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Lui & Lei

L'appartamento 3C


di Membro VIP di Annunci69.it StelleStellino
12.08.2021    |    5.288    |    8 9.5
"Lui, il suo quasi sconosciuto dirimpettaio, la stava spiando..."
Arrivava sempre alle 17:15. Lei era il 3C, l'appartamento 3C. Dall'aspetto non aveva più di 30 anni. I capelli chiari fino alle spalle, leggermente mossi. Vestiva formale come se uscisse da uno studio o da un ufficio, indossando quasi sempre gonne con le camicette infilate dentro.
L'appartamento 3C era caratterizzato non solo dall'open space con un piccolo angolo cucina e tavolo all'americana, ma anche da un'enorme finestra sul cortile interno che permetteva alla luce di illuminare l'ambiente rendendolo ben visibile dall'esterno.
Quando rientrava in casa dopolavoro dava inizio al solito rito: posato il telefono sul pianerottolo e la borsa per terra, lanciava a caso le scarpe, prima una poi l'altra per liberarsene (non dovevano essere affatto comode). Apriva il frigo e subito dopo lo richiudeva senza prendere nulla. Poi dritta verso la camera vicina (sicuramente il bagno per darsi una rinfrescata).
Poco dopo tornava e, dopo un ultimo sguardo al cellulare, iniziava dalla cerniera della gonna; con una mano riusciva a tirarla giù mentre con l'altra teneva ancora in mano il telefono. Quando la gonna scendeva la spostava con un piede, così da dare involontariamente risalto alle calze, a volte chiare, a volte scure.

Un enorme specchio appoggiato alla porta d'ingresso, cercava di rubarle l'immagine di nascosto sino a che non era lei stessa a posizionarsi davanti per... osservarsi.

Prima timidamente, poi come Dorian Grey avrebbe guardato il proprio ritratto: cercando ogni volta di notare un cambiamento, anche solo un segno del tempo che passava, ma non per ossessione o per cercare di fermare il tempo, solo per curiosità. Per gioco. Come se da un momento all'altro si potesse udire di sottofondo: "Specchio, specchio delle mie brame...".
L'immagine allo specchio era quella di una donna decisa sposata con la sua solitudine in un matrimonio felice. A volte al collo portava un foulard in seta di quelli molto sottili, impregnato del suo profumo. Lo slegava con molta eleganza per poi iniziare a sbottonare uno ad uno i bottoni della camicetta. In maniera sempre più provocante si rimirava in quello specchio come se quell'immagine dovesse trasmetterle la massima eccitazione, come se lo specchio si personificasse in qualcuno che la osservava con bramosia e ardore. Quel "qualcuno" era in effetti lo sguardo più severo ma più importante di tutti: il suo.
Una volta sbottonata la camicetta venivano alla luce due seni morbidi, ancora avvolti nelle coppe del reggiseno, ogni sera diverso e abbinato agli slip che accarezzavano perfettamente le sue curve non perfette ma decisamente sensuali. Non staccava mai gli occhi dallo specchio, neanche quando una mano scivolava lungo i fianchi e poi delicatamente sul ventre sino ad arrivare ai collant che faceva scendere giù come la gonna.
Sarebbe stata da immortalare con una foto ogni sera, per vedere chi fra lo specchio e l'obiettivo avrebbe dato maggior risalto a quella bellezza di altri tempi.

Si guardava e riguardava.

Con una mano lentamente abbassava una spallina, poi l'altra, allungando la mano dietro la schiena quando arrivava il momento di liberarsi da quella che sembrava pių una costrizione che altro. Il seno esplodeva morbido, finalmente libero di adagiarsi sul corpo senza essere limitato da un spazio prestabilito; con il dito indice e il pollice iniziava a stuzzicare un capezzolo, fermandosi come se fosse lo specchio a "scattare".
E lei ferma, in posa. Poi i movimenti ricominciavano; sembrava quasi che avesse in mano un olio per massaggiarsi delicatamente sino a strizzare sempre con forza maggiore. Questo la faceva sorridere. Con uno sguardo spensierato, libero, provocante; lo sguardo di qualcuno che non ha iniziato ad amarsi da molto ma che, adesso che ha iniziato, non intendeva smettere più.

Lui era 5D. L'appartamento 5D.

Si erano incrociati un paio di volte nell'androne del palazzo ma lei non lo aveva notato. L'inquilino del 5D abitava in un bilocale arredato con l'essenziale. Si era trasferito da un paio di mesi dopo aver concluso la sua relazione di 4 anni, una storia importante ma che lo aveva sfinito. Adesso era felice di convivere, in silenzio, con una scatoletta di tonno e un paio di birre in frigo. Non aveva la TV ma in compenso era pieno di libri: loro erano ammessi nell'appartamento 5D. Iniziava a lavorare al mattino alle 6 e al pomeriggio alle 3 era già in casa per godersi un paio d'ore di riposo con addosso solo i pantaloni di lino color corda.
La finestra della sua camera da letto era proprio di fronte alla finestra dell'open space di lei. Quella finestra era diventata per lui uno sguardo sul mondo. Di lei. Un palco teatrale tutto suo da cui poteva godersi lo spettacolo che si verificava quasi ogni sera dopo le 17. Si sistemava dietro la finestra, leggermente appoggiato ad un'anta quasi come per proteggersi e la osservava pervaso da sensazioni diverse e contrastanti. L'eccitazione crescente nell'ammirare quella giovane donna che giocava con il suo corpo davanti allo specchio si scontrava con una sensazione di malessere, quasi si sentisse sporco, rubandole quel momento di preziosa intimità.
Un atto che, a suo parere, il resto del mondo avrebbe giudicato "immorale".
Quella sera però accade qualcosa di imprevisto. Nello specchio una luce si rifletté negli occhi di lei che per un momento riuscì a distogliere lo sguardo dalla sua immagine; avvicinandosi incuriosita alla finestra lo vide e, per un istante che sembrò durare in eterno, si raggelò. Non se lo aspettava. Lui, il suo quasi sconosciuto dirimpettaio, la stava spiando. Si sentiva oltraggiata e molestata, violata nella sua privacy in quello che era il momento più intimo della sua giornata. Tuttavia iniziò nella sua mente a farsi largo un'idea che la ragione comune avrebbe definito... indecente: quella sera, niente specchio.

In una frazione di secondo il programma cambiò. In meglio.

Davanti alla finestra con solo gli slip addosso, gli occhi del semi sconosciuto divennero due piccole braci sulla sua pelle; teneva il seno fra le mani mentre i capelli ondulati le cadevano morbidi sulle spalle coprendole la parte posteriore del collo.
Osservandola da lontano, riuscì quasi a sentire il suo profumo. La pelle di lei fu pervasa da un leggero ma costante brivido di eccitazione mista a paura e vergogna, un mix esplosivo.
Incrociarono lo sguardo: per un attimo riconobbero la stessa familiare solitudine. Le paure, le timidezze, l'ipotetica immoralità furono spazzate via lasciando spazio ad una sensazione di inaspettata complicità.
Scostò con un gesto della mano la ciocca di capelli che le copriva ancora il seno, lasciandogli così libera vista sui suoi seni tondi. L'eccitazione per quel gioco immorale crebbe per entrambi: si sentiva quella di lei, si vedeva quella di lui.
Esplose il loro un impulso irrefrenabile di sfiorarsi, toccarsi, sentirsi, eliminare la distanza fra loro anche se l'unico modo per farlo sembrava non distogliere mai lo sguardo: senza questi tutto ciò non avrebbe senso o, almeno, non avrebbe lo stesso senso.
Con la scusa di dare un'occhiata distratta allo specchio, si girò permettendogli di ammirare la linea che partiva dal collo e raggiungeva quelle adorabili ed eccitanti fossette sopra le sue natiche che per lui rappresentavano una delle massime espressioni di sensualità. Oramai il lino era diventato una costrizione troppo forte da sopportare, tanto che se ne liberò allentando il sottile cordino e lasciando liberi i pantaloni di scivolare a terra. Lei si sentiva bella ed erotica come mai prima d'ora. Si immaginò le mani di lui accarezzarle la pelle, giocare con i suoi seni, a levigarla quasi come se fosse una statua, mentre lui riuscì ad immaginare quanto potesse essere profumata e morbida la pelle accaldata di lei.

La fantasia non si distingueva più dalla realtà: le labbra di lui sul collo e sui seni, sino al ventre; sentì colare la voglia lungo le cosce mentre immaginava la bocca di lui intenta a dedicare le giuste attenzioni alle sue labbra. Torno con lo sguardo su di lui con il respiro sempre più affannato, la schiena appoggiata al vetro e le gambe divaricate. Gli stava offrendo l'intero spettacolo: un orgasmo talmente travolgente da annullare addirittura le distanze.

Lui non fu da meno: la sua mano ormai correva libera per raggiungere il massimo del piacere che anche per lui fu del tutto travolgente.
Non si trattò semplicemente di una piacevole sorpresa. Avevano creato fra loro un'altra dimensione: né sporca, né immorale.
Semplicemente loro.
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