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La cognata pt.6


di tongue81
14.09.2022    |    24.919    |    4 9.6
"" "Non dire nulla in più!" "Esci, conosci altri uomini ma comportati con prudenza: cazzarola sei pur sempre mia cognata, la sorella di..."
Restammo in silenzio e senza guardarci in faccia per un paio d'ore, anche una volta rientrati nell'intimità della suite. Indubbiamente l'esperienza fatta da Stefania mi aveva eccitato e non poco ma la coscienza e i sensi di colpa mi presentarono un conto salato.
Alzai lo sguardo verso mia cognata e stesa su letto a pancia in giù intenta a rileggere la bozza di contratto: feci riaffiorare alla mente le parole di sincera ammirazione dell'avvocato C. e le confrontai con l'avventura del sexy shop.

Somatizzai la situazione avvertendo un macigno cadere sul petto, chiusi il pc e diedi voce ai miei pensieri: "Ste, quello che hai fatto oggi non deve più accadere: ti è andata di lusso e non devi rischiare la sorte di nuovo."
Mi rispose alzando lo sguardo, con aria mortificata: "Non voglio essere il tuo padrone, né esigo che tu ti faccia scopare esclusivamente da me ma ti chiedo di non ficcarti più in situazioni del genere, dove non hai il controllo, in posti dove avrebbero potuto farti oggetto di qualsiasi perversione. Ti rendi conto del pericolo che hai corso? "

"Hai ragione, sono stata un'incosciente!"
"Incosciente? Ti rendi conto di cosa poteva succedere? Potevano abusare di te anche contro la tua volontà. Non ti sto chiedendo di essere l'unico cazzo della tua fica bensì di fare attenzione alle situazioni. Non vorrei un giorno..."
"Non dire nulla in più!"
"Esci, conosci altri uomini ma comportati con prudenza: cazzarola sei pur sempre mia cognata, la sorella di mia moglie!" sbuffai come una vecchia pentola a pressione.
Con passo felino, Stefania si alzò e venne a sedersi sulle mie gambe, accarezzandomi prima la testa, poi le spalle schiacciando il mio viso sul suo seno.

Mi diede un bacio sulla guancia e mi esortò a completare la redazione dei documenti quanto prima.
Finalmente concludemmo ciascun per propria parte gli impegni lavorativi e, prima di uscire, assistetti al solito spettacolo sotto la doccia; l’acqua scrosciante che scivolava veloce sulla pelle velluta di Stefania riuscì a lavare anche i residui dei miei sensi di colpa: chiusi il PC, mi spogliai ed entrai nella cabina impugnando il plug anale.

"Ohhh, troppa grazia Sant'Antonio!" esclamò Stefania insaponandosi le natiche.
Lavai minuziosamente il giocattolo e lo esibii a mo' di trofeo: "Di santo ho molto, molto poco e quando vedo il tuo culo perdo definitivamente anche quelle briciole di santità rimastemi." e mi tuffai tra le sue chiappe sode, come feci la prima volta a casa sua.
"Il mio cazzo invidia profondamente questo pezzo di plastica: profanerà il tuo culetto prima di me..."
"Sarà il primo in assoluto!" mi corresse mordendosi il labbro inferiore e afferrando la mia verga con una mano.

"Porcellina, cognatina porcellina... Io dovrei essere il secondo ma immagino che vorresti che anche qualcun altro goda di questa meraviglia!"
"Voglio te, innanzitutto. Voglio sentire la tua sborra riempirmi l'ano ma vorrei provare anche qualche altro cazzo, prima o poi."
Le sussurrai di elencare i nomi e, afferrando per il polso la sua mano libera, le feci capire di iniziare a sditalinarsi.

Ansimando, iniziò a sgranare il rosario: il primo nome fu quello di Gennaro, un collega con cui aveva dibattuto in tribunale, il secondo fu quello di Vittorio, un amico di famiglia da poco divorziato, per terzo pronunciò quello di Enrico, il mio gemello omozigote, per verificare se fossimo realmente e completamente uguali e infine arrivò a Jay, un ragazzo del Senegal che si occupava delle pulizie e della manutenzione del mio studio.

"Ma ciò che desidero più di tutto, è farmi scopare da te assieme ad una seconda donna." affermò vibrando per il piacere e, prima che le chiedessi di fare un nome, pronunciò quelli di Tania, la sua migliore amica che aveva recentemente fatto coming out e quello di mia moglie, sua sorella.

Sotto il getto dell'acqua, ebbe un orgasmo devastante nel medesimo istante in cui emise l'ultima sillaba di quel nome: senza alcun freno inibitorio, figurai nella mente le due sorelle contendersi il mio cazzo con le bocche o sovrapporsi l'una all'altra, a novanta grandi, in attesa di essere penetrate o, ancor meglio, inculate a turno.

Infilai il plug di netto, con un colpo secco, facendo ballare le sue tette: "Dobbiamo organizzare qualcosa per soddisfare queste tue fantasie ma solo quando sarò sicuro che non ti andrai ficcare in altre situazioni pericolose come quella di oggi!" Giocai qualche altro minuto con l'oggettivo e poi le intimai di toglierlo solo quando l'avrei autorizzata. "Bisogna allenare il tuo buchetto, cognata."

"Alloooraaa, iniiziaaamooo?"
In un flebile barlume di lucidità, mantenni il sangue freddo: "Ora è impossibile, bisogna avere pazienza. Non posso portarti domani dall'avvocato con il culo rotto. Non avrò la proboscide di Renato ma è molto più grosso di questo giochino. Che figura faremmo se avessi difficoltà a sederti?"

Ridemmo a crepapelle in modo isterico e tra una risata e l'altra le ordinai scherzosamente di andare ad asciugarsi e a vestirsi, nonostante avessi voglia di fotterla forte sotto il getto d'acqua. Miagolando come una gattina, si avvolse nell'accappatoio e finalmente solo riuscii a lavarmi e a concentrarmi su come proseguire il gioco tenendone saldamente il controllo.

Vidi la mia immagine nello specchio: i capelli ingrigiti, un filo di grasso attorno alla pancia, le piccole rughe che si increspavano sul viso, tutti dettagli che stridevano con la silhouette giovane, perfetta e affusolata di Stefania; viceversa, incurante dell’invecchiamento, tra le gambe lo scudiero di mille battaglie svettava ancora in tutto il suo vigore, anzi negli anni aveva migliorato le capacità di ripresa.

Elaborando ancora i pensieri entrai in camera e provai a domare l'istinto di azzannare nuovamente quei glutei marmorei che ancora nascondevano obbedienti il piccolo plug. Forse per i pensieri contrastanti che frullavano nella mia mente, forse il rimorso di aver stravolto la via di mia cognata tanto da trasformarla in una porca che si fa sbattere da uno sconosciuto in un sexy shop, riuscii a tenere a freno la belva urlante dentro di me e meccanicamente mi preparai per andare a cena nel ristorante tanto amato da mia cognata e anche da mia moglie, situato in un paesino ad un'oretta dalla tenuta.

Prima di infilare il giaccone, chiamò mia moglie per darmi prima la notizia che i gemelli si erano presi la prima influenza stagionale, poi per comunicarmi che dal ristorante avevano chiamato in studio per disdire la prenotazione, in quanto sarebbero stati chiusi per un imprevisto.

Venni sopraffatto dall'eccitazione e, pur essendo ancora impegnato nella conversazione con la mogliettina, mi avvicinai a Stefania, le feci segno di fare silenzio e abbassai la zip del vestito, facendolo scivolare lentamente ai suoi piedi.

Con la mano libera, le accarezzai la schiena in tutta la sua lunghezza poi mi posizionai davanti a lei, la guardai dritta nelle pupille e le feci capire a chiari gesti che volevo un pompino. Senza nessun imbarazzo o esitazione, la cognatina si leccò le labbra, si sedette sul letto e chiese di avvicinarmi facendo fluttuare il dito indice.

Nonostante la situazione, cercai di prolungare la telefonata attendendo impaziente che il mio cazzo venisse liberato: Stefy afferrò prima la mia mano sinistra, allentò la presa della fede dall'anulare e, infine, infilò il mio dito nella bocca, succhiandolo appassionatamente tanto liberarlo dall'anello.
Finalmente, una volta raggiunto l’obiettivo, mi scrutò con uno sguardo compiaciuto, traboccante di lussuria e porcaggine, prima di sputare il gioiello e di accogliere avidamente il mio pene tra le sue labbra, consentendo alla mia belva di interiore di liberarsi dalle catene che lo soggiogavano e di ruggire tutto il suo ardore.
[Continua]
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