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incesto

A mia nonna


di GW
28.03.2011    |    149.615    |    7 8.1
"Inoltre l’odore era fortissimo, acre , pungente ma anche dolce e invitante..."
Avrei voluto raccontare questa storia da tempo ma la mancanza di coraggio, che serve ad affrontare la grande successione di ricordi e sensazioni della mia infanzia, mi ha sempre impedito di farlo.
Il cyberspazio, con la garanzia dell’anonimato, mi sta dando questa grande opportunità ed io intendo sfruttarla.

La mia è stata una famiglia normale. Tipicamente italiana. Madre, padre, due figli. Io il primo, mio fratello arrivato con leggero ritardo.
I nonni paterni leggermente defilati per motivi legati alla lontananza, una nonna materna, Letizia, vedova (mio nonno materno è morto sette giorni dopo la mia nascita), invece molto presente.
Molto presente sia per volontà che per opportunità. La volontà, forse, nasceva dal tentativo di far ripartire una vita che si era fermata bruscamente con la morte del nonno.
L’opportunità nasceva dai motivi lavorativi che spingevano i miei genitori a stare spesso lontano.
In effetti mio padre è ora ammiraglio di squadra con incarichi speciali della marina e mia madre è direttrice di una filiale di una famosa multinazionale che tratta articoli sportivi.
Quindi per me l’infanzia è un susseguirsi di flash legati soprattutto alla figura di mia nonna Letizia con cui ho vissuto almeno fino al decimo anno di età.
Mia nonna era una donna, che col senno di poi, potrei definire piacente. Alta sul metro e settanta, leggermente in carne, con i capelli scuri perennemente legati. La pelle molto chiara e morbida costantemente profumata. Un seno molto prosperoso e l’abitudine ad indossare vestitini interi, sobri e a mezza gamba tipici dell’Italia che fu, che rifulgeva l’immagine della donna con i pantaloni.
In casa, più o meno, gli stessi vestitini erano accompagnati verso ora di cena da una parannanza utile a limitare gli effetti del cucinare. La sera, la tipica vestaglia leggera serviva a coprire le trasparenze che gli abiti da notte inevitabilmente donavano.
La mia giornata tipica era fatta da scuola, ritorno a casa dalla nonna, compiti, passeggiata in centro con la nonna, gioco, cena e lettone insieme alla nonna.
Sebbene mia madre spesso mi mancasse, il mio rapporto con mia nonna era assolutamente straordinario.
Ed è con lei che ho iniziato a provare le mie prime pulsioni sessuali. Anche per questo, quindi, le sarò grato per sempre.
Forse però, lei ha anticipato il divenire delle mie pulsioni sessuali, in quanto quello che sto per raccontare, almeno nella prima fase, è accaduto prima della malizia che le pulsioni sessuali portano.

È accaduto in un’età in cui le pulsioni, se esistono, non sono ancora coscienti ed il tutto è visto come gioco.
Il momento del gioco era sicuramente il momento più entusiasmante della giornata. Vuoi perché il gioco è spensieratezza e libertà ma anche perché il gioco che facevo con la nonna mi dava sensazioni stupende.
Infatti dopo la passeggiata pomeridiana, eravamo soliti tornare, metterci in abiti da casa e giocare almeno fino ad ora di cena.
All’epoca non esistevano i videogiochi ed i giochi erano quasi sempre frutto della fantasia.
Il nostro gioco preferito era solleticarci a vicenda. Passavamo ore a solleticarci, a gettarci a terra rotolandoci mimando una lotta, ridendo come pazzi.
Ci toccavamo, dappertutto. Le mie manine erano sicuramente meno efficaci di quelle normali della nonna e quindi, ricordo, un impegno alto da parte mia per avere gli stessi effetti che provavo io.
Almeno fino al giorno in cui il gioco preferito divenne un altro.
Ricordo che nel toccarci vicendevolmente a me dava grande soddisfazione stringere il seno grande della nonna. Era quasi un obbligo da parte mia. Partivo dai fianchi e poi , sempre più spesso e sempre più velocemente, arrivavo a stringerle parzialmente (in quanto le mie mani erano più piccole) i seni.
Lei rideva come una matta e per ripagarmi, più o meno con la stessa moneta, mi prendeva il pisellino e me lo stringeva leggermente. Tutto questo ovviamente, vestiti, in grande enfasi e velocità. Si rideva insieme e di gusto.
Un giorno però, preso dal gioco, non casualmente, preso dalla furia dei movimenti, sbottonai il vestitino della nonna. Ai miei occhi, imbarazzati, più per il gesto che per quello che vedevo, si presentarono due enormi seni coperti da un reggiseno ampio, bianco,e dalla scollatura della sottana.
Ricordo il viso serio di mia nonna. Fortunatamente durò poco. Lei con il più ampio dei sorrisi inizio a ripetermi dolcemente che ero uno sporcaccione e mi riempì di baci in viso.
Ricordo il sollievo di quei baci come fosse oggi. In effetti non avevo semplicemente sbottonato il vestitino, lo avevo stracciato.
Ricordo poi, che lei mi abbasso il pantaloncino. Mi abbassò gli slip e stringendo il pisellino con il pollice e l’indice iniziò ad andare su e giù quasi impercettibilmente e molto dolcemente.
Ricordo ancora quella sensazione. Eravamo entrambi seri. Non si rideva più. Si stava bene però.
Ricordo che mi aiutò ad alzarmi, con i seni ormai quasi al vento, contenuti da un reggiseno forse troppo piccolo, e che si sedette sulla sedia a dondolo che spesso la ospitava durante le sue letture.
Era li, seduta, con le gambe semi aperte, il viso serio, i seni in bella vista anche se coperti ed il nipotino con le braghe calate in piedi avanti a lei. Nello spazio tra le sue gambe.
Lei seduta, io in piedi che la guardavo. Lei con il mio pisellino tra le dita. Io che piano piano andavo avanti ed indietro istintivamente. Io che provavo un forte solletico nella zona inguinale ed allo stomaco. Lei che non mi guardava in viso e nemmeno il pisellino. Guardava altrove ma era leggermente rossa o sicuramente accaldata. Lei che mentre mi stringeva leggermente mi diceva che questo era solo il nostro gioco, che nessuno lo avrebbe dovuto sapere. Che era solo una cosa nostra.
Dopo un po’ questo gioco finì. Lei si ricompose, allargò la mano fino a comprendere anche le palline e mi diede un bacio in fronte. Mi aiutò a rivestirmi e mi disse che la cena era quasi pronta.
Quella sera il clima fu molto particolare.
Era tutto uguale ma così diverso.
Dormimmo sempre nello stesso lettone ma questa volta lei non mi strinse forte a se facendomi poggiare la testa su un suo seno. Mi diede un semplice bacio della buonanotte, spense la luce e si voltò dall’altro lato.
Col senno di poi credo che era quasi triste, delusa da se stessa. Forse pensava di averla fatta grossa, di avermi rovinato, di essere malata.
Il giorno dopo si riprese la routine. Ma il momento del gioco divenne solo mio. Io , infatti, credendo che la tristezza le derivava dal non piacere di quel gesto iniziai a giocare con i miei giocattoli. Lei era seduta sulla sedia con un libro. Almeno fino a quando , dopo qualche tempo, non ripresi a solleticarla.
Rinacque. Mentre ci solleticavamo e ridevamo le chiesi se avessimo potuto fare quel gioco di quella volta. Lei sembrò assolutamente sollevata. Mi ripetette che era solo il nostro gioco, mi mise in piedi davanti a lei, apri leggermente le gambe per farmi spazio, mi abbassò i pantaloncini e le mutandine e mi prese il pisellino tra le dita.
Questa volta lo guardava. Era piccolo ma leggermente durino. Lei era dolcissima nei suoi movimenti. A me piaceva da morire. In effetti non avevo vergogna di mia nonna. Lei mi guardava sempre quando mi faceva il bagnetto, mi vestiva. Per me era quindi normale essere nudi davanti a lei. L’anormalità nasceva dal gesto che da fugace durante il bagnetto o il bidet divenne lento e continuo.
Dopo non molto si fermò. Mi disse che avevo la punta del pisellino tutta rossa. Mi fece il bagnetto, cenammo e andammo a letto.
Era passato molto tempo dalla prima volta di quel gioco. Questa volta fu assolutamente diverso e più bello.
Ormai mi sentivo suo e lei soprattutto era mia (sembra un parolone, ma non so perché in quel momento sentivo che quell’intimità era solo nostra e che non sapendolo nessuno, avevo potere su di lei).
Ricordo che quella sera, a letto, mi fece poggiare la mia testa sul suo braccio con il viso che inevitabilmente andava verso il suo seno e mi disse che ormai ero il suo ometto di casa. Ricordo che mi chiese se mi faceva male il pisellino. Le risposi di no. Ricordo che accese il lumetto sul suo comodino. Ricordo che lentamente mi abbassò i pantaloncini del pigiama e le mutandine. Ricordo che sorridendo mi disse che voleva vedere. Ricordo che mi diede un bacio leggerissimo sul pisellino e che sentii un forte calore. Vidi indistintamente le sue labbra schiudersi poco e prendere in bocca il mio pisellino semi eretto. Oltre al calore, ricordo il rumore di una persona che succhia scostumatamente una caramella, e la sua testa che andava leggermente su e giù.
Ricordo la luce, gialla, calda e soffusa,il mio silenzio e piacere, ed il gesto delle sue mani che mentre mi succhiava il pisellino si sbottonava la camicia da notte. Ricordo il suo far uscire i seni dalla scollatura. Non potevo vederli, era stesa. Almeno fino a quando non smise di succhiarmi e alzandosi per ritornare nella sua posizione originaria non potetti vederli entrambi nella loro magnificenza. Erano seni grandi, enormi, bianchi con le aureole rosate ed i capezzoli rosa scuro. Capezzoli grandi,duri. Stesa al mio fianco, mi prese la testa di bambino e come una mamma con un neonato mi invitò a succhiargli un seno.
Rimasi li a succhiare, ero felice.
Lei, guardava sia me che succhiavo, che il mio pisellino. Ogni tanto lo toccava, lo accarezzava, lo scappellava.
Fu bellissimo. Dopo non molto mi disse che il giorno dopo vi era scuola e che bisognava dormire. Mi diede un bacio leggerissimo sulle labbra (non lo aveva mai fatto) e spense la luce. Ero felice.

Il mattino dopo, si riprese la solita routine.
Il nostro gioco andò avanti per molto. Sempre più o meno lo stesso, con qualche leggera variazione, una maggiore insistenza sulle mie parti intime durante i bagnetti ed i bidet e la voglia di stare a seno nudo di mia nonna durante queste operazioni. Era quasi automatico. Io mi svestivo per l’esercizio di quelle funzioni e lei, all’inizio più per sua volontà e poi per mia, si metteva a seno nudo. Io così mentre lei mi aiutava potevo giocare con quell’enormi tettone, sempre chiare, belle, profumate.
Con il passare degli anni, mia madre riuscì ad avere un riavvicinamento a casa ed io ricordo indistintamente la tristezza del diradarsi dei miei momenti con nonna. Eravamo vicini ma distanti. Vicini con l’auto ma distanti per andarci a piedi o con l’autobus (soluzioni che a quell’età di certo non potevo praticare)
Sebbene io e mia nonna ci cercavamo , mia madre ovviamente, essendoci, non amava che volessi stare sempre da mia nonna, dormire li. Ormai il periodo “brutto” era passato e finalmente (più per lei che per me) potevo vivere a casa mia.
Di certo, ormai adolescente, la malizia era bellamente arrivata.
Ricordo che la domenica quando andavo dalla nonna, nel chiuso della cucina io e la nonna con sguardi, ammiccamenti e carezze facevamo ben presente a noi stessi che il ricordo di quei giochi era tutt’altro che sopito. Anche se in effetti della mia nonna avevo visto e praticato bene solo il seno non era rado che nella solitudine della cucina le mettessi una mano sul sedere, carezzando la parte bassa del sedere. Non era rado neanche che lei girandosi abbassasse la scollatura facendomi vedere, con malizia, l’enorme solco tra i suoi seni.
Se qualcuno ci avesse visto ci avrebbe preso per adolescenti in calore.
In effetti però, in me, era altamente chiaro, che della mia nonna conoscevo solo il seno e che ormai avevo l’età per puntare decisamente anche ad altro. Lei sembrava non dar peso a questa a mancanza, almeno fino al giorno che, come nelle classiche commedie sexy all’italiana, a tavola, in un momento in cui mio padre era alle prese con il telecomando della tv e mia madre in cucina a preparare il secondo non decisi di metterle una mano tra le gambe. Sebbene da seduta e ostacolato dal vestito riuscii a toccarle l’intimità. Anche se da sopra il vestito fu un bel toccare.
Ma più che per un mio piacere lo feci per tastare il terreno, per notare la reazione che fu assolutamente sperabile.
Si girò imbarazzata e maliziosa verso di me e poi verso la tv, senza dire una parola ma comunque complice.
Era da tanto tempo che non giocavamo, che la nostra reciprocità si spegneva in sguardi e ammiccamenti al chiuso della cucina. Ormai il mio pisellino , se non in pisellone , si era trasformato in un pisello normale. Ed io non nascondo che avevo voglia di farglielo vedere, soppesare, annusare, bagnare,succhiare. Non avevo mai fatto l’amore e confesso che non ero neanche troppo attratto dalle mie coetanee. Io volevo solo mia nonna. Anche perché era lei la regina delle mie lunghe sessioni di masturbazione nella solitudine del mio bagno.
Le occasioni però mancavano. Le nostre case erano distanti e difficilmente raggiungibili con mezzi propri. Avrei potuto chiedere a mia madre di accompagnarmi ogni tanto da mia nonna ma con la nascita di mio fratello era più che un problema. Mio padre era sempre impegnato a lavoro. La mia scuola (ormai ero alle medie) era praticamente irraggiungibile da casa di mia nonna.
Ero altamente frustrato da questa situazione e credo che mia madre se ne fosse accorta in quanto , oltre ad essere spesso nervoso (giustificabile dalla mia età adolescenziale) sembravo sereno solo quando sentivo mia nonna telefonicamente. All’epoca non vi erano i cellulari e quindi impegnavo spesso il telefono di casa per parlare con lei. Le telefonate erano normalissime , mai spinte o volgari. Da parte mia , forse, erano leggermente più enfatizzate a causa del sicuro innamoramento che provavo nei suoi confronti. Lei era assolutamente affettuosa, garbata ma mai troppo enfatica. Ciò mi faceva assolutamente impazzire. La volevo.
In sincerità la locuzione “la volevo” è un qualcosa di molto moderno e che ho sviluppato con l’età e con la maturità. All’epoca , credo che nonostante fossi adolescente ed abile e arruolato al sesso, io volevo semplicemente continuare a giocare e averla tutta per me. Non ero poi così interessato alla dinamica sessuale materiale in quanto tale, ma a tutto quello che ci girava intorno.
L’occasione di averla tutta per me la ebbi.
Fu un’occasione che con il senno di poi è assolutamente tragica ma in effetti mi diede l’occasione per poter passare un po’ di tempo con lei.
L’occasione tragica capitò quando, in seguito ad uno scippo mal riuscito, mia nonna fu fatta cadere con conseguente frattura del braccio destro. Frattura dell’ulna e del radio fu l’infausta diagnosi.
Mia madre abbastanza preoccupata decise quindi di far venire a vivere mia nonna da noi per il breve periodo che la convalescenza comportava.
Mia nonna era sempre stata restia a venire a vivere da noi (nonostante le insistenze di mia madre) in quanto oltre ad amare le sue cose , aveva sempre la sensazione di disturbare, a suo dire. Questa era un’altra cosa che mi faceva impazzire in quanto la vedevo , da parte di mia nonna, una non voglia di stare insieme.
Di certo se fosse venuta a vivere da me ci saremmo potuti amare nei ritagli di tempo di solitudine ma credo che non era quello che voleva. Probabilmente voleva proteggermi da atti che, agli occhi della nostra società e suoi, erano sbagliati.
La notizia dell’incidente mi innervosì assolutamente, ma sapere che sarebbe venuta a vivere da noi mi riempì assolutamente il cuore di gioia.
Con mia madre ed il fratellino andammo a prendere la nonna e le sue cose a casa sua e ci dirigemmo verso casa nostra .
Era sempre bella. I capelli leggermente più bianchi, la figura leggermente più esile , il braccio tristemente ingessato,gli occhi sempre scuri e determinati ed un seno sempre meraviglioso fasciato da un vestitino estivo a mezza gamba. In effetti era un fine settembre leggermente atipico. Faceva molto più caldo della norma. E questo era altro motivo di sofferenza per mia nonna , con il braccio costretto da quell’orribile gesso.
Ovviamente mia madre aveva provveduto a sistemarle al meglio la stanza degli ospiti. Sebbene casa nostra la mattina era tristemente vuota in quanto noi, figli, andavamo a scuola e loro ,genitori, andavano a lavoro nel pomeriggio si recuperava in quanto tutti, meno mio padre, eravamo presenti. E quindi mia madre poteva dare più un occhio a mia nonna , sua madre.
Devo dire che nonostante la presenza di mia nonna in casa, vederla ancora visibilmente scossa e con le conseguenze dell’evento triste ancora visibili sul suo corpo, al contrario di quanto si possa pensare, mitigò assolutamente i miei bollenti spiriti.
Non volevo assolutamente essere invadente o pressante, ne tantomeno lei mi faceva credere il contrario.
Eravamo due perfetti parenti, che si volevano un bene dell’anima ma, che oltre al bacio del buongiorno e della buonanotte, non andavano.
Sebbene le occasioni per sbirciare il suo sempre magnifico corpo le avevo in quanto sempre molto impacciata con il gesso, in effetti mi limitavo a qualche sguardo ma niente di più.
Almeno fino a quando, complice un forte acquazzone estivo abbattutosi con violenza sul campetto di calcetto dove tre volte a settimana svolgevo allenamenti, non mi debilitò a tal punto da farmi venire una violenta febbre.
Mia madre, stranamente, fu quasi sollevata e non avvilita da quella febbre.
La febbre di solito la avviliva , sia ovviamente per la sofferenza provocata alla vittima, ma anche perchè aveva come conseguenza gravi problemi organizzativi in vari ambiti.
In quel caso , non dico che fu sollevata ma quasi. Coglieva due piccioni con una fava. La nonna era in compagnia e viceversa lo ero io. Ognuno di noi si sarebbe preoccupato dell’altro.
Devo dire che in quel momento, nonostante la febbre e, nonostante la mitigazione che l’incidente e la visione di mia nonna debilitata aveva dato alla mia libido, qualcosa si mosse.
Ero altamente eccitato dalla fantasia che quella situazione poteva provocare.
Anche se devo dire che ormai da tempo non giocavamo più e che io ormai non ero più un bambino ma un ragazzo, alto, forte, con le gambe scolpite dalle lunghe ore di allenamenti al calcetto, e con un bel viso su cui apparivano i primi peli di barba.
Il mio corpo era già discretamente peloso,non troppo ma discretamente. Ed il mio pisello era abbastanza grande da poter soddisfare tranquillamente una ragazza, impreziosito com’era da una discreta peluria che lo faceva risaltare.
Era evidente che insieme all’eccitazione si mescolava, tra i sentimenti provati, la paura di fallire. La paura di sbagliare una mossa con l’unica donna che fino a quel momento suscitava in me tanta passione quanto amore,tanta irruenza quanta tenerezza.
Il giorno dopo l’evidenza della febbre verificatasi nel pomeriggio, i miei genitori uscirono molto presto con mio fratello.
Mia nonna nella sua stanzetta forse dormiva ancora oppure molto probabilmente nonostante il problema del gesso rassettava il suo giaciglio, mentre io nella mia stanzetta ero abbastanza debilitato da una forte febbre notturna , che nonostante la tachipirina ci aveva messo molto a scendere.
Quando ormai il sole era già abbastanza alto la vidi bussare gentilmente alla mia porta ed entrare piano piano cercando di non disturbare.
Voleva sicuramente sincerarsi delle mie condizioni e sapere se avevo la febbre per magari poi agire di conseguenza dandomi l’eventuale sciroppo.
La vidi sulla soglia della porta, bella, bellissima, con una camicia da notte di un bianco panna assolutamente trasparente controluce e soprattutto senza alcuna vestaglia che potesse coprire le eventuali trasparenze
Io finsi bellamente di essere tra veglia e sonno. Infatti nonostante le mie precedenti mosse ardue ero perlomeno imbarazzato. Non ero più un bambino incosciente ma un ragazzino altamente cosciente.
La trasparenza offertami dalla mescolanza di cotone leggero e luce solare mi permetteva di vedere la sua intera figura come fosse in mutandine e reggiseno. Nonostante avessi avuto la fortuna di vedere la magnificenza del suo seno nudo ora la potevo vedere in tutto il suo splendore.
Aveva un reggiseno bianco leggermente ricamato ed a balconcino che teneva su le sue grazie ed uno slip sempre bianco di cotone leggerissimo. Probabilmente mi illusi di vedere addirittura la peluria della sua intimità.
Di certo distinguevo la sua pancia un po’ pronunciata e le sue cosce grosse ma tornite. Purtroppo anche se per un lasso di tempo mi diede le spalle non riuscii a vedere la piena figura del suo sedere. Intravidi solo il solco, favorito dal suo mettersi a 90 gradi per raccogliere un oggetto da terra.
Questo mi provocò una buona erezione che, sebbene leggermente mitigata dalla febbre, un lenzuolino di cotone non poteva minimamente nascondere. Nonostante misi la gamba in modo da occultare leggermente il mio inguine , mia nonna con buona evidenza dovette accorgersene.
Prese la sedia della scrivania e si sedette al mio fianco, poggiandomi dolcemente prima una mano e poi le labbra asciutte sulla mia fronte per sentire l’eventuale calore dovuto dalla febbre.
Nell’abbassarsi fu abbastanza inevitabile offrirmi la visione del suo decollete assolutamente florido. Il chiarore della pelle del suo seno contrastava con l’ombreggiatura che il solco tra i due seni provocava.
Ero assolutamente in confusione. Almeno fino a quando una mano, la sinistra,l’unica che aveva a disposizione non strinse dolcemente il mio pisello in piena erezione. Rimase così per un tempo per me lunghissimo ma assolutamente breve. Fino a quando non mi diede un bacio su una guancia e mi sussurrò che era tutto troppo diverso.
Io non ebbi il coraggio di far capire che ero sveglio (anche se lei lo aveva capito), di fare una qualsiasi mossa. Di fermarla e di baciarla come assolutamente il mio istinto mi chiedeva.
Si alzò e mi lasciò li in preda ad una assoluta confusione di sensazioni,emozioni,pulsioni.
Richiuse la porta e raggiunse il bagno, silenziosamente come era venuta.
Di li a poco mi alzai e passando avanti la porta del bagno sentii gli inevitabili rumori che una persona in leggera difficoltà dovuta alla parziale mobilità è costretta a fare.
Non ebbi il coraggio di chiederle se aveva bisogno di un aiuto. Me ne andai direttamente in cucina, pensieroso e forse deluso.
Mentre sorseggiavo un triste latte seduto al tavolo della cucina , sentii la porta del bagno aprirsi e la vidi dirigersi dapprima nella sua stanza e poi verso la cucina dove ero io. Era vestita con un abitino leggero,leggermente scollato e la quale scollatura era limitata da una spilla. Era assolutamente magnifica. Aveva un espressione più rilassata. Era diversa dal giorno prima. Molto più donna e meno nonna malata. Ovviamente questa fu un impressione di ragazzo innamorato. Il suo sorriso , ampio e sincero, però sembrò confermare la mia tesi. Stava rifiorendo. E forse con lei, io.
Si avvicinò a me e mi diede un bel bacio su una guancia chiedendomi se avessi avuto la voglia di aiutarla a farsi un bel caffè. Si avvicinò al lavabo ed io da dietro ,ancora in pigiama, potevo vedere l’intera figura della donna dei miei sogni impegnata con un solo braccio a preparare l’occorrente per un caffè.
L’aiutarla ebbe il pregio di poter ritrovare una sorta di complicità che soprattutto a causa del tanto tempo trascorso lontani si era leggermente sopita o perlomeno mitigata. Non mancarono risate a causa della sua limitazione e della mia imbranataggine.
Appena messa la macchinetta sul fuoco mia nonna,sorridendo,mi chiese se avevo intenzione di restare con il pigiama tutta la mattina o quella che restava della mattinata. In effetti si era quasi ad ora di pranzo e di li a poco sarebbero tornati mia madre e mia fratello. Mia madre in questo periodo lavorava part time anche per favorire la convalescenza di mia nonna.
Rimasi li in attesa della fuoriuscita del caffè seduto insieme a mia nonna al tavolo della cucina. Si percepiva il gusto delle cose non dette. Lei guardava me , io guardavo lei. Lei non era assolutamente maliziosa, io ero assolutamente imbarazzato.
L’attesa fu ripagata da un profumo assolutamente inebriante. Quello del caffè che lentamente usciva, accompagnato dal tipico rumore del liquido a contatto con il calore del ferro e della pressione dell’acqua.
Il tempo di mettere la bevanda nella tazzina di mia nonna, tuttora non prendo caffè, e mi recai in bagno.
Espletai la prima impellenza fisiologica che premeva per essere adempiuta e notai che sul bidet di fronte a me vi era poggiata la mutandina bianca di mia nonna.
In quel momento mi sembrò di impazzire. Velocizzai al massimo le operazioni , tolsi tutto e mi sedetti sul bidet. Avevo quasi timore di toccare quell’indumento intimo che non mi apparteneva.
Lo feci. Lo presi in mano e come primo istinto lo portai al naso. Coprendo anche la bocca. Sentii forte un afrore splendido, un odore che come la madeleine di Proust mi portò ben presto alla mia infanzia. Quell’odore non identificato in effetti lo avevo sentito forte , per la prima volta,nel momento in cui mia nonna per la prima volta prese il mio pisello in bocca.
Io all’epoca non aveva grandi spiegazioni , sicuramente meno di adesso.
Adesso era l’evidenza che quello che era successo poco prima in stanza non aveva lasciato indifferente lei, tutt’altro. Nella zona inguinale della mutandina si poteva assolutamente scorgere un liquido tra il denso e l’appiccicoso testimonianza di un piacere irruente come il mio.
Non potetti far altro che leccare. Leccare, leccare a perdifiato per non sprecare neanche la minima goccia di quel nettare. L’altra mano era inevitabilmente sull’asta del mio pisello. Ero come impazzito. Sentivo una voglia incredibile di uscire e di fare una pazzia. Fortunatamente (o molto sfortunatamente) sentii il rumore della porta e la voce del mio fratellino che gridava la sua felicità alla nonna.
Capii che qualsiasi cosa potessi fare in quel momento andava rimandata.
Fu così che nascosi la mutandina nel mio di slip ed uscii cercando in tutti i modi di limitare le emozioni e le sensazioni che mi frullavano per la testa.
Baciai mia madre, che ne approfittò per controllarmi la temperatura, stetti a debita distanza da mio fratello per limitare i danni del contagio e mi recai nella mia stanza. Assolutamente frastornato dalla situazione.
Sentii il rumore della porta del bagno , dopo pochi secondi si riapri. Sbirciando notai che era mia nonna.
Era evidente che mia nonna cercava o un qualcosa di suo o voleva verificare se quel qualcosa di suo aveva avuto gli effetti desiderati.
Nella prima ipotesi era una dimenticanza e voleva limitare i danni. Nella seconda era un atto che mi dava la speranza di essere contraccambiato nel mio forte desiderio (in tutti i sensi) nei suoi confronti.
Non trovando la mutandina, a seconda della sua reazione avrei capito di quale ipotesi si stava parlando.
La riprova la ebbi di li a poco. Mentre mia madre armeggiava in cucina e mio fratello in giardino , lei venne silenziosa come sempre nella mia stanza. Bussando si presentò con un leggero sorriso malizioso. Mi chiese se avevo qualcosa di suo. Sebbene la mia idea era di negare fino all’evidenza non resistetti sia per imbarazzo che forse per senso di colpa e abbastanza malvolentieri tirai fuori la mutandina dai miei slip, senza abbassarli ma tirandola letteralmente dai miei slip, e la porsi a mia nonna.
Lei si avvicinò e pian piano la riprese, tirandola. A quel punto fece un gesto che mi fece letteralmente impazzire. Portò anche lei quelle mutandine al suo naso. Sentì anche il mio odore.
Uscì lentamente dalla stanza.
Rimasi estasiato. Mi rimisi a letto, senza pranzare. Dopo poco mia nonna rientrò in camera per controllare la temperatura. Lo fece con la mano e poi con le labbra sulla fronte. Mi disse bisbigliando che ai suoi tempi la temperatura spesso si misurava mettendo il termometro nel sedere e che le sarebbe piaciuto in quel momento avere la febbre lei al mio posto. Ciò agli occhi di chi legge può sembrare spudorato, volgare e non da mia nonna.
In effetti il nesso non fu così forte da farmi impazzire in quel momento seduta stante. Mia nonna disse queste due cose (la questione del termometro e che vorrebbe avere la febbre al posto mio) in maniera apparentemente scollegata, tanto da non farmi cogliere che forse stava sognando il nipote che le misurava la febbre piantandole un termometro nel culo.
Il pomeriggio e la serata passarono così. Si era tutti in casa ed io era vagamente moribondo nel mio letto.
Ben presto venne la mattina. I miei, come ampiamente preventivato, uscirono presto di casa.
Io , ampiamente riposato mi svegliai prestissimo. Una volta alzato, andai in cucina dove armeggiai con il materiale atto alla preparazione della mia colazione.
Non passo molto tempo e sentii la porta di mia nonna aprirsi. Era lei. Con la sua camicia da notte color panna, ancora una volta senza vestaglia.
Questa volta il reggiseno e le mutandine erano nere. Non riuscivo ad intuire il materiale. Ma tale visione mi bastava. Mia nonna prese abbastanza sportivamente il fatto che non la guardavo in viso ma che le fissavo il pube.
Ed anzi rincarò la dose chiedendomi se eravamo soli. Alla mia risposta positiva, la vidi allontanare ed andare verso il bagno. Una volta uscita ebbi ancora una grande sorpresa. Indossava ancora la camicia da notte color panna , ancora le mutandine ma non più il reggiseno.
Potevo vedere la pressione dei capezzoli duri sul cotone, i danni dell’età e della forza di gravità ma che per me erano assolutamente ininfluenti in quanto quelle erano ancora un gran bel paio di tette, grandi, morbide,magnifiche.
Rimase li sull’uscio della porta. Con il viso che da una parte forse provava vergogna e dall’altra mi chiedeva se le piacevo ancora.
Tale domanda che immaginavo in effetti mi fu posta. Mia nonna mi chiese se le piacevo ancora e se riusciva a battersela con le ragazzine che eventualmente mi ronzavano intorno.
Qualsiasi risposta biascicai difficilmente rese abbastanza concretamente il mio pensiero. Era l’unica donna della mia vita, da sempre.
Mi alzai mi avvicinai e prendendo il coraggio a quattro mani riuscii a baciarla. A baciarla come volevo io. Da sempre. La baciai appassionatamente, con la lingua e sebbene dapprima non ebbi risposta ben presto sentii la lingua di mia nonna che dolcemente lottava con la mia. Le misi una mano dietro la testa ed un dito in bocca. Non capivo nulla. Volevo solo stare con lei. Guardarla , ammirarla. Non mi bastava vedere lei ciucciare con fragore il mio dito mentre io con l’altra mano gli pastrucchiavo i seni da sopra la camicia da notte.
Dopo poco si fermò. Un lampo di coscienza la bloccò. La paura di essere a casa mia. La paura di non essere soli da un momento all’altro.
Sebbene era presto, ed era difficile un rapido ritorno di mia madre con mio fratello (mio padre era partito per il sud d’Italia e sarebbe tornato la settimana dopo),simulai una telefonata di emergenza a mia madre per sincerarmi del loro ritorno a pranzo (abbastanza scontato).
Avute le giuste rassicurazioni , guardai mia nonna che nel frattempo era seduta al tavolo della cucina.
A differenza di tanti anni prima questa volta feci io il gesto che mi aveva aperto le porte dell’amore.
Non aspettai che mia nonna mi abbassasse i pantaloni, ma fui io con molta lentezza ad abbassare il pantalone del pigiama e lo slip fissando mia nonna negli occhi. Lei guardò dapprima me e poi si soffermò sul mio pisello.
La vidi leggermente incredula. In effetti il mio pisello sembrava enorme. Era davvero ben fatto, con tutto al posto giusto
Lei seduta, si giro completamente verso di me. Apri leggermente le gambe per farmi spazio e come molti anni prima lo prese in mano. Non con due dita ma con il palmo della mano sinistra. Lo strinse , quasi a soppesarlo. Non mi guardava più in viso. Solo raramente e velocemente. Era assolutamente concentrata sul mio arnese e lo stringeva. Iniziò a scappellarmelo lentamente. Il rosso della mia cappella era assolutamente incredibile. Notai la difficoltà del maneggiarlo con la mano sinistra ma in effetti non diedi troppo peso.
Ero troppo impegnato a non venire in pochi secondi anche se devo ammettere che il tutto era irresistibile.
Se qualcuno fosse entrato dalla porta avrebbe avuto lo spettacolo di un nipote in piedi tra le gambe della nonna che da seduta è impegnata golosamente a masturbarlo.
Ormai ero grande e soprattutto avevo perso la testa. Infilai una mano nella scollatura e mi trovai ben presto con un capezzolo duro che contrastava con la morbidezza del seno che spingeva contro il palmo della mia mano.
Notai che mia nonna per un attimo tolse la mano per alzarsi leggermente di più la camicia da notte.
In tal maniera quasi automaticamente spalancò ancor di più le cosce. Potevo vedere il solco della sua figa spingere la mutandina nera e soprattutto ebbi la netta sensazione che fosse molto più piccola del necessario in quanto vidi indistintamente dei peli pubici neri e duri uscire sia dai lati che dalla parte superiore della mutandina.
Non resistetti e venni con infinita potenza dappertutto. Ricordo che sporcai tutto ciò che mi era di fronte. Compresa la camicia da notte di mia nonna e soprattutto il gesso. Qualche goccia andò anche in viso. Rimanemmo assolutamente bloccati. Mia nonna aveva ormai aperto il palmo e la sua mano a malapena riusciva a contenere le palle più il mio pisello.
Io ormai esausto avevo ancora una mano tra i seni di mia nonna. La tolsi. La baciai in fronte e ci recammo in bagno. Insieme. Io andai sotto la doccia e mia nonna si sciacquò i seni sempre con una mano, togliendosi quindi la camicia da notte , ormai da lavare.
Dalla doccia potevo vedere questa donna meravigliosa in mutandine che piegata leggermente in avanti sul lavandino mi regalava la vista di un culo da favola e il lato dei suoi seni bianchi e morbidi.
Avevo già il pisello nuovamente in erezione. Mia nonna dallo specchio se ne accorse. Chiedendo se aveva bisogno di una mano la sua risposta purtroppo fu negativa. Non mi restò che prendere le mie cose ed uscire dal bagno. Prima però mi fece avvicinare a lei e mi diede un bacio casto sulle labbra. Era seminuda ed io potetti sentire sulla parte bassa del mio torace i seni e la pelle di lei. Era meraviglioso.
La mattinata passò così. Ben presto arrivò mia madre con mio fratello. Pranzammo ed il pomeriggio trascorse tra una chiacchiera e l’altra.
Entrambi però avevamo una leggera luce negli occhi. Forse immaginavamo quello che sarebbe potuto accadere il giorno dopo.
La mattina dopo , misi la sveglia presto. Non potevo assolutamente perdere l’occasione di stare con mia nonna.
Decisi di andare io in camera da lei. Preparai il caffè e molto silenziosamente mi recai nella sua stanza. Vi era una luce soffusa che filtrava dalle tapparelle.
Poggiai il caffè su un tavolino e la baciai delicatamente su una guancia. Dormiva ancora. Era bellissima.
Nell’aprire gli occhi notai una leggera nota di felicità nei suoi occhi. Quest’oggi non aveva la camicia da notte che il giorno prima le avevo firmato con il mio sperma. Aveva un pigiama presumibilmente di mia madre che di sexy non aveva nulla. Il contenuto invece come al solito era piombo fuso.
La aiutai ad alzarla e le porsi il caffè. Rimasi li a guardarla mentre lo sorseggiava. Dopo poco mi chiese un piacere che speravo mi avesse prima o poi richiesto.
Mi chiese se la aiutavo a fare la doccia o se perlomeno la aiutavo a lavarsi in maniera più approfondita.
Mi salì il cuore in gola e credo che se ne accorse. Era uno dei miei sogni. Finalmente poi potevo vedere mia nonna in tutta la sua nudità.
Quasi freneticamente non vedevo l’ora di iniziare. Strada facendo , nel percorso tra stanza e bagno , mia nonna mi chiese l’aiuto non per la doccia , che poteva essere rischiosa per il gesso, ma l’aiuto per un bel bidet e una lavaggio approfondito al corpo.
Era prestissimo. Difficilmente sarebbe tornato qualcuno.
Arrivati al bagno chiesi a mia nonna di poter fare tutto io e se potevo spogliarmi anche io. Mi chiese perché volevo spogliarmi anche io ed io le risposi che volevo essere molto accurato ed evitare di bagnare il pigiama.
La spogliai piano e delicatamente. Lei mi guardava negli occhi. Le tolsi piano la maglietta del pigiama , lasciandola solo in un reggiseno bianco troppo più piccolo dei suoi seni. Sembravano esplodere. Infatti contestualmente le tolsi anche quello. Lasciando le sue enormi tettone in libertà. Lei continuava a fissarmi negli occhi.
Delicatamente scesi in basso e le sfilai lentamente il pantalone. La mutandina era bianca e sottile. Ed infatti non dovetti immaginare molto il cespuglio che aveva tra le gambe.
Scendendo anche io insieme ai pantaloni ebbi quasi la testa ad altezza patata. E li sentii il tipico afrore che mi faceva riconoscere mia nonna.
Finalmente le sfilai la mutandina. Vidi per la prima volta una figa dal vivo e davanti ai miei occhi. Era bellissima. Paffuta. Molto pelosa al centro, dove si poteva scorgere il clitoride e con peli più radi nella parte alta. Sempre neri e ricci.
Rimasi estasiato in ginocchio a guardarla. Mia nonna mi mise una mano in testa per farmi rialzare. Era forse un po’ imbarazzata.
Dopo poco tolsi anche io il pigiama e mia nonna non potè far altro che constatare che avevo un pisello durissimo e voglioso. Mi chiese se ce la facevo a lavarla in quelle condizioni e procedetti.
La feci sedere sul bidet. Da dietro vidi indistintamente il culo allargarsi e mostrarmi una leggere peluria. Mi accovacciai tra il bidet ed il lavandino e riempiendo il bidet con acqua e sapone iniziai a lavarla con cura la figa ed il culetto.
Con la mano intrisa di sapone , insaponai per bene quel boschetto e piano piano facevo si che il dito medio entrasse leggermente nella fessura della sua figa. Mi spingevo sempre più. Ero assolutamente eccitato. Con il dito insaponato mi spinsi all’ingresso del buchetto del suo culo e spinsi lentamente fino a farne entrare un mezzo centimetro. Sentivo i peli del suo culetto solleticarmi la mano. E soprattutto sentii indistintamente un miagolio da parte di mia nonna. Iniziai a masturbarla più velocemente. Sebbene non lo avevo mai fatto ed ero quindi assolutamente inesperto capii che quel gonfiore nella parte superiore della due grandi labbra andava sfregato. Infatti i miagolii ed il gonfiore aumentavano di intensità quando agivo in quella zona. Nel frattempo curavo anche il culetto e la zona tra il culetto e la figa. Il mio pisello era gigantesco e fastidioso.
Dopo un po’ che massaggiavo in maniera impertinente l’intimità di mia nonna , iniziai a notare un tremolio nella sue gambe , un aumentare di intensità del respiro e soprattutto l’aumento della fuoriuscita di liquido denso ed appiccicoso dalla sua figa.
Capii che stava venendo. Di li a poco la vidi impazzire. Mi prese per i capelli e mi bacio follemente con la lingua. Io ero nudo, bagnato, schizzato di sapone ed umori e con la bocca rossa per il bacio di mia nonna. Da seduta sul bidet prese l’occasione per prendere il mio pisello in bocca e mi spompinò come mai nessuna donna tuttora abbia mai fatto. Fu incredibile. Lei era completamente in trance. Fu magnifico. Dopo un mio leggero sbandamento mi ripresi totalmente ed iniziai a pompare in bocca di mia nonna in maniera veloce e compulsiva, tenendo la sua testa tra le mie mani. Era ancora seduta sul bidet e dall’alto potevo vedere le sue enormi tettone ballare al ritmo dei miei fianchi.
Bastò davvero poco per farmi venire in maniera copiosa nella sua bocca. La vidi ingoiare con avidità. Non era in se, ne tantomeno io.
Rimasi bloccato con il mio membro nella bocca di mia nonna. Sebbene avvertivo la perdita di erezione , vedevo mia nonna bloccata e con il mio pisello in bocca.
Dopo poco ci riprendemmo entrambi. Vi era nei nostri sguardi un non so che di strano che a distanza di anni ancora non so spiegare.
La aiutai a rialzarsi dal bidet. Era visibilmente stanca. Senza dire una parola la accompagnai al lavandino ed aprendo l’acqua calda cominciai a massaggiarle la pelle, partendo dal collo. Non vi era più malizia, sesso perverso ma solo ed unicamente amore, dedizione, amore filiale.
Sebbene nel riflesso dello specchio era inevitabile osservare la magnificenza dei suoi seni, fui colpito dalla leggera peluria delle sue ascelle.
Iniziai a insaponarla con grande cura. Volevo , forse inconsciamente, ripagarla di ciò che di grande mi aveva donato. Non trascurai nessun centimetro del suo corpo , e sebbene non eravamo in doccia per me aveva poca importanza l’inevitabile acqua che cadeva in terra. Avrei sistemato tutto dopo e con calma.
Non potetti non notare un leggero spingersi all’indietro del sedere di mia nonna verso il mio pisello non più in erezione. In più di un’occasione vidi il mio uccello penzolare tra le sue grosse natiche. Ma decisi di non darci peso. Non potevo darci peso. Non avevo assolutamente intenzione di rovinare tutto. Pochi secondi prima mia nonna era li che ingoiava il mio seme, non potevo ancora approfittarne.
Risciacquai con cura il suo magnifico corpo e la accompagnai lentamente nella sua stanza. Li la feci sedere sul letto, e le infilai le mutandine. Nell’indossarle inevitabilmente spalanco la figa , dandomi piena visione della sua rosea fessurina attorniata di peli e del suo buchetto del culo piccolo e peloso. Io ero di nuovo in semi erezione ma continuai come soldato in missione. Le presi un reggiseno pulito dalla valigia mai disfatta e glielo infilai alla ben peggio. La mia pratica era assolutamente inesistente.
Presi per ultimo il vestitino , poggiato ordinatamente su una sedia insieme alla sottana e glielo infilai da sopra la testa. Notai che non diceva una parola. Silenziosamente si lasciava guidare dai miei gesti e mi guardava con occhi seri ma dolcissimi.
Io ormai avevo concluso il mio compito. Soddisfatta dal lavoro fatto mi diede un leggerissimo bacio sulle labbra e mi intimò di rivestirmi che se veniva qualcuno mi avrebbe trovato con il pisello al vento in camera di mia nonna.
Soddisfatto anche io, tornai al bagno dove cercai di risistemare il tutto al meglio e dove mi rivestii in tranquillità. Avevo in me il sapore dell’uomo felice. Più che altro dell’uomo.
Sapevo però che mancava qualcosa. Quel qualcosa che sicuramente andava oltre qualsiasi più fausto pensiero. Il proibito per eccellenza. Volevo fare l’amore, quello vero, quello completo con mia nonna.
Non sarebbe stato facile. Avrei dovuto sfruttare quella passione travolgente che ci folgorava quando eravamo insieme fisicamente.
Al ritorno di mia madre con mio fratello fu accertato che ormai ero quasi guarito e che il giorno dopo sarebbe stato l’ultimo a casa. Questo significava inevitabilmente ultimo giorno da solo con nonna.
Dovevo cercare di godermelo fino in fondo. Dovevo e volevo amarla fino in fondo.
Il pomeriggio trascorse tranquillo. Ricordo che vedemmo tutti insieme il vhs di un famoso film di Paul Newman. Ricordo benissimo le gambe accavallate di mia nonna sul divano. Belle, bianche ,senza calze.
Lei non aveva malizia. Io in quel momento si. Avrei voluto essere solo per poterla leccare dalla testa ai piedi.
Alla fine del film era quasi ora di cena. Il ricordo di quella mattinata senza regole , senza vincoli sociali ,senza limiti e pudori spesso mi ritornava alla mente. Mia nonna era invece tranquilla. Con la sua mobilità parziale dovuta al braccio ingessato cercava in tutti i modi di rendersi utile.
Venne la sera. Ognuno si ritirò nella sua stanza. Il mio fratellino andò a dormire , come suo solito quando mancava papà, nel lettone di mamma. Con la scusa di un bicchiere d’acqua volevo assolutamente passare a dare la buonanotte a mia nonna. Da soli , non davanti a tutti. Passando nel corridoio che porta in cucina sentii indistintamente mia madre che scherzosamente chiedeva a mio fratello che cosa fosse quella cosa li e se era un campanellino. E sentivo le risate piene del mio fratellino che rispondeva che quella cosa li era sua. Non volli indagare più di tanto. Ero abbondantemente preso dai miei problemi. Senza bussare mi intrufolai nella stanza di mia nonna. Lei era li che, nella penombra della luce soffusa del lumetto del suo comodino, leggeva un libro.
Quando mi vide rimase tra il sorpreso e l’arrabbiato. Forse pensava ad una voglia notturna che inevitabilmente si sarebbe tramutata in un rischio troppo grande e forse inutile.
A prescindere dalla mia voglia ciò che quella sera volevo era solo il calore del suo corpo. Non fui accontentato. Mi intimò dolcemente ma fermamente di uscire ed alla vista del mio viso deluso mi chiese silenziosamente di avvicinarmi per un fugace bacio su una guancia.
Anche se non previsto lo ricambiai immediatamente. Mi disse di dormire e soprattutto di riposare bene, che il giorno dopo era meglio che iniziassi a studiare visto il mio presto rientro a scuola.
Sgattaiolai via dalla stanza profumata di mia nonna e mi recai verso la mia. Dalla stanza dei miei genitori, dove vi erano mia madre e mio fratello non vi era più alcun rumore.
Cercai di addormentarmi. I residui di adrenalina erano sicuramente ancora tanti, non fu facile. Prima di addormentarmi, puntai la sveglia.
Il giorno dopo al suono della sveglia ero già abbondantemente sveglio. Tra sogni, incubi, pensieri ed erezioni la mia nottata era stata perlomeno insonne.
In casa regnava il silenzio. Mia madre e mio fratello erano giù usciti. La stanza di mia nonna era tristemente chiusa.
Mi recai in cucina e trovai li mia nonna, che di spalle con l’unico braccio sano che aveva cercava di preparare il caffè. Aveva di nuovo la vestaglia e sotto non indossava assolutamente nulla. Potevo vedere il suo culo nitidamente. Era li grosso ma non troppo. Chiaro con il solco tra i due glutei più scuro. Forse dovuto alla leggera peluria oppure ad una ombrosità eccessiva. Non entrai subito in cucina. Volevo ammirarla senza farmi notare.
Rimasi poco più distante dell’uscio. Poco dopo notai la caduta del tappo del contenitore del caffè. Era un barattolo in latta di una nota marca di caffè. E tale tappo era rosso e di plastica. Io ero ancora li. Mi venne l’istinto di correre ad aiutarla. Ma qualcosa mi fermò.
Vidi lei che si abbassava a novanta gradi spalancando molto più del dovuto il suo culo carnoso. Potevo vedere perfettamente il buco spalancato del suo culo e lo scuro della sua peluria. Non riuscivo ad intravedere le grandi labbra della sua figa ma quel culo ripagava ampiamente qualsiasi altra visione.
Ero li in grande erezione. Decisi di recarmi in bagno. Non mi andava di farmi vedere in quelle condizioni , sebbene, forse, visto come era abbigliata mia nonna, era quello che voleva.
Poco dopo uscii dal bagno con l’aria assonnata di chi ha dormito tutta la notte e che ancora ci starebbe nel suo letto.
Mia nonna era seduta vicino al tavolo che sorseggiava il suo caffè.
Con un fugace sorriso entrai in cucina e fingendo uno sbadiglio le diedi il buongiorno con un rapido bacino. Lei rispose lieta con un ampio sorriso. Mi chiese se avevo dormito bene e se per colazione poteva essermi utile. Le risposi che avrei preso un po’ di latte e che poi avrei fatto una doccia. Con il fare del finto tonto le chiesi se anche lei ne avesse bisogno.
Mi rispose che in effetti ne avrebbe avuto bisogno ma che aveva paura per il gesso. Ricordando l’esperienza di un mio compagno di calcetto le proposi di mettere una busta chiusa attorno al braccio in modo da evitare il contatto diretto dell’acqua con il gesso. Era evidente che avremmo dovuto lo stesso stare attenti ma che era una possibile soluzione.
Si convinse ed io mi affrettai a prendere una busta di plastica dall’apposito cassetto che le conservava.
Le chiesi di togliersi la camicia da notte in quanto dopo con la busta avremmo avuto ancora più difficoltà a sfilarla.
Mi guardo con aria interrogativa e poi sorridendo mi disse che se in quel momento qualcuno entrava dalla porta avrebbe visto mia nonna poppe al vento e culo all’aria. Ci recammo quindi in bagno. La spogliai delicatamente e nonostante il richiamo irresistibile del suo corpo e del suo profumo naturale mi impegnai nel stringergli la busta attorno al braccio. Non potetti non notare la peluria delle sue ascelle. Mi faceva impazzire.
Poco dopo mi spogliai anche io. La doccia la facemmo in piedi nella vasca da bagno. In effetti non saremmo riusciti ad entrare nella cabina doccia. Eravamo entrambi in piedi, nudi, l’uno di fronte all’altro. Iniziai a far scorrere l’acqua calda. Nel frattempo entrambi ci guardavamo negli occhi. Mi chiese se era fattibile nella sua condizione l’insaponarci vicendevolmente. Le risposi che avrei provveduto a tutto io. Riempii la spugna di sapone, la feci inzuppare di acqua calda ed iniziai dolcemente a passarla sul suo corpo partendo dalla pancia.
Cercai di essere il più dolce possibile. Cercai di mascherare in tutte le maniere l’assurda erezione che quella situazione mi provocava. Prima con la spugna e poi a mani nude cercavo in tutte le maniera di coprire sensualmente e con calore ogni singola parte del suo corpo.
Non resistetti e la baciai appassionatamente con la lingua. Lei ricambio con dolcezza ma senza eccessiva trance. Voleva restare calma, forse. Con delicatezza la girai di schiena per poterla insaponare anche dietro. Partendo del collo che ospitava i suoi capelli raccolti, scesi piano fino ad arrivare al sedere. Un dito malandrino ed insaponato era già pronto a titillarle il buchetto del suo culetto quando lei si voltò di scatto e mi fermò. Sentii solo un :”No, li no, così”.
Ricordo che mi chiese di riempirle la mano sinistra di sapone e poi ricordo che prese in mano il mio pisello duro. Ricordo che iniziò ad andare avanti e indietro con la mano allo scopo di insaponarlo in tutta la sua lunghezza e soprattutto a maneggiare il mio arnese come la manopola del gas di una moto.
Si girò di schiena e piegandosi leggermente in avanti,poggiando la mano sana sul bordo della vasca, si ritrasse leggermente verso di me. In tal maniera il mio pisello poteva lui titillarle il buco del culo che anche se non spalancato ospitava almeno un po’ del mio pene. Vidi che inizio a muoversi ritmicamente. Sebbene non ero dentro il culo di mia nonna sentivo il suo calore sulla punta del mio cazzo. Era stupendo. Prendendo coraggio poggiai entrambe le mani sulle sue natiche e le allargai in modo da favorire ancora di più il contatto del mio pisello con il suo culo ormai bello aperto.
Per almeno cinque minuti armeggiai con il culo di mia nonna finchè non mi confesso di essere fradicia.
Mi chiese di asciugarla e poi di raggiungerla sul lettone dei miei genitori. Voleva parlare un po’ con me , mi disse. Fu così che feci. La asciugai ,le tolsi la busta dal braccio ingessato e la accompagnai nella stanza dei miei genitori. Non ricordo se chiamai mia madre per sincerarmi che fosse al lavoro e che non sarebbe tornata prima del previsto. Ricordo solo che tornai al bagno per finire di lavarmi e che avevo un pisello grosso, rosso e mai visto così grande e nodoso.
Entrando nella stanza dei miei notai mia nonna nel letto dei miei genitori avvolta dal lenzuolo.
Io ero completamente nudo e notai che mia nonna non mi guardò minimamente in viso. Rossa, aveva lo sguardo fisso sul mio pisello. Mi feci spazio tra le lenzuola e mi poggiai come quando ero piccolo su un suo seno nudo. Iniziai a succhiarglielo. Poco dopo sentii la sua mano sinistra cingere il mio pisello. Ogni mia succhiata era un suo strattone al mio cazzo. Poco dopo si fermò. Mi guardo fisso negli occhi e si scopri tutta mettendo alla luce il suo stupendo corpo. Notai il salire dei suoi piedi fino a spalancare completamente le gambe. La sua figa visibilmente bagnata era completamente aperta. Con un gesto mi invito a mettermi sopra di lei. Prese ancora il mio cazzo tra le mani e con lentezza ma passione se lo guido all’interno della sua vagina. Tolse la mano dal mio cazzo, e ricordo chiaramente, la sua mano bollente sul mio gluteo destro che spingeva. Ricordo anche le sue dita nei pressi del mio di buchetto. La sua mano spingeva il mio gluteo in modo da favorire la sua penetrazione. Era abbastanza palese che per me era la prima volta. Iniziai a pompare con veemenza. Ero forse troppo veloce ma ormai ero in preda ad una eccitazione totale.
Vidi che i suoi piedi da poggiati con la pianta sul letto finirono rapidamente dietro la mia testa o giù di li. Ci volle molto poco per inondarla di sperma. Quando mi staccai vidi il mio seme bianco latte colare dalla sua figa fino al buco del culo e ricordo indistintamente la sua mano che continuava a titillarsi il clitoride. Nell’orecchio mi sussurrò che ero diventato un uomo, il suo uomo, e che fortunatamente era presto e si poteva restare ancora un po’ li.
Io , leggermente sfatto, notai che il mio seme era sulle lenzuola di mia madre. Ma non me ne preoccupai. Mia nonna era li accanto a me completamente nuda e con lo sguardo al cielo. Anche io la imitai. Ero felice. Potevo sentire il profumo della mia donna ed essere soddisfatto per la “mia” prima volta.
Il mio cazzo moscio era li su un lato, lucido e rosso.
Non passò molto tempo e mia nonna, girandosi verso di me, poggiò lei la testa sul mio petto. Era la prima volta che lo faceva ed era la prima volta che una donna lo faceva.
Parlammo di come era stato stare insieme, di quanto era assurdo e di quanto si reputasse una nonna ed una donna degenerata. Mi parlò di un tradimento nei confronti di mia madre da parte sua. Mi parlò del peso del nostro gesto all’interno di una società che giustamente non accetta queste dinamiche. Mi parlò, ed in effetti a ragione, del forte contrasto tra la sua personalità, modo di fare, agire in pubblico e del suo essere totalmente disinibita, per giunta col nipotino, in privato. Mi parlò del suo rapporto con mio nonno , molto particolare , poco dedito all’intimità e molto incentrato sulle apparenze, sulla assoluta trasparenza agli occhi delle altre persone. Mi spiegò che l’ultima volta che aveva fatto l’amore risaliva a ben dieci anni prima della morte di mio nonno e che questa situazione le portava grande frustrazione, devianza e disinibizione. Mi spiegò però di non aver mai avuto il coraggio di frequentare altre persone, anche dopo la morte di mio nonno, per timore, per non deludere mia madre ed anche per non reputarsi capace di affrontare un uomo diverso da mio nonno.
Mentre parlava iniziò lentamente a baciare il mio collo. Ricordo che con molta lentezza e dedizione iniziò a scendere sul mio petto. Baciò i miei capezzoli. La difficoltà del braccio ingessato era molto relativa in quanto faceva peso sul suo braccio sinistro. Arrivò sulla mia pancia. Io ero tesissimo. Infatti ricordo che avevo la tendenza a contrarre i muscoli dei pettorali e dell’addome. Poco dopo prese il mio pisello moscio in bocca. Il mio cazzo dava già qualche segno di vita ma era ancora moscio. Senza alcun movimento restò li con il mio membro in bocca, senza muoversi. Solo dopo un po’ iniziò a succhiarlo avidamente. E li ammetto che il mio pisello riprese maggiore vigore. Iniziò ad andare avanti ed indietro con la testa. Potevo vedere la ritmicità del suo intero corpo da posizione privilegiata mentre mi godevo un altro splendido pompino.
Evitò di farmi venire per l’ennesima volta. Si girò di nuovo dalla parte sua dando nuovamente gli occhi al cielo. Di lato potevo notare il suo seno cadente sui lati del suo corpo e la folta peluria della sua vagina. E ciò mi eccitava.
Notai i suoi piedi salire nuovamente in modo da allargare le sue cosce. Mi guardò. Io credevo di doverla penetrare nuovamente ed invece, non so come, capii che voleva che la leccassi tutta. Mi misi su di lei ed il mio membro inevitabilmente toccò l’androne della sua figa ma il mio scopo non era possederla ma baciarla. Iniziai dai seni, scendendo per la pancia, passando per le ascelle e finendo in quel boschetto scuro che era la sua figa. Non nascondo che ebbi qualche titubanza in quanto oltre a non averlo mai fatto , la sua figa aveva ancora chiari segni del mio sperma. Inoltre l’odore era fortissimo, acre , pungente ma anche dolce e invitante. Con molta tensione iniziai a baciare. Poi iniziai a roteare la punta della mia lingua sia sulla parte del clitoride che all’interno della vagina. Ero abbastanza veloce, forse troppo. Anche frenetico. Non riuscivo a controllarmi. Mi piaceva ma mi dava allo stesso tempo tensione. Almeno fino a quando non sentii mia nonna letteralmente miagolare.
Era stupendo.
Preso dalla foga cercai in tutti i modi di far arrivare la mia lingua fino al buchetto del suo culo. La posizione non lo favoriva ma io lo vo9levo a tutti i costi. Sentivo i peli del suo sedere attorniare la mia lingua. Erano morbidi ma ben presenti.
A tal punto ricordo perfettamente che mia nonna inizio a muovere le gambe come volesse girarsi su un lato. Senza l’aiuto di un braccio tale operazione diveniva perlomeno problematica. Ricordo che io ero troppo agitato per ragionare. Avevo umori che letteralmente mi colavano ai lati della bocca. Riuscì a mettersi di schiena e con l’aiuto di un solo braccio riuscì a mettersi a quattro zampe. Dopo poco poggiò il viso sul letto dando così a me la piena visione del suo culo spalancato. Vedevo il suo buchetto leggermente dilatato , attorniato di piccoli peli neri morbidi. Era alla pecorina (termine conosciuto da me alcuni anni dopo) e voleva presumibilmente che io continuassi quel lavoro di lingua dedicato al suo culetto in maniera più approfondita. Con un leggero timore cominciai a leccarla con gusto, poco dopo sentii lei gemere di piacere presumo e poi mi implorò letteralmente di prenderla da dietro come nessuno aveva mai fatto. Io totalmente inesperto non sapevo da dove iniziare. Mi lasciai guidare dall’istinto ma ben presto sentii letteralmente questa frase : “ No, ti prego, nel culo no”. Rimasi abbastanza disorientato. Era la prima volta che dovevo guidare da solo il mio pisello in zone da me non perfettamente conosciute. Poggiando tutto il peso del suo corpo sul suo viso spalancò al meglio la sua figa con la mano sana. Io riuscii a guidare al meglio il mio cazzo ormai nuovamente eretto. Poggiai le mie mani sui suoi morbidi fianchi ed iniziai a pompare. Questa volta la mia crescente esperienza mi suggerì di essere lento ma profondo.
Bastarono non molti colpi per eiaculare per la seconda volta nella figa di mia nonna. Appena finito, io abbastanza sfinito, mi allontanai leggermente per vedere lo spettacolo della mia nonnina a pecorina sul letto dei miei genitori con la figa ed il culo spalancati. La figa grondava di umori e di non molto seme. Che comunque colava ancora sulle lenzuola di mia madre. Sfinita anch’essa si mise a pancia sotto ed io potetti ammirare lo spettacolo del suo culone che da spalancato si tese ben stretto.
Intraprendente le diedi un bacio su un gluteo e poi con le due mani allargai il sedere per dare ancora uno sguardo a quel buchetto stretto e peloso. Mi piaceva da morire. Mia nonna non disse nulla, anzi sembrò gradire. Anche quando le insinuai nuovamente la punta della lingua.
Si era fatto tardi. Avrei dovuto togliere le lenzuola giustificando il gesto nei confronti di mia madre come aiuto domestico e risistemare in bagno. Mia nonna era assolutamente stremata. Io in effetti stavo molto meglio ma mi sentivo sicuramente spaesato anche se felice.
Aiutai mia nonna in una rapida sciacquata soprattutto per recuperare tempo. Io mi inserii nella vasca da bagno e feci una rapidissima doccia. Tolsi le lenzuola e cercai alla ben meglio di sistemare le lenzuola pulite. Il bagno lo trascurai leggermente, mia madre sapeva il mio proverbiale disordine e non ci avrebbe fatto caso.
Mia nonna si rintanò nella sua stanza e presumibilmente si dedicò alla propria vestizione. Io poco dopo feci lo stesso. Mancava ancora un’ ora all’arrivo presumibile di mia madre e mio fratello.
Ci ritrovammo seduti al tavolo della cucina. Il viso di mia nonna era stanco ma rilassato. Aveva forse un pizzico di timore nei suoi occhi. Credo che era sempre dovuto ai forti sensi di colpa che la attanagliavano. Io invece mi sentivo come un cagnolino felice prima di fare la passeggiata, sebbene cercavo di darmi un contegno.
Mia nonna propose di farmi trovare da mia madre con libri e quaderni dinanzi. Ovviamente io pensavo che dovesse essere una finzione scenica ed invece mia nonna , giustamente , pretese che io davvero espletassi quei compiti. Anche se peccavo fortemente di concentrazione mi feci trovare così da mia madre e mio fratello che poco dopo arrivarono.
Eravamo al centro di una settimana magica ai miei occhi. Il giorno dopo, senza se e senza ma, sarei dovuto andare a scuola.
Quel pomeriggio ricordo che mia nonna aveva un po’ gli occhi strani. Erano lucidi e particolari. Forse era anche leggermente rossa in viso.
Poco prima di cena la vidi armeggiare con il termometro. Ci fu comunicato che aveva la febbre. Pensai ad un mio contagio (ipotesi assolutamente da non scartare visti i recenti avvenimenti) oppure a qualche colpo d’aria nei passaggi, nuda, tra le varie stanze.
Mia madre complimentandosi con il comportamento del mio fratellino durante questi giorni che (fortunatamente) senza capricci e storie varie, era andato a scuola nonostante la presenza in casa mia e di mia nonna gli annunciò che il giorno dopo, se non aveva verifiche e altri impedimenti, poteva restare a casa a far compagnia alla nonna.
Sebbene piccolo (era ancora alle elementari) non era il tipo di bambino fastidioso. Anzi era abbastanza autonomo e giudizioso.
Prese la notizia in maniera assolutamente atipica. Senza rotolarsi per terra, come avrei fatto io, l’accettò come una missione di pace in terra straniera. Orgoglioso ma composto.
Dopo cena, cena a cui mia nonna non partecipò, mi recai nella sua stanza per darle la buonanotte. Ero davvero in pena nel vederla così abbattuta. Era per me stata una delle giornate più significative della mia vita. Non accettavo ben volentieri quella visione. Fui abbastanza rapido e fugace. Le diedi un bacino a labbra chiuse sulle sue di labbra e la lasciai tranquilla.
La mattina dopo inevitabilmente dovetti svegliarmi presto. Si ritornava a scuola. Erano tutti svegli e più o meno abili ed arruolati. Mia nonna aveva ancora la camicia da notte ma ovviamente sopra portava una vestaglia che copriva meravigliosamente il suo corpo. Il mio sguardo nel vederla inevitabilmente analizzò ogni centimetro del suo corpo. La vidi però molto meglio e la sua voce nel dami il buongiorno me lo confermò.
Il mio fratellino in pigiama era già intento a vedere cartoni animati con la tranquillità di chi è nel giusto. Mia madre lottava con un tailleur grigio chiaro forse un po’ stretto che le fasciava il culo in maniera impressionante.
Finite le pratiche per recarmi a scuola pulito e profumato , mi recai a fare colazione. Mia madre, già in cucina, si profuse in una serie di raccomandazioni al mio fratellino. Gli spiegò di tutto ed aggiunse che se la nonna non si sentiva bene poteva tranquillamente chiamarla in ufficio. Il mio fratellino annuiva non distrattamente.
Mia nonna però se ne uscì con una frase che inevitabilmente cambiò il corso della mia giornata e forse il resto della mia vita, anche perché conferme o smentite alle conseguenze di quella fras , a distanza di anni non le ho mai avute, ne tantomeno chieste.
Mia nonna disse testualmente: “Non preoccuparti [nome di mia madre], [nome di mio fratello] più tardi mi aiuterà anche a misurare la temperatura”.

Impietrito, invidioso, sicuramente geloso diedi tutti i presupposti alla mia mente di fantasticare su quella situazione. Sperai di essere l’unico uomo di mia nonna.
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