Prime Esperienze
Ibiza
di Bifuckfriend
18.10.2024 |
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"Sopra di esso, una piccola lampada che proiettava una luce morbida, creando un contrasto rassicurante con la solitudine dell’arredamento..."
Il peso del lavoro cominciava a farsi sentire e di pari passo l'impellente bisogno di un weekend di relax ma anche di emozioni nuove per ricaricarmi, quindi come facevo abitualmente prenotai un volo last minute per Ibiza ed il biglietto per una serata all'Amnesia, la mia seconda casa, luogo prediletto per ricaricare le batterie tra musica, atmosfera e possibilità di incontrare gente nuova, bella e aperta a ogni trasgressione. Un paio d'ore di volo, il trasferimento nel B&B e un pomeriggio in relax mi portarono a essere pronto per la serata dirigendomi a piedi verso il locale non molto lontano dalla mia location.
Entrando all’Amnesia, mi trovai immediatamente in un’intersezione tra realtà e sogno, un’esperienza che sembrava sfuggire a qualsiasi definizione convenzionale. Era come se avessi varcato una soglia dimensionale in cui il tempo e lo spazio si piegano, lasciando il posto a un’epifania sensoriale che ricorda il modo in cui il cervello elabora le immagini di una notte senza fine.
La musica underground era un martellante battito pulsante, risuonava come un tamburo di guerra, invadendo ogni cellula del mio corpo. Non era solo un suono, era un’entità vivente, un organismo vivente che mi avvolgeva, mi costringeva a muoverti, a lasciarmi andare. Ogni nota un colpo di frusta che risvegliava qualcosa di primordiale. Il ritmo si insinuava sotto la pelle, mentre il cuore iniziò a battere in sincronia con le vibrazioni della cassa, a suggerire che la musica stessa è in grado di dare vita e sostanza a ciò che ti circonda.
Le luci sono un’altra faccia della medaglia. Stroboscopiche, sfavillanti, si rincorrevano in un’orgia di colori, formando un caleidoscopio di forme e ombre. L’illuminazione, tanto avvolgente quanto disorientante, e in un attimo mi trovai a domandarmi se la mia visione fosse reale o frutto di un allucinogeno collettivo. In questo mare di luci, le persone danzavano come figure mitologiche, i loro corpi diventavano un’estensione della musica, un linguaggio corporeo che comunicava desideri e spinte primitive.
All’Amnesia, non sei solo un partecipante; sei parte di un’esperienza collettiva, un microcosmo in cui ognuno si perde nell’altro, una danza interminabile di anime in cerca di un contatto fugace. Il club diventa così una metafora per la vita stessa: un ciclo incessante di euforia e disillusione, un ricordo sfocato di ciò che potrebbe essere e di ciò che è. E mentre mi lasciai andare, mi resi conto che quella era è la quintessenza di Ibiza: un luogo dove il tempo non esiste e ogni attimo è una possibilità di trasformazione.
“Ehi ciao, sei italiano?”
Mi girai. Una ragazza mora, capelli corti, molto giovane, non più di vent’anni. La minigonna era tanto corta da sembrare un azzardo, ma lei la indossava con una sicurezza disarmante. La parte superiore era una semplice canotta, nera e aderente, che abbracciava i suoi seni generosi, lasciando poco all’immaginazione. Le spalline sottili scivolavano delicatamente sulle sue spalle, esaltando il contrasto tra la pelle pallida e i tatuaggi audaci che decoravano le sue braccia. Il piercing all’ombelico brillava, mentre ai piedi, indossava stivali con tacco, alti e audaci, che la elevavano, rendendo le sue gambe ancora più lunghe e affusolate.
“Si vede così tanto?”, risposi, urlandole nell’orecchio cercando di sovrastare la musica “Prima ti ho sentito parlare con quel signore laggiù che ci guarda.”
" Si gli ho chiesto chi fossero i DJ per la serata.... perchè me lo chiedi? Lo conosci ?
“Sì. E’ mio marito.”
“Ah...”
“Ma lui non balla con te ?”
“No, a Stefano piace guardare mentre mi muovo in pista.”
“Con tutti questi manzi che girano chissà in quanti ci provano...”
“A Stefano non importa. Anzi! La cosa lo eccita!”
“Piacere, Martina,” la ragazza mi tese la mano, gliela strinsi.
“Piacere Max”, urlai, e continuammo a ballare facendoci trasportare dal suono della techno.
Martina si avvicinava ancora di più, le sue mani si muovono con la musica, il suo corpo ormai sfiora il mio, creando una tensione elettrica nell'aria. Mi sorrise, un sorriso carico di una strana complicità.
Ballammo per circa un paio di ore intervallando con diversi drink al bar.
Con l’ennesimo Mojito in mano si appoggiò alla mia spalla.
"Sai," mi disse, inclinando leggermente la testa," io vivo qui a Ibiza. “Ho un appartamento proprio qui vicino, a pochi passi dal club."
La guardai per un attimo, sorpreso dalla sua dichiarazione.
"Davvero?" chiesi, cercando di non mostrare troppo interesse. Martina annuì, i suoi occhi brillarono come se sapessero già cosa stavo pensando.
"Sì, è piccolo ma carino. Se ti va, possiamo andarci dopo... solo per rilassarci un po’. Che ne dici?" La sua voce era alta, cercava di soverchiare il rumore della musica, ma la domanda mi giunse chiara. Era un invito, e il suo viso fece sembrare la proposta molto più di una semplice passeggiata.
Esitai. Sentii una leggera titubanza, una voce interna che mi diceva di fermarmi, di non andare oltre. Ma poi la guardai di nuovo, i suoi occhi scuri che mi fissavano con una dolcezza disarmante. Il club, con le sue luci e la sua techno incessante, sembrò improvvisamente troppo stretto, troppo limitato. Fuori ci potrebbe essere un’avventura, una novità, mi dissi. Quella bambina sapeva il fatto suo.
"Sai," iniziai a dire, cercando le parole, "non so se posso... Voglio dire, dovresti parlarne con tuo marito."
Martina sorrise, come se sapesse già che questa era solo una formalità.
"Parlagliene tu. Io ti aspetto qui." mi disse con un cenno sicuro, alzando appena una spalla.
Mi allontanai dalla pista, cercando il marito tra la folla. Lo trovai, appoggiato al bancone del bar, con quel sorriso complice che conosco fin troppo bene. Mi avvicinai e lui mi guardò divertito.
" Scusa Stefano... Quella ragazza, Martina.... Mi ha detto che è tua moglie... E mi ha invitato nel vostro appartamento."
Lui mi guardò per un attimo, sorseggiando il suo drink. Poi mi sorrise.
"Si è mia moglie...ma tranquillo, vai pure, con lei puoi fare quello che vuoi, o meglio... quello che vuole lei..." mi disse con una calma assoluta. Noi siamo una coppia poliamorosa ...Se ti va di seguirla, vai. Solo... chiamami quando hai finito."
“E ti avviso...Martina ama le esperienze particolari..... “
Annuii e con quell’avvertimento che mi rimbalzava nella mente tra preoccupazione ed eccitazione tornai da Martina. Lei era lì, in piedi, il suo corpo che sembra fluire con il ritmo della musica. Non dovetti neanche dirle niente. Il mio viso parlò per me.
"Andiamo," mi disse, prendendomi per mano.
Uscendo dal club, l’aria notturna di Ibiza ci avvolse, fresca e vibrante. Camminammo in silenzio, i nostri corpi ancora carichi del ritmo della musica, mentre attraversammo le strade illuminate. Sentii una leggera eccitazione crescere dentro di me, la stessa eccitazione che Stefano sicuramente stava provando vedendola uscire con qualcun altro, e non potei fare a meno di pensare a quello che mi aspettava.
Appena salimmo a casa sua, Martina accese le luci. L’appartamento era un grande open space, ma nonostante l’arredamento scarno, emanava una calda intimità. Il pavimento in legno scuro rifletteva la luce soffusa delle lampade d’angolo, rendendo l’ambiente accogliente. Le pareti erano tappezzate di quadri dozzinali, paesaggi sbiaditi e stampe erotiche che sembravano comprati in fretta, quasi per riempire uno spazio senza pretese artistiche. Ma il tutto aveva il suo perchè.
Nell'angolo più lontano, c'era un lettino singolo, con lenzuola semplici ma ben curate, affiancato da un comodino di legno chiaro. Sopra di esso, una piccola lampada che proiettava una luce morbida, creando un contrasto rassicurante con la solitudine dell’arredamento.
La ragazza mi fissava con quegli occhi affilati, il suo corpo così vicino che potevo sentire il calore che emanava. Il suo respiro si faceva più profondo.
“Hai paura?” mi chiese, la voce bassa.
Sorrisi, cercando di nascondere il tremito che attraversava il mio corpo.
“Di te? Dovrei...?!!”
Martina scosse la testa, avvicinandosi di più, fino a che i nostri corpi quasi si toccarono.
“Non mentire, Max... lo vedo nei tuoi occhi," le sue dita scesero lungo il mio braccio, lentamente, come se volesse imprimere ogni tocco sulla mia pelle. “Scommetto che sei già eccitato.”
“Eccitato? Forse... E tu? Sei sicura di non esserlo?»
“Ti desidero tanto... Sei così intrigante.”
Mi afferrò una mano e la guidò tra le sue gambe. Sotto la minigonna sentii le sue mutandine bagnate sulle dita, e il cuore iniziò a battere più forte.
“Tocca... la senti? Sono fradicia per te”, disse.
Non ebbi il tempo di dire nulla, né di reagire, prima che la ragazza mi spingesse sul letto, a pancia in giù.
Cercai di divincolarmi, ma lei si sedette sopra di me, cavalcandomi, mentre iniziava a strofinarsi lentamente contro i miei calzoni.
“Per prima cosa devo spogliarti, non credi?”, disse, leccandomi il lobo prima di afferrare l'orlo della mia maglietta di Tom Ford e tirarla via in un gesto deciso, e gettarla sul pavimento come uno straccio, facendomi pensare per un istante a quanto mi era costata. Lei si slacciò con destrezza il reggiseno, sollevandomi contro il suo petto nudo. Sentii i suoi capezzoli duri premermi contro la schiena mentre mi schiacciava con tutto il suo peso sul materasso.
Le sue labbra trovarono il mio collo, baciandolo, lasciando un segno rosso caldo dove aveva succhiato la pelle. Si mosse con un ritmo lento, ondeggiando contro di me prima di scivolare giù lungo il mio corpo, preparandomi a qualcosa di più intenso.
“Alza il culo, togliamo anche questi calzoni,” disse Martina, tirandomi per i fianchi. Sentii il suo tocco deciso e, già eccitato, mi lasciai guidare senza opporre resistenza. Avvolse le braccia attorno al mio stomaco e mi tirò contro di lei. Sentii il suo osso pubico premere contro il mio sedere mentre slacciava i bottoni dei miei jeans. In un gesto fluido, mi sfilò pantaloni e boxer insieme.
“Molto meglio,” disse, spingendomi nuovamente giù sul letto. Le sue mani iniziarono a massaggiarmi il sedere, la sua voce bassa e maliziosa. “Penso che tu stia molto meglio così, vero?”
Sentii il calore del suo corpo mentre mi si arrampicava sopra. Mi leccò il lobo dell’orecchio, accarezzando i miei fianchi e la parte posteriore delle cosce con una dolcezza che contrastava con la sua urgenza. Il bisogno disperato che provava per me mi eccitava ancora di più, soprattutto i suoi tocchi provocatori sulle parti più sensibili del mio corpo.
Le sue mani erano ovunque: sui miei polpacci, sulla schiena, sul collo, nei capelli, sui miei capezzoli, e poi di nuovo sui fianchi e sul culo. Mi sfuggì un gemito, e fu in quel momento che Martina mi aprì le cosce, facendomi scivolare un dito lungo il solco tra i glutei. Sfiorò il mio ano e vi introdusse le due falangi dell’indice, appena quanto bastava per farmi gemere di più.
“Pare che le cose ti stiano piacendo....” disse con un sorriso soddisfatto, mentre scivolava giù da me. “Pero non sei ancora eccitato come me. Gírati.”
Ridacchiai, prendendomi il mio tempo prima di girarmi. Lei mi colpì forte sul sedere, facendomi sobbalzare.
Le sue mani trovarono i miei pettorali, le sue dita sfiorarono i miei capezzoli, provocando brividi lungo tutta la mia pelle. Martina prese un capezzolo in ogni mano, stringendoli e torcendoli tra le dita con forza.
“Ahia! Cazzo! Mi fai male!”
Per tutta risposta mi morse il labbro, staccò la sua bocca dalla mia e abbassò la testa per succhiarmi un capezzolo con avidità, lasciando una traccia di saliva sulla mia pelle.
“Guarda come sono duri i tuoi capezzoli,” sussurrò contro il mio petto, ascoltando i miei lamenti sempre più forti. “C’è voluto il trattamento forte per farli diventare così, ma sono così rossi e gonfi e sexy adesso.“
Allungò una mano strinse forte il mio cazzo ormai completamente in tiro
“vedo che anche qua sotto la mia cura ha avuto effetto...”
Martina mi pizzicò forte i capezzoli, così forte che mi tirai su di colpo.
“Brutta stronza!” dissi, coprendomi il petto.
Senza dire niente lei si accovacciò sul mio grembo, e cominciò a strofinarmi la cappella gocciolante e a spremerla con le dita. I suoi occhi non lasciarono mai i miei, e la tensione che creò mi fece ansimare.
Poi, allontanò la mano e si succhiò un dito in bocca, assaporando il mio succo pre eiaculatorio. Sentii il calore arrossarmi il viso mentre la osservavo leccare avidamente il mio sapore, rendendolo un momento di pura ostentazione. Lei si tolse la minigonna, e i miei occhi scivolarono sulla fica di Martina, fissando le sue mutandine bagnate, il tessuto setoso incollato alle sue labbra.
Con un sorriso malizioso, la ragazza si tolse la mano dalla bocca e abbassò le mutandine, lasciandomi dare un’occhiata alla sua fica aperta e rossa. Un’opera d’arte ardente, con labbra gonfie che si aprivano umide e lucide, emanando un odore pungente di sudore , urina e succhi vaginali, una miscela primordiale e selvaggia che sferzava i miei sensi, risvegliando un desiderio insaziabile di affondarci la faccia.
Si mise a cavalcioni sulle mia gambe, strofinandosi la fica sulla mia asta ormai turgida come il marmo, i suoi seni puntati direttamente verso di me.
Con un ultimo movimento si impalò sul mio cazzo in un colpo solo, e i miei venti centimetri abbondanti finirono la corsa direttamente contro la sua cervice.
“Forza porco, cosa aspetti? Non vedi come ti guardano? Andiamo, succhiami le tette.” disse con voce sensuale.
Non ci pensai due volte: subito afferrai un capezzolo duro tra le labbra, e per vendicarmi del suo trattamento gli diedi un morso. Martina gemette ma non si lamentò.
Mi cavalcò come un amazzone per diversi minuti poi, approfittando che il mio cazzo si era già abbondantemente lubrificato con suoi succhi vaginali , lo sfilò , portò con la mano la mia cappella a puntare il suo ano e in un colpo solo si sedette letteralmente sul cazzo facendoselo penetrare completamente nel culo fino alle palle.
“Forza porco, fammi male, sfondami il culo voglio sentire il tuo palo nella pancia !!”
Cavalcava come una forsennata, il cazzo mi faceva quasi male ma al contempo ero sul punto di esplodere e riempirle la pancia. Ero al limite dell’orgasmo e ansimavo come un cavallo al galoppo.
Con un tempismo perfetto alzò il sedere si sfilò il cazzo e stringendolo in mano si girò a 69 , lo ingoiò completamente e ricevette la mia sborrata direttamente in gola .
Le riempii la bocca con una sborrata colossale che in parte colò fuori dalle sue labbra e lungo la mia asta fin sulle palle.
Ma non finì lì. Dopo aver ingoiato il carico di sperma, la troia mi aprì le cosce, afferrando e tirando verso di se cazzo e palle, in modo da poter vedere ed avere accesso al mio ano poco più sotto.
Prese le sue mutandine, bagnate e sporche, le usò per ripulire la mia cappella dalla sborra che era colata fuori dalla bocca e quindi cominciò a strofinarle contro il mio culo, mescolando i nostri succhi in un'unica pozione inebriante, mentre il tessuto sfiorava delicatamente l'ingresso del mio ano.
«Ti stai divertendo?» chiese, applicando un po' più di forza e facendo vibrare il suo dito attraverso il tessuto fradicio.
«Se avessi il cazzo sai cosa ti farei?” aggiunse, premendo le mutandine sull’apertura con un dito penetrandomi lentamente ma con assoluta decisione.
Non riuscii a trattenermi: staccai la bocca dala sua figa gemendo, mentre le afferravo i fianchi, tirandola più vicino a me.
«Martina, oh, che bella sensazione,» esclamai, perso nell'estasi che stava creando.
Quando le mutandine della ragazza scivolarono dentro di me, ogni fibra del mio corpo cominciò a lampeggiare. Il tessuto umido, intriso dei nostri liquidi, a contatto con le mie mucose interne creò una sensazione avvolgente, un caldo abbraccio che stimolò ogni nervo sensibile. Contemporaneamente il mio cazzo , nuovamente nella sua bocca, stava rapidamente tornando in completa erezione. La troia mi stava letteralmente mungendo con un fantastico massaggio prostatico mentre lo succhiava.
“Ti è piaciuto morsicare i miei capezzoli, vero? Porco bastardo ! ”
Con un gesto deciso, la ragazza si alzò, strappò fuori le sue mutandine e afferrò i miei capelli, inclinandomi all'indietro e infilandomele in bocca come un bavaglio.
«Com'è quel sapore?» chiese, avvicinando il suo viso al mio, i suoi occhi che brillavano di malizia.
«Voglio che succhi tutto il succo di figa da quelle mutandine prima che io abbia finito con te, e sarebbe meglio che ti senta dire quanto è buono, capito?»
Annuì, la bocca piena di tessuto, e iniziai a succhiare, il sapore pungente e aspro di umori vaginali ,sudore intimo e urina e mi riempì la bocca.
Provai un senso di repulsione, un piccolo conato di vomito mi saliva dallo stomaco, ma finsi di gemere, per mostrare a Martina quanto fosse buono.
“Bravo ragazzo,” disse Martina, spingendomi via e sdraiandosi sulla schiena, allargando le gambe come se mi stesse invitando a perdermi in lei. “Ora, però, vorrei venire, quindi vieni qui e fottimi. Voglio sentire il tuo cazzo e poi entrambe le tue mani dentro di me quando sarò pronta.»
Mi arrampicai sopra di lei e, senza esitazione, le misi il cazzo in figa sbattendola senza alcun riguardo. Dopodichè, a suo preciso ordine sfilai il cazzo e inserii le dita dentro la sua figa fradicia di umori . Due scivolarono dentro facilmente, e il suo gemito mi fece vibrare, mentre afferrava i miei capelli, tirandomi verso il suo petto.
“Sì, proprio così, bello e profondo. Scopami, bastardo, scopami...”
Le parole sporche della ragazza mi eccitavano, e cominciai a muovere velocemente dentro e fuori, strofinando il clito con l’altra mano, infilandole un terzo dito mentre mi muovevo.
Martina gemeva e muoveva i fianchi in risposta alle mie spinte.
“Sììì, allarga la mia figa, sono stata vuota per così tanto tempo. Dai, porco, metti altre dita lì dentro; se domani riesco a sedermi ti vengo a cercare.”
Il suo comando mi fece bruciare d’eccitazione, e trovai la forza di fottere la ragazza ancora più forte. Ora avevo quattro dita dentro di lei e cominciai a lavorare con l’altra mano, ansimando mentre continuavo a darle piacere. La ragazza lasciò andare i miei capelli e si chinò per strofinare il suo clitoride, perché io ormai avevo quattro dita di una mano e quattro dell’altra nella sua fica sempre più allargata.
"Metti quel cazzo di pugno dentro di me, bastardo, sto per venire sulle tue mani, sbrigati e spingilo dentro tutto, lo sento bene..."
Tolsi una mano, posizionai il pollice a cuneo con l’altra e affondai nella fica allagata della ragazza, vedendo i suoi succhi gocciolarle lungo le sue cosce. Il mio pugno si muoveva avanti e indietro nella sua intimità violata, stimolavo la sua cervice e la bocca del’utero, la ragazza tremava e urlava parole inconcepibili, inframmezzate dai soliti epiteti: “Porco... bastardo... sono la tua Troia la tua Puttana... fottimi l’utero !!”
Al colmo dell’eccitazione assieme alle convulsioni da posseduta dal diavolo arrivò il suo orgasmo.
Esplosivo, violento, sconvolgente.
Estrassi il mio pugno e rimasi incantato dalla caverna di Martina che piano piano si richiudeva. Di istinto appoggiai le labbra e inserii la lingua per alleviarle il bruciore, ma senza preavviso uno squirt interminabile schizzò in parte nella mia bocca e in parte sul mio viso.
“Bevi bastardo, bevi !! Ingoia tutto guai se ne sprechi una sola goccia”
Eravamo esausti.
Aspettammo qualche minuto perché lei si riprendesse.
Martina si alzò barcollante, aprì l’anta inferiore del comodino e ne estrasse, uno strap-on gigantesco.
Iniziai a preoccuparmi per ciò che aveva in mente di farmi.... Quella ragazza era depravazione all’ennesima potenza e non sembrava avere limiti.
Ancora tremante dal violento orgasmo precedente se lo allacciò lentamente in vita, regolandone il cinturino di pelle nera, mentre il fallo artificiale, duro e imponente, si ergeva con un'aria di sfida. La superficie era perlopiù liscia, ma le venature marcate, come se il suo creatore avesse messo in risalto ogni dettaglio per esaltare il potere dell'atto. Venticinque centimetri di virilità pendevano fra le sue cosce.....
“Non pensare che sia finita porco... Ora tocca a te farti aprire....”
Non ebbi nemmeno il tempo di replicare che l’ordine arrivò perentorio.
"Sdraiati," ordinò Martina, risalendo a letto con il finto cazzo in mano. La mia eccitazione , mista a un certo timore, crebbe mentre mi sdraiavo allargandomi l'interno delle cosce per mostrarle il mio ano ancora arrossato.
Un sorriso intrigante si dipinse sul volto della ragazza, e un'idea audace le attraversò la mente.
"In realtà, non voglio ancora scoparti. Alzati, sono stanca, mi sdraio io."
Feci come disse.
"Facciamo un 69," continuò, il suo sguardo affamato. "Voglio leccarti l’ano , e questo cazzone ha bisogno di essere lubrificato prima di poter riempire il tuo bel buchetto, quindi fallo."
La mia risata fu involontaria mentre mi arrampicavo sopra di lei, assicurandomi che la mia buco anale fosse proprio sopra la sua bocca.
"Com'è?" chiesi, muovendo il culo per provocarla.
"Vista eccellente," disse Martina, prima di affondare la lingua nel mio ano allargandolo al contempo con le dita. Gemetti, il piacere che si diffondeva mentre iniziavo a lavorare di bocca sul dildo, emettendo risucchi che echeggiavano nell’aria era indescrivibile.
Ogni rumore era un promemoria di quanto fossi in sintonia con il suo desiderio.
Le labbra di Martina scorrevano lungo la mia fessura, la sua lingua mi stava letteralmente scopando il culo e quando la pressione sulle mie pareti interne divenne irresistibile, arrivò il mio secondo orgasmo, che riempì di liquido la le meravigliose tette della ragazza sotto di me.
Sorpreso dall’intensità della sensazione, allontanai il mio culo dal viso di Martina, mentre il suo sguardo affamato mi prometteva che questa era solo l’inizio.
Cercai di sorprenderla chiedendolo io stesso.
"Ragazzina, penso che il dildo sia ben lubrificato. Per favore, scopami."
La sentii muoversi, sfilandosi da sotto di me per adagiarmi sui cuscini, e il suo sguardo ardente mi fece tremare.
"Porco chiedimelo di nuovo," sussurrò, stuzzicando il suo clitoride nascosto sotto la base dell’enorme cazzo di gomma , e il desiderio in me crebbe a dismisura.
"Martina, ti prego. Ti desidero così tanto. Voglio essere scopato da te. Per favore, Martina, riempimi. Fammi venire di nuovo."
"Che razza di troia... Sei appena venuto nella mia bocca. Perché dovrei darti questo cazzo?"
La sua voce era provocatoria mentre appoggiava la cappella sull’entrata del mio culo, solo per tirarla fuori di nuovo.
"Marina, lecchi il culo così bene, è stato fantastico. Ho avuto un orgasmo, ma volevo venire con te che mi fotti. Dio, Marti, ora per favore!"
Un sorriso malizioso le attraversò il viso, e sentii il suo cazzo entrare in me con una forza travolgente. L’ingresso dell’enorme cappella fu una scossa elettrica. Mi aprì il culo con un movimento lento e profondo, mentre lei si muoveva. Ogni colpo era un gioco tra piacere, dolore e anticipazione, e le sue dita giocavano leggermente sulle mie palle, stuzzicandomi con una dolcezza insopportabile.
In un momento di pura esigenza, allungai una mano e afferrai i suoi capelli, il desiderio di essere posseduto da quella ragazzina che avrebbe potuto essere mia figlia mi accendeva come un albero di natale.
Martina aumentò il ritmo, pompando dentro di me con furia e passione, le sue spinte ferme e profonde. I gemiti sfuggirono dalle mie labbra mentre i miei fianchi si sollevavano dal letto, cercando il suo corpo.
Continuò a muoversi, mantenendo quel ritmo inebriante. Sentii il mio corpo avvicinarsi all’orlo, e con un grido incontrollato, afferrai i fianchi di Martina, premendomi contro il suo osso pubico, il dildo ben saldo dentro di me, mentre venivo, e venivo, e venivo.
Finalmente, lasciò andare i miei fianchi e mi accasciai contro i cuscini, completamente estasiato. La ragazza si tirò fuori delicatamente, e con un gesto affettuoso, pulì il mio ano ancora dilatato con il lembo del lenzuolo.
La guardai mentre cercava di riprendere fiato, il suo sguardo complice mi fece sorridere.
Con un sorriso malizioso, Martina prese le mutandine zuppe di umori e me le porse.
“Che ne dici di portare un regalino a mio marito?”
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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