Lui & Lei
LA CASCINA DEL PIACERE
di FREEALL
29.09.2015 |
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"Notai immediatamente i fogli lasciati sul cruscotto da Ruggero e mi venne in mente la sua raccomandazione di consegnarli ad Alessandra..."
Il racconto è dedicato a una lei di coppia: una donna sensuale, intelligente, sensibile, affascinante, che mi ha accordato la possibilità di rifarmi a un suo racconto, per rielaborare una storia che vuole essere, innanzitutto, un riconoscimento a lei, come scrittrice, e un omaggio alla squisita femminilità che interpreta con garbo e raffinatezza.Avviso per i lettori:
- Il racconto è un po' lungo perché, non avendo il dono della sintesi, prediligo raccontare anche i particolari e le situazioni, e poi, soprattutto a lei, cui è dedicato il racconto, credo non dispiaccia leggerlo per esteso;
- la storia che segue prende spunto da un racconto intitolato “La cascina del piacere” che trovate pubblicato sul profilo di coppia mau_niky (coppia della regione Trentino-Alto Adige)
- se vi piacciono i racconti, vi consiglio di prendervi una mezz'ora di quiete tutta per voi, di leggere per primo il racconto di Niky e poi, se v'ispira, di proseguire con questo “La cascina delle Amazzoni” (titolo che vuole mettere in luce l'affinità tra i due testi), avvertendovi che, ahimè, non si tratta di una storia vera, nel senso che non si è svolta realmente (e quindi potrebbe non interessarvi), ma che rappresenta invece, in tutta verità, la passione che lei ha suscitato in me e l’ammirazione che ho per questa donna speciale.
LA CASCINA DELLE AMAZZONI.
Quando, nei maneggi o nei concorsi ippici, sento chiamare le cavallerizze col termine di “Amazzoni”, mi affiora alle labbra un sorriso e irrompe nella mia mente un ricordo, nitido e struggente, di un momento indimenticabile, ormai lontano nel tempo.
Durante i miei studi a Firenze, conobbi Marco. Avevamo condiviso il percorso di studi e, per preparare gli esami, qualche volta era successo che m'invitasse a casa sua durante l'estate. Accoglievo volentieri quell'invito, perché abitava in un vecchio rustico, immerso nella campagna delle colline fiorentine. L'accoglienza della sua numerosa famiglia era schietta, squisita, con quel pizzico di verve toscana, tanto che mi sembrava di vivere, ogni volta che ero ospite loro, in un film di Pieraccioni.
Fu un pomeriggio in cui Marco non c'era, che Ruggero -uno dei fratelli maggiori che, nell'azienda di famiglia si dedicava all'allevamento di cavalli- mi chiese se potevo aiutarlo, non sapendo a chi altro chiedere il favore. Riposi con entusiasmo, perché ogni cosa, presso di loro, era una nuova esperienza e perché desideravo ripagare, in qualche maniera, la loro calorosa ospitalità. Il tempo di riporre le cose su cui stavo studiando e gli dissi che l'avrei raggiunto al maneggio.
Arrivato al recinto dei cavalli, vidi Ruggero che, con l'aiuto di uno stalliere, si prodigava per far salire un cavallo sul trailer, disposto di fianco ai box, e già agganciato alla loro Land Rover. Lo stallone, un animale imponente, dal portamento fiero e dal mantello morello, sembrava non volerne sapere di salire sul minuscolo trailer.
Dopo che l'ebbero caricato, non senza difficoltà, Ruggero mi chiese se avessi potuto accompagnarlo per un servizio, come lo chiamò lui, in un posto a pochi chilometri di distanza, e se me la fossi sentita di riportare indietro la macchina. Motivò la richiesta, dicendomi che era sua intenzione ritornarsene a cavallo, per sgroppare un po' l'animale, mentre la macchina sarebbe servita al babbo, un'ora più tardi, per recarsi a un appuntamento a Firenze. Gli confermai che non ci sarebbero stati problemi. Così, rassicurato per la mia disponibilità, chiese allo stalliere di mettere sul trailer anche una sella, buttò in macchina una teca ricolma di carte e partimmo, con misurata lentezza, per non impaurire il cavallo nel suo trasporto.
Strada facendo, mi chiarì che aveva promesso a una sua amica, grande appassionata di cavalli, di fare montare la sua cavalla dallo stallone, elencandomi tutte le caratteristiche e la genealogia del quadrupede che stavamo trasportando. Appassionato dai suoi discorsi, che mi aprivano a un mondo sconosciuto, una volta che ebbe terminato, gli chiesi: “E come si chiama il posto in cui siamo diretti?” desideroso di conoscere il nome della località dalla quale, ricordandomi la strada, sarei dovuto tornare. “Andiamo alla Cascina delle Amazzoni!” mi rispose, in tono scherzoso. Poi, vista la mia curiosità di sapere di che posto si trattasse, mi spiegò che era una bella cascina, dalle parti di Fiesole, dimora di una ragazza che gestisce un piccolo maneggio. Insistetti, stuzzicato dall'epiteto della cascina: “E com'è la ragazza?”. “Oh, l'è una bella topa!” mi rispose nel colorito idioma toscano, specificando che l'appellativo affibbiato alla cascina non dipendeva tanto dal fatto che alla ragazza piacessero i cavalli, ma dalla circostanza che, come le Amazzoni, sembrava disprezzare il genere maschile. “Ah, ho capito!“ risposi, appagato dalla precisazione, mentre lui insisteva, raccontandomi di quanti ci avessero provato e di come si fossero dovuti arrendere, specie dopo l'arrivo di quella che sembrava essere la nuova compagna della ragazza. Replicai: “Insomma, niente da fare?”. Mi rispose tra il serio e il faceto: “Gli uomini si fanno un sacco di fantasie sulle lesbiche: molti s'illudono che si possa far capire loro quello che perdono e qualcuno, addirittura, sogna di potersi inserire, prima o poi, nei loro giochi a due. E invece, dammi retta, non ce n'è per nessuno! Neanche per quelli che si sarebbero accontentati di stare a guardare. Di maschi, proprio non ne voglio sentir parlare!” e per rafforzare la sua tesi, continuò, elencandomi una serie di episodi di cui era a conoscenza.
Stava finendo di raccontare quando, dopo aver imboccato una corta stradina sterrata, ci fermammo davanti a una cascina deliziosa, immersa nel verde scuro degli olivi e adornata da un pergolato di glicini in fiore. Fermata la macchina, Ruggero si raccomandò con insistenza di lasciare alla cascina, prima di partire, i fogli con il certificato veterinario dello stallone.
Appena scesi, ci venne incontro la famosa ragazza. “Vi stavo aspettando!” disse accogliendo Ruggero con un grande sorriso. Lui, rispose al saluto con l'intento di presentarmi: “Ciao Alessandra! Questo è un amico di Marco.” Lei mi squadrò dalla testa ai piedi, senza dire nulla. Per un momento rimasi immobile, a ricambiare quello sguardo magnetico, a fissare quegli occhi di ghiaccio, incorniciati da un viso dai lineamenti netti, reso più duro dai corti capelli neri. Stavo per allungare la mano per una stretta di presentazione, quando lo stallone incominciò a scalpitare in quel trailer eccessivamente piccolo per contenere la sua irruenza. Perciò, ci precipitammo a tirarlo fuori, prima che lo demolisse a calci. Fatto scendere il cavallo, ci avviammo sul retro della cascina, dove si trovava il piccolo maneggio.
Ruggero, che teneva lo stallone alla briglia corta, mi precedeva assieme ad Alessandra di qualche passo, dandomi modo di ammirare la siluette della ragazza: si presentava minuta ma decisamente ben proporzionata, dal fisico tonico e snello, con un culo perfetto, reso ancora più accattivante dagli stretti pantaloni alla cavallerizza. Gli stivali, molto alti, e un giubbetto di pelle, finivano per cesellare quel corpo sinuoso che, a dispetto del viso, si presentava decisamente femminile. La ragazza aprì il cancello del recinto più vicino alle scuderie, dove una cavalla dal mantello bianco, picchiettato di piccole chiazze grigie, si aggirava con aria nervosa.
Ruggero stentava a tenere lo stallone che, dopo aver annusato l'aria per percepire l'odore della cavalla, incominciava a dare segni di agitazione e di smania per il compito che lo aspettava. Poi, allungò la briglia al cavallo e lo introdusse nel recinto, mentre io mi arrampicavo sul bordo della staccionata con l'intento di godermi lo spettacolo. Già altre volte mi era successo di assistere a una monta, a casa di Marco, ma l'accoppiamento di due animali di tale eleganza e forza, sembrava potesse essere uno spettacolo della natura.
La cavalla era proprio un bell'animale, e lo stallone, nella sua irruenza, mostrava una massa di muscoli che si tendevano a ogni movimento, messa in maggior evidenza dal pelo lucido, nero come la pece. Si avvicinò alla cavalla, ne annusò il posteriore, e incominciò ad accostarsi per tentare di montarla. Immancabilmente lei si scostava e si allontanava per evitare le mosse del maschio.
Mi distrasse dalla scena un rumore di zoccoli, proveniente alle mie spalle, e volgendomi, vidi due belle ragazze in sella a due splendidi cavalli maremmani che stavano rientrando da un'escursione nei dintorni. Si avvicinarono alle scuderie, scesero di sella e portarono dentro i cavalli dopo aver tolto loro la sella.
Nel frattempo lo stallone sembrava innervosirsi per il comportamento della cavalla, e lo stesso sembrava accadesse anche ad Alessandra, che, spazientita, urlò rivolta ai box dei cavalli: “Lara, portami la briglia della cavalla che sta appesa nel suo box!”. Di lì a poco arrivò Lara, con in mano la testiera, seguita dalla ragazza che era con lei a cavallo. Passò i finimenti ad Alessandra e poi le ragazze si misero ai bordi del recinto, in piedi, appoggiate alla staccionata.
Distolsi per un momento lo sguardo dai cavalli, attirato dalla bellezza delle ragazze. Memore del racconto di Ruggero, non potei che ricredermi in fatto di lesbiche. Quelle che avevo conosciuto, fino ad allora, perlopiù studentesse e femministe sfegatate, avevano ben poco di femminile: per niente curate e infagottate in abiti anonimi, non riscuotevano certo l'attenzione dei loro colleghi, cosa che evidentemente le avrebbe più infastidite che lusingate. Invece queste due, ammesso che fossero degli stessi gusti della padrona di casa, sembravano di ritorno da una sfilata di moda piuttosto che da un trekking a cavallo. Lara, vestita con abiti attillati adatti all'equitazione, metteva in mostra un corpo flessuoso, con le curve nei punti giusti e i lunghi cappelli raccolti sotto il chepì da cavallerizza. Però, quello che aveva catturato maggiormente la mia attenzione era la sua amica, che pareva anche meglio di lei, vestita non da cavallerizza, ma con un paio di leggings neri aderenti, delle sneackers di pelle e una canotta bianca che, indossata sotto un giubbotto leggero di stoffa, metteva in risalto un seno strepitoso. Feci loro un segno di saluto con la mano, al quale risposero appena, con un cenno della testa.
Intanto Alessandra, afferrata la cavalla per la criniera, riuscì finalmente a metterle la briglia. Poi tenendo strette le redini, provò a imporle di stare ferma, ma con scarsi risultati. Per contro, anche Ruggero tentava di frenare Black, che s'impennava minaccioso, dando l'idea che fosse lui a portare a spasso Ruggero e non viceversa. Dopo qualche minuto perso in scaramucce, Ruggero suggerì ad Alessandra di legare le redini della cavalla alla staccionata, per cercare di tenerla in posizione spingendola con le mani. Alessandra tratteneva la cavalla mentre Ruggero cercava di far accostare Black.
Lo stallone, con un'erezione ormai evidente, si avvicinò allungando il collo per poggiare il muso sul dorso della giumenta, che per tutta risposta incominciò a scalciare. Intervenne Ruggero, piuttosto seccato, rivolgendosi ad Alessandra. “E no!” disse con tono perentorio, “Non mi fò rovinare lo stallone da una cavalla bizzosa! Mi sa che questa ha preso da te: non ne vuol sapere di maschi!”. Alessandra, già abbastanza innervosita, lo gelò con uno sguardo, mentre lui cercò d'informarsi: “Non è la cavalla che ha figliato questa primavera? Perciò non sarà certo la prima volta….”. “Invece è la prima volta” rispose lei, ”perché lo scorso anno è stato il veterinario a ingravidarla con un'inseminazione artificiale.” “Allora” replicò Ruggero “è solo un po' intimorita dallo stallone. Vedi se riesci a calmarla e a farle smettere di calciare!”.
Ogni tentativo però sembrava inutile, perché la cavalla si scostava bruscamente o calciava con entrambe le zampe posteriori. A un certo punto, Ruggero, deciso a por fine alla questione, affermò risoluto: “So io che fare!”. Mi fece cenno di aiutarlo e, una volta sceso dalla staccionata, mi diede in mano le redini del cavallo, chiedendomi di tenerlo lontano per un po'. Cosa non tanto facile, perché seppur aggrappato alle redini di tutto peso, facilmente mi scuoteva con una forza incredibile. Alessandra dava delle pacche sonore sul posteriore della cavalla per rabbonirla e Ruggero le chiese di procuragli una corda di quattro o cinque metri. Alessandra, stizzita, gli domandò che cosa se ne facesse e lui precisò che l'unica cosa da fare era quella di immobilizzare le zampe posteriori della cavalla. “Ah, sì!” riconobbe lei, “non è la prima volta che lo vedo fare. E farò qualunque cosa per non perdere questa occasione. Non ho nessuna intenzione di aspettare altre tre o quattro settimane per il prossimo estro e quindi, con le buone o con le cattive, dovrà ubbidirmi!”
Poi intimò a Lara di procurarle la corda che avrebbe trovato nel deposito della scuderia. Io intanto cercavo di trattenere lo stallone che batteva gli zoccoli per terra e nitriva innervosito, facendo ondeggiare un pene smisurato, di una settantina di centimetri, nero come il suo mantello.
Per tenerlo lontano, passai vicino all'amica di Lara che sembrava ipnotizzata dalle fattezze del cavallo. Si vedeva chiaramente cosa stava osservando e quando, per un momento, distolti gli occhi dal pene dell'animale incrociò il mio sguardo, abbassò gli occhi e, visibilmente, arrossì un poco in viso.
Le passai accanto e commentai, con tono un po' allusivo: “Bella bestia, non è vero?”. “Per niente male!” mi rispose prontamente, meno imbarazzata di quanto mi era parso in un primo momento. Lara finalmente tornò con la corda, la diede a Ruggero e si ricongiunse con l'amica. Io intanto, trascinato in tondo per il recinto, le tenevo d'occhio, cercando di capire cosa si dicessero quando, avvicinando il capo l'una all'altra, sembravano commentare la scena aggiungendovi qualche ammiccamento e dei compiaciuti sorrisi.
Intanto Ruggero, una volta posizionata la corda all'altezza del garrese delle zampe posteriori, la fece passare tra quelle anteriori e la fissò con un nodo sopra il collo della cavalla. “Dovrebbe bastare per la cavalla avvertire la sensazione della corda appoggiata sulle zampe” disse rivolto ad Alessandra, “per smettere di menare calci, senza doverla vincolare di più. Adesso tieni la briglia con la mano, accarezzagli il muso, e cerca di calmarla”.
Restituii le redini a Ruggero che condusse lo stallone nei pressi della giumenta. In effetti la cavalla non scalciava più e si lasciò montare dallo stallone. Che però, nonostante ripetuti sforzi, non riusciva a penetrarla per la presenza ingombrante della coda, agitata di continuo. “Porco mondo” inveì Ruggero, “Dovevi almeno fasciarle la prima parte della coda! Ci sarebbero stati meno rischi per Black di ferirsi e sarebbe stato tutto più facile.” Lasciò le redini, prese in mano la coda e la diede da tenere ad Alessandra. “Povera cavalla!” commentò a voce alta l'amica di Lara, convinta che potesse essere una bella forzatura bloccare in quel modo la giumenta per la monta.
Trattenuta per la briglia e per la coda, la cavalla si lasciò montare dallo stallone divenuto nel frattempo sempre più focoso e irruento. Dopo qualche tentativo andato a vuoto, riuscì a infilare, per tutta la lunghezza, il pene nella vagina della cavalla, che ebbe un leggero sussulto. Lo stallone rimase fermo per un attimo e poi, inarcando la schiena, incominciò, con una serie di movimenti pelvici, la monta vera e propria.
Il mio sguardo si spostava dai due cavalli al volto delle ragazze. La cavalla sembrava non opporre più resistenza, e il volto di Alessandra, meno corrucciato, incominciava a stemperarsi in un sorriso di compiacimento per essere riuscita a spuntarla, finalmente fiera del comportamento della sua cavalla. Le altre due ragazze, sembravano invece rapite dalla scena che si mostrava ai loro occhi: l'accoppiamento di due splendidi animali, l'atteggiamento in apparenza remissivo della cavalla e l'impeto dello stallone, che quasi con violenza, per la foga con cui montava la giumenta, sembrava assorto in spasimante attesa dell'esplosione finale. Dopo più di un minuto, sorpresa che lo stallone non avesse ancora finito, Alessandra si lamentò con Ruggero: “Ma quanto cazzo ci mette, questo maiale, a venire? Se continua così mi sfianca la cavalla!”. Rispose ridendo Ruggero: “Visto quanto gliela fatta desiderare, adesso si gode la scopata!”. “È un porco come te!” rispose secca Alessandra, vibrando il frustino all'indirizzo di Ruggero, ma non risparmiando una scudisciata allo stallone. Il quale, puntando le zampe posteriori, diede maggior slancio alla monta, pressando da dietro la povera cavalla che, con la testa legata vicino alla palizzata, non aveva scampo. In un crescendo di forza e di rapidi movimenti, si arrestò per un momento, come avvertendo lo scatenarsi dell'eiaculazione.
Mi rigirai a guardare le ragazze, che adesso, quasi paonazze, assistevano all'epilogo di quell'accoppiamento. Non potei fare a meno di osservare i loro corpi, quasi partecipi di quell'assalto, senza notare che i leggings indossati dall'amica di Lara mostravano, all'altezza dell'inguine, un'inconfondibile macchia di bagnato sull'aderente tessuto nero. Immaginandone il motivo, mi dissi che forse sbagliavo: era semplicemente una macchia di sudore che prima non avevo notato. Ma quando lei, come sopra pensiero, si passò una mano leggera tra le gambe e strinse forte le cosce, fugai ogni dubbio sull'eccitazione della ragazza. Incominciai a ricredermi sulle Amazzoni: sarà pur vero che non te la danno, ma è piacevole comunque percepire le loro emozioni e saperle eccitate alla vista di un maschio.
La voce esultante di Ruggero richiamò la mia attenzione sui cavalli, mentre si profondeva in un applauso allo stallone, additando un rivolo di sperma che incominciava a gocciolare dalla vulva della cavalla. Lo stallone si lasciò scivolare dalla groppa della giumenta, estraendo di colpo un pene dal glande dilatato, che penzolava senza troppa rigidità verso terra. La cavalla, rimasta immobile, lasciò che le togliessero la briglia e che le sciogliessero del tutto le zampe, e poi, mosse qualche passo come per sgranchirsi dopo un duro esercizio. Ruggero mi chiese di tenere lo stallone, mentre lui recuperava la sella dal trailer. Alessandra si diresse verso l'interno della scuderia, tutta gongolante, con in mano la corda e i finimenti, intenzionata, evidentemente, a rimetterli al loro posto.
Le ragazze, invece, non smettevano di fissare il pene dello stallone, probabilmente curiose di vedere come sarebbe riuscito ad occultare quella specie di spadone che sfiorava il terreno. Io, invece, ero curioso dei loro discorsi, ma non volli sembrare maleducato avvicinandomi maggiormente per carpire i loro commenti. Accarezzavo il muso del cavallo, mentre Ruggero lo sellava, ma non potevo distogliere gli occhi dall'amica di Lara, dai segnali della sua eccitazione, tanto che anche lei se ne accorse, ma questa volta senza abbassare lo sguardo.
Ruggero poi salì in sella e si piegò verso di me per dirmi che lui si sarebbe avviato immediatamente e che ci saremmo rivisti a casa loro dopo qualche ora. Diede di gamba al cavallo e partì, girandosi verso di me, per dirmi che le chiavi della macchina erano sul cruscotto. Quando mi girai, a mia volta, verso le ragazze, notai che l'amica di Lara si era sfilata il giubbotto per annodarlo intorno alla vita, con l'intento, così mi pareva, di voler celare alla vista la prova delle sue emozioni, convinta forse, che quel dialogo tra me e Ruggero, che loro non potevano udire, vertesse su quell'imbarazzante particolare.
Arrivai da loro mentre sopraggiungeva Alessandra e mi sembrò che ci fosse un'aria elettrizzata da quell'accoppiamento appena concluso e che tra loro corresse una certa tensione. L'amica di Lara, che mi pareva ancora imbarazzata dalla situazione, manifestò l'intenzione di voler rientrare in casa. Lara, si affretto a dirle: “Aspettami, vengo anch'io!”, voltandosi poi verso Alessandra come se temesse una sua reazione. Che non tardò ad arrivare, quando, dopo averla afferrata per un braccio, le intimò: “Tu non vai da nessuna parte!”, per poi trattenerla saldamente, mentre l'amica si dirigeva verso la cascina.
Mi lasciò alquanto perplesso il tono della voce, più che il gesto in se stesso. Lara seguì con lo sguardo l'amica, mentre Alessandra la trascinava verso le scuderie.
Mi avviai alla macchina, chiusi lo sportello del trailer e verificai che tutto fosse a posto, e poi feci per mettere in moto. Notai immediatamente i fogli lasciati sul cruscotto da Ruggero e mi venne in mente la sua raccomandazione di consegnarli ad Alessandra. Perciò, dopo averli presi, chiusi la macchina e mi diressi verso la cascina. La porta era chiusa a chiave e pur bussando, non rispondeva nessuno. Convinto, in un primo momento, che in casa ci fosse qualcuno, pensai di essermi sbagliato, perciò mi avviai nuovamente verso le scuderie, dove sapevo che avrei trovato una delle ragazze.
Entrato non vidi nessuno, così mi voltai per tornare all'esterno. Notai, solo allora, una porta aperta che dava sulle ripide scale che portavano a un soppalco sopra i box dei cavalli. Imboccai le scale e, arrancando, incominciai a salire, con circospezione, verso il ballatoio che serviva per riporre il fieno e altri foraggi per gli animali.
Arrivato quasi in cima, alzai la testa e d'improvviso mi trovai davanti l'amica di Lara, chinata sul parapetto che prospettava sui box. Con mio grande stupore, teneva le gambe leggermente allargate e i leggings calati appena sopra il ginocchio, mostrando alla mia vista un culo favoloso, alto e sodo. La meraviglia crebbe maggiormente quando notai la mano della ragazza, insinuata in mezzo alle gambe, con due dita infilate nella fica, deliziosamente fradicia dei suoi umori. Se c'è una cosa cui non resisto, è una donna che si masturba. Rimasi senza fiato e assolutamente immobile, preoccupato di non farmi scoprire e di rovinare così, irrimediabilmente, quella prodigiosa visione.
La ragazza sembrava non essersi accorta della mia presenza, anche perché assorta nel guardare di sotto, da dove provenivano delle voci che, a parte qualche rumore provocato dai cavalli, giungevano abbastanza nitide anche alle mie orecchie.
Era Alessandra, che con tono deciso riprendeva Lara, continuando un discorso di cui avevo evidentemente perso l'inizio: “… cosa credi di fare, adesso che ti sei portata in casa quella mezza puttanella di Trento. Ci devi scopare fino a stufarti, prima di tornare da me?”. Lara smentiva, con un tono di voce flebile, interrotto da esclamazioni di dolore, che seguivano puntualmente il secco rumore dello scudiscio. “Vieni qua e fammi vedere se hai dimenticato le mie lezioni, se ti ricordi come si lecca il miele dal favo della tua Padrona!”. Inveiva Alessandra, facendo schioccare il suo frustino, come un buttero esperto che vuole farsi intendere dai propri cavalli. Io, non ancora giunto in cima alla scala, non potevo vedere la scena, ma incominciavo a immaginare lo spettacolo che si stava svolgendo al piano di sotto. Alessandra, sembrava colpire Lara senza pietà, che a sua volta si dimenava, chiedeva perdono e poi la sentivo ansimare, per finire con dei suoni gutturali che lasciavano intuire quanto fosse oggetto, contemporaneamente, di particolari attenzioni. Alessandra, nel frattempo, con la voce rotta dall'eccitazione, non smetteva di spronarla, apostrofandola in modo pesante e promettendole punizioni ben peggiori e umilianti delle scudisciate che, piuttosto copiose, impattavano sul corpo della ragazza.
La curiosità a quel punto era troppa per non cercare di vedere quanto stava accadendo, non pago di quello che potevo immaginare solo ascoltando. Incautamente, con l'intento di salire di qualche gradino, provocai uno scricchiolio della scala, che rivelò immediatamente all'amica di Lara, la mia presenza. La quale, voltandosi di scatto, spalancò gli occhi per la sorpresa, mentre io mi prodigavo di farle cenno con la mano di non spaventarsi e di invitarla, con l'indice appoggiato alle labbra, di fare assoluto silenzio.
Arrivato con mille cautele quasi in cima alla scala, appoggiai le carte che tenevo in mano sul pavimento di assi, e incominciai a intravvedere, seppur parzialmente, la scena sottostante. Scorgevo il corpo nudo di Lara che, ondeggiando ritmicamente, lasciava intuire l'impegno con cui assecondava i voleri di Alessandra, non visibile dal punto in cui ero. Osservando meglio, si notavano i segni del frustino, come linee di un rosa cupo sulla pelle candida della ragazza, che s'infittivano sulle natiche, tese e tonde. Spettacolo conturbante, che però passava in secondo piano, quando volgendomi appena, mi ritrovavo davanti agli occhi la stupefacente intimità dell'amica di Lara, la quale, incurante della mia presenza, non aveva tolto la mano dalla fica e continuava, come niente fosse, a darsi piacere.
Io ero in uno stato di eccitazione assoluto, frenato nel prendere l'iniziativa dalla paura di rovinare tutto di quella atmosfera, ma incapace di rimanere solamente a guardare, con un'erezione che premeva in ogni modo per uscire allo scoperto e un pene che mi faceva male per la tensione.
Alessandra, intanto, aveva fatto rialzare Lara e messa a novanta gradi, schiaffeggiava con una mano quel culo arrossato e sussultante, mentre l'altra mano si insinuava tra le cosce di lei, strappandole gemiti di piacere, misti a lamenti di dolore per le pacche sonore che si abbattevano sulla sua carne.
Entusiasmato da quel che vedevo, mi sembrò, a quel punto, di non poter resistere oltre. Decisi, senza pensarci due volte, che non sarei rimasto uno spettatore inerte ai bordi della scena, incurante del fatto che le ragazze, magari dichiaratamente lesbiche, non avrebbero minimamente gradito la mia ingerenza.
Confuso ma determinato, volli tentare un approccio soft con ciò che era più a portata di mano: il culo dell'amica di Lara. In piedi sulla scala, mi spostai verso di lei, e allungando una mano, toccai quella meraviglia della natura. Si scostò immediatamente, ma non volendo a sua volta fare rumore, non poté spostarsi o muoversi più di tanto. L'eccitazione che infiammava il mio corpo e che sconvolgeva la mia mente, mi spinse a fregarmene delle conseguenze, a costo di rovinare quell'atmosfera eccitante, facendoci scoprire e magari provocando una dura reazione delle ragazze. A quel punto però, non me la sentivo proprio di tornare indietro.
Appoggiato con il ginocchio sull'ultimo gradino e con la testa all'altezza delle cosce della ragazza, afferrai con le mani i suoi fianchi e, allungandomi, affondai la faccia tra la sue natiche. L'odore di donna, la morbidezza della sua intimità che si presentava completamente glabra, gli umori che bagnavano la sua pelle m'inebriarono a tal punto da avvinghiarmi a lei per partecipare con la lingua alla sua masturbazione. Esploravo e titillavo ogni piega della vulva, almeno per la parte disponibile. Il resto era occultato dalla sua mano, inesorabilmente intenta a procurarle piacere, con il palmo pressato sul clitoride e con il medio e l'anulare infilati nella vagina, frenetici nello stuzzicare un'agognata risposta orgasmica. Ripresi con la lingua i succhi che colavano dalle sue dita e li spalmai sul perineo, finendo per lappare quel bocciolo di rosa che pulsava in mezzo alle natiche. Per un momento non ebbe nessuna reazione, ma poi, sporgendosi verso di me, mi fece capire che gradiva la mia partecipazione al suo godimento.
Per un lungo momento non vidi altro che il suo splendido culo e, mentre percepivo con immediatezza i segni della sua eccitazione, arrivava alle mie orecchie, come una sinfonia, il ritmo del suo respiro mescolato ai gemiti della altre due, che di sotto, stavano consumando un intrigante rapporto lesbico; il tutto immerso in un caleidoscopio di sapori e di odori, rapito in un turbine di emozioni.
Approfittando dei gemiti più forti emessi da Lara per il rude trattamento cui era sottoposta, m'issai fino al soppalco e, appoggiandomi alla schiena dell'amica, le sussurrai all'orecchio: “Allora, non ti piacciono solo le donne e i cavalli!” Rimase immobile, senza rispondermi, forse rapita dalla scena che si scorgeva da quel pulpito. Lara, incastrata in un angolo tra le pareti di legno dei box, inginocchiata su una balla di paglia, subiva l'assalto di Alessandra, che con mano ferma la sodomizzava, usando il manico del frustino, mentre con l'altra mano le torturava il clitoride, fino a farla urlare di piacere.
Finalmente anch'io potevo scorgere, non visto, queste due splendide “fighe” intente in quell'amplesso eccitante e scabroso, tanto da non resistere alla tentazione di fare a mia volta qualcosa, qualsiasi cosa, pur di trovare sfogo al mio stato di crescente libidine.
Mi scostai dal corpo della ragazza, allentai la cinghia, abbassai un po' i jeans insieme agli slip, per liberare un pene che sembrava poter scoppiare dalla tensione che lo inturgidiva. Senza attendere oltre, mi accostai e lo appoggiai, da dietro, al sesso della ragazza, che non parve molto sorpresa né infastidita. Mi misi a strusciare il membro tra le sue cosce, in attesa di prendere il posto delle sue dita, insistentemente inserite in vagina, ma lei non sembrava per niente intenzionata a concedermi la sua intimità, nonostante le ripetute manovre e gli inviti, sussurrati sottovoce, per non farmi sentire dalle due ragazze al piano di sotto.
Certo, mai avrei voluto forzarla, però considerai che se la ragazza non avesse gradito, si sarebbe potuta girare, o avrebbe potuto tirarsi su i leggings o, quantomeno, respingermi con la mano. Non successe niente di ciò, per cui pensai che la cosa non le desse affatto fastidio. Forse, poteva essere frenata da una sua predisposizione per i rapporti saffici, tuttavia non sembrava contrariata al punto da rifiutarsi e di bloccarmi.
Vista quindi sbarrata la penetrazione vaginale per l'ostruzionismo delle sue dita, puntai decisamente all'ano, abbondantemente lubrificato e disteso per l'eccitazione che la permeava. Con delicatezza, ma con altrettanta fermezza, incominciai a spingere, dilatando con garbo, quella stretta apertura così invitante.
Comprese le mie intenzioni, cominciò a dimenare i fianchi, tanto che posi le mie mani sulle sue reni nel tentativo di tenerla in posizione e potere così penetrare, con decisione, dentro di lei. Riuscii a fare entrare appena la punta del pene, prima di fermarmi, perché la contrattura dell'ano non mi permetteva di proseguire agevolmente. Così, bloccato in quella posizione d'attesa, costretto al silenzio per non farci scoprire, mi dissi mentalmente: “Cara ragazza, non penserai di fare come la cavalla di Alessandra, che stuzzicato lo stallone, si dimenava per impedirgli ogni approccio. Come lei, dovrai startene buona, se vuoi assaporare il rapporto con un maschio!”.
Tolsi le mani dai suoi fianchi, feci scivolare la sinistra verso il pube e piazzai le mie dita sotto la sua mano, a contatto con il clitoride, reso più gonfio e proteso grazie a questa nuova stimolazione. Poi allungai la mano destra e afferrai i suoi capelli, facendole rialzare la testa e tirandola leggermente verso di me per poterla penetrare. Nonostante la mia manovra, la forte contrazione dell'ano m'impediva di avanzare; così aumentai la pressione contro il suo corpo, tirando ulteriormente la ragazza per i capelli, tanto da farle ruotare la testa verso l'indietro, ormai determinato nel volerla inculare fino in fondo. Dopo qualche secondo di resistenza, allentò i muscoli ed io penetrai per intero nel suo retto. Rimasi fermo per un istante a godermi quelle sensazioni fantastiche, dovute non solo alle contrazioni dell'ano, ma anche alla percezione del movimento delle dita che stimolavano la vagina, oltre ai leggeri sfregamenti dovuti agli ondeggiamenti delle terga della ragazza, ormai incapace di stare ferma, in preda a una forte eccitazione.
Incominciai a muovermi piano, con attenzione ma con altrettanta decisione, assaporando ogni affondo e ogni contrazione del suo ano, inebriato di quel rapporto quasi animalesco, che per irruenza e per le particolari circostanze, ci accomunava alla monta cui avevamo assistito poco prima. L'eccitazione era tale che mi resi conto, da subito, che non avrei resistito per molto. Fu lei, però, che in breve, raggiunse un orgasmo strepitoso, caratterizzato da un respiro concitato e da gemiti che a stento trattenne per non farsi sorprendere dalle ragazze al piano di sotto.
Non nascondo che ero anch'io al limite, eccitato per l'orgasmo di lei, elettrizzato dalla consapevolezza di stare inculando una ragazza sublime, acceso dalle scene cui avevamo assistito poco prima e che avevano contribuito ad una comune euforia, stuzzicato forse proprio dalle condizioni in cui si svolgeva quell'inaspettato amplesso. Tanto, che mi sentivo rapito e affascinato: intrigato dall'erotismo scatenato dal rapporto lesbico che le due Amazzoni ci offrivano, compiaciuto dalla disponibilità di lei nel condividere un momento di reciproca libidine, stimolato dalla condizione di stare a spiare le ragazze di sotto. Il tutto esaltato dal turbinio partecipe dei sensi, con le narici invase dagli odori del fienile, dalle esalazioni di stalla provenienti dai cavalli, dal lieve profumo che avvertivo a contatto con il corpo sudato della ragazza, dall'effluvio che con crescente afrore percepivo provenire dal suo sesso bagnato, con gli occhi quasi socchiusi a godermi il sole che filtrava tra i tamponamenti di legno del maneggio, con lo sguardo che alternativamente si spostava dal conturbante rapporto lesbico che da lì si poteva scorgere, alla prorompente femminilità di quel corpo fantastico che mi stava regalando sensazioni mai provate, fino allora, con tale intensità.
Non appena terminate le contrazioni delle parti intime della ragazza, scatenate dall'orgasmo da poco concluso, incominciai a muovermi piano dentro di lei, fino ad arrivare a movimenti sempre più ampi, che a ogni affondo divenivano via via più decisi.
Intanto, il rapporto tra le due, di sotto, si era fatto più fragoroso, con Lara che abbracciata alle cosce dell'amica si prodigava in un cunnilingus furioso, mentre Alessandra la sferzava come a volerla incitare in vista di un traguardo ormai prossimo: il suo orgasmo. Di lì a poco, pur non scorgendo distintamente la scena sottostante, capii dai gridolini e dal forte ansimare del respiro che Alessandra aveva raggiunto la meta, preceduta da epiteti scurrili rivolti a Lara e dalle scudisciate divenute sempre più schioccanti fino ad arrestarsi, di colpo, al culmine del piacere.
L'amica di Lara intanto, in silenzio, si lasciava inculare docilmente, assecondando i miei affondi con i movimenti del bacino, ma senza ritrarre le dita dalla fica fremente.
Il ritmo controllato dei nostri respiri affannati, venne soverchiato dai rimproveri di Alessandra, che ormai appagata aveva ripreso a contestare a Lara le attenzioni verso quella sua amica di Trento, e, tenendola bloccata a terra con la pressione dello stivale, fece una cosa che, in quel momento, mi sorprese non poco.
Con i pantaloni da cavallerizza abbassati, si dispose sopra di lei, che giaceva al suolo fra le sue gambe, e urinò sul suo corpo a piccoli getti. In un atteggiamento quasi animalesco, come di un maschio che vuole segnare il suo territorio e la sua proprietà e, nel contempo, umiliare e domare un individuo appartenente alla sua specie. Non paga, le intimò di leccare ogni goccia rimasta a imperlare la sua pelle e la folta peluria nera che ammantava il suo sesso.
La scena non era certo sfuggita all'amica di Lara che dal tono del respiro e dal crescente grado di eccitazione, si capiva compartecipe e scossa dalle sorti dell'amica.
Infine, una volta terminato il servizio, Alessandra riprese a rimproverare e umiliare Lara. Si scostò da lei e, colpendola con un colpo secco talmente forte da farla sobbalzare per il dolore, l'avvertì con voce altisonante: “E domani, tocca alla tua amica!”. All'udire quelle parole, un orgasmo travolgente si scatenò nel corpo di quella splendida ragazza che ora trattenevo, stretta a me, con una mano avvinghiata ai suoi seni e l'altra appoggiata sulla bocca per impedirle di urlare il suo piacere e farci scoprire. Il suo orgasmo, inevitabilmente, scatenò la reazione incontrollabile del mio sesso, che le inondò le viscere di caldi getti di sperma.
Rimanemmo per un lungo istante ansimanti e appagati, mentre io continuavo a stringerla e con il viso appoggiato alla sua schiena, inalavo attraverso la maglietta il profumo della sua pelle, ascoltavo come una musica i battiti incalzanti del cuore, assaporavo quel contatto intimo e confidenziale. Avrei voluto ricoprirla di piccoli baci, coccolarla per dimostrarle quanto avessi gradito quel momento magico di puro erotismo, convincerla di quanto mi sarebbe piaciuto rivederla per rivivere con lei dei momenti di calda intimità, quando, in maniera flebile ma distinta, udii da lontano i rintocchi di una campana, che con il suo suono avvertiva del passare del tempo, scandendo le ore della giornata.
Quel suono, ebbe l'effetto come di un fischio acuto che sorprende, che distogliendoti da ciò che stai facendo richiama l'attenzione su un pericolo e verso un dovere, oppure di uno scossone che di soprassalto ti risveglia da un sonno profondo e, nel contempo, ti strappa ad un sogno magnifico. Un suono che mi fece ripiombare nella realtà, riportando alla mia mente l'impegno che mi ero preso di riconsegnare al più presto la macchina. Ignaro di quanto tempo fosse passato ma conscio di aver combinato un guaio, figurandomi per un istante il padre di Ruggero che, prevedibilmente spazientito, mi stava aspettando, di scatto e velocemente mi tirai su i pantaloni, afferrai i fogli con i certificati e li misi in mano all'amica di Lara, poi mi girai e, a due alla volta, scesi di corsa i gradini di quella ripida scala, cercando di non cadere per la fretta di arrivare alla macchina.
Una volta giunto in fondo, mi voltai e per assicurarmi che avesse capito, le dissi: “Ti prego, consegna quei fogli ad Alessandra!”. Fu allora che incrociai il suo sguardo. Fissai i suoi occhi per un istante che mi parve interminabile, cercando di trovare le parole che, per l'emozione, non riuscivo ad articolare e a pronunciare. Lei continuava a fissarmi con gli occhi dolci e un sorriso appena accennato su quel volto appagato e disteso, come quello di una donna che ha appena fatto l'amore, di una bellezza e di un'intensità che non ho mai più dimenticato.
Stupidamente, mi lasciai assalire dagli scrupoli e dalla fretta e, con quell'immagine negli occhi e il cuore stretto in una morsa, corsi a riportare indietro la macchina.
Così che ora, a distanza di molto tempo, quando sento nominare le Amazzoni, la mente mi riporta sulle colline di Fiesole, mi rievoca quelle scene conturbanti e sbalorditive, soprattutto per la mia età e l'esperienza di allora. E, ancora, quel termine mi seduce, stuzzicandomi per quell'aura di erotismo che ne avvolge il ricordo, solleticando in me la nostalgia per quei momenti di sensualità che costituirono i primi approcci con il sesso, in una fase di passaggio in cui la vita e l'indipendenza stavano per aprirsi a una nuova dimensione.
Il nominare le Amazzoni, però, provoca in me, ancora oggi, un grande rammarico: di quella ragazza di Trento, di quella splendida, giovane donna che, inaspettatamente, mi aveva regalato una delle più belle e forti emozioni di allora, non ho mai saputo il nome, o conosciuto il suo indirizzo, né mi è successo più d'incontrarla.
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