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Gay & Bisex

È tempo di trasformazione


di JordanJay
06.04.2024    |    157    |    3 8.7
"Il cazzetto, a riposo, ha comunque dimensioni di tutto rispetto..."
Quello che segue è un racconto di fantasia.

Mi sono rotto i coglioni. Troppa frustrazione. Troppa rabbia repressa. Troppi stronzi che se ne vanno in giro tutti fieri e tronfi. Non lo sopporto più. È arrivato il momento della trasformazione. Eccolo qui, il soggetto perfetto. Sui 25-30 anni. Alto circa 180 cm. Asciutto e in forma. Non eccessivamente palestrato. Capello con doppio taglio. Sfumato sotto e capello lungo gelatinato all’indietro sopra. Che fastidio. Barbetta curata. Bel sorriso di denti bianchi e belle labbra. Occhiali da sole firmati. T-shirt bianca, jeans skinny celeste chiaro. Scarpe espadrillas. Da sotto la maglietta si intravede un po’ di pelo curato. Manda vocali dallo smartphone ultimo modello. È arrivato il momento della trasformazione. Lo attendo in una zona più appartata del parco. Gli spunto alle spalle. Lo tramortisco. Gli cadono lo smartphone e gli occhiali firmati. Addio a questi primi aggeggi inutili. Non gli servono più. Ovviamente, prima di svenire, intravedo due penetranti occhi scuri. È proprio il classico bello stronzetto.

L’ho portato in un magazzino abbandonato in periferia. Qui nessuno ci disturberà e nessuno sentirà le sue richieste di aiuto.
L’ho messo in una gabbia molto stretta, dove può stare solo accucciato o a 4 zampe. È tempo di trasformazione. Si sveglia, urla, gli dico di piantarla. Che ora cambierà tutto per lui. Prima di tutto il nome. “Mi chiamo Simone”, dice. “No, ti chiami Billy”. Lui protesta, ma prendo a calci la sua gabbia. Si incazza, ma può fare ben poco lì dentro. Me ne vado. Spengo tutte le luci. Lo lascio stancare. Lo stronzetto è in forma, e bisogna che questa cosa si smorzi un po’. Deve perdere un po’ di forza. Per questo l’ho scelto atletico, ma non troppo muscoloso. Ritorno dopo ventiquattr’ore, non l’ho fatto neanche bere. Ovviamente, è nettamente più docile. Cerca di contrattare. Gli dico di prendersi una pasticchetta e che poi lo faccio uscire. È super sospettoso, ma gli metto in chiaro “O così, o niente”. Accetta e mi assicuro che la ingoi. La pasticchetta ha un potente effetto narcotico-stordente, e così me lo ritrovo docile e spaesato. Apro la gabbia, gli metto un collare con guinzaglio e lo faccio uscire, rigorosamente a quattro zampe. Lui prova ad alzarsi in piedi, ma con una semplice spinta lo ributto a terra. “Buono, Billy”. Lo metto su un materasso posizionato a terra, e gli lego mani e piedi con le cinghie.

Lo guardo e gli dico “No, Billy. Non si fa. Quante volte ti ho detto che gli animali non si mettono i vestiti? Gli animali devono stare nudi. È così che li ha fatti madre natura”. E inizio piano piano a spogliarlo. Mi godo ogni istante. Prendo la maglietta, un paio di forbici e strap. La apro tutta, tagliando via anche le maniche. Che bel petto che ha. Zero grasso, la pelurietta leggera, leggera. Gli addominaletti discreti, ma presenti. Passo alla parte inferiore. Scarpe, calzini e cinta li avevo già tolti prima di metterlo in gabbia. Sbottono i jeans, e mi diverto a tagliuzzarli in mille pezzi, lasciando il caro Billy solo con le mutande. Dei virili boxer con l’elastico Versace. Figlio di puttana. È tempo di trasformazione. Con le forbici, prima taglio la parte delle mutande che fodera la gamba, e poi lo giro di schiena, tagliandone via una porzione che copre le chiappe. Facendo questo, un odore di maschio pervade le mie narici. Sudore misto a un po’ di urina, forse. Me lo guardo un attimo, con questo tanga improvvisato dai suoi boxer firmati. Il pacco che spunta quasi prepotente da lì dentro. Peccato che non lo userà più. La pasticchetta che gli ho dato, oltre a stordirlo, inibisce l’erezione, quindi non ci scopi più, caro Billy. Mi sale di nuovo quel moto di rabbia. Prendo quelle mutande a brandelli e gliele strappo via. Me le ritrovo in mano, le annuso, penso per un attimo di buttarle, ma poi decido che me le merito. E me le tengo. Ammiro quel corpo, bello e inerme. Alla mia mercè. Il cazzetto, a riposo, ha comunque dimensioni di tutto rispetto. Ma ci lavoreremo. I testicoli li vedo gonfi. Ho un’idea lì per lì.

La pasticchetta ha bisogno di diversi dosaggi per fare effetto. Quindi aspetto. Aspetto che passi un po’ l’effetto. Gli do del viagra. E in un attimo Simone riaffiora con tutta la sua ferocia. “Che cazzo vuoi farmi? Brutto maniaco! Ti rompo il culo”, ma decido di non sentire le sue parole. Mi godo il suo cazzetto che si risveglia, potente, vigoroso. Comincio a stuzzicarglielo e poi smetto e me ne vado. Torno e ripeto il giochetto. Vedo lui a metà tra rabbia ed eccitazione. Dopo circa 5 volte, non ce la fa più. “Ti prego…” mi fa. Non aspettavo altro. Gli dico di finire la frase. “Ti prego… fammi venire. Ti supplico”. Con fare solenne e magnanimo, accetto la sua richiesta e vado a stantuffargli il cazzo, questo bel pezzo di carne di circa 19 cm, circonciso, con cappella rossa fumante e curvatura leggermente a sinistra. Quando capisco che sta per venire, smetto. Gli metto uno di quei sex toy per masturbarsi e raccogliere lo sperma, e lo faccio venire lì dentro. Ammiro ogni getto che finisce lì dentro, e la sua faccia goduriosa. Perfetto. Ho questo bel nettare da usare per i cazzi miei. E ammiro il suo cazzo che, da eccitazione massima svetta pulsante, che, pian piano, torna allo stato di cazzetto moscio. Per l’ultima volta. Tra l’altro, il fighetto, ha una differenza di dimensioni notevole tra quando ce l’ha dritto e a riposo. Quando è dritto, è un’asta di tutto rispetto, ma, a riposo, è poco più di un vermicello. È tempo di trasformazione.

Gli ridò la pasticchetta. Lui si calma e addormenta, per lo sforzo e il nervosismo. Lo slego e lo prendo in braccio. È già molto diverso rispetto al fighetto del giorno prima al parco. Lo rimetto nella gabbia, completamente nudo e ripulito dal suo sperma. Gli metto una ciotola d’acqua vicino, e me ne vado.
Nei 7 giorni successivi, per lui, solo pasticchetta. Il cazzetto va lasciato moscio e utilizzato solo per pisciare. A livello psicologico, tutto questo compie la sua magia. Simone si intristisce sempre di più e la sua virilità subisce duri colpi. Per infierire, ogni tanto, gli proietto sul muro davanti la gabbia dei porno con delle belle tettone che fanno sesso lesbo. Lo vedo dagli schermi della mia stanza che prova a menarselo, ma senza successo. Piange e singhiozza.

È tempo di trasformazione.
Quando riappaio alla sua porta, mi guarda speranzoso, dicendomi di lasciarlo andare. “Billy, lo sai che non mi piace quando fai tutto questo casino. Tu sei un animale e non puoi parlare. Chiudi la bocca che sennò mi viene mal di testa e mi tocca andarmene”. Simone fa per rispondere, ma si blocca e annuisce, zittendosi. Me lo guardo un po’. Il doppio taglio ormai è quasi sparito, e i capelli lasciati lunghi sopra iniziano pian piano a scendere sul viso. Barbetta e peluria del corpo iniziano ad essere incolti. La foresta di peli pubici sembra sempre più grande, ora che il suo cazzetto è sempre a riposo. Lo guardo e gli dico: “Ci facciamo belli?”
Lui mi guarda con occhi lucidi, di rabbia, ma anche di speranza, e annuisce. Gli metto il collare col guinzaglio, apro la gabbia e gli dico di andare a sdraiarsi sul materasso. Manda proprio un brutto odore. Lo faccio sdraiare e gli dico che è tempo di trasformazione.
Lui annuisce. Prendo la schiuma da barba e gliela metto sul viso. Un bel rasoio e via. Addio alla barbetta da fighetto. Tra l’altro il suo viso, così, è ancora più bello. Si è un po’ dimagrito e, in qualche modo, i suoi lineamenti si sono addolciti. Passo alle ascelle. Di nuovo, schiuma da barba. Rasoio. E addio ai peli ascellari. Poi è il turno di quella poca peluria al centro del petto. Addio. Quella striscia sexy di peli che va dall’ombelico al pube, che di sicuro tanta strage di donne ha fatto in precedenza, via. Passo all’enorme foresta pubica intorno al cazzetto. Sento il suo corpo gemere. Alzo lo sguardo. Lui mi guarda implorando di non farlo. Io lo guardo severamente. Lui capisce e annuisce. Schiuma da barba e via. Tolgo via piano piano tutti quei peli neri arruffati. Ed eccolo lì. Là dove un tempo si ergeva un’asta di piacere in mezzo a un bosco di peluria nera, ora era brulla dimora di un’appendice piccola e insignificante. Lo sento singhiozzare. Gli avvicino la mano al viso e gli asciugo le lacrime. Intuisco della gratitudine nei suoi occhi. Nel mentre sul muro sono proiettati dei porno gay. Gli dico “Vedi Billy, tu ti senti più quello muscoloso e peloso che glielo ficca nel culo, o più il ragazzetto glabro che lo prende?” Lui esita per un attimo, poi mi indica il ragazzo glabro. “Oh, ecco, vedi? Bravo Billy. Vuoi che ti aiuti io a diventare più come lui?” Lui annuisce. E allora, per la prima volta dal rapimento, lo slego.

Lui non solo non scappa, ma si gira spontaneamente schiena all’aria e mi mostra il suo culo, già di per sé abbastanza glabro, ma con la peluria nella fessura che ora so che è lui che vuole che io gliela tolga. E nel mentre si tiene stretto il guinzaglio. Meraviglioso. Schiuma da barba e procedo. Il suo buchetto riaffiora, forse per la prima volta dalla pubertà, alla luce, bello e inviolato. Ovviamente via anche i peli dei testicoli. Ed eccolo qui. Ammiro la mia opera. Il mio Billy. Un corpo bello, liscio, nuovo. Lo porto vicino alla doccia a muro. Lo insapono e lo pulisco per bene. Lui si fa fare tutto. Con molta gratitudine per togliersi quello schifo di dosso. Via il sudore, via i cattivi odori, via lo sporco dai capelli, via la sua arroganza, via la sua virilità, via Simone. Lo asciugo per bene, pulendogli tutti i pertugi. Mi guarda, bello, innocente e vulnerabile. I porno gay continuano ad essere proiettati sul muro. Mi si avvicina e mi struscia la testa sul pacco, mentre io sono in ginocchio. Capisco che è pronto per la trasformazione finale. Mi metto in piedi. Lui rimane al suo posto, seduto chiappe a terra e sulle braccia. Se avesse una coda, scodinzolerebbe.

Mi spoglio completamente e mi ritrovo lì, nudo, in piedi, davanti a lui. “La vedi la differenza tra noi, Billy?” Lui mi guarda, la rabbia non c’è più, solo la rassegnazione e la gratitudine per me, l’unico che lo guarda con desiderio, ora che ha il suo nuovo aspetto. “Sai che non sei mai stata così bella, Polly?”. Si blocca, stupìto dal cambio di nome e di genere sessuale di riferimento. “Che c’è, Polly? Qualcosa non va?” Vedo le sue palle gonfie, e la sua impossibilità di eiaculare. Le pasticchette l’hanno ormai reso impotente. Si guarda la piccola appendice che una volta era il suo glorioso cazzo, e una lacrima gli solca il viso. Mi abbasso e gliel’asciugo. “Non preoccuparti, Polly. Vuoi che il padrone ti riempia la fichetta?” Ormai è allo stremo, del tutto alla mia mercé. “Dai, fai vedere la fichetta al tuo padrone, Polly”. Si sdraia sulla schiena, pancia all’aria, come i cuccioli che fanno le feste. Alza le gambe, mi mostra il buchetto vergine. “Oh, ma che bella fichetta che ha la mia Polly”. E comincio a leccargli il buchetto. Vedo che subito inizia a godere. Il viso è in estasi totale. Gli faccio leccare bene un dito. Lui lo ciuccia con avidità. Poi prendo e glielo metto in culo. Fa una piccola smorfia, ma ben presto si abitua. Ormai sarà condizionato da tutte le immagini di porno gay che scorrono ininterrotte. Gliene ficco due. Lo vedo contorcersi e gemere. Decido di infierire ancora un po’. Lo sgrido. “Polly! Perché mi sventoli il clitoride e quelle due noccioline in faccia?!? Come ti permetti? Lo sai che al tuo padrone non piacciono certe schifezze! Smettila!” Lui si spaventa, chiude subito le gambe per nascondere quelli che furono gli attributi della sua virilità. Si ritrae, un po’ spaventato. Intanto il mio cazzo svetta feroce al vento. Sono infoiatissimo. Si avvicina, mi struscia la testa sulla gamba, come a chiedere perdono. E, nel farlo, cerca di avvicinarsi al mio cazzo per succhiarmelo. “No!” urlo io. E mi sposto. Lui non sa che fare. Allora si avvicina ai miei piedi. Si mette di nuovo pancia all’aria, ma stavolta con le gambe si nasconde i genitali e cerca di farmi vedere solo il culo. Ormai è mio.

“Ecco, brava la mia Polly. Quelle sconcezze io non le voglio più vedere, intesi? Ora. Vuoi che il padrone ti ingravidi?”
Annuisce come gli avessi chiesto la cosa più bella del mondo. Allora, lo giro, lo metto a pecora. Ammiro il mio capolavoro. Un corpo ormai meno atletico di prima, più femminile, ma assolutamente eccitante. Avvicino la cappella al buco. Sputo. Lo sfioro piano piano.

Mi abbasso sulla sua schiena e, all’orecchio, gli sussurro: “Sei pronta a farmi tanti bei cuccioli, Polly?” Annuisce super eccitato. E mi bacia la mano. Con questo sugelliamo la trasformazione di Simone in Polly. Gli infilo tutto dentro. Sento le pareti del suo ano cedere. Emette uno strillo. Ma subito inizia a muovere il culo sul mio cazzo. Lo vuole tutto. Io inizio a scoparmelo con foga. La sua schiena si imperla di sudore, che gocciola tutto per terra, non incontrando alcun pelo sul suo cammino a intrattenerlo. È come scoparsi un’ostrica. Lo vuole. Esco, per stuzzicarlo. Lui si arrabbia. E riavvicina il suo culo a me. Decido di metterlo pancia in su. Lui che fa per coprirsi i genitali con le gambe, ma io gli ficco subito il mio cazzo di nuovo dentro. Allora lui, ubbidiente, si mette le mani sui genitali per coprirli. Ed è come scoparsi la più pudica delle scolarette. Sto per venirgli dentro. “Polly, arriva il seme. Sei pronta?” In tutta risposta, lui mi abbaia. È fatta.

Gli vengo del tutto dentro. Lo riempio del mio sperma. Dei miei spermatozoi. Della mia essenza. E Simone è annientato. Ha sul viso l’espressione di gioia più goduriosa mai vista in vita mia. Gli rimango dentro finché non perdo un po’ l’erezione. Poi esco. Non appena lo faccio, Polly si mette a quattro zampe e viene a prendermelo in bocca. Lecca tutto avidamente. Si accuccia con il mio cazzo in bocca e inizia a ciucciarlo come un biberon. Si addormenta così. Io gli accarezzo la testa. Ora ho il più bello degli animali domestici. Prendo il barattolo dove ho conservato l’ultima eiaculazione di Simone. Lo apro e glielo avvicino al naso. Vedo lui che lo scansa, disgustato. Non lo riconosce nemmeno. Che soddisfazione. Io me lo annuso, ne intingo un dito e me lo lecco. Non male il sapore di uno stronzo. Ma poi abbasso gli occhi sul mio animaletto che mi ciuccia il cazzo mentre dorme e, finalmente, non sono più incazzato. Ora sono quasi sereno.

È tempo di trasformazione.
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