tradimenti
L’amica di mia moglie
di visroboris
23.02.2019 |
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"Era tutta bagnata per l’eccitazione, lei ebbe un sussulto, fece un sospiro lungo, quasi un sibilo, ed inaspettatamente mi allontanò spingendomi..."
Questa vacanza estiva in barca in Sardegna si presentava piuttosto complessa. Eravamo il solito gruppo di amici e di barche, da anni facevamo le vacanze estive assieme in giro per il mediterraneo. Ma il fatto che mia moglie avesse invitato la sua amica Simona, che stava attraversando un periodo difficile con il marito, a trascorrere una settimana con noi, da un lato mi faceva piacere dall’altro era fonte di preoccupazione. Ero certo che mia moglie non fosse a conoscenza di quell’episodio, di quel segreto che condividevo con Simona, che entrambi avevamo sepolto e del quale non avevamo mai più parlato. Ma la cosa mi preoccupava comunque.Tutto era partito una domenica di aprile, era un periodo difficile per me e mia moglie, litigi continui e molto spesso senza un motivo reale, avevano indubbiamente incrinato il rapporto. Quella domenica mattina di sole eravamo andati con alcuni amici a prendere un aperitivo in un wine bar molto carino in centro, con i tavolini all’aperto. La voglia di stare all’aria aperta nelle prime belle giornate primaverili è comune a tutti. Il centro era molto affollato, ma i miei amici del wine bar, lì dove avevo mosso i primi passi da “sommelier per passione”, furono come sempre molto disponibili e ci portarono fuori un tavolino. Ci accomodammo tutti a bere un buon bicchiere di vino gustando salumi e formaggi sempre molto ricercati e particolari, caratteristica di quel posto. Intanto ci godevamo il sole ed il passeggio, facendo anche un po’ di public relations. Tra un sorso di Ruinart Blanc de Blancs ed un boccone di Ossocollo di Mangalica, si avvicinò al nostro tavolo un’amica di mia moglie che venne a salutarla. Si chiamava Simona, erano amiche dai tempi dell’università, ora non si frequentavano molto ed io l’avevo incrociata con mia moglie un paio di volte. La invitammo a sedersi con noi. In maniera del tutto casuale iniziammo a chiacchierare, era una persona molto piacevole ed interessante. Per circa una mezz’ora, mentre gli altri parlavano di viaggi e di vacanze, noi rimanemmo quasi astratti da quel contesto, non ricordo cosa ci dicemmo o di cosa parlammo, ma conservo nitida la sensazione di serenità che mi lasciò quella conversazione. In un periodo piuttosto burrascoso quella serenità era come oro e quella donna a me quasi sconosciuta mi aveva ammaliato con i suoi modi gentili e con i suoi pensieri che abilmente riusciva a comunicare scegliendo sempre parole appropriate. Ma tutto è destinato a finire e Simona, guardato l’orologio, si alzò e si congedò dicendoci che doveva raggiungere il marito. Mi alzai per salutarla, ci togliemmo entrambi gli occhiali da sole per scambiarci un cordiale bacio sulla guancia ed i nostri occhi si incrociarono per la prima volta, senza quegli schermi oscurati che fino ad un attimo prima ci avevano protetto, in ogni senso. Durò forse 1 secondo, forse meno, ma fu una sensazione indescrivibile, io avevo visto attraverso quegli occhi verdi e profondi l’anima di quella donna, lei si era aperta a me, ad uno sconosciuto, senza più scudi e protezioni, in quegli occhi avevo visto tutta la tristezza e l’amarezza, una grande passione repressa, sofferenza, ma anche tanta speranza. Ebbi anche la netta sensazione che anche lei col suo sguardo penetrante avesse visto dentro di me più di quanto io volessi far trasparire. Poi in un attimo tutto passò e le sensazioni provate sembrarono solo fantasie, Simona si allontanò ed io tornai alla mia compagnia. Ero certo che difficilmente l’avrei rivista, ma quella sensazione di serenità mi accompagnò per diverse ore. Almeno fino a sera, quando l’ennesimo litigio con mia moglie mi riportò alla realtà. Stanco di litigare, mi misi la tuta e le scarpe da jogging ed andai a correre per rilassarmi un po’. Mi diressi in villa comunale con le cuffiette nelle orecchie e la musica ad alto volume. Quella musica che mi piaceva tanto da ragazzo, quel rock duro che amavo tanto suonare alla chitarra con i colleghi di università. Una musica per caricarsi, per non pensare. Arrivato in villa cominciai a girare in tondo, un percorso quasi obbligato, che al mattino presto e dopo il tramonto si popola di uomini e donne in scarpe da ginnastica, una popolazione eterogenea che gira in tondo come in un girone dantesco. Non amo quel posto, ma quella sera non avevo voglia di prendere l’auto per allontanarmi, volevo solo correre ed ascoltare la mia musica, quindi ero lì a girare in tondo come tutti gli altri.
Fu proprio mentre giravo, con la mente svuotata e nelle orecchie More than Words, la più bella ballata degli Extreme, che una immagine attirò inspiegabilmente la mia attenzione. In mezzo a tutte quelle persone che mi precedevano correndo c’era una testa, una capigliatura che era riuscita a farmi risvegliare da quel torpore mentale. Accelerai il passo...non volevo illudermi...non era possibile...era una casualità troppo improbabile - ed io non ho mai creduto al caso - mentre questo turbinio di pensieri mi frullava nel cervello l’avevo quasi raggiunta e sempre più nitidamente, nella penombra, riconobbi Simona.
In quel momento una sensazione quasi adolescenziale mi aggredì, ero emozionato, ma ero anche teso, ero preoccupato perché stavo per fare qualcosa di sbagliato. Ma cosa? Mi ripetevo, ero in mezzo a tanta gente che correva, ed anche se incontravo una donna e parlavo con lei, cosa c’era di male? Ma di nuovo l’ansia mi colse, come se fossi certo che quella cosa avrebbe avuto dei risvolti ben più gravi. Ma gravi rispetto a cosa? E soprattutto basandomi sull’illusione di uno sguardo fugace che, quasi sicuramente, era una mia fantasia? Mi decisi, mi accostai e la salutai. Fu molto cortese, ma nulla più, continuammo a corricchiare insieme parlammo del più e del meno, ma dell’intensità della mattina nemmeno l’ombra. Da un lato ero sollevato, avevo avuto ragione, non c’era niente di male, dall’altro ero deluso, più del mio sesto senso, di cui andavo molto fiero, che di altro. Mi ero evidentemente illuso su tutto, eppure lo sguardo di quella mattina...gli occhi non mentono! Non so se mi venne naturale o fu il mio ego ferito, che non voleva arrendersi all’evidenza, ma improvvisamente le chiesi se le andava di andare a prendere un bicchiere di vino, le confessai del litigio con mia moglie e che non volevo rientrare subito a casa per non ricominciare. Inaspettatamente lei mi confessò che qualcosa aveva percepito quella mattina e che anche lei stava attraversando un periodo difficile a casa e quella sera il marito era andato a casa di amici a vedere una partita, quindi non doveva rientrare a casa per preparare la cena. Mi chiese solo di passare prima da casa sua, che era lì vicino, per potersi cambiare i vestiti sudati. Ci incamminammo verso casa sua e parlammo, come fossimo vecchi amici, confidandoci l’un con l’altra, raccontandoci le nostre vite ed i nostri problemi. Da lì in poi nei miei ricordi tutto va ad una velocità doppia, viene accelerato, in maniera naturale, quasi come se fosse inevitabile. Io che arrivo sotto casa sua, lei che mi dice di salire per rinfrescarmi prima di uscire, io che appena dentro casa sua, con lo stesso fremito di un ragazzino, la cingo da dietro la volto verso di me, la guardo negli occhi per un istante e la bacio. Passato il primo momento di smarrimento che lessi nei suoi occhi, ricambiò subito il mio bacio, facendo venire fuori tutta la passione che aveva chiusa dentro da chissà quanto tempo. Ci baciammo a lungo, non riuscivamo a staccarci l’uno dall’altra. Intanto le mani correvano sui corpi sudati. Lei infilo le mani sotto la mia t-shirt e cominciò a carezzarmi il petto. Io le aprii la zip della tuta lasciandola in reggiseno. Aveva un bel seno tondo, grande, sodo. Ero curioso di vederle i capezzoli, sollevai il reggiseno da un lato, scoprendo la mammella e mettendo a nudo una grande areola rosa con al centro un capezzolo carnoso ed allungato che stava ingrossandosi sempre di più. Mi staccai dalla bocca di Simona per qualche secondo, dovevo assaggiare quella prelibatezza. Con la lingua cominciai ad assaporare quel corpo, quel seno che si stava preparando a ricevere le mie attenzioni. Era leggermente sapido di sudore, ma era forse ancora più eccitante. Cominciai a succhiarle il capezzolo, a mordicchiarlo, tirarlo verso l’esterno. Simona non diceva una parola, non un verso, la guardai e vidi che si mordeva le labbra. Le piaceva, lo voleva come e forse più di me ed ogni angolo del suo corpo lo confermava, ma era combattuta. Lasciai il seno e tornai a baciarla, le nostre lingue si intrecciarono ed iniziarono una danza voluttuosa, prima nella sua bocca e poi nella mia. Si cercavano, si rincorrevano si scambiavano umori e sapori intensi, carichi di eccitazione. Al culmine del desiderio infilai la mano nel pantalone della tuta di Simona, infilai le dita negli slip e passai il dito medio nella spaccatura della sua vagina. Era tutta bagnata per l’eccitazione, lei ebbe un sussulto, fece un sospiro lungo, quasi un sibilo, ed inaspettatamente mi allontanò spingendomi.
Mi urlò contro: “non possiamo farlo!” Rimasi come paralizzato, mi passarono per la mente così tanti pensieri ed immagini che stento a ricordare, anzi nei miei ricordi tutto si accelera nuovamente, lei che si riveste, io che la saluto imbarazzato e scendo le scale di casa sua.
Era accaduto tutto così rapidamente, così naturalmente, che aveva prevalso agevolmente sulla mia natura, ed a quanto potevo capire anche su quella di Simona. Non sono un uomo che tradisce. Non ho mai creduto nella monogamia, ma ho sempre pensato che rispetto e sincerità siano alla base di tutti i rapporti umani. Tutte le cose evolvono, cambiano, hanno un inizio ed una fine. Ma quello che era accaduto quel giorno era stato incontrollabile e questo un po’ mi aveva turbato. Il fatto di non essere riuscito ad avere il controllo della situazione era una novità per me, io che sono sempre stato una persona che sa lasciarsi andare quando può e sa invece frenarsi quando deve. La passione era stata travolgente ed inarrestabile, tutta la razionalità che possedevamo non era riuscita a tenerci lontani, l’uno dall’altra, ma era riuscita almeno a frenarci in tempo. O almeno era la giustificazione che ci eravamo dati. Illudendoci di non aver veramente tradito, non avendo consumato l’amplesso, ma entrambi sapevamo che non era così, l’intensità di quella giornata - sì di tutta quella giornata - ci aveva lasciato qualcosa di importante ed anche se nei mesi a venire, nei fugaci e casuali momenti di incontro non ne avevamo mai più parlato, quel segreto rimaneva vivo ed intenso nel profondo delle nostre anime.
Per onestà, devo confessare che nei mesi a seguire più di una volta, ripensando a quella sera, mi sono domandato: “e se...” ed ho pensato che avevamo sbagliato, che ci eravamo lasciati condizionare da una morale che non appartiene all’essere umano, ma che è stata costruita ad arte per imbrigliarlo, per contenerlo nelle sua dimensione più vera e reale, quella emozionale. Ma era andata così.
Ed ora questa vacanza.
Il mio timore era solo che mia moglie potesse leggere una certa intesa tra me e Simona e si innescasse un meccanismo di gelosia, ora senza alcun motivo di essere, che creasse dei problemi.
Tutto filò liscio per i primi tre giorni.
Il quarto giorno andammo tutti a fare il bagno all’isola di Cavallo, nelle bocche di Bonifacio. Non erano molti anni che era diventata accessibile ai turisti. Era un piccolo paradiso.
Ancorammo le barche a murata e, come sempre accade, qualcuno decise di andare a mare, qualcun altro a prendere il sole, io presi la canoa ed andai a fare un giro. Tornai dopo una mezz’ora e dirigendomi verso le barche vidi Simona che nuotava, abbastanza distante dalla barca, con uno di quei tubolari galleggianti che aveva preso dal gavone in barca. Mi avvicinai per vedere se volesse un passaggio per rientrare. Quando mi avvicinai mi resi conto che era a seno nudo e quando mi vide arrivare non fece nulla per coprirsi, un brivido di eccitazione mi attraversò tutto il corpo. Arrivato vicino a lei le chiesi se aveva bisogno di un passaggio, lei mi rispose che si era allontanata per potersi mettere in libertà e non essere osservata da tutti.
Ma io non ero tutti!
Le dissi che il suo seno era sempre bellissimo e che ne servavo un ricordo nitido nella mia mente. Lei mi sorrise maliziosamente ed in quel momento mi accarezzò il pensiero che non solo io in questi mesi avevo fantasticato su quella sera di aprile. Ma non volevo farmi illusioni, già una volta le cose avevano preso un’altra piega. Dovevo fare qualcosa, non potevo rimanere lì, dalle barche si potevano insospettire, ma non volevo neanche andare via, volevo capire, comprendere se quella malizia vista negli occhi era quello che immaginavo. Mi tornarono alla mente tutte le sensazioni di quella sera e non volevo che mi lasciassero più. Mi venne un idea per superare quell’impasse. Le dissi che se voleva godersi ancora un po’ quella libertà, lontana da occhi indiscreti, poteva mettere il tubolare sul retro della canoa ed attaccarsi alla cimetta posteriore, io l’avrei trainata lontano dalle barche verso la baia vicina e poi saremmo rientrati. L’idea le piacque e subito iniziai a pagaiare verso la baia vicina, incurante se dalla barca qualcuno ci stesse osservando. I miei pensieri in quel momento erano tutti concentrati su Simona e su come mi sarei dovuto comportare di lì a poco.
Ero appena stato in quella baia, era una baia con poche barche alla fonda verso la punta opposta alla nostra, nell’unico punto dove il fondale non era troppo profondo. Pensavo che girata la punta e fuori dalla visuale delle nostre barche, quantomeno saremmo potuti stare un po’ da soli io e lei.
Così fu! Fermai la canoa, lei si avvicinò verso il centro e mantenendosi al bordo cominciammo a parlare. Mi disse che poteva essere un rischio allontanandoci così da soli, che saremmo dovuti rientrare a breve...io la ascoltavo ma non riuscivo a pensare a nient’altro che ai suoi seni rosa che affioravano da quell’acqua blu cobalto, un contrasto di colori che era così eccitante da catturare tutta la mia attenzione. E quei capezzoli...quelle baionette carnose, li ricordavo bene! Erano in tiro, dritti e turgidi, forse era per l’acqua fredda del mare o per l’eccitazione, ma erano uno spettacolo che mi fece eccitare e mi provocò un erezione che anche Simona non poté non notare. Quando vidi il suo sguardo sulla protuberanza che sollevava in maniera imponente i miei bermuda, seppi perfettamente cosa fare. Dovevo giocare d’astuzia. I suoi occhi ed il suo seno dicevano una cosa, ma le sue parole dicevano l’opposto. Era combattuta tra la ragione ed il desiderio. Le dissi allora che aveva ragione e che saremmo dovuti tornare a breve. Giusto il tempo per rinfrescarmi un attimo, visto il sole caldo e poi saremmo rientrati. Prima che potesse dire qualsiasi cosa mi tuffai in acqua. Riemersi alle sue spalle, mi appoggiai alla canoa con le mani adagiando il mio petto sulla sua schiena in una sorta di abbraccio da dietro. Le sue uniche parole furono che dovevamo rientrare, che il tempo era finito e che c’erano delle barche in fondo alla baia che potevano vederci. Futili tentativi di circostanza dei quali lei stessa non era convinta. Lasciai con una mano la canoa e iniziai a carezzarle il seno, a palparlo a strizzare e tirare quei capezzoli carnosi. Dalla sua bocca ora uscivano solo mugolii. Cominciai a baciarla sul collo, a mordicchiarle l’orecchio ed a leccarle i lobi ed il retro dell’orecchio. Lei era imprigionata tra me e la canoa, ma stavolta non aveva alcuna intenzione di liberarsi. Lasciai il seno e mi aggrappai nuovamente alla canoa con entrambe le mani e sollevandomi leggermente iniziai a premere il mio bacino contro il suo posteriore. La mia eccitazione era al culmine e gliela feci sentire tutta, lei iniziò a muoversi a strofinare il suo culetto sodo contro il mio bermuda, che ormai aveva preso la forma del mio cazzo in erezione. Voleva sentirlo, voleva che il suo corpo lo avvertisse in tutta la sua eccitazione. Lasciai con una mano la canoa e spostai di lato il bermuda liberando il cazzo che ormai non poteva più rimanere compresso e subito glielo appoggiai sul fondoschiena e lei ricominciò la sua danza. Intanto con due dita le spostai di lato gli slip del costume e iniziai ad esplorare la sua fica con il dito medio. Nonostante fossimo in mare l’eccitazione l’aveva tenuta leggermente lubrificata. Era il momento. Con un movimento del bacino riuscii ad infilare la cappella del mio cazzo nella sua fica, poi afferrandomi saldo alla canoa cominciai a spingerglielo tutto dentro. Dalla sua bocca uscì un gridolino, forse per l’attrito dell’acqua di mare o forse era solo il piacere che l’aveva assalita. Non so quanto avevo sognato di essere lì dove ero ora, dentro di lei, tutto dentro lei. Ci godemmo per qualche istante quella sensazione poi cominciò la cavalcata. Entrambi afferrati ben saldi alla canoa ci muovevamo in sincrono, per permettere al cazzo di penetrarle la vagina fin nel profondo, era una situazione molto eccitante, non avendo l’appoggio sulle gambe entrambi dovevamo essere attivi nell’amplesso io a spingere e lei a ricevere il mio pene, dopo i primi tentativi trovammo il giusto ritmo. Sarà per l’attrito dell’acqua salata o forse era la sua vagina calda in contrasto con l’acqua fresca del mare, ma ogni volta che la penetravo sentivo le pareti della sua vagina stringersi attorno al mio cazzo come non mi era mai capitato prima. La sentivo da impazzire, ogni volta che ero dentro di lei il mio cazzo e la vagina di Simona diventavano un tutt’uno trasmettendoci ogni vibrazione, ogni fremito dei nostri due corpi. Le sensazioni erano talmente intense che ben presto non riuscendo più a trattenerci venimmo in un orgasmo che attraversò con una potenza esplosiva i nostri corpi. Vedevo le nocche delle mani di Simona ormai bianche tanto forte era la presa sul bordo della canoa mentre godeva, quando il mio cazzo, stretto nella sua vagina, la inondò del mio sperma caldo. Rimanemmo così immobili finché non fu terminato anche l’ultimo fremito di quei corpi che a lungo avevano immaginato di unirsi. Poi appena il mio pene uscì da quel riparo naturale, Simona scivolò in acqua ricomponendosi e riemergendo alle mie spalle. Aveva uno sguardo soddisfatto, mi baciò sul collo e mi sussurrò in un orecchio: “ricomponiti, ora dobbiamo proprio rientrare!”.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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