incesto
L’(o)zio [3] – Una famiglia unita.
di velo
12.06.2020 |
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"Lo sguardo gli resta ancora per qualche tempo incollato al panorama esterno..."
Nicola ingurgita con voluttà l’ultimo saporitissimo, tenero, grasso boccone e lascia cadere nel piatto un osso di pollo perfettamente spolpato. “Elena, complimenti ! Un pranzo davvero degno di un re !” esclama, dando (volutamente) il via al “teatrino del pollo allo spiedo del furgoncino ambulante”. “Oh sì !” Francesco, suo fratello, raccoglie al volo l’assist “come lo compra mia moglie il pollo del furgoncino...” e fa un’eloquente e teatrale gesto di apprezzamento con la mano.“Siete due idioti.” commenta la donna sforzandosi di rimanere seria “Idioti e ingrati. La prossima volta andate VOI fino in piazzetta mentre IO resto seduta sul divano a non fare un cazzo, ok ?”
“Zitta donna ! Porta i piatti in cucina e prepara il caffè !” nel dire questo Francesco si rannicchia e si porta scherzosamente le braccia davanti al volto, come a parare un colpo. Elena raccoglie con ostentata calma un coltello dal tavolo e glielo punta contro. “Uomo, di’ un’altra parola, una sola, e sarà l’ultima della tua vita.” “Ti ricordo che siamo sposati, tesoro: Tu uccidi un uomo morto !” la rimbecca lui. “Bene...” dice lei alzandosi con cipiglio guerresco “te la sei cercata !” e urlando gli si avventa contro fingendo di pugnalarlo. “Siii ! Che donna !!” lui, ridendo come un pazzo, la disarma con delicatezza e la stringe forte a sé, affondandogli la testa nel petto profumato. “Un giorno o l’altro lo faccio veramente... ahahah !” dice lei scarmigliandogli i capelli. “Sarebbe per me un onore morire per mano tua, amore.” la voce dell’uomo risuona ovattata contro il corpo di lei. “Oh tesoro !” si scioglie lei, cullandolo come un bambino “Se non vuoi altro… Ahahah !” aggiunge subito dopo, sghignazzando e mimando nuovamente il gesto di accoltellarlo; divertitissima da quella trovata. “Noo… ! Che stronzaaa !! Ahahah” Ridono entrambi di gusto. Si stringono. Si baciano teneramente. Si guardano negli occhi. “Deca o normale ?” chiede lei. “Deca amore, grazie.” “Per te, Nicola ?” “Se possibile normale” risponde lui con un sorriso timido. “Si si, nessun problema, lo prendo normale anch’io.”
Elena torna con i caffè. La sala da pranzo è immersa nel morbido chiarore del sole pomeridiano. Rumore tintinnante di tazzine e cucchiaini. “Dove hai detto che è andata la Lalli ?” chiede Nicola, che, evidentemente, era stato poco attento alla risposta quando aveva chiesto notizie della nipote, stupito dal fatto che non fosse presente al “rituale” pranzo domenicale. “Da una sua amica.” risponde Elena “La Mary. Quella ragazza la cui madre ti fa gli occhi dolci.” aggiunge stuzzicandolo. “Ahahah.” si schernisce Nicola. E nella sua mente affiora l’immagine della scompigliata, vaporosa, nera chioma della mamma della Mary che si agita sul suo inguine. La donna aveva tanto insistito per accompagnarlo a casa in macchina (nonostante lui abitasse poco distante dal locale) una sera che erano stati tutti insieme in pizzeria, che la cosa gli era sembrata subito “sospetta”. E infatti, giunti a destinazione, non aveva fatto nemmeno in tempo a rendersi conto di come fosse successa la cosa che lei glielo stava succhiando con sconcertante ingordigia. Poche volte nella vita gli era capitato che una femmina si fosse fatta scivolare il suo cazzo nella gola tanto in profondità ! Sì, la sua sborra che gli colava sui coglioni mentre lei ancora premeva la bocca contro il suo scroto stantuffandogli l’asta con l’esofago, era sicuramente un bel ricordo… Lui sarebbe anche stato a posto così ma si vedeva che lei “ci teneva”, sicché, per cavalleria, l’aveva invitata a “salire da lui”.
“Vabbè, io scappo che ho appuntamento con la Susy.” Le parole della donna lo richiamano alla realtà e vede Elena alzarsi e dirigersi con passo dinamico verso il piano superiore della casa, per prepararsi. “Uomini; mettete tutto in ordine !” ride e scompare su per le scale.
“Nicò, io vado a farmi un sonnellino, te fai quello che vuoi.” Francesco si alza a sua volta e si dirige di sopra. Uscendo gli passa a fianco e gli stringe affettuosamente una spalla con la mano. “Ciao fratè.” dice Nicola, facendogli l’occhiolino.
Poco dopo Elena scende e attraversando il riquadro dell’entrata visibile dalla sala da pranzo, gli lancia un sorriso volante. “Ciao Nico ! Baci baci !” “Ciao cara, saluta la Susy !” “Sarà fatto !” cinguetta uscendo.
Dalla grande finestra della sala Nicola ha modo di gustare lo spettacolo mozzafiato offerto dal culo della cognata che rimbalza allegro, tonico e fiero fino al cancelletto d’ingresso e, trotterellando sbarazzino, si fa sempre più piccolo all’orizzonte.
Si versa un po’ di grappa fatta dal sig. Morandini, per sciacquare la tazzina. Un vero nettare ! Degusta quella casereccia, corposa pozione magica con piccoli sorsi meditabondi. Lo sguardo gli resta ancora per qualche tempo incollato al panorama esterno. L’immagine si fa sempre più sfocata. Lui ha un’espressione un po’ ebete; sognante.
Si alza pigramente e si dirige in bagno. E’ spazioso ed arredato con gusto. Le piastrelle dai colori tenui e la pavimentazione in cotto creano un’atmosfera calda e protettiva. Solleva con sacrale rispetto il coperchio del grosso cesto di vimini. Il cesto della biancheria. E’ fortunato. Una fortuna che gli capita spesso... Teneramente adagiate su un candido asciugamano ci sono un paio di mutandine di pizzo nero. Gli manca quasi l’aria. Le solleva, tenendole nel palmo come si trattasse di un raro, prezioso fiore che si corre il rischio di sciupare se si maneggia incautamente. Se le porta al viso. Le preme sul naso e sulla bocca. Inspira a lungo, con trepidante emozione. Sono ancora “fresche di fregna”... L’uccello gli si gonfia prepotentemente nei pantaloni. Se li sfila. Si toglie le mutande. Il cazzo duro come il marmo. Pulsante ed irrequieto come quello di un pischello che, per la prima volta, si ritrova davanti agli occhi le cosce arrendevolmente spalancate della fidanzatina.
Elena… Lecca con la punta della lingua il serico tessuto, in corrispondenza di un alone alcalino. Il pene gli vibra, con ritmici colpetti. I coglioni gli si contraggono. Elena… Immagina il suo membro duro adagiato sulla fessura fra le natiche della donna, come il salsicciotto dell’hot dog fra le due candide, rotonde fette di pane. La immagina muoversi suadente, massaggiandolo con il tepore della sua carne soda ed elastica. E può immaginarlo, quel culo, fin nei minimi dettagli. Può letteralmente “vederlo”. Lo ha visto (ed osservato con rapita emozione) centinaia, migliaia di volte: Nel giardino di casa durante le giornate passate a godersi il sole, in piscina, al mare… Può vederlo “cambiare forma” a seconda dei movimenti di lei. Può vedere il piccolo neo sulla natica sinistra. Può vedere la pelle incresparsi sfiorata da un alito di vento. Elena… Assaggia di nuovo il tessuto. Il “sapore” della donna si discioglie nella sua bocca, si mescola alla sua saliva e una scossa elettrica vermiglia esplode nella sua testa. Una potente vertigine gli fa quasi cedere le gambe. Elena… Il tuo sapore, la tua essenza… Facendole scivolare sul collo, sul petto, sul ventre si porta le mutandine all’inguine; le avvolge attorno al pene gonfio di irrefrenabile desiderio. Immagina la mano candida di lei che tiene stretto il suo cazzo attraverso il velluto scuro. La immagina mentre lo masturba con implacabile, sconvolgente lentezza. La bocca come un frutto carnoso, atteggiata in un sorriso maliardo, gli occhioni azzurri attraversati da un lampo lascivo e una ciocca dei lunghi capelli biondo cenere che le ricade distrattamente su una guancia. Elena… E-le-na… Con uno spasmo scomposto riempie violentemente il nero degli slip di bianco, traslucido seme sibilante. Grosse gocce di sborra cadono con pesanti tonfi sulle mattonelle, mentre lui si fa sempre più malfermo sulle gambe e il suo bacino è sconquassato da una sorta di attacco epilettico. Un ultimo, feroce sussulto riversa nella stoffa fragrante il definitivo, strabordante getto del suo smisurato godimento. Resta per qualche secondo così… Sospeso nel nulla; oscillando impercettibilmente avanti e indietro. La verga palpitante stretta con forza dentro le mutandine. Le SUE mutandine. E’ come se fosse conficcato in tutta la sua furibonda erezione nel ventre di Elena. Come se glielo stesse premendo dentro con foga, riempiendolo tutto, assaporando fino al limite della follia la sconvolgente sensazione datagli dalle pareti della SUA vagina che gli stritolano avidamente il cazzo in un’implacabile morsa di fuoco. Come se la avesse appena riempita, con brutale dolcezza, del SUO sperma.
Stremato, solleva gli slip di fronte al viso e li tiene stesi fra i pollici; gocciolanti. Li osserva, instupidito da un qualcosa che va oltre il piacere. La punta del membro si lascia ancora sfuggire qualche pallida lacrima di liquido seminale.
Lava con cura l’indumento. Lo asciuga, strizzandolo delicatamente; tamponandolo con cura e completando l’operazione con l’accurato uso del phon. Le accarezza, le bacia un’ultima volta. L’odore della donna è ancora perfettamente riconoscibile. Le sue narici ne serberanno il ricordo a lungo, lo sa e questa consapevolezza gli dona un sereno benessere, gli fa provare un senso di “sazietà” che lo rende la creatura più mansueta della terra. Quell’odore lo accompagnerà delicatamente, con la sua vaporosa presenza, fino a sera; fino al momento in cui, senza il minimo turbamento, scivolerà nel sonno. Le ripone con ogni riguardo nel loro elegante forziere. Da’ un’ultima, sognante occhiata. Fa fatica a distogliere lo sguardo; a separarsi da quella visione. Il silenzio in cui è immersa la casa traccia nella sua mente i contorni del florido corpo della cognata, languidamente disteso sul grande letto matrimoniale, immerso in quel macilento, indolente torpore che segue l’amplesso. Le palpebre dalla piega aggraziata socchiuse, il fluttuante campo di grano dei capelli che disegna un grande ventaglio irregolare attorno ai lineamenti sfocati del volto. Elena…
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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