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Gay & Bisex

È stata la nerchia di Diego


di ArchieCooper
16.02.2023    |    17.880    |    12 9.5
"Li tasto, sono duri, come il marmo e così i suoi bicipiti..."
Vivo a Napoli ormai da tre mesi. Il mio compagno è rimasto a Milano e ci siamo visti appena due volte e la distanza non sembra aver acquietato i nostri problemi.
Sono qui per girare una celebre fiction. Sono un assistente ai costumi, quindi il mio lavoro è quello di vestire gli attori, compilare le schede per i raccordi delle loro vestizioni e spesso fare le veci della costumista durante le prove costumi. Non ho mai tradito Federico prima d’ora, anche se so che lui lo fa da diversi anni, finchè la cosa ha cominciato a non ferirmi neanche più. Spero di rimanere insieme a lui perchè è rimasto un po’ d’affetto. Affetto che forse passerà grazie al cazzo di Diego.
Per chi non lo sapesse, uno dei vantaggi di lavorare in trasferta è che ti affidano un autista con un pulmino 9 posti che ti viene a prendere, ti porta sul set e poi ti riaccompagna a casa. Il uaglione che mi hanno assegnato è Diego, bello come il sole. È un napoletano doc di ventiquattro anni, col capello moro lunghetto e folto, un altrettanto folto pizzetto e le labbra carnose. Abbinati agli immancabili cargo indossa delle belle maglie larghe che non riescono a nascondere i suoi bicipiti muscolosi e tatuati.
Io sono sempre l’ultimo che riaccompagna a casa. Non parlo molto, sono timido. Lui mi ha raccontato tutto della sua vita. È del quartiere di Scandriglia, tiene una moglie incinta e vogliono chiamare il figlio Armando. Tornato nel mio appartamento nella deliziosa Mergellina con vista su Posillipo molte volte me lo sono menato pensando a lui che mi prende nel caldo estivo.
Io ho trentasei anni, sono magro magro magro e alto più di due metri. Il mio culo è sopraffino, mi stupisce che a Federico non basti. È l’unica parte fuori proporzione del mio corpo. È grosso e duro come il marmo. Mi piace molto guardarmelo allo specchio mentre me lo meno e immaginarmi Diego che m’ingroppa.
Col caldo di agosto non è facile lavorare. Gli attori e la troupe diventano intrattabili. A ridosso di Ferragosto facciamo ben tre ore di straordinari e siamo tutti puzzolenti e bruciati dal sole. Diego puzza tantissimo quando mi riaccompagna a casa. Si rovescia una bottiglietta d’acqua sulla testa. Io ho una camicia di lino leggera che praticamente mi si è fusa con la pelle.
Diego mi dice che non vede l’ora di farsi una doccia. Gli dico che non può tornare così puzzolente dalla moglie che sennò lo caccia di casa.
“E dove me la faccio la doccia? A’ casa toja?”
“E perchè no? Guarda che non ci sono problemi.”
Parcheggiamo sulle strisce e viene su a casa mia. Gli do un asciugamani e lui va in bagno. Io mi verso un bicchiere di prosecco e sul mio bel terrazzo guardo la collina di Posillipo che inizia a illuminarsi, mentre il tramonto estivo tarda ad arrivare. Il telefono vibra. È Federico. Litighiamo. Proprio quando riattacco Diego fa capolino in salone con l’asciugamanti intorno alla vita. Il petto è poco villoso, i pettorali ben sviluppati. Su quello sinistro c’è tatuato un cuore trafitto con una freccia. In un bordino il suo nome e quello della moglie.
“Marò che voci. E io che pensavo che voi ricchioni nun tenevate problemi.”
Credo di star sbavando, ma cerco di prendere in mano la situazione seppur travolto dall’imbarazzo.
“Ma guarda lasciamo stare. Vuoi un prosecchino?” E già gli sto versando un bicchiere. Glielo porto.
“Grazie.” Mi dice sorridendo.
Io mi siedo su una poltrona col telefono in mano per ricordare alla costumista i provini di domani. Noto con la coda dell’occhio che Diego si gratta il cazzo, poi viene a sedersi nella poltrona affianco alla mia.
“E’ tanto ca state insieme tu e u’ uaglione?”
Alzo le sopracciglia, mi sorprende il suo interesse. “Eh, son otto anni, ma mi sa che siamo alla fine...”
E da lì inizio a raccontargli la storia della mia vita. I trasferimenti fra Milano e Roma per il lavoro, la prima volta che l’ho beccato con un succhiotto sul collo, la volta che si è presentato tutto sudato e con la bocca rossa al nostro anniversario. Diego ascolta, mi guarda con comprensivo silenzio e va che ci finiamo una bottiglia di prosecco ed è sera. Devo aver parlato per almeno mezz’ora e oramai inizio a sentire freddo per il sudore che mi si è asciuganto addosso.
“E tu non l’hai mai tradito?” mi chiede.
“No!” faccio imbambolato. “Non ne sono capace.”
Guardo l’orologio. “Senti sono le otto. Io mi sa che mi faccio una doccia e vado direttamente a dormire.”
“Dormi così presto?”
“Sì, sono stravolto. Oggi ci hanno fatto il culo.”
Mi sorride. “Jà, e prima che vado via non me lo succhi il cazzo?” E alza un pelo l’asciugamani mostrandomi il suo uccello.
Il cuore prende a martellarmi nel petto. Ha un cazzo bellissimo. È moscio, ma carnoso e con delle belle vene, sbuca da una foltissima peluria nera. Ma quello che mi sorprende sono le sue palle, sono così grosse e sode.
Sono pietrificato.
“Jà, lo puoi toccare se ti va.”
Lo guardo come se mi potesse mordere da un momento all’altro e piano allungo una mano verso il suo scroto. Prendo a massaggiarliele, sono bollenti, lui si appoggia sullo schienale e rilassa la testa sulla poltrona. Apre del tutto l’asciugmani. Vedo il suo cazzo diventarmi duro davanti. Non credo di averne mai visto uno più bello. È lungo il giusto, sui sedici centimentri. La punta verso su, parte della cappella che fa capolino dall’incarnato mediterraneo della sua pelle. Lo prendo in mano e comincio a menarglielo. Quando sbuca fuori vedo che ha proprio una bella cappella rosa. Mi fermo e lo stringo nel mio pugno, sentendolo pulsare. Una timida goccina di sperma si presenta, col pollice la strofino sul glande. Diego si contorce e si mette a mugugnare. Muove il bacino scopandosi la mia mano.
M’inginocchio davanti al dio partenopeo e mi metto in bocca il suo uccello arrivando fino alla base.
“Jà, famm’ nu bell’ bucchin’” mi dice con la sua voce da maschio. E allora comincio ad andare su e giù, azzardo e allungo le mani sui suoi pettorali. Diego mi lascia fare. Li tasto, sono duri, come il marmo e così i suoi bicipiti. Io sono già un po’ bagnato sotto. L’animale mi afferra per i capelli e tenendomi ferma la testa prende a scoparsi la mia gola. Mi sbottono la patta dei pantaloni e prendo a menarmelo, mentre con l’altra passo dal petto al suo stomaco. Spinge con più violenza nella mia bocca quando gli stringo il capezzolo. Quando esplode mi scarica litri di sperma denso e amaro che non riesco a inghiottire. Penso di rischiare il soffocamento, quando per fortuna lo tira fuori tutto mi casca addosso sulla camicia e lungo il mento.
“Sì proprio na ‘soccola” mi fa e mi schiaffeggia col cazzo ancora duro. Io recupero fiato, lo guardo negli occhi.
“Ti piaciò?” mi chiede.
“Sì” dico e mi accorgo che sto ansimando come un cane.
“Vò ca ti futtu?”
“Come?”
“Jà, dammi cinquecento euro e ti chiavo dopo ca ti si fatt’ a doccia.”
Mi vado a lavare in un baleno. Mi stofino per bene fra le chiappe, ci passo in mezzo abboandante bagnoschiuma.
Nudo e ancora bagnato raggiungo il troglodita che intanto si è spostato in camera da letto. Lo trovo sdraiato, col cazzo in erezione. Tiene un ginocchio piegato e mi guarda sorridendo.
“Guarda che cinquecento euro sono troppi” gli faccio.
“Jà, con la diaria è la metà di un tuo settimanale. A me visto che sono di Napoli non me la danno. E poi teng’ famiglia.” Dice sempre sorridente e scuotendosi il cazzo con un mano.
Esito.
“Vieni qua” mi fa e indica Posillipo fuori dalla finestra. “Sembra un cielo stellato a quest’ora.”
Non posso dire di no a quel sorriso. Mi metto a cavalcioni su di lui e ci baciamo piano con gli occhi chiusi. Prendendomi per la nuca mi attira nella sua bocca infilando nella mia una lingua gigantesca che me la riempie. La passione di questo ragazzo è inaudita. Non sono mai stato baciato con tanto vigore, ma soprattutto non è mai successo che mentre mi baciavano cominciassi a colare sborra. Due gocce infatti dal mio cazzo eretto piovono sui suoi pettorali, proprio dove c’è tatuato il cuore.
Il suo bacino inizia e muoversi e il suo cazzo a strofinarsi sul mio culo. Al centro. Quando ci stacchiamo dal bacio sputa abbondantemente sulla sua mano e si lubrifica il cazzo per poi passare quello che è rimasto sul mio buco, nel quale infila due dita.
“Uà, che ciaccarella ca’ tieni. Stasera ti chiav’ come ‘na vaiassa!”
Penetra in un colpo solo dentro di me facendomi molto male. Sento il dolore spandersi fino al basso ventre, faccio una smorfia sofferente, ma non dico niente. È troppo bello avere finalmente un cazzo dentro. L’animale muove il suo bacino con fluidità, prima piano, aumenta di ritmo solo quando io lo assecondo e mi spinge contemporanemente verso il basso tenendomi per i fianchi. Quando ormai mi sta trivellando il buco del culo, è come se fossi soggetto a un terremoto forza 10. Con una mano mi reggo alla testiera del letto, mentre con l’altra stingo il suo pizzetto. Conclude con due colpi secchi e forti, ma non è ancora venuto. Mi mette a pecora con la testa rivolta verso Posillipo, sputa sul mio buco e di nuovo senza alcuna gentilezza me lo pianta per intero sin dal primo colpo.
“Ora vedi che fra un po’ senti il rumore del mare” e riprende a chiavarmi a tutta velocità. Stringo le lenzuola, mentre gli scossoni frenetici del suo bacino mi colpiscono e vanno affondo. Non ho più un buco del culo, ho un vortice che la bestia napoletana sta trapanando senza pietà. Posillipo di fronte a me è bellissima, le luci sulla collina partono dall’alto fino ad arrivare alle ville in basso e a riflettersi sul mare. Il mio volto è tutto contratto dal piacere del cazzo di Diego che colpisce a ripetizione la mia prostata. La notte è afosa, le gocce del suo sudore mi colano addosso abbondantemente. Lo vedo riflesso nella finestra, quasi come un’entità che emerge da Posillipo, il pizzo, tutta la faccia e i bei capelli sono una maschera di sudore. I denti sono scoperti, le sopracciglia incurvate, l’espressione di un uomo dedito a scoparti. Una cosa sopraffina. Sborro senza neanche toccarmi, ne getto a litri. E con quattro colpi che quasi mi fanno volare giù dal letto viene anche lui, cascandomi poi addosso ansimante, col cazzo ancora dentro di me.
Oggi mi sono fatto bene i conti delle mie economie, eviterò di andare a cena fuori ed eviterò di fare shopping nel weekend. Sta di fatto che questa permanenza a Napoli mi costerà molto.
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