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Le lezioni di Genki


di Guzmeyer
17.07.2024    |    60    |    2 8.7
"Nulla nell’aspetto del ragazzo comunicava altro che bonaria diligenza e desiderio di compiacere i propri superiori..."
Il professor Genki Uchida chiuse il block-notes su cui aveva appena terminato di scrivere gli appunti delle lezioni per il giorno successivo e si stiracchió con un flebile lamento.
Mentre si alzava dal tavolo della sala insegnanti, vide la sua immagine riflessa sul vetro della cornice di un poster promozionale per le scorse olimpiadi.

Non male per un quasi-quarantenne.

Certo non era stato un Adone nemmeno a vent’anni, ma a parte un paio di dita di pancetta e qualche capello bianco nella folta chioma, faceva ancora una discreta figura in completo estivo.

Guardó lo smartwatch: era quasi ora del coaching di Yumi.

Nessun messaggio da casa.
Non era una novità: sua moglie Rumiko gli mandava stringatissimi messaggi solo ed esclusivamente se c’era qualche problema con i figli.

Radunó laptop, caricabatterie e i vari quaderni per gli appunti e si chiese se la donna che aveva scelto come compagna di vita gli avrebbe rivolto ancora la parola appena i bambini fossero cresciuti a sufficienza per lasciare il nido.

Adombrato,chiuse dietro di sé la porta scorrevole, mormorando un “Buona giornata” ai quattro colleghi presenti in quell’afoso pomeriggio estivo e si avvió verso la sala studi B3.

Mentre si dirigeva verso le scale, incroció nel corridoio il vecchio bidello Takashita, con la borsa degli attrezzi a tracolla, il quale gli rivolse un sorriso sghembo ed un educato inchino, che Genki ricambió.
Non si accorse dell’occhiata indecifrabile che l’uomo gli lanció da dietro le spalle.

Trovó Yumi Matsuno ad attenderlo, in compagnia del suo ragazzo, Suda fuori dalla loro classe.
Genki dedicò un paio di secondi a considerare come i due riuscissero ad apparire allo stesso tempo simili e diversissimi tra loro.

Entrambi emanavano un’aura di diligenza e professionalitá che sembrava quasi fuori posto in due studenti liceali. Le uniformi dei due erano perfettamente conformi alle norme del Liceo e immacolate, senza nessun elemento estraneo che comunicasse la loro individualitá, come invece era la norma per i loro coetanei.

C’erano tuttavia differenze profondissime tra i due.

Il volto occhialuto di Suda (per quanto si sforzasse, Genki riusciva a ricordare solo il cognome del giovane) sembrava mancare di qualsiasi tratto distintivo, quasi fosse stato generato artificialmente partendo dai connotati piú anonimi in un campione di 50.000 maschi Giapponesi.
Nulla nell’aspetto del ragazzo comunicava altro che bonaria diligenza e desiderio di compiacere i propri superiori.

Il bel viso di Yumi, al contrario sembrava perennemente bloccato in un’espressione di leggero disappunto, accentuata dalla forma particolare delle sopracciglia sottili (naturalmente configurate a qualche grado di inclinazione in meno della definizione generalmente accettata per “aggrottate”) e dagli occhiali, con le loro lenti piccole e rettangolari.

Genki la immaginava emanare dal corpo sottile e tonico un’aura tangibile di severa, disciplinata serietá e malcelato fastidio per le mancanze altrui.

L’unica concessione alla femminilitá tollerata da Yumi (escludendo l’uniforme, ispirata ai “sailor-fuku” dei tempi passati) era uno “scrunchie”, che le raccoglieva la chioma in una coda alla sommità del capo.

Appena si accorsero della sua presenza, i due cessarono la loro conversazione e si produssero in un inchino: appena accennato da parte di Yumi e piú profondo e ossequioso per Suda.

Genki ricambió imbarazzato: odiava quella parte.

“Yumi, Suda buon pomeriggio. Fa caldo anche oggi eh?”

Suda si portó la mano alla nuca e iniziò a balbettare qualche frase di circostanza, ma Yumi taglió corto: “La temperatura è perfettamente in linea con la media del mese di Agosto. Un pó di caldo non ha fatto mai male a nessuno. Se è d'accordo, Professor Uchida, vorrei proseguire con il tutoring”.

Suda si esibì in un largo sorriso e si piegò ad angolo retto, in un profondo inchino.

“Le sono immensamente grato per l’inestimabile aiuto che sta prestando a Yumi per la sua tesina”

Era troppo per Genki.

“Sul serio Suda, non è nulla".

Yumi annuí, lanció un’occhiata indecifrabile al suo fidanzato e si incamminó verso la rampa di scale. L'insegnante mormoró un saluto al sorridente teenager e si affrettó a seguirla.

La saletta studi B3 era stata un’area studi temporanea durante i lavori di costruzione della nuova ala del liceo Yamazaki.
Tra tutte le stanze adibite alla stessa funzione era forse la più remota, trovandosi giusto dopo i vecchi spogliatoi femminili, nel seminterrato.
Si trattava di una saletta di tre metri per quattro, senza finestre, con un piccolo tavolo, tre sedie e uno scaffale colmo di vecchi libri di testo, protetto da una teca di vetro di cui erano da tempo state smarrite le chiavi.

Genki si sedette sulla sedia, asciugandosi i palmi delle mani sui pantaloni di tela.

Non riusciva ad abituarsi.

Yumi, con la solita efficienza si era giá tolta la gonna plissettata dell'uniforme e si stava sbottonando la camicetta.

“Oggi, Professore” spiegó con il consueto tono professionale “Se non ha obiezioni, proveremo una pratica nota come “hotdogging”.

Tutto era iniziato un mese e mezzo prima.

Il Liceo Yamazaki aveva aderito a un’iniziativa nazionale, volta a celebrare il “Mese della Cultura”.
Agli studenti piú meritevoli di ogni anno era stato chiesto di redigere un elaborato che celebrasse la cultura Giapponese nei secoli.

Genki non fu stupito fosse stata scelta Yumi - i suoi voti parlavano da soli- ma fu letteralmente sbalordito che lei gli avesse chiesto delle sedute di coaching private.

A quanto pare, la ragazza aveva deciso di analizzare il rapporto matematico nella composizione sillabica di poemi Tanka e Haiku nel corso dei secoli.
Sosteneva quindi di aver bisogno di aiuto dall’insegnante di Letteratura Giapponese - il Professor Genki Uchida.

Yumi aveva richiesto la sua presenza nella saletta B3 un torrido pomeriggio di Giugno.

Seduto al tavolo con la studentessa, Genki aveva appena iniziato a esporre le sue idee sulla composizione quando - con immensa sorpresa - sentí qualcosa afferrargli il pene attraverso i calzoni.
Sbigottito, abbassó lo sguardo.

Vide una mano stringergli il pisello.

Quasi in uno stato di trance, seguí con lo sguardo il braccio a cui la mano era attaccata ed arrivó ad un paio di spalle, dalle quali partiva un collo sottile che culminava in una testa con l’impassibile volto di Yumi.

Se la fanciulla provasse anche solo uno iota di imbarazzo, non lo dava assolutamente a vedere.

“Professor Uchida: la prego, mi consenta di masturbarla”.

Passato lo shock iniziale, Genki riuscí a concentrarsi sulle parole della sua allieva, alla disperata ricerca di una spiegazione.

La tesina era già stata redatta giorni prima, era di eccellente qualità e non necessitava di input da parte del docente.

La natura dell’aiuto richiesto era di tutt’altra natura.
Yumi e il suo ragazzo, che anche lei chiamava per cognome - Suda, avevano iniziato a essere sessualmente attivi poche settimane prima.
L’esperienza era stata gradevole principalmente per il giovane studente - decisamente meno per la sua fidanzata.

Con gli esami alle porte, Yumi sentiva di avere bisogno di regolare e soprattutto appagante attività sessuale per scaricare lo stress dello studio.

Sperimentare posizioni e giochi con Suda le sembrava un modo inefficiente per pianificare un’azione correttiva - troppe possibilitá di errore, troppe variabili, troppi vicoli ciechi.

Il fidanzato aveva infatti dimostrato scarsa ricettività per qualsiasi attività di coppia esulasse dalla posizione “del missionario”, che sembrava soddisfarlo pienamente.

Il piano di Yumi era di testare nuove pratiche erotiche con un partner di provata esperienza e discrezione - Il Professor Uchida - per poi integrarle nel rapporto con Suda, efficientemente e rapidamente.
Ovviamente, sarebbero state poste in essere le necessarie precauzione, come l’obbligo imprescindibile dell’usare mezzi di contraccezione (ad eccezione delle pratiche non-penetrative) e l’uso di una “safeword” - una parola non di uso comune da utilizzarsi per segnalare al partner la necessitá di interrompere immediatamente l’attivitá.

Ovviamente, per il bene della relazione tra Yumi e Suda, quest’ultimo doveva rimanere all’oscuro dell’intera operazione.

Perché proprio lui, chiese Genki?

Il Professore - rispose la giovane - era noto per l'affidabilità, dedizione al lavoro e la disponibilità nell’aiutare i suoi studenti.
Inoltre, stando ad alcuni pettegolezzi carpiti in classe, il suo rapporto con la moglie era in crisi (qui Genki ebbe un doloroso sussulto) dalla nascita dei figli.

Era dunque ragionevole supporre che il Professore non godesse di una gratificante vita sessuale, come ulteriormente confermato dal fatto che il suo membro era in piena erezione nella stretta di Yumi, la quale non aveva allentato la presa per un secondo, durante la lunga spiegazione.

Oltretutto, in ossequio alla dottrina “MAD” (Mutual Assured Destruction - Distruzione Reciproca Assicurata) risalente ai tempi della Guerra Fredda, se uno dei due avesse deciso di danneggiare il partner, l’altro avrebbe avuto elementi per rivalersi, rovinando la vita privata e professionale del traditore.

La ragazza si aggiustó gli occhiali, una maschera di imperturbabile serietá.
“Professore, la prego di aiutarmi”.

La “seduta di masturbazione” (Yumi si rifiutava di chiamarla “sega”) duró poco piú di dieci minuti e si consumó con Genki seduto su di una delle sedie della sala B3 e la studentessa in ginocchio davanti a lui, la camicetta sbottonata - in quanto fu stabilito che lo stimolo visuale avrebbe velocizzato il processo.
Fu seguita, due giorni dopo, da una fellatio (che Genki trovó eseguita con sorprendente perizia, per una ragazza che aveva iniziato a fare sesso solo poche settimane prima) e da un cunnilingus seguito da una vera e propria scopata (“rapporto penetrativo”) sul tavolo il Venerdí.

Il professore provava sentimenti contrastanti per quella che era - a tutti gli effetti - una relazione ambigua, probabilmente illegale.
Si sentiva in colpa per il povero Suda (non abbastanza peró, da ricercarne il nome completo) e per sua moglie Rumiko.
Era pur vero che, nel caso di quest’ultima, la passione che aveva contraddistinto i primi anni del matrimonio, era andata scemando fino a sparire del tutto. Era ormai quasi un anno che i due non facevano l’amore e Genki sospettava avesse un amante.

Durante il sesso, Yumi manteneva la stessa espressione di severa professionalitá di sempre, condita da una punta di apparente, malcelato fastidio - lasciando trapelare solo dei piccoli mugolii, quasi impercettibili, sincronizzati ai movimenti del suo partner, tanto che per un pó Genki pensó che non trovasse il sesso piacevole tout-court.

Si dovette ricredere quando Yumi, un piovoso lunedí pomeriggio in cui lo stava cavalcando su un tappetino da Yoga, si lasciò sfuggire un sonoro vagito, tremando per pochi secondi…
Salvo poi ricomporsi immediatamente, complimentandosi pacatamente con il professore per la “prestazione nelle aspettative”.

Genki sospettava che Yumi trovasse gradevole il sesso con lui, ma che avesse deciso di nasconderlo sotto una maschera di algida serietá.

Eppure, in certi frangenti, la barriera che la giovane poneva tra loro si incrinava .

A volte i pompini (“rapporti oro-genitali”) si facevano impercettibilmente piú intensi e rumorosi mentre lei sembrava cercare il contatto con i suoi occhi, con le guance che si deformavano nel tentativo di aderire alla sua asta.
In altre circostanze, le mani di Yumi correvano ai piccoli seni per un secondo o due mentre lui la penetrava - quando ciò succedeva, se credeva di non essere vista, la studentessa si mordeva brevemente il labbro inferiore.

Genki aveva iniziato a provare gusto per quella strana relazione - al netto della costante paura di venire scoperti, con le terribili conseguenze del caso.
Ciò che provava per Yumi - a parte una notevole, comprensibile attrazione fisica - era affetto misto a una punta di tristezza.
Trovava infatti incomprensibile il continuo, costante desiderio della ragazza di contenersi in quelli che, per definizione, erano momenti di puro abbandono al piacere.

Sta di fatto che né lui né Yumi erano pronti a quello che sarebbe loro successo in quel torrido pomeriggio estivo.

Lo “hotdogging”, spiegò Yumi mentre si abbassava le mutandine, era anche conosciuto come “Assjob”. Entrambi i termini erano, ovviamente, inaccettabili - sarebbe stata sua cura proporre un termine meno scurrile.
La pratica consisteva nello sfregare ritmicamente il membro maschile tra le natiche della partner, che nell’allegoria del nome inglese dovevano rappresentare le due metà del panino che avrebbero accolto la “salsiccia”.
La variante che avrebbero testato, prevedeva che il professore si sedesse sulla sedia e che Yumi strofinasse le natiche sulla di lui erezione - che per inciso era già turgida grazie alla visione del sedere ben tornito della fanciulla.

Calati pantaloni e boxer, Genki prese la bottiglietta di lubrificante dalla sua borsa, ne spalmò una buona quantità sul membro e si sedette sulla sedia, il cuore in tumulto.

Yumi era completamente nuda, se non per sneakers e calzini.
Anche se non era la prima volta, la visione del fisico asciutto, dei seni piccoli ma aggraziati e del pube rasato, fece deglutire Genki.

Con il consueto aplomb, la fanciulla si giró di schiena, si piegò appoggiando le mani sulle ginocchia, arretrando cautamente finché il pene pulsante del docente si trovó a contatto con il solco delle natiche.

La ragazza giró il capo e guardó Genki, il quale annuí, poggió le mani ai lati del sedere di Yumi, spingendole contro il suo uccello.

Il contatto con la pelle morbida fece sussultare i muscoli del suo pene, causando un ulteriore indurimento e inviando scariche di piacere nel suo corpo.

La studentessa iniziò a muovere ritmicamente il sedere su e giú, tra i rumori bagnati causati dal lubrificante.

A Genki mancó il fiato per un secondo ma si riebbe quasi subito.

Se Yumi trovasse tutto ciò piacevole, non era dato sapere.

La ragazza aumentó il ritmo e Genki si trovó a digrignare i denti.

“Professore, come valuta l’esperienza finora?” chiese Yumi.

Genki non capí mai con precisione cosa scatenó quanto successe immediatamente dopo.

L’unica cosa certa era che la domanda di Yuki (che peraltro chiedeva ad ogni rapporto, con la stessa identica formulazione) aveva innescato in quel preciso frangente un qualche processo mentale.

Forse la frase ridicolmente affettata della ragazza aveva fatto traboccare un vaso che l’uomo non sapeva nemmeno di avere, oppure il suo corpo aveva colto la situazione prima della sua mente conscia e aveva formulato un piano d’azione a sua insaputa.

Sta di fatto che senza preavviso, Genki si alzó dalla sedia, afferró i polsi di Yumi e con un moto d’anca, spinse il suo pene (abbondantemente cosparso di lubrificante) nell’ano della ragazza.

Yumi si irrigidí di colpo, un grido di sorpresa strozzato in gola, sbalordita.

Genki dal canto suo, in preda a un fuoco primordiale aveva iniziato a muovere il bacino avanti e indietro, penetrando lentamente lo strettissimo buco di Yumi, ogni colpo leggermente piú in profonditá.

La ragazza sembrava in preda a un parossismo: cercava di liberare le braccia dalla presa del professore e provava ad articolare parole che però uscivano dalla sua bocca mozze e prive di senso, mischiate ad un ritmico, convulso ansimare.

Quella parte di Genki che ancora era capace di pensiero razionale, sapeva che Yumi poteva in qualsiasi momento pronunciare la safeword concordata “Urashimataro” e lui si sarebbe dovuto fermare - e possibilmente far fronte ad una studentessa ferita ed adirata.

Tuttavia, il nome del personaggio delle fiabe Giapponesi, tornato al suo mondo dopo cent’anni spesi a gozzovigliare in un palazzo sotto al mare, non sfioró le labbra di Yumi, quel pomeriggio.

Il Professor Uchida in seguito si sarebbe chiesto se, in preda a quel fuoco primordiale, si sarebbe comunque fermato anche se Yumi avesse usato la safeword.
La risposta non gli piacque.

Via via che il ritmo aumentava, le resistenze della ragazza sembravano venire meno.
Nella foga del momento aveva perso gli occhiali e il suo ansimare si stava convertendo in sonori gemiti di piacere.

Il cazzo di Genki appariva per poi scomparire nuovamente tra le chiappe di Yumi con il ritmo del pistone di una locomotiva ormai, tra gli osceni risucchi causati dal lubrificante e il vivace schiaffeggiare del suo bacino sule chiappe di lei.

L’uomo allungó una mano sulla passerina di lei e la trovó semiaperta e grondante.

Yumi alzó gli occhi al cielo e si morse ferocemente il labbro inferiore per impedirsi di gridare al contatto con le sue dita.

Man mano che lo “spontaneo atto di sodomia” (“Inculata”, corresse mentalmente Genki) proseguiva, agli occhi del docente l’aspetto della ragazza stava subendo una meravigliosa metamorfosi: Yumi era sorridente e serena - i tratti del suo viso apparivano dolcissimi ed aggraziati.

Era il volto di una Dea, la cui gioia di essere viva risplendeva come un piccolo sole, una stella alimentata dal desiderio - giovane ed allo stesso tempo vecchio come il mondo - di dare e ricevere amore.
Se alla Nike di Samotracia fossero ricresciuti testa ed arti,sarebbero stati quelli di Yumi, con la stessa espressione di quel momento.

Non era stato lo specifico atto sessuale di per sé a far crollare la fortezza/prigione della giovane studentessa.
Era stata la perdita - seppur momentanea - di quel controllo tanto bramato. L’essere in balía di un altro essere umano, quella momentanea impotenza che Yumi aveva rifuggito - e forse inconsciamente bramato - per tutta la sua esistenza, aveva infine liberato la sua vera essenza.

Uchida era quasi giunto al limite e cosí sembrava essere la sua partner - il sorriso stava lasciando il posto ad un'espressione di inequivocabile godimento e i gemiti si facevano piú lunghi e simili a lamenti.

Genki, mosso da un qualche demone finora sopito, strinse con maggiore forza i polsi della ragazza e senza smettere di penetrarle lo sfintere, si piegó su di lei, sussurandole all’orecchio una singola parola, dal deflagrante potere di una bomba nucleare:

“Troia.”

Nello spazio di un istante, Il volto di Yumi divampó di un rosso acceso, gli occhi si spalancarono la bocca si contorse in una smorfia oscena. Il colpo inizió a tremare convulsamente mentre rivoli di umori scivolarono lungo le gambe snelle.

Anche Genki esplose dentro di lei, rovesciando il capo con un sonoro singulto e pugnalandole il retto con un ultimo, poderoso colpo d’anca.

Entrambi barcollarono per un secondo o due, mentre lui scivolava fuori da lei in un trionfo di seme candido.

Genki crollò sulla sedia e lei gli cadde in braccio, il volto affannato ma sereno.

Ancora ansimante, una sorridente Yumi gli accarezzó il volto e gli bació il petto.

Come ogni pomeriggio, Suda aspettava la fidanzata fuori dai cancelli della scuola.

Yumi lo aveva informato via SMS che avrebbe fatto tardi - ed infatti il sole stava tramontando, conferendo a cose e persone una romantica sfumatura rossastra.

Docente ed allieva uscirono dalla porta principale.

Genki accompagnó in silenzio la ragazza fin quasi alla cancellata e rispose al profondo inchino di Suda.
Riguadagnata l’usuale compostezza, Yumi lo salutó con un cenno del capo e raggiunse Suda.
I due si incamminarono, borse scolastiche alla mano, verso il tramonto.

Mentre il suo fidanzato pontificava su chissà quale argomento, Yumi lanciò un paio di occhiate furtive attorno a sé, quasi a sincerarsi che non ci fosse nessuno intorno a lei.

Rallentó brevemente il passo mentre il fidanzato continuava ignaro il suo misterioso monologo, si giró verso il Professor Uchida e portandosi il pigno semiaperto all'altezza della bocca, estrasse la lingua e per un secondo o due simuló di leccare un glande invisibile, strizzandogli l’occhio.

Genki rimase lí, immobile, tra il frinire delle cicale al tramonto, con il cuore in subbuglio e un alzabandiera nei pantaloni.
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