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Prime Esperienze

Il Primo Ingoio


di Membro VIP di Annunci69.it LucasFromParis
09.02.2023    |    24.212    |    5 8.9
"Soprattutto non accadono a noi, soprattutto non a diciotto anni..."

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Breve premessa: finora ho sempre raccontato situazioni che ho realmente vissuto in prima persona. Ho quindi sempre adottato il mio punto di vista come narratore e cercato di coinvolgere il lettore in ciò che ho visto, che ho avvertito e che ho vissuto. Alcuni giorni fa una mia cara amica mi ha raccontato un aneddoto molto piccante della sua adolescenza. Per qualche misterioso motivo, questo episodio ha toccato qualche fibra in me. Forse perché mi ha riportato indietro negli anni, forse perché avrei voluto essere al posto del fortunato co-protagonista. In ogni caso mi è piaciuto e proverò qui a scriverne. Mi metterò quindi nei panni di una donna. Peggio, di una giovanissima donna. Farò del mio meglio e chiedo in anticipo la vostra indulgenza.

L’adolescenza, lo sappiamo, è uno dei periodi più complessi della nostra esistenza. Lo sappiamo prima di tutto dal ricordo che ne serbiamo. Molti di noi, almeno io, ricordiamo tanti episodi vissuti in quegli anni se sembrano spensierati solo a distanza di molti anni. Ricordiamo la confusione, il cambiare idea. Ricordiamo gli scontri con i nostri genitori, la voglia di ribellarsi ma senza conoscere minimamente quale direzione prendere. Credo che molti di noi ricordino tutto questo. Forse molti di noi vediamo oggi l’adolescenza nei nostri figli e nelle nostre figlie, per chi ha il privilegio di averne.

Per le ragazze, per le femmine, deve essere un periodo davvero difficile da gestire. Corpi da donna, ma inevitabilmente una mente da ragazzina. Un caos, sospese fra le bimbe che non sono più e le adulte che ancora non sono. In questi anni, a me sembra, il divario fra i sessi raggiunge il suo apice. I ragazzini restano appunto… ragazzini. Una volta in testa avevamo il calcio di cui parlare, lo sport per sfogare le nostre energie e poco altro. Le ragazze? Certo, le vedevamo. Le sognavamo. Le desideravamo. Avvertivamo pulsioni violente in noi mentre sfogliavamo riviste per adulti clandestine nascoste in qualche cantina, almeno finché il porno non è diventato liberamente accessibile. Ma in realtà le ragazze ci spaventavano. Capivamo dolorosamente di quanto ci considerassero poco più che bambini. Loro avevano un’altra sicurezza. Mentre in nostri corpi emanavano goffaggine e una forza primordiale incontrollata, i loro avevano la sinuosità e la femminilità che ci faceva impazzire. Ma ne avevamo paura. Non avremmo saputo, per la gran parte di noi, come parlare loro in modo differente che in amicizia.

Le ragazzine sono più sveglie. Fra queste Elena era una delle più sveglie. Il suo sviluppo fisico era stato rapido e quindici anni superava già il metro e settanta. Le sue gambe erano lunghe e affusolate, il ventre piatto, i seni delicati ma formati. Elena era a tutti gli effetti all’apparenza una donna. Veniva già guardata, sia dai suoi coetanei che da quelli “più grandi”. Veniva guardata anche da uomini pienamente adulti. Dentro di lei era cresciuta la consapevolezza della femminilità e del potere che essa concede. Era ancora in cerca di se stessa naturalmente. Nutriva dubbi e incertezze. Ma di una cosa era certa: lei quel potere lo aveva. Lo amava. Amava leggere il desiderio nello sguardo altrui. Aveva già imparato a giocarne e a usarlo con maestria. Aveva molti maschi letteralmente ai suoi ordini. Ma per Elena loro erano poco più che giocattoli. Con la crudeltà inconsapevole dell’adolescenza la ragazza li usava per farsi fare piccoli favori. Li teneva sulla corda senza mai dire o non dire nulla di troppo preciso. E precisamente in questa ambiguità voluta e cercata aveva e manteneva il Controllo.

Il Controllo era una cosa importante per la nostra protagonista. Se dentro di lei c’era, come è normale ci fosse, un caos di emozioni e sensazioni al di fuori lei voleva avere il controllo. Era la sua barriera per proteggersi da sé stessa, per dimostrarsi che nulla poteva sfuggire dalla sua mente acuta e brillante. Stava semplicemente nutrendo il suo ego e costruendosi la propria identità partendo da ciò che era più facile e immediato: il proprio corpo e la propria bellezza. Era un gioco molto facile per lei. Facile all’esterno, perché dietro le apparenze lei per prima aveva mille dubbi su sé stessa, sui suoi limiti e sul fino a dove poteva spingersi. Era avanti anni nella consapevolezza rispetto ai propri coetanei. Li capiva e li poteva dirigere con uno sguardo mentre loro non avrebbero mai potuto capire lei. Capire davvero intendo. Era davvero, per Elena, come rubare le caramelle a un bambino. Semplicemente, giocavano in due categorie diverse. I suoi amici, com’è normale, non avrebbero mai avuto altro da lei che l’illusione. Un gioco di seduzione e manipolazione in cui però non si può vincere perché l’altra ha sempre almeno tre colpi di vantaggio. L’unico vero avversario di Elena…era Elena!

I suoi desideri sessuali erano cresciuti rapidi come le sue forme. Forme in cui nulla vi era di acerbo, se non il turgore e la fermezza delle sue carni. Aveva già un ragazzo con il quale aveva perso la sua verginità con cui aveva iniziato a sperimentare le infinite possibilità di trarre piacere dal suo corpo. Ovviamente la ragazza non aveva scelto un compagno anonimo e insicuro, bensì uno di quelli che aveva per istinto imparato a mascherare sua insicurezza con l’aggressività la spavalderia. Lei stessa lo ha definito nelle sue confidenze “il bulletto del paese”. Elena voleva già il maschio Alfa e si era presa la versione più realistica che avesse a disposizione. In qualche modo lei e lui erano simili. Ciascuno aveva trovato il suo mezzo di esprimere una personalità forte e confusa. O magari debole e confusa. Lei aveva scelto, inevitabilmente, quello della seduzione

Era con lui il giorno del suo compleanno, del suo quindicesimo compleanno. Quindici anni! Si sentiva grande, si sentiva forte, si sentiva donna; o forse cercava solo di convincersi disperatamente di esserlo. Voleva convincersi di essere Donna e avrebbe trovato un modo infallibile per dimostrarselo. Qualcuno aveva messo a disposizione la taverna di famiglia per quella festa. Vi si erano radunati un gruppo di amici e amiche. Riesco a immaginare la tipica atmosfera che vi potesse essere. Arrivarono le pizze, arrivò la torta, le candele, gli auguri. La musica faceva da sottofondo alle chiacchiere, ai flirt, agli approcci. Furono stappate delle bottiglie; di vino forse, o di superalcolici con cui preparare gli improbabili cocktail che si fanno a quell’età. Cocktail in cui l’obiettivo non è certo il sapore, bensì la semplice ebbrezza che disinibisce fa sentire grandi. Certamente, per lo stesso motivo, iniziarono a girare le canne di erba o di fumo. Un odore acre aveva invaso la stanza. Un mix di leggerezza e di trasgressione giovanile, di quelle soft da ragazzi in fondo di buona famiglia.

Elena non aveva fumato, e bevuto ben poco. Aveva notato fin dall’inizio un ragazzo che le piaceva. Alto e muscoloso, poteva avere qualche anno più di lei e torreggiava ben più alto della sua pur ragguardevole statura. A questo corpo atletico corrispondeva un personalità timida. Parlava e interagiva poco con gli altro. Anche per questo la ragazza lo aveva notato. Se questi l’aveva guardata, lo aveva fatto in modo più discreto possibile. Stava lì cercando non sembrare troppo a disagio né fuori luogo. Non poteva non aver notato la prorompente fisicità della ragazza così come l’aura potente che emanava da lei. Elena non passava (e oggi ancor meno!) inosservata. Però mai, neppure nel suo sogno più audace di diciottenne, avrebbe solamente osato sperare. Lei era bella, troppo bella per lui. In più era “fidanzata”. No, decisamente non avrebbe mai potuto immaginare cosa gli avrebbe riservato quella serata. Sono certo che non se la dimenticherà fino all’ultimo giorno della sua vita. Assolutamente certo. Così come sono certo che si sia toccato infinite volte al ricordo.

La serata stava pigramente scivolando verso la sua conclusione; gli invitati iniziarono ad accomiatarsi alla spicciolata. Rimasero in quattro: Elena, il suo ragazzo, un amico del ragazzo e il misterioso giovane atleta. Uscirono ancora due persone da quella taverna, occorreva portare fuori il cane. Come se una accurata regia avesse pianificato tutto la neo quindicenne si trovò sola con lo sconosciuto. Fu un caso? Oppure in qualche modo Elena manovrò abilmente per trovarsi in quella situazione? Fu davvero il colpo di testa deciso all’ultimo oppure un’idea perversa la titillava fin da quando mise gli occhi sul ragazzo? Cosa cercava di fare? Cosa cercava di dimostrare in questo gesto di ribellione e di trasgressione?

La tensione di colpo si fece palpabile; una cappa era scesa improvvisa nella cantina. Erano rimasti in due, soli nella stanza. Nessuno li poteva vedere in quello spazio e in quel momento. Erano solo una ragazza e un ragazzo soli. Ma veramente Elena era la divoratrice che si sforzava di apparire? Se io fossi stato al posto del ragazzo l’avrei creduto come lo credette lui. Ma oggi, con la mia esperienza e grazie al punto di vista intimo che la mia amica mi ha svelato leggo questa realtà, per così dire, a trecentosessanta gradi. Sono contemporaneamente osservatore esterno e osservatore intimo.

Elena era non solamente abitata dai suoi demoni, ma anche preda ai mille dubbi che non lasciava trapelare. Stava puntando tutto in un colpo solo; aveva paura. Anche lei aveva paura. Si chiedeva innanzitutto come avrebbe reagito di fronte a un rifiuto. Cosa avrebbe mai potuto dire di fronte a questo? Come avrebbe potuto reagire? Come mantenere contegno e dignità di fronte a quella che lei avrebbe vissuto come una cocente umiliazione? Ridere con nonchalance? Chiudersi in un silenzio cocciuto? Più probabilmente e in accordo con le sue fragilità avrebbe trovato il modo di infuriarsi per riprendere controllo e rimandare lo sconosciuto nel suo angolo. Avrebbe anche prodursi una situazione di completa ambiguità. Lui avrebbe potuto dire né sì né no. Restare semplicemente fermo. Cosa fare quando ci si trova in mezzo al guado e la strada per avanzare è perigliosa tanto quanto quella per retrocedere? Infine, un timore più forte sovrastava gli altri; il ragazzo avrebbe potuto reagire semplicemente scandalizzato. Avrebbe potuto guardarla con disprezzo e aria di superiorità. Avrebbe potuto semplicemente umiliare la sua carica erotica e farla sentire “sbagliata” o peggio “malata”. Elena non aveva lo spessore che oggi le permetterebbe di uscire senza danni. Ma quello spessore si conquista con il tempo e l’esperienza. L’intelligenza non ci fornisce alcuna scorciatoia. Non possiamo fare altro, tutti noi, che vivere e imparare. Non ho certezze, ma credo che la mia amica sarebbe uscita molto male da una reazione giudicante di lui

Dicendo questo forse evoco anche in voi lettori delle sgradevoli sensazioni note. A molti di noi è accaduto, uomini e donne senza distinzione. A molti di noi è accaduto di svelare la nostra inclinazione segreta che alcuni considerano un vizio, ma che è molto altro, Svelarlo a un amico, peggio un partner. A molti di noi è accaduto di leggere il disprezzo nello sguardo, ancor prima di ricevere parole aspre e spietate. Elena quindi rischiava molto anche lei. Ne era acutamente consapevole e aveva una maledetta paura.

I suoi leggins grigi erano stati disinvoltamente tirati verso la vitai. Sottolineavano ancor più nitidamente la curva perfetta del suo culo e quasi indovinare quella forma della sue grandi labbra, che ben conosco oggi, deliziosamente sporgenti come piccole ali di carne fremente. I due iniziarono a mettere a posto, raccogliere bottiglie spazzatura. Il silenzio era sceso. Il grande gioco era iniziato e la ragazza ne aveva il controllo assoluto. Lui era come un topolino ipnotizzato dal serpente. Non poteva fare nulla, non poteva tentare nulla. Era lui per primo incredulo. Avvertiva finalmente che nei modi della ragazza c’era un che di ambiguo e provocatorio. Ma se invece fosse stato solo un suo film mentale? Certe cose non accadono. Non accadono davvero. Soprattutto non accadono a noi, soprattutto non a diciotto anni.

Eppure.

Accadde.

Elena dovette passare fra il muro e il bacino del ragazzo reggendo il sacco della spazzatura. Lo spazio era poco; ma non così poco da obbligarla a strusciare così sfacciatamente il culo sul davanti dei suoi pantaloni. Ma è esattamente quello che fece. Intenzionalmente. Consapevolmente. Elena avvertiva di avere il pieno controllo. Si inebriava di quel potere che rendeva ogni maschio coetaneo succube; a quanto pare anche con quelli un po’ più grandi. Le sue paure erano ancora lì, ma le teneva saldamente sotto il suo controllo. Lei avrebbe fatto la donna. La donna che si prende quello che vuole, come lo vuole e nel modo in cui lo vuole. Quella sera avrebbe fatto la Troia e sarebbe stato il suo modo di esprimersi. L’atto in sé contava assai meno rispetto a questa autoaffermazione.

Lui era già eccitato, duro. La guardava esitante senza osare parlare, timoroso che l’incantesimo potesse dissolversi. I suoi occhi non riuscivano a incrociare quelli di lei; semplicemente non poteva farlo. Lei prese le sue mani e se le posò sul culo alto e sodo. Era il momento cruciale. Adesso sì che non poteva più tornare indietro. Non poteva più fingere che fosse un contatto casuale. Era lei che gli aveva preso le mani e non lo avrebbe potuto negare. In quel momento Elena danzava sulla lame del coltello. In quel momento supremo il tempo si era fermato per entrambi. La ragazza aveva giocato il tutto per tutto, terrorizzata da quel che ho evocato sopra, eppure decisa a non fermarsi. Il vero coraggio è nient’altro che la capacità di proseguire nonostante la paura. Del resto, la paura invadeva in egual misura i due giovani, seppur per motivi diversi e in qualche modo opposti. Infatti lui si limitava ad accarezzarle lievemente le natiche senza stringerle con forza come lei avrebbe voluto. In lui confusione e desiderio erano totali. Per contrasto, Elena sapeva perfettamente cosa stesse facendo. Eccitata dalla sua stessa audacia, spaventata come s’è detto, ma perfettamente lucida; bagnata fra le cosce.

“Adesso facciamo una cosa, ti va?” Il ragazzo annuì senza profferire verbo
“Però mi devi promettere una cosa”. Lui avrebbe detto di sì qualsiasi cosa lei avesse chiesto
“Devi stare zitto e questa cosa rimanere fra noi. Hai capito?” Il suo tono era quello imperioso di chi non ammette repliche.

Stava passando attraverso lo specchio di Alice, forse la prima di tante altre volte. Stava andando “oltre”. Stava facendo quello che LEI voleva. Pochi passi, e il ragazzo fu fatto sedere sul divano. Senza più parlare Elena gli si accucciò davanti. Senza esitare le sue mani slacciarono la fibbia della cintura; i pantaloni si aprirono e scivolarono lungo le cosce assieme alle mutande. Di certo lo sguardo di lui era sbarrato e ancora incredulo. Una bellissima ragazza sconosciuta gli aveva tirato fuori il cazzo con una disinvoltura che nella sua ancor giovane vita non aveva ancora sperimentato.

Subito, Elena assaporò il contatto che desiderava, il contatto con la cappella lucida del ragazzo. Non era certo il suo primo pompino! La sua bocca lo prese, lo leccò, lo ingoiò. Aveva appena dato inizio alla danza ipnotica del suo collo quando accadde l’inevitabile. Il ragazzo non resistette; non aveva alcuna possibilità di farlo. Era semplicemente sopraffatto dalla situazione e scaricò in un attimo tutto il suo carico nella calda bocca di Elena. Lei ne fu sorpresa, non immaginava che lui avrebbe goduto così presto. Ma aveva deciso di fare la Donna. La Troia. E le Troie non sputano, non fanno smorfie. Non tossiscono. Le Troie semplicemente ingoiano. Era la prima volta per lei ma non ebbe dubbi e tutto lo sperma le scivolò in gola fra i rantoli del giovane.

Fu questione di un istante. Gli intimò di rivestirsi subito, dato che il suo ragazzo poteva tornare da un istante all’altro dalla breve uscita. La sua voce suonò ancora dura e quasi minacciosa quando gli ribadì di tenere la bocca chiusa su quanto successo. Non ebbero mai più occasione di vedersi. Fu per entrambi una cerimonia iniziatica verso il mondo del sesso e degli adulti. Una cerimonia che aveva avuto una protagonista e un comprimario.

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