Lui & Lei
Ancora una notte- Quarta e ultima parte
di Greenworld62
20.04.2012 |
5.256 |
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"Scendo con la lingua percorrendo tutta la lunghezza della gamba, arrivo su uno dei suoi piedini smaltati che che prendo a baciare e a leccare, risalgo lungo..."
Tornati in albergo mi chiede di seguirla in camera, in ascensore si toglie gli occhiali mostrando due occhi di una tristezza infinita che evitano accuratamente di guardarmi e il trucco completamente sfatto.Arrivati in camera neanche il tempo di chiudere la porta e mi si butta braccia al collo in un pianto dirotto e disperato.
Sono colpito e imbarazzato ma non posso negarle la spalla su cui piangere, Marta mi strige forte fino a farmi male disperandosi, non ho mai visto nessuno piangere così disperatamente e meno che mai sulla mia camicia che sento bagnarsi di lacrime facendomi toccare con mano l'incommensurabilità di quel dolore infinito. Cerca di balbettare qualcosa tra i singhiozzi, mi sembra di capire
“Fa tanto male”, cerco di consolarla “Cosa fa tanto male?” le chiedo io carezzandole il capo “Fa tanto male, Davide! Non immagini quanto...” replica lei tra i singhiozzi. Le afferro delicatamente il mento per dirigere il suo sguardo verso di me “Cosa fa tanto male, Marta?” mi guarda fisso negli occhi “ non lo saprà mai...” ed esplode nuovamente in quel pianto struggente “Cosa non saprà mai, Marta? Sfogati pure, a me puoi dirlo” la rassicuro io, sembra che si stia calmando e i singhiozzi si stanno diradando, quindi prende coraggio e dice “Non lo saprà mai che oggi ha avuto davanti a se la sua mamma”. Era come immaginavo quindi, la commessa di Gucci, Sara, era sua figlia. Una figlia alla quale dovette rinunciare chissà per chi o per cosa, l'uomo al ristorante era un investigatore privato che le ha portato le prove sull'identità della ragazza.
“Sapessi quanta voglia ho avuto di abbracciarla e di tenerla stretta al mio seno” Riprende a piangere, ci sediamo sul letto e le afferro la testa asciugandole le lacrime con i pollici e dandole un bacio sulla fronte “Ora calmati” le chiedo io con voce rassicurante. Mi guarda a lungo fisso negli occhi, le nostre labbra si sfiorano fino a diventare un bacio caldo e sincero. Le bacio il viso e il collo mentre inizia a spogliarsi, poco dopo è sdraiata sul letto sensuale e tremante. Io a spogliarmi ci metto un attimo e mi getto su di lei come un animale sulla preda, la desidero, anzi ora la voglio, la bacio in bocca, sul collo, sui seni che come un affamato vorrei mangiare, quindi con la lingua scendo sull'ombelico che succhio e aspiro ma mi guardo bene dall'arrivare subito al suo ventre, voglio portare il suo desiderio di me al parossismo. Scendo con la lingua percorrendo tutta la lunghezza della gamba, arrivo su uno dei suoi piedini smaltati che che prendo a baciare e a leccare, risalgo lungo l'altra gamba e mi tuffo col viso sulla sua vagina. La bacio come fosse una bocca, vi affondo dentro la lingua, succhio il clitoride e mordo le labbra vogliose. Marta geme e si contorce torturandosi i capezzoli con le dita, scuote nervosamente la testa inarcando la schiena come per offrirsi meglio, poi le sue cosce si stringono sulla mia testa e quattro violenti sussulti mi dicono che ha avuto un primo dirompente orgasmo.
Ma ora la mia eccitazione è all'apice, le apro le gambe e mi affondo su di lei, dentro di lei col mio cazzo durissimo che sprofonda nel suo sesso morbido e caldo “Si...si...Davide fammi tua! Fammi tua!” sussurra Marta travolta dal delirio dei sensi. Spingo il bacino con ritmo lento e forte per penetrarla fino in fondo come se volessi arrivare al suo cuore. Marta fa lo stesso in contro tempo, con i muscoli pelvici della sua vagina che stringono ritmicamente il mio cazzo come in una morsa, siamo due corpi modellati l'uno sull'altro, fusi l'uno per l'altro e catapultati al centro dell'universo. Ora il nostro ritmo aumenta come i nostri respiri e i nostri gemiti, le sue mani affondano le unghie nelle mie natiche, mi tira a se come se temessi che le fuggissi, sentiamo entrambi che l'orgasmo sta arrivando fiero, potente e impetuoso come un purosangue al galoppo e quando ci pervade all'unisono siamo cielo e terra, mare e rocce, rami e radici. Siamo yin e yang.
Restiamo a lungo in silenzio a fissare il soffitto, l'uno accanto all'altra, mano nella mano, già...quel silenzio che sa di cose perdute, poi è Marta a romperlo “Sapessi quanto l'ho amato” capisco che sta parlando del padre di Sara, ma non gli chiedo i particolari, avverto che apprezza il mio pudore e seguita “Tu me lo ricordi tantissimo, fin dal primo momento che ti ho visto in aeroporto. Così taciturno e con quegli occhi segnati da qualche dolore” mi fa con voce triste “Quindi poco fa stavi facendo l'amore con lui, non con me” le rispondo. Marta scatta, si solleva sui gomiti e mi stringe forte la mano “Ma che dici? L'ho fatto con te Davide, te lo giuro!” mi abbraccia la testa e mi bacia teneramente la fronte, io le sorrido e le accarezzo una guancia.
Faccio per alzarmi e raccogliere la mia roba “Ora riposa Marta, vedrai che domani farà ancora male ma col tempo tutto questo sarà un ricordo dolce” le dico, “No ti prego! Non andartene cucciolo mio, resta qui con me...ancora una notte”.
La mattina ci prepariamo per andare in aeroporto, una volta pronti ci fermiamo davanti la porta, Marta mi guarda negli occhi, fa un profondo sospiro e usciamo.
Il viaggio in aeroporto lo facciamo in assoluto silenzio, dallo specchietto vedo Marta che guarda fuori dal finestrino con lo sguardo perso nel vuoto. Arrivati allo scalo chiamo un facchino che carica i bagagli su un carrello, quindi ci avviciniamo al check in, Marta si ferma, mi guarda a lungo negli occhi poi se ne va, sa che che sono rimasto lì a guardarla andare via e prima di sparire tra la folla di passeggeri, senza girarsi, alza la mano e muove le dita.
Esco dallo scalo con un groppo in gola, il tempo di arrivare al parcheggio e il mio cellulare mi segnala l'arrivo di un Sms, è Marta “ Si chiamava Davide”.
Addio Marta.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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