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Gay & Bisex

Compagni di classe-Capitolo 2


di ArchieCooper
28.02.2024    |    9.284    |    10 9.8
"L’essere il maschio alpha di Riccardo, il suo essere capo gruppo e dominante come negli anni dell’adolescenza e Simone ricordò di quanto era piacevole essere..."
Erano passati tre mesi da quando aveva scopato con Giulio.
Avevano dormito nudi, abbracciandosi sotto le lenzuola e la coperta di lana immersi nel silenzio del paesino di montagna. La mattina dopo si era svegliato con la testa di Giulio rannicchiata sul suo petto. Appena aperti gli occhi si erano salutati con un buongiorno e l’amico prese a succhiargli il cazzo finendo in breve tempo con l’ingoiare tutto. Passarono la domenica fra le colline della Val D’Orcia. Quando erano lontani da sguardi altrui Giulio lo prendeva per mano.
La seconda notte l’aveva penetrato di nuovo, sempre stando sopra, completamente chinato sul corpo dell’amico baciandogli il collo e annusando i suoi capelli. Giulio emetteva sussurri sincopati di piacere a ogni colpo, cingeva Simone fra le sue braccia attirandolo verso di sé.
Andarono avanti così per quasi un’ora, l’intimità inframezzata da dolci baci e da Giulio che ogni tanto cominciava a tremare implorando Simone di fare piano altrimenti sarebbe venuto. Gli ultimi trenta secondi Simone iniziò a dare i suoi colpi con una foga violenta, esplodendo nel calore del culo dell’amico che a sua volta venne copiosamente senza alcun bisogno di toccarsi.

Tornato a Milano si erano sentiti spesso. Non in maniera che lasciasse pensare a una coppia, o a un legame affettivo sentimentale, solo come due amici che si sono ritrovati da tempo. E non era così. Era successo di più, era successa una cosa straordinaria, magnifica. Simone si interrogava spesso su quella notte. Quando era in giro o in metro provava a guardare altri maschi, ma se non se ne sentiva attratto. Provava a interrogarsi sui propri sentimenti, ma nulla gli diceva che quello che provava per Giulio fosse amore. Perché se non provava altro che un gran bene per l’amico e non lo attraevano gli uomini era accaduto qualcosa di sessuale? E per di più bello.
Il pensiero lo tormentava, lo teneva sveglio la notte. E un altro pensiero lo turbava: E sì, ho scritto a Riccardo. Son venuto a Milano e niente, abbiamo passato la notte insieme.
Anche Riccardo aveva avuto un rapporto con Giulio.
Riccardo era sempre stato il più virile del gruppo. Si era trasferito da Roma a Milano con la famiglia proprio all’inizio delle scuole superiori. Giocava a calcetto, era un intellettuale da frasi spicciole, era stato il primo a perdere la verginità nel loro gruppo. Si poteva pensare che fosse un maschio alpha un po’ cafoncello che sembra saperla più degli altri, ma Riccardo era soprattutto una persona generosa, inclusiva, empatica. Non a caso era diventato uno psicanalista. E sicuramente non era omosessuale.
Decise di contattarlo.
Un paio di volte quando era capitato d’incrociarsi per caso Riccardo gli aveva accennato che se avesse avuto bisogno di una consulenza poteva fargli uno sconto in quanto amici di vecchia data. Era decisamente quello che gli serviva adesso. Doveva scoprire, doveva capire, dare un senso a questo et-et per il quale amico/amante si erano sovrapposti pur restando una dicotomia precisa. E voleva indagare su quanto successo fra Giulio e Riccardo.

La settimana successiva si trovò alle dieci sotto al palazzo dove Riccardo aveva lo studio. Un signore anziano aprì il portone e lui lo seguì in quanto provava vergognava a suonare al citofono dello psicanalista. Fece le scale a piedi per non destare sospetti su dove stesse andando.
Riccardo gli aprì la porta con un gran sorriso. Avevano un look molto simile. Entrambi occhialuti e con i capelli scuri, entrambi gli occhi scuri. La barba di Riccardo però era più folta e aveva un nasone tipicamente romano.
Indossava un completo con giacca marrone e una camicia colore crema, dalla quale emergeva un po’ dell’abbondante peluria che l’amico aveva sin da ragazzino.

“Certo, mi avrebbe fatto piacere sentirti per una birra.” Fece Riccardo abbracciandolo. Lo guidò lungo il corridoio fino a un piccolo salottino e lo fece accomodare su un divano.
Riccardo prese posizione alla scrivania.
“Allora, per cosa siamo qui?”
Simone non riuscì a spiccicare parola. Le mani giunte sulle ginocchia, la schiena curva in avanti. Fissava Riccardo negli occhi e se lo immaginava insieme a Giulio. Due uomini eterosessuali, nudi, che si scambiano a occhi chiusi baci appassionati con la lingua e che si toccano il cazzo duro a vicenda.
“Io… sono qui perché ho paura.” Riuscì a dire dopo quasi un minuto. Da dove gli era uscita questa baggianata?
“Paura di cosa?” chiese l’amico appuntando velocemente su un bloc-notes.
“Paura della mia ex. Ho paura che decida di non farmi più vedere mio figlio.”
Non era vero. Seppure lui e Rossella non fossero affatto in buoni rapporti, lei adorava mollare il bambino al padre anche per settimane se ci riusciva.
Nei quaranta minuti di dialogo successivi Riccardo gli fece notare che andava tutto bene, che non doveva concentrarsi sulla paura della sua ex, ma sul sentimento della paura in generale. Su cosa significasse. E gli spiegò la distinzione fra paura razionale e paura irrazionale.
“Vuoi venire un’altra volta?” gli chiese Riccardo a fine colloquio.
“Non lo so.” Rispose Simone.

Uscito dal portone si arrabbiò con sé stesso. Che cosa era successo lì dentro? Ma soprattutto con che intenzioni era andato realmente lì?
I tormenti aumentarono, non riusciva a darsi pace e trovare un senso a quanto accaduto con Giulio, a quanto accaduto fra Riccardo e Giulio.
S’illuse di riuscire a superare la cosa smettendo di pensarci, ma i dubbi erano un ospite invadente. Soprattutto quando si sdraiava a letto e spegneva la luce essi bussavano alla porta e rimanevano lì a martellare per ore.
Il mese successivo ricontattò Riccardo, mosso da un senso di agitazione e nausea.
Gli diede disponibilità per il giorno successivo se proprio era urgente, ma alle diciannove dopo aver finito con l’ultimo appuntamento.
Finì per arrivare con mezz’ora di anticipo e girare intorno al palazzo. Alle 19.15, sicuro che l’ultimo paziente se ne fosse andato citofonò guardandosi intorno per paura di essere visto. Prese l’ascensore stavolta e arrivato al piano sgattaiolò di corsa davanti alla porta dello studio. Suonò il citofono. Riccardo gli aprì e lo accolse con un sorriso stanco. Questa volta indossava una giacca nera con sotto una camicia bianca aderente ben infilata dentro i jeans.
Si ritrovarono alle loro postazioni della volta precedente.
“Allora, come va con la paura?” chiese Riccardo sollevando leggermente gli occhiali e massaggiandosi gli occhi stanchi.
“Non sono qui per questo.” Rispose Simone.
“Mmh, dimmi allora.”
“E’ successa una cosa… qualche mese fa.” Stavolta poteva farcela, sentiva di avere il coraggio per riuscirci. “Ho rivisto una persona. La conoscevo tempo fa e… abbiamo fatto l’amore.”
Riccardo rimase in silenzio per poi fargli cenno di proseguire.
“Non ci siamo più rivisti dal weekend passato insieme. Però ci penso in continuazione. Mi sembra strano aver avuto un rapporto con una persona che consideravo amica, ma anche se ci penso spesso non è perché me ne sia innamorato. Mi sembra strano il fatto in sé.”
“Era una persona che conosci da molto tempo?”
“Sì.”
“Eravate molto intimi quando vi frequentavate?”
“Eravamo compagni di classe.”
Pensò di mettere Riccardo in difficoltà, ma l’amico analista non accennò un minimo di stupore sul suo volto.
“Ti va di dirmi chi è?” chiese.
Simone strabuzzò gli occhi e si tirò indietro verso il divano.
“Forse fra un po’.” Gli venne fuori dalla gola con voce tremante e ritornò quella stessa confusione di quando aveva cenato con Giulio. Il cuore prese a battergli forte e cominciò a respirare a fatica. Non riuscì a proseguire con quello che voleva dire.
“Quindi è come se fosse stata una cosa speciale. Bella” proseguì Riccardo sporgendosi in avanti.
“Sì” riprese sibilando. “Dopo che è successo ho cominciato a chiedermi se il sesso è una cosa normale che può succedere fra amici. Anzi, se è una cosa che fa proprio parte dell’amicizia, ma magari non è così inflazionata. Ci hanno insegnato prima con la religione che lo scopo del sesso è la procreazione fra due persone che si amano, poi in adolescenza diventa un rito di crescita, la pornografia ci satura il cervello di sesso dandocene un’idea sbagliata e non corrispondente alla realtà. Ma non ci viene mai narrata la sessualità come qualcosa di totalmente inerente all’amicizia e forse potrebbe tranquillamente esserlo.” Non sapeva da dove fuoriuscisse quel fiume ininterrotto, stava riuscendo a dare un senso e una forma alla cosa. Era andato da Riccardo per scavare nel torbido, all’improvviso vedeva la luce emergere dal groviglio di oscurità che gli privava il sonno.
Si accorse che durante il suo monologo aveva guardato tutto il tempo per terra. Col coraggio ritrovato guardò Riccardo negli occhi.
“Ma come faccio esserne sicuro?” chiese.
“Beh, puoi farmi del sesso orale.” Rispose Riccardo.
Simone impietrì.
“Cosa?” domandò sbigottito.
“Hai capito bene.” Fece Riccardo e senza perdere il contatto visivo si alzò dalla sedia e si diresse verso l’amico tirando giù la zip. Arrivato davanti al volto di Simone gli tolse gli occhiali e li poggiò sul bracciolo del divano, poi tirò fuori un pene che già a riposo faceva paura per quanto era grosso. Emanava un buonissimo profumo di maschio misto a qualche detergente con cui doveva essersi lavato.
“Cos…” ma le parole di Simone vennero interrotte dalla mano che spinse la sua nuca verso l’uccello e della bocca tappata dall’ingombrante pezzo di carne.
Riccardo prese a spingere ritmicamente tenendogli la testa bloccata e in brevissimo il pene floscio si trasformò in un randello che provava oltre ogni misura le capacità della mandibola di Simone. La punta gli martellava il fondo della gola in modo piacevole ed eccitante. Era il primo cazzo che prendeva in bocca. La sua lingua inerme gustò con piacere la ruvida carne del glande e la morbidezza della cappella ben lavata. Simone chiuse gli occhi e aggrappandosi ai fianchi di Riccardo lasciò che il compagno di classe gli scopasse la gola. Non si era neanche accorto di essere diventato duro anche lui. Si sbottonò la patta e prese a masturbarsi. Riccardo mollò la nuca di Simone lasciandogli la liberà di pomparlo al ritmo che desiderava. Si slacciò la cintura e si tirò giù i calzoni. Quando aprì gli occhi Simone si accorse che si era anche sbottonato la camicia e che si stava strizzando i capezzoli con i polpastrelli. Le mani di Simone esplorarono il corpo pelosissimo dell’amico. I peli morbidi e caldi, il fisico sodo. Prese il posto delle mani di Riccardo sui capezzoli, l’amico ansimò in preda all’estasi. Riccardo prese la cintura con entrambe le mani e la usò per far da leva e spingere di nuovo la nuca di Simone verso di sé. Stavolta l’enorme cazzo gli arrivava davvero in fonda alla gola e oltre al dolore alla mandibola ebbe anche dei conati di vomito, cosa che sembrò eccitare ulteriormente l’amico, che invece di fermarsi prese a colpire il fondo della gola con forza maggiore.
“Sì, sì.” Ansimava. “E’ proprio così che ho fatto anche a Giulio. Ma prima ho provato a scoparmelo! Gli avevo leccato per bene il buco del culo. Era saporito, liscio come quello di una ragazzina. Poi avevo provato a metterglielo dentro, ma nonostante la saliva e i vari tentativi gli faceva sempre troppo male. Così l’ho fatto sdraiare proprio su questo divano, gli sono montato sul petto e me l’ha succhiato per mezz’ora. Quando ho sborrato ha ingoiato tutto con gusto leccandomi per bene la cappella e non mi ha lasciato andare. Ci ha tenuto a farmi subito un altro pompino, ma stavolta masturbandosi e infilandosi due dita nel culo. Siamo venuti insieme e pure la seconda volta ha ingoiato per quanto è buono il mio sperma.”
Simone fu ulteriormente eccitato dal quel racconto che alcune gocce di sperma vennero fuori dal suo cazzo. Dovette rallentare la masturbazione.
Si guardavano negli occhi. Quell’atto di sesso orale violento e aggressivo ristabiliva la loro fratellanza. L’essere il maschio alpha di Riccardo, il suo essere capo gruppo e dominante come negli anni dell’adolescenza e Simone ricordò di quanto era piacevole essere sotto la guida di Riccardo. Era lui ad avere le iniziative e anche se le imponeva con la forza, poi ci si divertiva tutti insieme.
Con gli occhi Simone voleva comunicargli “sì, dominami. È questo che voglio, è bella la vita sotto il tuo comando.”
“Oddio, oddio, oddio” fece a un certo punto Riccardo mollando la cintura e tirando fuori il cazzo dalla stremata bocca. La sua cappella era diventata di un rosso accesissimo. Con un paio di spugnettate veloci sborrò in faccia al vecchio amico. Getti abbondantissimi di virilità fecero del volto di Simone una maschera. Mentre l’amico ancora l’inondava venne anche lui, incurante d’impiastricciare la propria felpa. Non riusciva ad aprire gli occhi ricoperti di caldo sperma, fra le labbra s’inoltrava in bocca il seme dal forte gusto acido e salino, il mento gocciolava. La sua felpa era un disastro tanto all’altezza dell’addome quanto del petto.
Riccardo ancora ansimante e col cazzo che non faceva cenno ad ammosciarsi si diresse al tavolino per prendere i kleenex con i quali abitualmente le sue pazienti si asciugavano le lacrime.
“Ora mettiti a pecora.” Ordinò Riccardo mentre gli asciugava il volto con i kleenex. Simone col viso ancora umidiccio ubbidì e si piegò in avanti poggiando i palmi delle mani sul divano. Riccardo gli tirò giù i pantaloni e s’inginocchiò davanti al suo buco del culo. Prima lo annusò, poi ci sputò andando a colpire dritto il buco. Prese a lavorare l’orifizio con le dita, senza delicatezza, umettando con la lingua per farsi strada. La penetrazione stimolò la prostata di Simone facendolo tornare in erezione.
Passarono dieci minuti di piacere, prima che Riccardo si alzasse i piedi.
“Cazzo, non resisto più, ti devo inculare.”
Simone deglutì, aveva già constato di cosa fosse capace Riccardo solo avendocelo in bocca.
Sentì la punta poggiare contro il suo culo. Strinse i denti. Doveva essere migliore di Giulio. Come da ragazzi facevano a gara per compiacere il capo-gruppo, così doveva superare la prova ed essere lui quello che riusciva a…
I pensieri vennero interrotti dal dolore lancinante dell’enorme cazzo che spaccava il suo buco vergine. Allungò una mano per allontanare Riccardo da sé, ma fu prontamente bloccata. Venne spinto finendo contro il suo volere ad accucciarsi sul divano con la faccia premuta contro lo schienale. Riccardo avvinghiandoglisi addosso gli bloccava entrambi i polsi e spingeva avanti e indietro con fatica il suo arnese.
“Fa male” uscì con fatica dalla bocca di Simone. Riccardo prese a colpire con più forza. La penetrazione stava diventando insostenibile.
“Non dire così che mi ecciti di più.” fece Riccardo. “Ora non mi posso più fermare. Rilassati, va tutto bene.”
Simone si concentrò e prese a respirare ritmicamente. Come emise il primo verso di piacere Riccardo mollò la presa sui polsi e ritornarono alla posizione iniziale.
Lo psicologo si tolse la camicia e la mise intorno al collo di Simone.
“Non staccare le mani dal divano.” Gli preannunciò prima di stringere la camicia intorno al suo collo e tirare verso di sé.
La totale sottomissione eccitò Simone a tal punto da iniziare a urinare sperma.
“Sì, cazzo. Sei bravissimo, prendilo tutto.” Faceva Riccardo agitando in modo fluido il bacino dentro il culo ormai spanato.
Le parole di ammirazione furono la goccia che fece traboccare il vaso. Simone ebbe un orgasmo anale. Le sue gambe tremarono, piegò le dita dei piedi e gli occhi si capovolsero all’indietro mentre schizzava l’ultimo fiotto di sperma che sembrò finire ovunque. Riccardo uscì dal culo e schizzò sul fondo schiena dell’amico. Lo sperma colava nel mezzo delle natiche pelose. Quando arrivò al buco Riccardo lo raccolse sulla cappella e spinse dentro. Emisero un ultimo forte gemito di piacere insieme. Simone si girò a guardare l’amico. Aveva il ciuffo che colava sudore, gli occhiali appannati e le guance tutte rosse. Anche quelle di Simone lo erano. Entrambi non riuscivano a chiudere la bocca, data la grossa quantità di ossigeno che dovevano recuperare.
“Stai ancora fermo.” Intimò Riccardo con un filo di voce, poi s’inginocchiò e narcisisticamente bevve il suo stesso sperma mentre colava fra le chiappe di Simone. Ficcava la lingua dentro l’orifizio che aveva ampiamente provveduto ad allargare e faceva forti schiocchi con le labbra risucchiando e ingoiando il proprio seme.
Dopo tanti anni Simone era riuscito dove nessuno di loro ce l’aveva fatta da ragazzo. Entrare nell’olimpo personale di Riccardo, il maschio-alpha e par farlo non aveva dovuto far altro che lasciare entrare Riccardo dentro di sé. Ora era fiero, sapeva di essere alla sua altezza.
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