di godermi altri cinque minuti di tepore. Poi, un bisognino impellente, mi fece scappare in bagno; poi raggiunsi Federico, mentre il borbottio della moka si fece più insistente.
" Buongiorno, dormito bene?" chiese.
Uno sbadiglio soffocato e un non convinto "si" furono le uniche cose che facevano intendere che appartenevo ancora a questo mondo. L'aroma del caffè che giunse alle mie narici, mi diede però una sferzata di energia e, finalmente, mi svegliai completamente.
Dopo ognuno di noi si rintanò nel proprio bagno e velocemente ci preparammo. Come sempre, finì prima lui e venendomi a salutare:
"Non dimenticare l'impegno di oggi. Ci sentiamo alle quattro e mezza".
Dimenticarmene? Come avrei potuto!
Fortunatamente in ufficio fu la solita routine, sia il mattino che il dopo pranzo e, alle quattro in punto, marcai il cartellino e, recuperata l'auto dal parcheggio, mi avviai verso lo studio di mio marito. Subii il normale traffico dell'ora di punta, ma arrivai a parcheggiare a cento metri dall'ufficio, in meno di mezzora. Aspettai ancora qualche minuto e poi composi il numero. Fece squillare cinque o sei volte, poi:
"Pronto, amore, dimmi tutto, dove sei?" risposi qualcosa e lui:
"Raggiungimi, così, dopo, andiamo via assieme - e prima di attaccare - C'è Mario, il dottore del consultorio, che certamente vorrai salutare".
Non riuscii a capire come stava procedendo il colloquio con il medico, ma ormai ero in gioco e...
Citofonai, attraversai il cortile a passo svelto. Prima che bussassi alla porta, si aprì ed entrai nel piccolo disimpegno.
"Disturbo?" chiesi e fui accolta da mio marito con un abbraccio. Sentii una voce provenire dal di dentro:
"Giuliana, vieni, tu non disturbi mai" era la voce del bel ginecologo.
Si alzò e mi tese la mano, che strinse calorosamente la mia.
Sicuramente Federico qualcosa doveva avergli detto, difatti il tono confidenziale ne era la conferma e, per lasciarli ancora liberi di parlare, mi sedetti su una delle poltrone del salottino, quella che mi permetteva di vedere la scrivania di mio marito. Vestiva un principe di Galles grigio chiaro, con una camicia di colore celeste pallido ed una cravatta blu. Lo stivaletto nero che calzava lo slanciava ulteriormente. Che eleganza!
Passò meno di un quarto d'ora e, quando vidi i miei due uomini alzarsi, mi portai verso di loro e Mario:
"Allora ci vediamo domani sera: sarete miei ospiti a cena".
"Per te va bene, cara? Anche se l'idea era quella di averlo ospite da noi?"
"Son convinta che non mancherà l'occasione" e oltre la mano, mi elargì un tenero abbraccio.
Lo accompagnammo alla porta e, recuperato loden e cappello, dopo avermi rivolto uno sguardo breve ma intenso, si allontanò.
Ero impaziente, volevo sapere cosa era successo, invece Federico, con tutta calma, si risedette in poltrona e guardandomi fisso negli occhi:
"Tieniti pronta per domani sera. Il mio l'ho fatto, ora devi esser tu a completare l'opera"
In effetti, illustrandogli il lavoro che faceva sulle coppie, gli aveva confermato che la trasgressione, spesso, può diventare uno strumento valido per giochi di coppia e che serve a, non solo, rinsaldare l'unione, ma a dare una svolta in positivo anche al rapporto affettivo della coppia stessa. Poi gli aveva chiesto se fosse impegnato e così seppe che era stato sposato, cui era seguita una lunga convivenza. Aveva due figli: uno dalla moglie e una dalla compagna. Entrambi i rapporti erano, allo stato, finiti ed era solo, ma dichiarava di esserne abbastanza appagato
Gli aveva anche detto della nostra crisi, dell'intima amicizia intrattenuta con Giovanni e della sua fine, per l'assillante attaccamento di quell'uomo. Le regole le stabilisce la donna ed i ruoli vanno rispettati. Rimase un solo momento perplesso, poi, con un sorriso sornione, affermò che qualcosa l'aveva capito, ma ora gli era tutto molto più chiaro.
"E l'invito a cena?" chiesi.
"Quello è arrivato prima, quando ho accettato di collaborare con il consultorio, come psicologo. Ha un paio di pazienti e, venerdì prossimo, avrò un primo colloquio con loro. Che ne pensi?"
Scossi la testa quasi a significare "che porco che sei!", ma, tutto sommato, ero contenta. Sapevo bene che, se fosse diventato suo amico, le cose per me si sarebbero messe meglio.
"E che dovrei fare, domani sera?"
Non rispose, ma raccolse le sue carte dalla scrivania e presami sottobraccio, lasciammo lo studio.
Mi accompagnò alla mia auto e prima di lasciarmi:
"Debbo pensarci; ne parleremo a casa".
Arrivò dopo di me, io mi tolsi le scarpe e stavo lavandomi le mani, quando sopraggiunse.
"Ti va un piatto di spaghetti al filetto di pomodoro? - chiesi giusto per avviare la conversazione - o vuoi qualcos'altro?"
"Vieni qua - prendendomi per mano - già ti anticipo che domani non succederà nulla; comportati come se non ci fossimo detti nulla; cerca di esser solo un tantino più civettuola. Prima di lasciarci, chiedigli un appuntamento per fare quell'ecografia che lui aveva suggerito al consultorio".
"Secondo te, gli piaccio?"
"Tanto e, come noi, non sta nella pelle aspettando che succeda..."
Cenammo e:
"Stasera ti voglio" chiese, quasi come ricompensa.
" Anche io" gli risposi, quasi in riconoscenza per avermi spianato la strada.
Finalmente, per la prima volta in vita mia, mi sentii una vera " puttana". Una dolce, felice puttana. Finalmente!
Non volevo far l'amore, volevo sesso, solo e tanto sesso, sentirmi presa, scopata e in cambio di qualcosa.
Volevo tutto, da quell'uomo che sapevo esser in grado di darmelo!
Mi lavai accuratamente e mi feci trovare nel letto sotto le coperte, ma nuda.
Non aspettai molto, arrivò in punta di piedi, sulla soglia della camera si spogliò e, anch'egli nudo ed eccitato, mi si intrufolò accanto. Era durissimo, una eccitazione che non l'assaliva da parecchio. Si girò sul fianco e lo sentii poderoso sull'anca.
"Stasera voglio tutto da te. Possiamo scordarci di Mario e pensare solo a noi due?"
Dissi di sì, ma mentivo. Purtroppo, il mio pensiero volava altrove. Mi lasciai andare, ben sapendo che la sua eccitazione era frutto del mio stesso pensiero. Mi leccò dalla fronte alla nuca, poi i capezzoli, e poi, giù giù, in mezzo alle gambe. Mi fece sobbalzare sul letto e si fermò come solo lui sapeva fare. Gli tenevo il cazzo duro e scappellato con la mano destra e, con l'altra, glielo carezzavo tutto intorno. Era umido, raccolsi i suoi primi umori e portai il dito alla bocca. Poi gli offrii il dito bagnato che lui cominciò a succhiare.
Mi scivolò addosso e, alzandomi il culo, mi puntò la cappella turgida e mi penetrò. Forse urlai, ma non lo fermai, anzi, alzai le gambe per farlo entrare più a fondo possibile. Lo sentivo pulsare dentro di me e, come cominciò a scoparmi, gli addentai la bocca. Mi sentivo un animale da monta, una cavalla con il proprio stallone, una vacca con il toro fecondatore. Lui resisté, mentre io venni e crollai. Mi lasciò respirare, poi
sfilandosi da me, me lo pose davanti agli occhi. Bagnato dei miei umori, lo baciai e lo inghiottii per poi cominciare a succhiare. Piegata su di lui, mi sentii carezzare il culo e titillare il buchetto.
Feci solo finta di resistergli quando sentii due dita penetrare quel foro, ma, staccandomi dal pene, mi girai e, guardandolo negli occhi, mi sedetti letteralmente sul suo cazzo. Lo sfintere ebbe una lieve quanto misera resistenza e, aiutandomi con le mani, che tenevano aperte le natiche, cedette come un pezzo di burro attraversato da un coltello caldo. Ero piena e seduta così, potevo imprimere il ritmo. Salivo e scendevo su quel paletto con una lentezza esasperante. Me lo volevo godere all'infinito.
Mio marito aveva gli occhi sbarrati e le mani scorrazzavano sul mio corpo, intente a stringere i seni ed a strizzare i capezzoli: mi sembrava di scoppiare da un momento all'altro. Solo per un attimo il mio pensiero andò a Mario: sarebbe stato in grado di prendermi così e darmi lo stesso immenso piacere?
Godetti di nuovo e bagnai il suo pube di un liquido biancastro. Fu allora che, attirandomi a sé, mi baciò sulla bocca e venne copiosamente nel mio ventre.
Smontai da cavallo solo quando mi sentii svuotata: il cazzo se ne era uscito dal culo che ora colava di crema biancastra.
Eravamo pari!!!
Sì, pari, avevo pagato il mio debito con lui e ne ero soddisfatta. Lui si pulì il cazzo e il pube ancora bagnato, mentre io, sporca e imbrattata, mi infilai nel pigiamone che lui mi stava porgendo.
Abbracciati, ma ben desti:
"Che pensi" chiese, vedendomi fissare il soffitto.
"Niente; sono sfinita, ma mi è piaciuto tantissimo. E a te?"
Non rispose, mi diede un bacio e girandosi dall'altra parte:
" Buonanotte" e, come me, non volle render palese che anche lui pensava a quello che doveva ancora succedere.
Dormii profondamente fino all'alba. Mi svegliai per correre in bagno. Poi mi ridistesi di nuovo vicino a Federico, che dormiva beatamente. Ero agitata o eccitata per l'incontro della sera? A fatica ripresi sonno e, quando mi svegliai ero sola nel letto. Mi stiracchiai e andai a cercare mio marito. Era in cucina, lo avvicinai da dietro e l'abbracciai.
"Dormito bene?" chiese, porgendomi la tazzina piena di caffè.
"Abbastanza, non come te, ma abbastanza" risposi, sorseggiando l'espresso.
"Oggi che ti va di fare: solito giro al centro commerciale?" domandò, quasi a minimizzare circa la cena con il dottore.
E così uscimmo e passammo mattinata e primo pomeriggio in giro per negozi. Mangiammo un panino con hamburger e patatine e tornammo a casa alle quattro.
"Non ha ancora chiamato?" chiesi perplessa.
"È ancora presto, vedrai..." mi rassicurò.
"Come mi vesto?"
"Fa freddo, mettiti elegante, ma pesante. Perché non indossi il tailleur nero?"
"Giacca e pantaloni? Camicia o maglia a collo alto?"
Volli farlo contento, per cui indossai giacca e pantaloni neri e maglioncino a collo alto, beige chiaro. Mi sbizzarrii, però, con l'intimo: mutandine alla brasiliana e reggiseno a balconcino nero, calze nere autoreggenti a rete."
Squillò il telefono, era lui, mi avvicinai per sentire e, dopo il suo ok, chiesi.
"Allora?"
Lo andiamo a prendere noi a casa sua, alle otto.
Scendemmo sotto braccio e in auto sedetti davanti, accanto al mio uomo.
"Debbo cedergli il posto?" domandai.
"No, resta seduta davanti: i giochi non devono cominciare subito." Sentenziò


(continua)
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