Lui & Lei
V. for Desiderio
di CuriousOutsider
19.12.2024 |
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"Dopo un po’ decidiamo di andare al club..."
Tutto comincia in ufficio quando un mio collega, che non ha mai nascosto la sua frequentazione di locali “particolari”, mi invita a seguirlo in un club privè: io sono di mentalità abbastanza aperta, ho sempre avuto certe curiosità pur non essendo mai stato in posti simili e quindi, dopo una breve discussione accetto l’invito, ovviamente senza mettere al corrente la mia compagna.Il venerdì successivo, prima di andare al suddetto club, ci incontriamo in una pub con due sue amiche, anche loro frequentatrici ma più saltuarie: due persone squisite che mi mettono subito a mio agio e che non mi chiedono perché sono lì o cosa mi aspetti dalla mia “prima volta”.
Entrambe le amiche sono piuttosto attraenti ma con una in particolare, appena le stringo la mano, capisco subito che quella sera succederà qualcosa: non so bene cosa ma la vibrazione è forte, fortissima, quasi da stordirmi. Per comodità chiameremo lei V. per distinguerla da T., l’altra amica che mi trasmette a pelle tanta dolcezza e simpatia.
Ci sediamo e ci facciamo un drink, parlando come una confidenza davvero inusuale: io sono a pochi centimetri da V. e, mentre faccio del mio meglio per rendere brillante e divertente la nostra conversazione, resto incantato non tanto dal suo fondoschiena o dalle sue gambe toniche ma dal timbro della sua voce. Caldo, rassicurante, vigoroso e a tratti autoritario.
V. mi lusinga dicendomi che ho un fisico molto attraente e che lei è sempre attenta a questi dettagli: nel constatarlo però mi lancia un’occhiata che mi trapassa da parte a parte, quasi a voler dire “ok, questi muscoli sono interessanti, a cervello invece come siamo messi?”. Mi basta cogliere quella sfumatura per capire che sono ufficialmente in partita.
Dopo un po’ decidiamo di andare al club. L’atmosfera è molto scanzonata, tutti e tre i miei compagni di avventura si prendono gioco di me: a conti fatti sono il “novellino” di turno, quindi devo accettare di buon grado tutte le battute a doppio senso che mi fanno. Al momento giusto, magari nella situazione più insolita, la mia personalità verrà comunque fuori, ne sono certo.
Li lascio ridere, ho quasi un approccio dimesso: presto riuscirò a stupirli e, soprattutto, a fare colpo su V. : è questo il mio modo di scaricare la tensione per il debutto.
Entriamo dentro: ancora non c’è molta gente. Iniziamo a fare il tour completo del locale e realizzo che ancora nessuna coppia sta facendo sesso nelle varie stanze. “La situazione si scalderà presto”, mi fa notare T., con un sorriso contagioso.
Beviamo di nuovo al bar e resto sorpreso nel constatare che il locale è in pratica una normale discoteca, con una pista nemmeno troppo piccola e alcune stanze dislocate qua e là per intrattenimenti di vario genere, che spaziano dal cinema, al glory hole, passando per le camere vere e proprie, tutte pulitissime con letti più o meno grandi. I miei preconcetti sui turpi e poco igienici “posti per scambisti” si infrangono presto di fronte a una sobria realtà.
Intravedo però una stanza la cui grezza porta di legno semi socchiusa e dall’aspetto minaccioso non lascia, almeno sulla carta, presagire niente di buono: la sala torture.
Continuo a parlare con V., a inebriarmi delle sue forme sinuose purtroppo non abbastanza valorizzate dalle luci soffuse: mi spiega con pochi giri di parole (e confermando quanto mi aveva già anticipato il mio collega), che lei non gioca mai nei club privè: adora il sesso in tante delle sue sfaccettature ma non vorrebbe mai farlo in un posto del genere, non lo accetterebbe nemmeno in una stanza chiusa lontana da occhi indiscreti, sottolinea. “Ci deve essere la situazione e la motivazione giusta” sentenzia, con quella voce suadente che mi ha già rapito un’ora fa.
Il mio collega ci fa notare che nella sala delle coppie si sono aperte le danze e ci avviciniamo tutti e quattro all’entrata per buttare un occhio: è la prima volta che vedo due, anzi quattro persone, fare sesso dal vivo: tutti i video hard che ho guardato in vita mia sono nulla in confronto a quell’incredibile spettacolo.
Movimenti, respiri e gemiti hanno una portata mille volte più potente e acquistano un valore che, da diretti protagonisti, non si riesce a percepire nella sua interezza. I quattro corpi si sovrappongono, si agitano in sincronia, si scambiano nei ruoli e nelle posizioni: la carne è viva, la carne trionfa e i cervelli, liberi dai pregiudizi e dalle convenzioni sociali, galoppano spensierati in una valle di dilagante piacere. Di colpo tutto mi appare più semplice: i fraintesi di qualche mese fa con la mia compagna, le scocciature del lavoro, la tante fatiche in ambito sportivo. Tutto risolvibile.
V. è estasiata. Il suo sguardo è cambiato e trasmette puro amore per ciò che sta succedendo: brama ogni dettaglio, cerca di spingersi oltre i corpi per assaporare, anche solo per un secondo, il sublime godimento di cui si stanno nutrendo quelle quattro anime.
Guardandola, mi eccito. Alla follia. Forse di più che a contemplare l’ipnotica bellezza a pochi metri da me.
“Vedi come il brizzolato la sta prendendo? Ecco, lui è un uomo attento al piacere della sua donna!”, se ne esce a un certo punto.
“Ah sì?” chiedo da ingenuo, un po’ preso in contropiede.
“Sì. E sai perché? Vedi come pur prendendola da dietro cerca il contatto con lei, le stringe la mano, le accarezza i seni, vuole baciarla e, soprattutto desidera, guardarla negli occhi? Ecco, quella è vera condivisione…”.
Rimango spiazzato da un’analisi così attenta e concordo parola per parola.
“L’altro invece è un egoista, guarda il soffitto e ogni tanto si gira verso di noi per soddisfare il suo ego: spinge senza grazia la testa della donna verso il suo cazzo e non rispetta il modo con con cui a lei piacerebbe succhiare. Non ha attenzioni, non ha passione…” .
Più parla e più mi eccito: qualcosa dentro i miei jeans comincia a ribellarsi e, a quel punto, mi viene in mente una delle mie folli idee. Devo uscire da quella situazione il più in fretta possibile, prima cioè che gli ormoni mi mandino del tutto in tilt, facendomi fare una figura degna di un adolescente ai suoi primi approcci amorosi.
“Andiamo a vedere la sala torture!” propongo, cogliendo tutti alla sprovvista.
Entriamo nella sala che è a pochi passi da dove siamo e subito vado a cercare qualcosa di utile per il mio scopo: vedo manette, sex toys, fruste, poltrone reclinabili, un lettino e… una corda. Lunga e del giusto spessore. Pure un po’ usurata.
È perfetta.
“Adesso vi mostro un vecchio gioco di prestigio che Houdini faceva spesso e che ha perfezionato in diverse varianti” esclamo, ostentando una sicurezza prossima a sfociare nell’autocelebrazione. T. e il mio collega sorridono ma non raccolgono la mia provocazione. V. invece mi si avvicina, afferra la corda e mi sussurra: “però ti lego io, vediamo quanto sei bravo…”.
Sfida accettata: tutto come da copione.
Mi tolgo subito la maglia per deliziare V. con il mio torace fresco di (dolorosa) depilazione. Sento le sue mani scorrere sul mio dorso nudo, le piccole dita toccano molto di più di quanto dovrebbero e scivolano su spalle, trapezio e bicipiti distribuendo nodi e preziosi legami tra i nostri corpi.
Sono già al settimo cielo.
Tuttavia, a un certo punto, mi rendo conto che non mi sto concentrando abbastanza e che rischio davvero di non riuscire nel mio numero di escapologia.
Mi sforzo di ignorare V., mi rifocalizzo e faccio tutto quello che devo fare: sono almeno venti anni che non mi esibisco in quella performance però noto con piacere che in teoria non ho dimenticato niente.
“Ho finito! Dai vediamo come fai a liberarti adesso!” mi schernisce V. , soddisfatta.
I suoi nodi non sono dei più semplici, ha fatto anche un paio di passaggi intorno alle braccia, al collo e alle gambe non proprio gentili ma sono convinto di potercela fare.
“Voltatevi un attimo…” suggerisco al mio pubblico. Appena mi danno tutti le spalle, mi attivo subito ed eseguo la tecnica alla perfezione: ho pure il tempo di arrotolare la corda e stringerla in una mano per fare ancora più scena.
“Ok, voltatevi!”.
Non faccio caso alla reazione di T. e del mio collega, in quel momento ho occhi solo per V: Lei rimane esterrefatta, mi viene incontro e mi abbraccia. Il suo morbido seno che preme sul mio torace è la più bella ricompensa che potrei ricevere.
La pinna dello squalo che è in me si erge da flutti. Minacciosa. Silenziosa. Letale.
Sono pronto a baciare V. con tutto l’impeto del momento ma lei intuisce le mie intenzioni e… esce dalla sala senza dire una parola. Escono anche T. e il mio collega, ridendo di gusto. Resto da solo come un idiota in quella stanza e proprio non riesco a capire cosa sia andato storto.
Mi rivesto, più confuso che amareggiato, e raggiungo il trio che sta di nuovo bevendo al bar: mi avvicino giusto in tempo per vedere la meravigliosa T. che si sta mettendo un cubetto di ghiaccio in bocca per poi passarlo a V. con un bacio. Molto interessante.
V. si volta di scatto verso di me e, senza esitazione, mi passa a sua volta il cubetto che incamero di lato a tra i denti, per lasciare spazio al mio desiderio. Le nostre fredde lingue finalmente si toccano, si intrecciano, si rincorrono e, poco a poco, si riscaldano.
Il tempo si ferma, la musica sfuma, le pareti del club scompaiono, le persone intorno a noi non ci sono più.
“Dobbiamo andare adesso, io e T. domani mattina lavoriamo, non possiamo fare troppo tardi” mi dice V. quando ci stacchiamo. Il tono di voce questa volta è neutro e si sforza di non tradire la tangibile emozione per quanto appena successo.
Prima che me ne renda conto siamo già fuori dal locale e la cosa non mi va giù. Voglio ancora baciare V., voglio legarla stretta a me con quella corda e portarla nella stanza delle coppie per amarla come merita e darle tutte le attenzioni che desidera.
Non voglio che se ne vada. Non adesso.
Purtroppo invece ci salutiamo in modo quasi formale e sbrigativo, con la promessa di rivederci presto: una promessa che sulla strada del ritorno mi rimbomba in testa insieme alle auliche immagini rubate dalla stanza delle coppie, ormai già impresse a fuoco nella mente per il resto dei miei giorni.
Arrivo a casa, ancora su di giri: cerco di fare piano per non svegliare la mia compagna ma qualcosa di incontrollabile mi scatta dentro. Non abbiamo attraversato un bel periodo un po’ di tempo fa: ci siamo ignorati troppo e abbiamo discusso per delle sciocchezze. La nostra spensieratezza, la nostra complicità, a momenti sono rimaste schiacciate sotto il peso della quotidianità: certe notti abbiamo riposato l’uno accanto all’altra ma siamo stati lontani. Lontanissimi.
E lei era triste. Non voleva darlo a vedere ma lo era. Tanto. E in gran parte era colpa mia che con la testa ero altrove: lo sport, le serate con gli amici, la lunga (e per fortuna fruttuosa) ricerca di me stesso.
Basta.
Basta così.
Scuoto la mia compagna e la sveglio quasi spaventandola. Alla sua domanda “Ma che c’è? È successo qualcosa?” le rispondo nell’unico modo possibile:
“TI VOGLIO”...
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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