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Trasformazione totale: da dom a schiavo 6


di FeBOMo79
21.08.2024    |    512    |    2 9.5
"Il respiro mi si fermò in gola mentre prendevo la chiave tra le dita, pesante come una sentenza..."
6.
La notte successiva, il messaggio del padrone arrivò ancora una volta senza preavviso, scatenando in me quella ormai familiare ondata di ansia e desiderio. Ogni volta che il suo nome appariva sullo schermo, era come se il mondo si fermasse, e tutto ciò che esisteva fosse il suo volere.

“Stasera sarà diversa, puttana. Hai dimostrato la tua devozione, ma ora è il momento di intensificare la tua sottomissione. Voglio che tu indossi qualcosa di speciale. Ti arriverà un altro regalo. Chiamami in cam appena lo ricevi.”

L’idea di un nuovo pacco mi colse di sorpresa e mi lasciò con un misto di eccitazione e nervosismo. L’ultima volta, il kit che mi aveva mandato mi aveva già spinto oltre i limiti che credevo di avere, e mi chiedevo cosa avesse in serbo per me questa volta.

Il giorno dopo il campanello di casa suonò. Il postino, un uomo anziano e sempre gentile, mi consegnò il pacco con un sorriso che non riuscivo a ricambiare, troppo preso dai miei pensieri. Chiusi la porta e corsi nella mia stanza, il cuore che batteva all'impazzata. Appoggiai il pacco sul letto, guardandolo per un attimo con timore e curiosità.
Non potevo più aspettare. Aprii la scatola con mani tremanti, scoprendo un contenuto che mi lasciò senza fiato: una cintura di castità. Era di metallo, lucida e imponente, accompagnata da un piccolo lucchetto e una chiave. Accanto, una nota scritta a mano dal mio padrone.

“Questa è la tua nuova realtà, cagna. Ogni tua voglia, ogni tuo desiderio sarà controllato da me. Indossala ora e poi chiama.”

Sapevo che non c’era altra scelta. Ogni ordine del padrone era legge per me, e anche se la paura mi serrava il petto, l’eccitazione di sapere che stavo per essere legato ancora di più a lui superava ogni esitazione.
Con movimenti lenti e rituali, iniziai a spogliarmi. Ogni capo di abbigliamento che scivolava via dal mio corpo era un passo verso una nuova forma di sottomissione, iù profonda, più intima. Presi la cintura di castità e la osservai per un momento, il metallo freddo brillava sotto la luce della stanza. La sensazione di essere intrappolato in quell'oggetto mi riempiva di terrore, ma anche di un desiderio inconfessabile.
Con delicatezza, la posizionai intorno al mio cazzo, chiudendo il dispositivo con un clic finale che sembrò risuonare come un’eco nella stanza. Il metallo si adattava perfettamente, stringendo il mio cazzo in una prigione che sapevo avrebbe definito ogni mio pensiero da quel momento in poi.

Il respiro mi si fermò in gola mentre prendevo la chiave tra le dita, pesante come una sentenza. Sapevo che una volta girata, non ci sarebbe stato più ritorno, ma era proprio quella consapevolezza che mi faceva sentire vivo, più vivo di quanto mi fossi mai sentito.
Girando la chiave, chiusi definitivamente il lucchetto. La sensazione del metallo che si stringeva intorno al mio cazzo mi fece rabbrividire, ma al contempo, la mia eccitazione crebbe vertiginosamente. Ero prigioniero, ma quella prigione era anche un legame indissolubile con il mio padrone.
Con la cintura ormai saldamente fissata, aprii la chat video. Il mio padrone apparve subito, con quello sguardo penetrante che sembrava trapassare lo schermo e raggiungere il più profondo del mio essere.

“Bene, vedo che hai obbedito, cagna,” disse con un tono soddisfatto, e io sentii una fitta di orgoglio mischiata a sottomissione. “Mostrami.”
Obbedii senza esitare, posizionando la videocamera per inquadrarmi meglio. Gli mostrai la cintura di castità, con il lucchetto che scintillava sotto la luce. Il sorriso del padrone si allargò, soddisfatto.
“Ora sei davvero mio, completamente sotto il mio controllo,” disse, la sua voce carica di un’autorità che mi fece tremare di piacere. “Ogni desiderio che proverai sarà per me, ma non potrai mai soddisfarlo senza il mio permesso. Non esiste liberazione per te, cagna, se non attraverso di me.”
Le sue parole mi colpirono come una scossa, e sentii il mio cazzo tentare invano di indurirsi contro il metallo della cintura. La frustrazione si mescolava con il desiderio, e sapevo che questo era solo l’inizio di una nuova forma di sottomissione, una che mi avrebbe spinto oltre ogni limite.

“Da questo momento in poi,” continuò il padrone, “ogni volta che sentirai la voglia di toccarti, ogni volta che sarai preso dal desiderio, la tua eccitazione sarà solo un ricordo lontano. Ogni pensiero che avrai dovrà passare attraverso il filtro della mia volontà. Solo io deciderò quando e come sarai liberato, e fino a quel momento, vivrai in una costante, perenne frustrazione.”
Annuii, il respiro spezzato, la mente già avvolta nella nebbia di quella nuova condizione. Sapevo che il mio padrone aveva ragione, che non avrei mai più avuto controllo sul mio stesso piacere. E, stranamente, quella consapevolezza non mi spaventava. Anzi, mi eccitava in un modo perverso e profondo.

“E ora, cagna, voglio che tu passi la notte così. Non toglierai la cintura, non proverai a liberarti. Dormirai con il pensiero fisso di essere mio, di non avere alcuna possibilità di sfuggire al mio controllo. Domani, forse, potrai chiedermi il permesso di togliere la cintura, ma fino ad allora, sarai prigioniero del tuo stesso desiderio.”

Sentii un brivido lungo la schiena mentre il padrone pronunciava quelle parole. La notte si prospettava lunga, ma la consapevolezza che ogni momento di quella sofferenza fosse per lui mi riempiva di un senso di devozione totale.
La chiamata si concluse, e io rimasi lì, con il corpo teso e il cazzo imprigionato nella cintura di castità. La frustrazione cresceva, ma con essa cresceva anche il senso di appartenenza, di sottomissione totale. Sapevo che avrei passato la notte in bianco, tormentato dal desiderio e dall’impotenza, ma era esattamente ciò che il mio padrone voleva.
Mi sdraiai sul letto, il metallo della gabbia premeva contro di me, un costante promemoria del mio nuovo stato. Ogni volta che il mio corpo tentava di reagire al desiderio, la cintura di castità mi ricordava che non ero più libero, che la mia eccitazione era solo una gabbia che si stringeva sempre di più.

E mentre il sonno finalmente mi avvolgeva, un pensiero mi accompagnò fino ai confini della coscienza: ero prigioniero, sì, ma quella prigione era il legame più intimo e profondo che avessi mai conosciuto. E non avrei mai voluto fuggire.
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