Lui & Lei
Buon vicinato 2
di elmatador89
13.04.2021 |
10.586 |
2
"” disse, porgendomi la mia bolletta..."
[Pubblicata anche la parte 3!!! La trovate sul mio annuncio!] Era passato qualche giorno dal primo “contatto” con Luisa, la mia vicina sessantenne del piano di sopra. La vidi mentre ero affacciato alla finestra per una pausa dallo schermo. Era ferma sul marciapiede opposto a parlare con un’altra signora. Aveva 4 sacchetti della Pam, pieni di roba.
Ci pensai un attimo, poi mi vestii, come se dovessi uscire. Presi il telefono del lavoro, per ogni evenienza, infilai le scarpe e tornai alla finestra. Attesi che finissero di parlare. Al primo cenno di saluto tra le due, scattai verso la porta d’ingresso, afferrai la bolletta del gas, che avevo ritirato dalla buca qualche giorno prima e lasciata sul mobiletto dell’ingresso, ancora chiusa, e scesi giù per le scale volando. Arrivato giù, aprii la buca delle lettere e mi piazzai lì davanti, con la bolletta in mano. Subito sentii una chiave entrare nella serratura del portone, che si aprì.
Entrò Luisa, carica delle sue borse. Un po’ impacciata, mi salutò, la salutai anch’io. Fece per iniziare a salire, ma la fermai. “Le do una mano, insisto.” Le presi le buste dalle mani, e mi avviai. Salendo dissi che ero appena tornato da fare un giro, per prendere un po’ d’aria.. Lei disse che era andata alla posta e poi a fare la spesa. Capii che non c’era speranza per oggi: troppo fredda nei toni. Arrivati al secondo piano, mi feci di lato, lasciandola passare, così avrebbe aperto la porta, dissi. Lei si avviò, e io mi ritrovai il suo bel culetto vissuto ma sodo all’altezza del mio sguardo. Aguzzai l’ingegno, e lasciai cadere la bolletta del gas, che tenevo in mano, dentro una delle sue buste. Arrivati alla sua porta, lei aprì, io poggiai le buste davanti l’uscio. Lei le tirò dentro, mi guardò e disse “Grazie mille!”. “Di niente, è stato un piacere”, mi girai e scesi in casa.
Le pareti e i solai di questo palazzo non garantiscono un minimo di privacy. Appena in casa, mi misi all’ascolto. Sentii lei aprire il frigo, cigolante, evidentemente per sistemare la spesa. Dopo una decina di minuti, andò in bagno. Prima lo sciacquone, poi dell’acqua che scorreva. Infine, la porta d’ingresso e le mille serrature. Stava uscendo di nuovo? Suonò il campanello. Era lei. Scarpette, stessi jeans di prima, una camicetta a fiori e una borsetta vecchiotta ma carina.
“Ciao. Ho trovato questa nelle mie buste.” disse, porgendomi la mia bolletta. “Poi, Volevo scusarmi, sono stata scortese poco fa...”, aggiunse.
“Si figuri, nessuna scortesia!” dissi. Ci fu una pausa, poi ripresi. “Sta uscendo di nuovo? Attenzione al sole, comincia ad essere forte.”
Lei “Benedetta non c’è?”
“No, rientrerà alle 20” feci io, aprendo poco più la porta, a significare un invito che mi parve da subito eccessivo e sfrontato… ma che lei colse.
Entrò, dicendo “Va bene…”. Non aveva un profumo addosso. La feci accomodare, le chiesi se potevo offrirle qualcosa, accettò dell’acqua, che le portai. Cominciò a guardare le foto appese in cucina. “Siete una bella coppia, mi piacete!” Mi sembrò il segnale di una resa: se fa commenti su di noi… ci siamo giocati la vicina, pensai.
“Stiamo bene insieme, sì. Certo, ci vediamo poco. Lei lavora come un mulo fuori e io lo stesso in casa. Purtroppo al lavoro da lei…”
“Sì,mi ha raccontato che hanno degli orari pesanti. E che non si trova molto bene”. Iniziammo a parlare del lavoro della mia compagna, che effettivamente è penoso e che mi suscita sempre un po’ di rabbia. Per un momento dimenticai di avere un pene che aveva fiutato la preda. A ricordarmelo ci pensava il suo sguardo, che ogni tanto si staccava dal mio, planava, fino ad atterrare lì, sull’erezione blandamente nascosta da boxer e pantaloncini. Parlare delle condizioni disumane di lavoro della mia compagna mi fa sempre salire il sangue al cervello, e lo fece anche in quella occasione.
“Ti fa proprio arrabbiare, eh? Non volevo renderti nervoso con questo argomento.”
“Ma no, figurati” risposi.
Le avevo dato del tu…? beh, effettivamente eravamo ormai in una certa confidenza… Presi il bicchiere che aveva in mano, e lo andai a posare nel lavello. Lei mi seguì, e giunti al lavello mi poggiò la mano sinistra sulla schiena, e si accostò a me. Sentii i suoi seni piccoli poggiarsi sulla mia schiena e sul mio braccio destro.
“Questa rabbia devi sfogarla...” mi disse. Io fissavo il pensile sul lavello, mentre il mio pene bussava sul pensile inferiore. Mi girai lentamente, e me la ritrovai adagiata contro. Ora i suoi seni spingevano sulle mie costole basse, e il mio mento sfiorava il centro della sua fronte. Fece un passo indietro,e poggiò le sue mani sul mio petto, accarezzandolo attraverso la maglietta. La lasciai fare, le accarezzai il volto, le sistemai i capelli, e presi a sbottonarle la camicetta. Staccò le mani dal mio petto e le sfilai la camicetta: un buon profumo di donna riempì le mie narici. Un reggiseno color carne avvolgeva i suoi seni. Lentamente mi tolsi la maglia. Lei poggiò le sue mani sul mio petto villoso, ma io ne presi una e la feci scendere, infilandola dentro i miei boxer. Quella mano calda non si fece pregare, e agguantò subito il mio cazzo. L’altra mano indugiava ancora sul mio petto, e lei accostò il suo volto al mio petto, inspirando profondamente. Mentre la sua mano destra iniziava a masturbarmi nei boxer, mi strinsi a lei e le sganciai il reggiseno.
“Dicono degli uomini che non li sanno sganciare mai…” disse sorridendo. Una pausa, la fissai negli occhi mentre le sfilavo lentamente il reggiseno, che rimase appeso al suo polso destro a causa del fatto che la sua mano erano occupate dentro i miei boxer. “...tu però hai fatto presto!”, concluse sorniona. Fece per estrarre le mani per far cadere il reggiseno, ma la fermai, trattenendole il gomito e spingendole di nuovo la mano verso il mio pube. I suoi seni risentivano un po’ dell’età, certo, ma non avevano ceduto: una seconda, che da giovane era sicuramente una bella terza, ancora piena e soda. Passai le mani sopra, accarezzandoli e stuzzicando i capezzoli con i pollici. Lei ebbe un fremito, e mi fissò di nuovo. Per un attimo temetti stesse per avere la stessa reazione della prima volta, ma per fortuna chiuse gli occhi, e la sua mano riprese a masturbarmi dentro i boxer a ritmo lento. Portai le mani sulle sue tempie e guance. Le mie mani grandi avvolgevano il suo volto. I suoi occhi si riaprirono, e io passai il pollice destro sulla sua bocca, dicendole con un filo di voce “Credo che questa bocca sia desiderata al piano di sotto.”
Lei fece un respiro più profondo degli altri, e assecondò le mie mani, che delicatamente avevano iniziato a spingerla verso il basso. Mollando per un attimo il mio cazzo, le sue mani si poggiarono sui miei fianchi, mentre le sue ginocchia si piegavano, portando la sua fronte all’altezza del mio pube. Autonomamente mi portò giù pantaloncini e boxer. Il mio cazzo le sbattè sul naso dopo essere sfuggito ai boxer. Lo impugnò con la destra, mentre la sinistra andava sul mio sedere, lo guardò, e lo fece sparire in bocca. Era anche meglio dell’altra volta. La mia mano destra sulla sua nuca assecondava i suoi movimenti e incoraggiava gli affondi. Trattenni ogni commento che avrei voluto fare sulla sua bravura e esperienza, per paura che si interrompesse di nuovo la magia. All’improvviso tolse il cazzo dalla bocca e si tirò sù. “Scusami” - disse guardandomi negli occhi - “non posso stare molto tempo in ginocchio…”
“Ah, va bene…” dissi, e prima che riuscissi a proporle altro, continuò lei: “Sei un uomo forte e carico…”. Quindi si mise sulle punte, passò una mano dietro la mia testa e si avvicinò al mio orecchio, sussurrando, con voce calda “Prendimi… Sfogati su di me...”.
Quell’invito fece letteralmente esplodere il mio cervello, e non solo. Non ci vidi più. Mi voltai lentamente a cercare conferma nel suo sguardo. Sul serio aveva detto una cosa del genere? Lei deve aver letto la mia mente, perché fece cenno di sì con la testa. Poi si distaccò da me, si girò e fece per allontanarsi lentamente.
Due passi. Fece solo due passi. Liberatomi in un solo colpo di pantaloncini e slip che mi impedivano di camminare, con un singolo passo lungo la raggiunsi e la afferrai per i fianchi. mi strinsi a lei. Il mio cazzo premeva sul suo sedere ben avvolto dai jeans. Accostai la mia bocca al suo orecchio sinistro, e le sussurrai “Ah, è così, quindi?” Lei, senza girarsi, rispose: “Sì”
La afferrai per le spalle e la feci voltare. Fissandola negli occhi, portai le mie mani ai suoi pantaloni e feci per sbottonarli. Poi mi inginocchiai, le sfilai le scarpe, una alla volta, e i jeans. Rimase in slip, color carne, che non tardai a sfilarle lentamente, facendoli scivolare sulle cosce lisce. Aveva delle splendide gambe, che devono aver fatto voltare parecchi uomini negli anni, e che avevo avuto modo di notare nelle foto che mi aveva mostrato la prima volta a casa sua. Lei ora era nuda, e si era appena dichiarata mia. Mi rimisi in piedi e mi tolsi la maglia, rimanendo anche io completamente nudo. Ho sempre adorato le donne minute, principalmente per quello che mi apprestavo a fare con Luisa. La cinsi tra le mie braccia, portai le mie mani sul suo sedere, lo strinsi forte, e la tirai sù, stringendola a me. Si sollevò da terra, e lei istintivamente strinse le sue gambe attorno al mio bacino. Era ancora agile e snodabile Luisa!
Il mio cazzo sentiva il calore umido in mezzo alle sue gambe. Mi girai verso il tavolo della cucina e la poggiai sopra. Andai giù, tenendo le sue cosce aperte al di sopra delle mie spalle: un meraviglioso profumo di donna pervase le mie narici, e mi fiondai a leccare la sua fica. A che età una donna smetta di bagnarsi, non lo so, ma per lei quel momento non era ancora arrivato. Era umida, calda, accogliente. Afferravo le sue cosce per tenerle larghe, stringendola con forza con tutte le dita. Lei si teneva con entrambe le braccia all’indietro, sul tavolo, ma saltuariamente liberava una mano e la metteva sulla mia testa, accompagnando i miei movimenti. Dopo qualche minuto mollai la presa, mi alzai in piedi e la tirai a me. Lei si strinse a me, lasciandosi limonare con trasporto e passione. Il mio cazzo nel frattempo la puntava: “Ora la allarghiamo…” le dissi, scollandomi un attimo dalle sue labbra.
“Piano!” fece lei. Non la ascoltai molto: spinsi dentro il glande lentamente, ma dopo la breccia non mi feci scrupoli a infilarlo tutto insieme. Lei sobbalzò. Io la tenni ferma e cominciai a scoparla, lentamente ma con decisione. Era stretta, molto stretta, e bagnata, e ad ogni colpo mi sembrava di andare più a fondo. E ad ogni colpo la sentivo allontanarsi da me, scivolando sul tavolo, quindi la afferrai per le chiappe e la issai di una decina di centimetri.
“Le gambe,mettile intorno a me”. Obbedì, e si aggrappò a me, spingendo con i talloni contro il mio sedere. Quindi la sollevai dal tavolo, mi girai verso il muro e la spinsi contro. Presi a scoparla così forte contro il muro che avevo seriamente paura che mi chiedesse di smettere.. Ma lei no, reggeva i colpi e gemeva ad ogni colpo. Ad un certo punto ebbe un orgasmo, uno di quelli molto vaginali. Sentii il mio cazzo stritolato da quella fica, che sembrava non volerlo lasciare mai, e lei che boccheggiava, con gli occhi sgranati.
(Pubblicata la parte 3!!! La trovate sul mio annuncio!)
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.